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Autore: RLandH    30/03/2024    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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Buona lettura!

 

 

Nonna Castoro raccontaci una storia (possibilmente quella del misterioso regno di Saguenay)!

 

“Sarebbe stata utile la Banana Gialla di Magnus!” aveva soffiato Madina, mentre si accoccolava sulla schiena del suo fidanzato. “Lo dici tu?” si era lamentato il verro, mentre correva così veloce da sfiorare solo le vorticose acque dei Tanai. La sua velocità era immensa, ma Jason non sembrava percepirla affatto!
Erano tutti e cinque in groppa alla bestia, sebbene Jason non ne avesse avuto la percezione, aveva la sensazione che la bestia fosse aumentata di volume, così che tutti quanti potessero cavalcare il garrese.
“Tuo cugino è stato molto gentile” aveva sospirato Stellan, voltando la testa per poter guardare oltre la sua spalla, rivolgendosi a Mel.

Il gladiatore si era fatto rigido, “Sì” aveva ammesso.

Italicus e il resto della sua famiglia si erano mostrati ben disposti a trattenere la vivace Hnoss – la piccola-dea sembrava molto interessata a piacere a Fred ma molto meno disposta a permettergli di fuggire; Jason aveva gridato alla ragazza, mentre la vedeva affrontare l’impavido Flavus, che sarebbero tornati in tempo.
Ricordava che anche Freya si fosse raccomandata di non lasciare il suo oltre-tomba, all’inizio della festa.

 

“Mi ha detto che per tutta la vita non ha fatto altro che pensare a me” aveva ammesso Mel, “Mi ha detto che aveva chiesto che le mie ossa fossero restituite a lui, che fossero seppellite, lì al di là del reno, con i miei avi” aveva ammesso Mel, “Ma Iulia mi aveva bruciato e tumulato dove voleva lei, senza nome e senza effige, dove poteva trovarmi sempre” aveva ammesso cupo e angosciante, “Perché per lei non avevo avi, ero solo suo” aveva ammesso cupo.

Ricordava le parole che Agrippina aveva usato quando aveva parlato di Mel: Tutto ciò che hai è mio. Tutto ciò che sei è mio. “Ho odiato Italicus. Quando sono morto io avevo sedici anni e lui solamente sette … lo avevo visto una sola volta prima di quel momento; mio zio lo aveva portato da me per conoscerlo; avevo tredici anni. Trovavo orribile, anche solo guardarlo. Io indossavo questa tunica, corta, ero uno schiavo e lui, dèi, lui era vestito come un bel bambino romano, di rosso amianto, e mio zio gli aveva dato questa … effige di Freya che portava al collo e io lo sapevo fosse di mia madre” aveva ammesso con cupo disturbo, “Non potevo averne la certezza, ma lo sapevo che era di mia madre.”

Erano rimasti tutti in lungo silenzio, mentre Thumelicus cercava di venire a capo dei suoi sentimenti.

“Poi sono morto lì, sulla sabbia nell’arena. Solo, sotto lo sguardo di persone venute e a godere del mio dolore e il pollice alzato[1] del governatore della città – non ricordo neanche il nome dell’uomo che ha scelto il mio destino – e mentre morivo, mio cugino viveva e cresceva, ereditava la terra, il sangue e la gloria che erano stati destinati a me” aveva ammesso Mel.

“Ero nel Valhalla, ero felice, avevo ottenuto quello che ogni uomo germano avesse mai desiderato … eppure, non ho fatto altro che provare rabbia nel pensare a mio cugino che diventava il Re di un popolo che era mio, fantoccio di un governo che aveva messo mia madre in catene e me a morire in una fossa per il ludibrio del pubblico” aveva aggiunto arrabbiato. “Mio padre era un Re, uno dei pochi ad aver fatto saggiare la scure a Roma, quando ella era inarrestabile e sono stato concepito principe, ma sono nato schiavo e morto schiavo” aveva ammesso e poi aveva cominciato a piangere, in singhiozzi quasi incontrollabili.

“E … ho pensato ... lui voleva seppellirmi con mio … padre, nella mia terra … e mi ha pensato e io ho-ho passato duemila anni …” e il resto delle parole erano singhiozzi difficili da interpretare, un po’ in inglese, un po’ in latino.

Madina lo stringeva forte e la situazione si era sentita quasi pesante. Jason non aveva detto nulla, Stellan neanche e perfino Fred aveva avuto il buon gusto di tacere la sua lingua velenosa.

