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Autore: Ariadirose    26/03/2024    2 recensioni
È che con te mi sento al sicuro. Sei la mia famiglia. E da molto prima di oggi che sono tua moglie.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La caratteristica di presentarsi senza invito

 

Dopo aver pranzato, André si riposava disteso in camera da letto, prima di riprendere il lavoro, mentre osservava Oscar che dondolava il loro bambino, seduta su un bordo del baldacchino, di fianco alla culla.

“È un giovanotto molto caparbio, il nostro François… Chissà da chi avrà ripreso”, commentava André compiaciuto.

“Ma è anche un bambino dolcissimo… per quello avrà ripreso da te”.

“No: non è vero. Somiglia in tutto e per tutto a sua madre”, era convinto lui.

“Trovi? Eppure guarda la forma della bocca. Sembra proprio il tuo sorriso, in piccolo. Io potrei stare a guardarlo per ore… per questo non mi pesa mai trascorrere tanto tempo a occuparmi di lui”.

“Però inizi a perdere molto sonno, anche durante la notte… sarai stanca...”.

“Mi dispiace disturbare il tuo riposo, dal momento che la mattina devi comunque alzarti sempre molto presto, per lavorare in campagna”.

“No, non mi riferivo a questo. Io sono contento che lui sia sempre con noi, che dorma nella nostra stanza. Mi piace una famiglia così, come qualcosa di caldo, vicino, concreto. Quella che non ho più neanche nei miei ricordi, a parte mia nonna. E a parte te”, allungò il braccio per carezzare la schiena di lei.

Oscar gli sorrise con una certa malinconia.

“Pensavo a te, che ti stai occupando sempre di François”, riportava l’attenzione sulla stanchezza di lei.

“È vero, ma almeno ho molti aiuti per tutto il resto. Con tua nonna e le ragazze che provvedono alle faccende e mi consentono di dedicarmi a lui... Quante madri devono svolgere tutto da sole, e magari accudiscono anche altri figli non loro, pur di mantenere i propri?”.

“Pensi a Rosalie, non è vero?”.

“Mi aveva raccontato molti aneddoti riguardanti la donna che l’ha allevata o la sua vicina di casa… ci sono donne che si sobbarcano di fatiche indicibili, André. E non sarebbe giusto, tanto più che diventare madre è una gioia enorme per una donna”.

“È bello che tu ne abbia fatto tesoro, sai, di tutto ciò che hai conosciuto.

Cosa c’è Oscar?”, aggiunse poi, vedendo che sua moglie si era rivolta a lui, come cambiando espressione.

“ Devo anche dirti una cosa importante, circa Rosalie”, Oscar coglieva lo spunto per riferire al marito una faccenda delicata: “Mi ha fatto avere una lettera di Fersen, oggi”.

“Che cosa?”, chiedeva lui sorpreso, mettendosi rapido a sedere.

“Sì. Rosalie mi ha raccontato di averlo incontrato a Parigi. Fersen vi si reca spesso, sai, dati i suoi rapporti con La Fayette, non è difficile per lui avere i permessi per fare visita alla regina. Si era ricordato di aver incontrato Rosalie a casa mia, così le ha chiesto mie notizie, e ha deciso di scrivermi. Naturalmente sarebbe stato sospettoso ricevere a casa nostra una lettera di un nobile aristocratico. Dunque il suo messaggio per me era contenuto dentro una busta spedita da lei, accompagnata da una lettera sua e di Bernard”.

“Sa che sei mia moglie, adesso?”, ebbe come l’istinto di mettere al sicuro il loro legame.

“Certamente. Rosalie non ha ritenuto mica di nasconderglielo”.

“Penserà che sei scesa di rango e che ti sei abbassata per me a cose insensate...”.

“Cosa vuoi che mi importi? Pensasse ciò che vuole, se ha di questi limiti. E poi perché, scusa, dovrebbe pensarlo?”.

