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Autore: LubaLuft    26/03/2024    3 recensioni
Tetsurō e Kei si incontrano in occasione della prima amichevole fra Karasuno e Nekoma. Resta tutto sospeso, finché a Tokyo, durante il campo di allenamento estivo presso lo Shinzen...
Dal testo:
"Tetsuro è fuori, sul prato. Sdraiato a prendere le stelle, come amava fare da piccolo sul terrazzino di casa sua.
Quella canzone è stata un colpo di testa ben camuffato, a cui fino all’ultimo momento ha tentato di resistere. Non sa se Kei l’ha ascoltata, se ha capito qualcosa. Non crede che possa accadere così, dal nulla. Il mondo è pieno di schermi, maschere, incute timore se si è giovani. Anche Tetsuro è giovane, inesperto, intimorito da ciò che prova, ma lo prova e gli piace disperatamente.
E poi sente dei passi avvicinarsi, alle sue spalle.
Si tira su, si volta.
Kei, con la sua maglietta bianca, brilla quasi sotto la luna. Sembra ancora più fragile di quanto non appaia alla luce del sole. È l’isola luminosa che lo ha incantato.
Tetsuro invece è ancora più scuro nella sua t-shirt nera, si notano solo i pantaloncini rossi. Kei sente una corrente che lo spinge verso di lui. È una barca pronta all’abbrivio. Il porto nella notte. La notte selvaggia."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Due




Ehi… giovani corvi!...Vi va di farvi un giro?”

Più tardi, Yamamoto si affaccia sulla porta dello stanzone nel quale giacciono tutti stremati sui futon. Tutti tranne uno, Tanaka, che si alza in piedi.

Gli occhi di Kei, confusi e annebbiati dalla stanchezza e dalla miopia, mettono a fuoco con difficoltà… eppure, anche senza lenti, alle spalle di Yamamoto vedono una figura appoggiata con indolenza allo stipite della porta.

Ma come fa ad avere tutta quella resistenza?

“Allora? Battete la fiacca? Ma non volevate vedere lo Skytree?”
“Ehi, city boy, non mi provocare…” esclama Tanaka ma già ride e si infila nuovamente i pantaloni della tuta. Nishinoya lo segue a ruota.

“E voi, primini…?”
Kei si agita pur rimanendo impassibile. Potrebbe chiederlo solo a Tadashi, che però già dorme. La strana coppia di bislacchi è ancora in palestra, evidentemente vogliono morirci.

No, non ha altri amici, lì dentro, con cui uscire. Però vuole uscire.

“Ehi, Quattrocchi… sei dei nostri?”

La voce di Tetsurō è un sussurro, in realtà, e lo sente da lontano. Non l’ha mai percepita così, slegata dalle attività di quel campo di allenamento. Una voce nuova che gli dà i brividi nonostante i trenta gradi.

Anche Kei si alza e si riveste, tentando di ignorare le facce sorprese di chi ha intorno. Fuori è notte e lui naviga a vista e lì vicino c’è il porto di cui parla quella maledetta poesia.

Tetsurō è tranquillo. Durante la cena ha riflettuto a lungo: è vero, sono diversi, vivono in due posti diversi, hanno idee diverse sulla pallavolo e un modo diverso di affrontare le frustrazioni che derivano dall’esporsi e dal mettersi in gioco. Quella sera però Kei ha fatto un piccolo passo avanti, forse anche grazie a lui. Anche Tetsurō, allora, fa un passo avanti.

“Lo Skytree è a un’ora e mezza abbondante da qui. Direi che possiamo accontentarci di un giro a Saitama…”  Lo guarda fisso mentre lo dice, mentre già si accontenta di quello che sarà.

Tanaka non nasconde la propria delusione ma tempo cinque minuti già si è preso sottobraccio Taketora e Yuu e avanza fuori dal cortile della scuola, alla conquista della periferia.

Dietro di loro, ci sono solo Tetsurō e Kei, più lenti e silenziosi.