 

“Comunque non per rovinare questo momento di pace e tranquillità mentre draghiamo” aveva cominciato a parlare Fred, dopo che i singhiozzi di Mel si erano fatti più assopiti. L’ambiente aveva cominciato a mutare, non c’era più quella dolce atmosfera luminosa e calda di Vanaheim. “Ma ci sono alte probabilità che possiamo finire a metà da qualche parte tra il rialto centrale della Russia e il mar Nero. Il Tanai non è un fiume della vita e una manifestazione sovrapposta del Don, in due mondi” aveva sospirato Fred, “Tecnicamente nei territori della Scizia” lo aveva corretto Mel, “Nell’Ynglinga saga, Snorri pone Vanaheim nella Grande Svezia, cioè la Scizia” aveva spiegato meglio, con il suo tono ancora un po’ umorale.
Jason aveva sorriso: quello sembrava molto di più Mel.

“Scizia, Rialto Russo … cosa vuoi che cambi? Saremmo comunque in mezzo al continente eurasiatico!” aveva risposto Fred. “Be, abbiamo preso  la biforcazione che andava a sud-ovest, quindi forse saremmo più vicini al versante europeo” aveva provato Madina, “Per caso mio prode Gullinbursti, lei sa dove siamo?” aveva chiesto Stellan, passando una mano sulla testa dell’automa, “Questo non è Venaheim” aveva ammesso il cinghiale.
Jason si era guardato intorno, il calore della luce d’oro di Vanaheim si era assopita, a favore di un clima più grigio e umido.

La natura davanti ai loro occhi era mutata in un verde più inteso con alti alberi, sembrava meno il lussureggiante ambiente di Vanaheim, con quella sua natura ambigua, lucente e sconosciuta – quasi più creata dall’idea di piante e alberi che vere e proprie specie animali note –  e più una folta natura a Jason famigliare.
“Quello è un acero” aveva riconosciuto, ammiccando ad un albero, che aveva riconosciuto tra gli altri e poi … ne aveva notati di simili.

“Sei un erborista?” aveva chiesto sarcastico Fred, “Sì, be, una volta mia sorella è stata trasformata in un Pino e dopo che lo ho scoperto mi è venuto in mente di documentarmi. Sai caso mai succedesse ancora qualcosa di simile” aveva risposto Jason pratico, cosa, che se ci pensava, era successa ancora, visto che una volta Nico era stato trasformato in un fiore, in base a quello che aveva raccontato Hazel. “Oh, dèi, sta bene, ora?” aveva chiesto Madina con preoccupazione, “Sì. Mio cugino la ha ritrasformata in una donna ed ora è una Cacciatrice immortale che fa il culo ai mostri per hobby” aveva risposto schietto Jason, sorridendo.

Thalia era immortale e, tecnicamente, anche Jason lo era, forse dopo che avessero risolto quella situazioni e quando le acque si fossero calmate, forse in un ventennio, avrebbe potuto trovarla.  Quella prospettiva l’aveva improvvisamente messo di umore ottimo.

“Buon per l’acero, possiamo farci lo sciroppo” aveva commentato Fred acido, “Non è semplicemente un acero” era intervenuto Stellan con un certo orgoglio, “Ha foglie verde scuro, opposte caduche! È un acero zuccherino!” aveva esclamato, “Gli avete anche ad Alfheim?” aveva inquisito Mel, “Sì, sono presenti nei grandi parchi delle zone dove abito, sono molto particolari, perché non prendono piede ovunque” aveva raccontato Stellan con un certo divertimento, “Sono così anche da voi?” aveva inquisito.

“No, in Francia siamo pieni di Aceri e ci sono anche in Giappone; sono letteralmente ovunque” aveva risposto Fred, “Ma non l’acero zuccherino!” lo aveva corretto Jason, “Si chiama così perché è la linfa è dolce!” aveva spiegato, “È quello da cui si ricava lo sciroppo … come dicevi Fred” aveva detto, “E come a Alfheim non si trovano ovunque, anzi hanno un territorio piuttosto limitato!” aveva spiegato.

Forse era perché aveva bevuto dalle acque di Mimir che il suo cervello stava correndo così velocemente, che tutte le conoscenze che aveva accumulato nel corso del tempo, anche superficialmente, ora tornassero così prorompenti.
“C’è una città, bambini!” aveva chiamato Gullimbursti.

 

Da oltre le fronde degli alberi, si iniziavano ad intravedere edifici moderni, “Non mi sembra il Rialto Russo” aveva detto Mel, “Non ci vado dalla Rivoluzione di Primavera, quindi non sono molto affidabile” aveva aggiunto, grattandosi il capo, la voce aveva perso la sua vena melanconica.