“Perché è un nobile. E perché il limite di avere un marito come me potrebbe essere per lui il pretesto per rimpiangere una donna come te. Come mai ti ha scritto?”, le rivolse la domanda un tantino seccato.

“Ecco, di questo volevo parlarti. Dovrebbe tornare in patria per alcuni affari. E nel salire verso Nord, ha chiesto se fosse possibile passare qui da noi. Rosalie gli aveva detto che siamo ad Arras”.

“La caratteristica di invitarsi o di presentarsi a casa tua, non l’ha mai persa, a quanto pare”.

“Non si presenta a casa di nessuno, se non siamo noi a volerlo. È proprio di questo che ti volevo parlare, sentire il tuo parere in merito, il tuo consenso”.

“Consenso, Oscar?”.

“Certo, tu sei mio marito, e non prendo alcuna decisione senza di te, perché dovrei. Inoltre potrebbe non farti piacere la sua presenza a casa nostra, questo lo capisco”.

“E a te? A te farebbe piacere? Perché lo vorresti”.

“Non so se piacere sia la parola giusta. Voglio dire, non possiamo più considerarci certo degli amici. I miei amici ormai sono decisamente altri, André. Però in definitiva, io gli sono riconoscente per quella volta che ci salvò la vita, per averla salvata anche a te, non a me soltanto: dunque non me la sentirei di impedirgli di sostare da noi, dato che lo ha chiesto. E non ti nascondo che vorrei conoscere il suo punto di vista sulle condizioni dei sovrani. Anche mio padre avrebbe interesse di approfondire, attraverso un colloquio con un nobile, una persona fidata intendo, la situazione vista più da vicino, inerente il re e la regina. Per me si tratterebbe di una questione umana, della mia vecchia amicizia con Maria Antonietta. Per mio padre è invece una questione politica, poiché lui rimane sempre fedele, idealmente, ai sovrani. Come sai, un paio dei suoi uomini sono nella milizia di La Fayette, ma sappiamo che Fersen è colui che ha a cuore più di chiunque altro le sorti di Maria Antonietta”.

“E per questo, per la devozione verso la donna che ha sempre amato, ha la mia ammirazione”. E poi, tornando a loro: “Ma tu non ti sentiresti in imbarazzo con lui. Voglio dire, mi ricordo come scappasti quella sera…”.

“Era tutto diverso, allora... Io ero innamorata di lui, questo lo sai. Non avrei voluto essere costretta a schiaffeggiarlo, a respingerlo: ma avrei dovuto farlo, avrei dovuto dargli uno schiaffo, se avesse mai provato in quel momento ad avvicinarsi. Vedi André… io non ero certo abituata all’amore, ma non mi piaceva, non mi piaceva affatto, te lo giuro, l’idea che un uomo potesse fare di me quel che credeva solo perché aveva smascherato i miei sentimenti. Perché aveva spiato la mia vulnerabilità... senza amarmi. Questo mi ha fatto sentire fragile, fragile e nuda”.
André ammirava moltissimo ogni qual volta Oscar, a dispetto dell’attitudine scarsamente esercitata nella sua vita, riusciva a confidargli i suoi turbamenti, le complessità intime della sua natura.

“Tu fragile e nuda sei così bella”, si sollevò dal letto per accostarsi di più a lei. “Grazie per averne fatto dono solo a me”, le carezzò un ricciolo dei capelli, scostandolo dietro al suo orecchio, per poterla meglio guardare.

“Con te mi sento al sicuro. Non temo di essere vulnerabile. O almeno, non in quel modo che non mi piace”.

Le sorrise per questo. Perché adorava quell’aspetto di lei così vulnerabile e segreto. “Io mi fido di te. E se pensi che la presenza del conte non sia di intralcio…”.

“Al massimo per un paio di notti, non di più. E comunque è stato già nostro ospite...”.

“Nostro ospite? Era ospite tuo, cara la mia damigella… E tu non avevi occhi che per lui!”, André sottolineava il particolare a tono.