Fuori la luna è immensa e Tetsurō ha quasi paura di guardarla. Improvvisamente è scarico, non ha più adrenalina mentre gli cammina accanto. Sta pensando a come attaccare un discorso qualsiasi ma il silenzio dura poco perché sulla strada ci sono già Kōtaro, Keiji, qualcuno dell’Ubugawa e c’è anche Kenma, appoggiato a un palo della luce con il viso illuminato dallo schermo di un videogioco.

Non sono più soli.

I ragazzi si incuneano fra loro, li allontanano. Kei finisce fra le grinfie di Kōtaro, Tetsurō ride mentre Tanaka e Nishinoya prendono in giro la timidezza di Taketora con le ragazze.

Si fermano in una izakaya poco distante e prendono da mangiare e da bere, rigorosamente analcolici perché l’indomani ci sono altre partite.

Finiscono sui gradoni di un teatro all’aperto, in un parco tutto cemento e piste da pattinaggio e skate.

Kei si è portato appresso le cuffie. Sa che probabilmente è fuori luogo ed è scortese indossarle ma ha esaurito gli argomenti di conversazione. La pallavolo alla fine gli interessa poco ed è purtroppo l’unico minimo comune multiplo fra di loro – gusti personali, passioni, abitudini… a che serve tirarli fuori e discuterne? 

E poi arriva lui, scende i gradoni e gli si siede accanto.

Il cuore di Kei si risveglia e ricomincia a correre. Non sa se mollare tutti e correre via anche lui.

“Ehi Quattrocchi… mica male l’idea di portarsi della musica appresso! Non so tu come faccia a sopportarli, ma i tuoi senpai del secondo anno insieme a Taketora sono assordanti!...”
“Sono d’accordo con te.”
“Che musica ascolti?”

Senza aspettare una risposta, Tetsurō allunga una mano verso il suo Ipod. Kei lo lascia fare e arrossisce al buio perché toccare la sua musica è come toccare lui.

Il moro scorre le playlist con il dito e sembra apprezzare.

“Però… bella questa… e anche loro, sono pazzeschi dal vivo. Li ho visti l’anno scorso…”
“Ah. Quelli come loro da noi non vengono…” risponde Kei con un tono deluso e rassegnato. 

“Questi invece ce li ho anche io, e su vinile, pensa…”

Parlano di musica, a lungo, e Kei improvvisamente non prova più alcun senso di inadeguatezza. Sente l’irrefrenabile voglia di allungare una mano e infilarla nei suoi capelli neri e con l’altra sfiorargli il viso. Sente, desidera, manda giù saliva perché ha la gola secca, ha sete e gliela provocano le sue labbra così vicine.

“Senti ma hai un abbonamento a questa piattaforma?”
“Sì.”
“Allora… posso?...”

Kei annuisce e osserva al buio lo schermo luminoso fra le mani di Tetsurō. Lo osserva mentre cerca una canzone e gliela scarica. Non gli dice nulla, però. Chiude l’applicazione e gli sorride. 

I ragazzi si alzano dai gradoni, ormai è piuttosto tardi. 

“Andiamo.” Dice il moro restituendogli l’iPod e dandogli un colpetto sulla spalla.

 

________


Più tardi, Kei non riesce a dormire nonostante sia sfinito.

Non osa prendere in mano l’iPod. Se gli deve passare, sa che quella canzone, qualunque essa sia, può solo infierire sulla sua situazione.

È innamorato, non è solo attratto. 

Quel poco che hanno vissuto insieme sul campo, le sue parole di sfida e poi quelle di incoraggiamento… ha fatto più Tetsurō per lui che settimane di allenamento. E poi le parole scambiate al parco, gli sguardi pieni di interesse, le gambe che si sfioravano.

Vorrebbe cambiare città, liceo, squadra, vita. 

La canzone ascolterà domani, sulla via del ritorno.