Sua moglie gli prese la mano, addolcendo quel rimprovero con il suo sorriso: “E pensa quanto ero sciocca per questo… dato che avevo te. Anzi, no. Forse non ero poi così sciocca, perché non mi disturbava affatto che tu vi fossi, se ci ripenso”.

“Senti Madame Grandier non fare la furba, altrimenti ti faccio vedere io”, l’afferrò veloce dalla schiena per rovesciarla sul letto, “brutta impertinente, non osare prenderti gioco di me, sai, non ti permettere...”.

“No, non faccio la furba, chi si prende gioco di te…”, rispondeva scherzando: “Aspetta, piuttosto, aspetta un momento: mi hai appena chiamata brutta. Adesso! Ma come ti permetti tu!”, e si misero a ridere, mentre lui per sedare quella inoffensiva disputa, le sigillava la bocca con un bacio.

Qualcuno bussava alla porta.

“Chi è?”.

Erano Alain, Gilbert e Louis, che venivano a ricordare le operazioni da completare nelle cantine e nelle dispense, dove dovevano essere collocate tutte le nuove scorte prodotte.

“Ci dispiace interrompervi… ma André dovrebbe venire con noi… Avremmo anche da lavorare, sapete?”.

“Hai ragione, hai ragione, scusa Alain, vengo subito”, rispondeva André ricomponendosi velocemente. Nel frattempo, anche il bambino si era svegliato, reclamando le attenzioni della mamma che subito lo prese per farlo mangiare.

“Dio, come sei bella quando allatti nostro figlio...”, André le diede un bacio, per poi fare una carezza anche al piccolo François, che succhiava vorace. Finiva di allacciarsi il gilet, per poi salutare sua moglie: “Starei qui a guardavi per ore… ma adesso devo proprio andare, ci vediamo stasera. Ah, scrivi pure al conte svedese: che noi lo attendiamo qui nella nostra nuova casa. Se non hai nulla in contrario tu e pensi che la cosa sia gradita a tuo padre, non vedo come possa nuocere a me. Nessun problema, davvero Oscar. Anzi, per la verità, avrei un conto in sospeso con lui. Una volta mi disse che il mio stile con la spada lasciava a desiderare: gliela faccio vedere io, se vuole, la tecnica di tuo marito”.

Gli fece un sorriso, mentre si guardavano complici prima che lui richiudesse la porta. Apprezzava molto in realtà la malleabilità di André, perché invece comprendeva bene che si era superato e distinto, come sempre, per una non comune nobiltà d’animo.

Oscar non poteva certo recarsi a Parigi. Aveva un marito e un figlio per cui non poteva correre il minimo rischio, e proteggeva suo padre, che non doveva essere esplicitamente collegato con lei o la regina. Inoltre non se la sarebbe sentita, una volta fatta la sua scelta di vita, di incontrare una figura che tanto rappresentava un passato, un modello di società che non le apparteneva più; e a cui rimproverava, inutile negarlo, la sordità verso i propri sudditi, costretti ad insorgere per il riconoscimento dei propri diritti e della propria dignità.

Ma i sentimenti, spesso ambigui da delimitare, racchiudono nell’animo spinte incompatibili e contraddittorie. E Oscar non poteva nutrire rancore verso Maria Antonietta, che le aveva accordato generosamente onori e stima. Ecco perché voleva ottenere dalla visita del conte maggiori verità sui sovrani ed eventualmente poter contribuire al fine di salvaguardare la dignità dei suoi passati regnanti.

Sapeva benissimo inoltre che i rapporti con Fersen, a livello personale si erano incrinati per sempre. E non solo per il coinvolgimento sentimentale che tempo addietro l’aveva riguardata.

Arrivò il momento della venuta del conte dopo un paio di settimane. Giusto il tempo di ricevere la conferma dai Grandier, e di organizzare la sua visita, alla volta poi dell’imbarco verso la Svezia.

Giunto alla tenuta, Fersen si mostrò perplesso nei confronti di quella parità di legami che riguardava non solo Oscar e André, ma che si era estesa a tutti i componenti di quella casa; stupito del fatto che l’ex-comandante si comportasse come una donna comune anche nei confronti dei suoi vecchi soldati, i quali abitavano sotto lo stesso tetto con lei e suo marito.

Era rimasto sedotto, tuttavia, da Oscar, da quella bellezza atletica e al contempo elegante che lui, in passato, non era mai riuscito a comprendere davvero, a omaggiare come invece avrebbe fatto, se avesse considerato il suo vecchio migliore amico al pari di una dama. La bellezza del comandante si era sempre manifestata davanti a lui. E tuttavia si era resa attraente soltanto nell’occasione del ballo a corte, cui lei aveva preso parte in incognita: come se davanti agli occhi del conte, fosse caduta una barriera; come se quell’incontro singolare avesse profuso una polvere magica, capace di disvelare ogni trucco.

Alla tenuta di Arras, Oscar invece indossava come sempre i pantaloni, esibendo una forma eccellente, nonostante avesse avuto da un paio di mesi un figlio, e rinunciato ormai ai suoi privilegi. Fersen era rimasto anche molto colpito, potendolo constatare di persona, come Oscar si occupasse pienamente del piccolo, e già nelle prime ore di quella visita, l’avesse colta nelle attività di trastullarlo, cullarlo per addormentarsi, provvedere senza venir meno alla pazienza tutte le volte che il sonno era stato interrotto per qualche banale disagio, o il bambino avesse manifestato altri segni di insofferenza, magari per il caldo o per la fame. Lei non si era nemmeno troppo avvicinata in verità al conte, scusandosi per l’inconveniente, ritirandosi perfino in camera da letto per provvedere al bambino, mentre Fersen si era intrattenuto con André nel salotto, dove il padrone di casa offriva al loro ospite dell’ottimo vino e delle fette di torta salata che aveva appena sfornato nonna Marie.

“La cucina di tua nonna è impareggiabile, fa sentire sempre a casa”.

André non osava commentare quelle espressioni padroneggiate dal conte, nelle quali dimostrava di sapersi accomodare già da solo, senza necessità di ricevere alcuna esortazione. Preferì indirizzare invece la conversazione sugli argomenti inerenti il generale, che in quel momento era solito compiere la sua passeggiata nei boschi con alcuni tenutari, più o meno in incognita, come lui. Fersen aveva così modo di apprendere come il vecchio nobile militare, fulcro di un importante casato, non fosse al centro della condotta del nuovo nucleo e dell’organizzazione della proprietà.

“Di solito il padre di Oscar consuma la cena nel suo appartamento poiché non siamo soliti disturbarlo con una compagnia più rumorosa e invadente, rispetto alle formalità alle quali è abituato. Immagino gradiate pasteggiare insieme a lui, o preferite forse che vi serviamo la cena in camera, dato che magari sarete affaticato dal viaggio?”.

“E tu, André? E madamigella Oscar? Non ditemi che cenate con tutti...”.

Proprio in quel momento, la signora di casa scendeva al piano inferiore con il piccolo tra le braccia, che si era sopito dopo aver consumato la sua abbondante poppata, per dirigersi in salotto. Sentendo che i due uomini stavano già conversando, ebbe come l’istinto di fermarsi dietro il muro adiacente alla porta a vetri, per origliare quello che stavano dicendo, e comprendere meglio se suo marito potesse essere messo in difficoltà dalle affermazioni del loro inusuale ospite.