 

No, non ce la fa, la mette subito. The Wild Ones, dei Suede


“C'è una canzone che suona alla radio,
alta nel cielo tra le onde dello show del mattino
E mentre il disco suona, un'ancora di salvezza scivola via
E mentre apro le serrande della mia mente, confido che tu resterai qui
 
Oh, e se resti, caccerò via lontano i campi sferzati dalla pioggia
Splenderemo come il mattino e peccheremo sotto la luce del sole
Oh se resti
Oggi saremo i selvaggi che corrono insieme ai cani
 
C'è una canzone che risuona da dietro la parete
Tutto quello che vediamo e a cui crediamo è il DJ, ed i debiti si dissolvono
Ed è un peccato che l'aereo parta in questa giornata di sole
Perché il mio tatuaggio sanguinerà su di te ed il nome sbiadirà
 
Oh, e se resti, caccerò via lontano i campi sferzati dalla pioggia
Splenderemo come il mattino e peccheremo sotto la luce del sole
Oh se resti
Oggi saremo i selvaggi che corrono insieme ai cani”

Si è accorto di essere rimasto immobile, senza fiato. 

Una canzone che parla di un’ancora, che scivola via tra le onde. 

Lui che cerca un porto. 

Lui che non parte, che rimane.

Potessi soltanto ormeggiare - Stanotte! - in Te

 

Kei non vede più nulla, nel buio è tutto smisurato, profondo, meravigliosamente confuso.

Però, se fosse tutto un gioco? 

È crudele il pensiero che Tetsurō possa volersi prendere gioco di lui - come potrebbe solo pensare di piacergli? Sono come il giorno e la notte, lui è popolare e pieno di amici e interessi mentre Kei presta il suo tempo a uno sport che non apprezza come dovrebbe. Ma è molto più crudele l’idea che quella canzone non significhi in realtà nulla, che sia una bella canzone, niente di più, fra le mille che gli piacciono.

Si alza e si riveste, di dormire non se ne parla.
 

Tetsurō è fuori, sul prato. Sdraiato a prendere le stelle, come amava fare da piccolo sul terrazzino di casa sua.

Quella canzone è stata un colpo di testa ben camuffato, a cui fino all’ultimo momento ha tentato di resistere. Non sa se Kei l’ha ascoltata, se ha capito qualcosa. Non crede che possa accadere così, dal nulla. Il mondo è pieno di schermi, maschere, incute timore se si è giovani. Anche Tetsurō è giovane, inesperto, intimorito da ciò che prova, ma lo prova e gli piace disperatamente.

E poi sente dei passi avvicinarsi, alle sue spalle.

Si tira su, si volta.

Kei, con la sua maglietta bianca, brilla quasi sotto la luna. Sembra ancora più fragile di quanto non appaia alla luce del sole. È l’isola luminosa che lo ha incantato.

Tetsurō invece è ancora più scuro nella sua t-shirt nera, si notano solo i pantaloncini rossi. Kei sente una corrente che lo spinge verso di lui. È una barca pronta all’abbrivio. Il porto nella notte. La notte selvaggia.

 

Non c’è nessuno a parte loro due, l’edificio della scuola è una fila di occhi spenti e addormentati.

Si guardano, si avvicinano. Non ci sono abbastanza secondi a separarli, non fanno in tempo a cercare le parole per riempirli.

Kei si lascia prendere, abbandona il suo viso nelle mani di Tetsurō, la bocca sulla sua. Non ha mai dato un bacio a nessuno eppure con lui sa perfettamente come si fa, sa che può e deve sentire il suo sapore, incatenare il respiro al suo. Sa che le braccia possono allungarsi, le mani afferrare e sfiorare, lo sa mentre Tetsurō fa la stessa cosa. Sa che può bruciare tutto, che le notti possono essere selvagge anche per lui.

Dietro un albero, può lasciarsi spingere giù, sentire l’erba umida fra i capelli e i grilli accesi ovunque. Può fare spazio e cercare spazio, arrivare fin dove si può arrivare a poche ore dalla sua partenza. Può cercare e trovare i suoi occhi al buio, dirgli che gli sembra di impazzire, che non sa come fare. 

Sentire la sua pelle e offrirgli la propria.

Chiudere gli occhi sotto di lui, sentire il cuore che deborda, respirare forte mentre lo tocca e si lascia toccare.

Annuire stravolto quando lui gli dice in affanno che troveranno il momento giusto per fare tutto, per farlo bene, e che quello è solo l’inizio.