“Io e mia moglie Oscar”, gli spiegava André, mentre per fare posto alle leccornie sul tavolino, ebbe come l’istinto di sottrarre il cesto di mele dalla traiettoria del conte, “siamo soliti cenare o passare la serata con tutti gli altri. Il generale lo preferisce; anzi talvolta abbiamo condiviso tutti insieme la tavola, in giorni di festa, o il salotto nei momenti di svago, quando Oscar suona per tutti, o i nostri amici giocano a carte. Ma lui ovviamente è un uomo abituato a una certa etichetta, per cui noi cerchiamo di rispettare la sua volontà, di tenere conto della sua maggiore distanza e riservatezza. Del resto, spesso conduceva una vita defilata anche a Palazzo Jarjayes, rispetto ai suoi stessi familiari. I nostri vecchi compagni del reggimento sono degli amici che fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, sono nostri collaboratori e dividiamo talvolta anche i compiti domestici per aiutare le ragazze che abbiamo assunto per le mansioni di casa. Solitamente ceniamo con loro, quando non preferiamo stare da soli”.

“Che cosa? Lavorate con i vostri servi? E mangiate insieme con loro?”.

“Non sono servi. Sono persone che prestano il proprio lavoro, e che meritano dignità e compenso adeguati per le attività che svolgono per nostro conto”.

“E quindi Madamigella Oscar serve in tavola con la governante, o svolge compiti insieme alle cameriere?”.

Mia moglie Oscar aiuta come può, ma soprattutto lei è abile ad organizzare il lavoro, coordinando i vari compiti qui alla tenuta, e principalmente è assorbita dal nostro bambino, che talvolta piange o necessita di essere trastullato anche durante la cena: anche per questo, desinare con tutti noi, sarebbe un momento piuttosto incomodo per le vostre abitudini”.

“Quindi si occupa sempre lei del bambino? Come ho visto prima?”.

“È sua madre. È felice di farlo… anche adesso, lo sta allattando, ecco perché ci raggiungerà solo dopo aver provveduto a François”.

“Lo allatta?”.

“Perché non dovrebbe. È una tale gioia per lei (e pure per me! Non preoccuparti tanto del seno di mia moglie, sai. Non so se hai capito, conte: abbiamo un bambino, un figlio nostro, io e lei, hai presente?)”.

“Da quando madamigella Oscar si comporta come una donna sembra un’altra persona”.

“Oscar è mia moglie. Non una damigella. E non si comporta da donna. È sempre stata una donna. Una donna a mio avviso meravigliosa, dal momento che la amo più di me stesso”.

Lei, spiando, sorrideva splendente a quelle parole pronunciate con orgoglio e semplicità da suo marito, che volgevano al sentimento persino i capitomboli di un azzardato parlare spropositato.

André si mostrò severo con il loro ospite, ma per più di una volta il conte aveva chiamato Oscar madamigella e senza neanche un motivo, dal momento che quasi ancora faticava, sebbene moglie e madre, a coglierne la sua autentica natura.

“Scusami, André. Non volevo certo mancare di rispetto. E che ammetterai la singolarità della situazione”.

“Come, prego?”.

“Voglio dire, una contessa che svolgeva mansioni militari e che adesso si ritrova sposata con un uomo che comandava, prima come attendente, poi come soldato. È abbastanza singolare”.

“È singolare sì, dato che nessuna donna è magnifica come mia moglie. Sono sicuro, intendevate rivolgermelo come un complimento, perché è proprio di questo che si tratta, per quanto mi riguarda”.

“È non ti senti in torto, in un certo senso, ad averla condotta a un destino non suo? Magari anche lei sarebbe stata favorevole a salvaguardare la monarchia? Sarebbe stata una fedele alleata della corona”.

“Mia moglie ha lasciato molto tempo prima di quel che accade attualmente il comando della guardia reale, e questa esperienza ha contribuito a farle capire le condizioni della povera gente, ha rappresentato un’opportunità per lei. Si è sentita vicina alle difficoltà del popolo, ed è al popolo che appartengono suo marito e degli amici a lei molto cari. Ma nel popolo, conte, nel popolo sono compresi tutti, perché tutti siamo stati creati uguali. Per noi non esistono ranghi diversi”.