E poi, nel suo orecchio, riversare le parole di quella poesia mentre lui lo stringe forte.

“Quando è iniziata… per te ?” Chiede dopo Kei, curioso.
“Dopo la prima amichevole. Poi ti ho rivisto, durante il ritiro breve e ho provato a riordinare i pensieri ma ho capito che questa cosa che avevo per te poteva solo peggiorare.” Tetsurō sorride al buio, sfiorandogli i capelli.

“Anche per me è iniziata in quel momento...”

“E poi, quando in questi giorni ho temuto che volessi mollare la pallavolo… ecco, credo che questa cosa abbia accelerato tutto.” 

Kei sospira, ha poco da dire, in realtà, sulla pallavolo. L’ha messa fra parentesi.

“A me è andata peggio che a te… io non sono abituato a… sperare. E a crederci.”

Tetsurō sorride e lo bacia di nuovo, a lungo, con determinazione.

“Ci credi, ora?… Kei, per quanto riguarda la pallavolo…non sprecare tutto.”

Kei sorride al buio. Un sorriso amaro, in verità.

“Datti tempo, questo sì… ma non sprecarlo.”

“Ci proverò…”

 

È quasi l’alba quando decidono di rientrare.

O almeno ci provano, si tirano su dal prato per finire di nuovo giù e sono di nuovo mani e brividi sotto le magliette. 

Poi Tetsurō, il più grande, torna a essere abbastanza lucido per entrambi. Si scrollano di dosso i fili d’erba e prendendosi per mano, rientrano alla base.

Il giorno dopo, tanto per cambiare, Kei ha lo stomaco chiuso. È esterrefatto, immerso nel suo mondo, apparentemente impermeabile. 

Glielo ha detto, a Tetsurō, che non avrebbe fatto trapelare nulla, si sarebbe comportato come al solito specie con quei fastidiosi, curiosi e inopportuni compagni di squadra. 

Si sono però scambiati i cellulari e fra una partita e l’altra si mandano dei messaggi che leggono avidamente. Sono parole che scaldano e fanno arrossire. 

Tetsurō è estasiato da ciò che legge, Kei sceglie le parole con cura per trasmettergli ciò che prova per lui, è delicato come una carezza nonostante quelle mani che, se ben aperte, potrebbero murare chiunque.

Le mani bianche che si è sentito addosso anche quando si è infilato nel futon per dormire un paio d’ore.

Tetsurō, invece, non può fare a meno di essere più diretto nell’esprimere ciò che desidera, e come, e si diverte a vederlo arrossire a distanza.

C’è solo un momento, durante la mattinata, dopo l’ultima partita contro il Fukurodani, in cui si materializzano un corridoio vuoto e uno stanzino, in un angolo fuori mano del pianterreno. 

Lì dentro è diverso dalla sera prima - non c’è erba umida ma spigoli e pareti e c’è meno tempo, ma il poco che c’è è tutto loro. 

Sono giovani e non hanno esperienza di come si possa dominare il desiderio, che in loro è già intrecciato all’ inevitabile distacco, è già puro come la nostalgia che da quella sera proveranno l’uno per l’altro.

Dopo un bacio infinito, Kei riesce a staccarsi dalle labbra di Tetsurō ma solo per prenderlo in giro.

 

“La canzone dice peccheremo sotto la luce del sole, non in uno stanzino buio accanto alla mensa…”

“Shhh… tanto oggi c’è la grigliata e si mangia fuori…”

“Che cosa vuoi fare…?” Chiede Kei tagliandosi su quegli occhi sottili come lame. 

“Quello che posso per ricordare il più possibile. Per sognarti meglio. Ricordi? La nostra ingorda voluttà!

Gli toglie la maglietta.

Kei sente un bacio scivolargli giù lungo il collo, le labbra insistono e bruciano, nel punto morbido fra lo sterno e la clavicola. 

 


La sera, a casa, mentre si spoglia, vede quel bacio tatuato, il bacio della canzone. Non scolorirà.

Sorride. Sotto sotto, crede che la pallavolo non sia poi tanto male.

È il caso di darle un’altra possibilità.

(Fine)


 

 
   
 
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