A quel punto Oscar sentì di entrare nella sala, perché non voleva più che suo marito portasse il carico di quella difficoltosa conversazione.

“Fersen, come state? Ci avete fatto l’onore di venirci a trovare nella nostra casa: bene, siate il benvenuto. Sono sicura mio marito avrà saputo essere ospitale e gentile, come suo costume, mentre ero indaffarata con il bambino”.

“Dallo pure a me, sarai stanca”, si raccomandò suo marito invitandola a sedere e prendersi del tè.

“Madamigella, vi trovo bene”, fece un lieve inchino verso Oscar.

“Potete chiamarmi soltanto Oscar. Io resto affezionata al mio nome, lo ritengo, come dire, singolare, non trovate?”.

“Mia moglie vi ha portato a conoscere il nostro François”, André cercava di portare il dialogo su un terreno più pacifico, trattandosi di un innocente bambino. Che per loro genitori era sicuramente il più bell’argomento in qualunque conversazione umana. “È un frugoletto piuttosto vivace e forte: promette bene. Meglio che lo vediate ora, che si è sopito”; proseguiva entusiasta, “mi ricorda tanto la sua mamma. Non potete constatarlo, adesso, ma ha dei meravigliosi occhi azzurri, proprio come Oscar”.

“Vi faccio le mie congratulazioni”, si limitò a rispondere lui distante.

“Grazie Fersen. Siamo molto orgogliosi di nostro figlio. È nato il 4 di aprile ed è la nostra gioia. Ma voi, ditemi”, cambiò discorso, capendo che forse quell’entusiasmo non era troppo condiviso: “avete fatto un buon viaggio?”.

“Sì, grazie”.

“E quali notizie potete darci di Maria Antonietta?”.

“Oscar nel frattempo vado a chiamare tuo padre”, si inserì rapido André, “che magari a quest’ora sarà tornato, e sarà lieto di venire a salutare il nostro ospite. François dorme anche meglio, se viene fatto passeggiare”.

Allontanatosi dal salotto, in realtà André si nascose anche lui per ascoltare come il conte si sarebbe rivolto a sua moglie. Riponeva la massima fiducia in lei, ma si era infastidito, inutile nasconderlo, a causa di quelle reazioni e sentenze di Fersen.

“Oscar, sinceramente non vi capisco. Ma voi da quale parte state?”, le si rivolse non appena rimasti soli.

“Che cosa volete dire”.

“Non credo abbiate potuto dimenticare l’amicizia e la stima che sua maestà Maria Antonietta vi ha sempre dimostrato”.

“Non le dimentico, infatti”.

“Eppure vi siete sottratta a tutto questo, e ora siete legata con… con... una persona estranea al vostro rango”, sentenziò dietro qualche titubanza: “André è un uomo solido e maturo, lo so bene, e mi avevate fatto intuire quanto conti per voi… ma si tratta pur sempre di un servitore”.

Oscar lo fulminò con lo sguardo: “Voi non avete idea di quanto vi sbagliate. Ho sposato un uomo, non un servitore. Il più nobile”, e subito aggiunse diretta: “Non crediate di rivolgervi a me con un simile rammarico, denigrando André e le nostre decisioni; o dimenticate, forse, che state parlando di mio marito? E che siete ospite in casa sua, adesso? Ebbene, è così. Per volere mio, della legge di Dio, e nientemeno di mio padre, il generale Jarjayes”.

Ad André fu sufficiente. Il ricordo di quell’uomo, per una frequentazione pregressa o per il coinvolgimento di un sentimento appartenente al passato, non avevano impedito a sua moglie di rispondergli come richiedeva; e se, probabilmente, anche adesso Oscar non avrebbe gradito trovarsi nella condizione di schiaffeggiarlo, comunque non aveva smesso di dimostrare quanto nella sua vita, addestrare una lingua tagliente le fosse addirittura più congeniale della pratica della sua spada.

Credette di mancarle di rispetto nel continuare ad ascoltare furtivamente la conversazione tra lei e il conte. Dunque André si allontanò davvero per andare a chiamare il generale.

“Inoltre, io non nutro certo rancore contro i reali”, proseguiva Oscar dalla poltrona del salotto, “mi sono dissociata dalla loro condotta perché incompatibile con le mie vedute. Prima dell’esplodere della rivoluzione, avevo supplicato Maria Antonietta di rivedere le sue decisioni, e di far ritirare i reggimenti da Parigi. Ciò non è stato ascoltato, anzi, i cannoni sono stati puntati sulla folla. Soffro molto di sapere che i regnanti si trovano alla stregua di prigionieri, e vorrei risparmiar loro umiliazioni e vendette. Ma non hanno mai accolto le grida di richieste del proprio popolo, questo è stato profondamente sbagliato e ingiusto”.

André rientrava in salotto, conducendo accanto a sé il generale.

“Padre, il conte di Fersen ci ha onorato della sua presenza”, lo introduceva Oscar, al cospetto di tutti gli uomini di famiglia.

“Conte di Fersen”, il generale rispondeva all’inchino dell’ospite straniero.

“Generale Jarjayes è un piacere trovarvi in perfetta forma. Mi spiace dobbiate vivere distante da Versailles, ma tutto sommato trovo prudente la scelta di esservi distaccato dal vostro palazzo: ormai i nobili e le figure vicine alla famiglia reale sono piuttosto malviste e cercano di passare in difesa del popolo, oppure di fuggire via. Riconosco che voi, almeno, non avete inteso così il vostro allontanamento”, pronunziò lui non rinunciando a pungere con tono di disapprovazione la posizione di Oscar indotta da suo marito.

“Non mi fa onore, la scelta di essermi allontanato, ma ho preferito rimanere vicino a mia figlia e al suo consorte. Del resto anche io sono più favorevole al fatto che Oscar non sia esposta come prima ai rischi della vita militare. E sono felice della sua unione con André, il loro matrimonio gode di tutta la mia approvazione”.

“Vi ringrazio infinitamente, signore”, sentì di esprimere André con il suo consueto garbo, grato a suo suocero di dichiarare simili apprezzamenti in presenza di un aristocratico piuttosto cinico rispetto alla sua vita coniugale con Oscar.

“Sono tuttavia vicino alla condizione dei sovrani”, proseguiva convinto il generale, “ritengo indegno che dei regnanti ricevano un trattamento simile, e non intendo vigliaccamente voltar loro le spalle, come ha fatto la maggior parte della corte che li ha solo sfruttati”.

“Padre, sapete come la penso”, si inserì Oscar. “Io credo in idee più progressiste, ma non per questo infierirei mai sulle figure dei sovrani, e mi auguro che la situazione non degeneri oltremodo”.

“Ecco, io stavo pensando di attuare un piano di fuga”, proruppe Fersen. “E sono venuto qui con l’intenzione di proporre a madamigella…”.

“Ehm, mm”, scandiva André per evitare l’ennesima puntualizzazione.

“...A vostra figlia di prendervi parte. Quando non ho potuto vigilare sulla regina, le ho sempre affidato la cura di sua maestà. Mi fido di pochissime persone qui in Francia, e mi auguro potrete aiutarmi in questa impresa, Oscar”.

André non sapeva sarebbe successo nuovamente. Eppure, per un istante quasi gli traballò il figlio tra le mani. Non poteva credere a quanto udito; e lui stesso aveva dato addirittura il permesso di ospitare il conte in casa. Le parole temerarie di Fersen gli parvero irriguardose e impertinenti. Non tenevano minimamente conto di lui. Quell’ospite gli appariva una minaccia. Come rimasto, a dispetto di tutto, l’avversario forestiero di un tempo.

 

 

 

 

   
 
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