“Perché non siamo in Russia o in Scizia o alla foce del Mar Nero. Siamo in Canada” aveva risposto Jason.
“Non possiamo essere il Canada! Non possiamo essere così fortunati da essere in Canada!” aveva esclamato Fred, “Eravamo sul Don, come siamo finiti in Canada?” aveva chiesto retorico. “Perché il mondo ha altri due fiumi Don, oltre il Don di Russia!” aveva esclamato Mel, anticipandolo, “Uno in Inghilterra, uno in Ontario!” aveva aggiunto, “Questa abitudine degli yankee di rinominare le cose in base a quelle esistenti” aveva spiegato divertito, “Probabilmente tra il nostro bisogno di dover andare in Canada o forse il fatto che i piani dei mondi convivano, siamo accidentalmente finiti nel Don canadese?” aveva ponderato Mel, “Be, la strega lo aveva detto no? Ci avrebbe condotto l’acqua” aveva sospirato Madina.

“Probabilmente è così. Forse nel resto dei mondi le distanze non sono uguali alle nostre, ma dei punti devono coincidere” aveva ponderato Jason.

“Come se per tutto il tempo fossimo stati nello spazio del nord America, ecco” aveva ponderato Jason, “Forse se avessimo preso l’altro braccio del fiume saremmo finiti nel Don Russo o Inglese” aveva considerato.
“Jason potresti avere un’affinità piuttosto divertente con le acque” aveva ponderato Madina.
“Quindi siamo in Canada!” aveva detto Stellan, “Ed è un bel posto?”

 

Non erano semplicemente in Canada, erano a Toronto.

A nove ore di macchina da Saguenay – meno a cavallo di un verro-automa-senziente.

Tourtier con carne e patate – secondo la gentile cameriera è il piatto tipico” aveva annunciato Mel, sembrava stare decisamente meglio, gli occhi non erano più neanche lucidi. “Non ho molta fame” aveva ammesso Fred, “C’è qualcosa di vegetariano?” aveva chiesto Stellan, “Patatine fritte” aveva risposto il germanico.

Jason non si era fatto troppi complimenti.

Si erano fermati in un piccolo ristorantino non lontano dalle acque del Don. Avevano sistemato Gullibursti in un posto d’auto lungo fiume – mentre il verro si lamentava della mancanza di verde da grufolare – sperando che i mortali potessero vederlo come una macchina ben lucida che un verro con il pelo d’oro brillante.
Mentre Mel e Madina avevano potuto mangiare durante il loro tempo con Italicus e il resto della famiglia, loro non toccavano cibo dalla cena nella Sala dei Caduti.

Jason non sapeva neanche quanto tempo avessero speso da all’ora.

Fred aveva un’espressione conflittuale, ma alla fine aveva ceduto ed aveva mangiato un po’ del suo tourtier. Madina stava invece studiando una cartina con interesse. “Quanto tempo abbiamo prima dell’incontro con Glam?” aveva chiesto alla fine.

Madina si era morsa un labbro, “Non è stato facile tenere conto del tempo, ma credo ci siano rimasti, circa, otto ore per andare a Sanguay, trovare Astrid e ritornare a Vanaheim, se non vogliamo che Freya passi un brutto quarto d’ora con Odino” aveva ammessa Mel.

“Andiamo dunque” aveva emesso Fred, prima di infilare in bocca un generoso pezzo di cibo.

Stellan si era sollevato tenendo ancora la sua confezione di patatine fritte.

“Sono d’accordo” aveva detto Mel, “Ma prima, visto che siamo in Canada, potremmo raccogliere qualche informazione sul Regno di Saguenay. No?” aveva inquisito, “Come stavo dicendo prima a Jason, Saguenay è una città giovane, duemila due, praticamente l’altro ieri; anche se il fiume e la regione no” aveva ponderato, “Ed io nel lontano mille-seicento-diciassette ho già sentito questo nome” aveva sospirato Madina.
“Cosa stai proponendo?” aveva chiesto Fred.

“Sto pensando, ecco, che forse … esiste una Saguenay mitologica a cui quella reale fa riferimento, come in Alabama esiste la città di Troy” aveva ammesso lei, “Troy è una città molto reale” aveva risposto Fred, “Avete capito il punto” aveva risposto Madina.

“Abbiamo solo otto ore” aveva ponderato Stellan, “Per questo non vorrei piombare in una città del Quebac per cercare Astrid e scoprire che altrove” aveva detto Madina, “Gróa ha parlato del Regno di Saguenay, non della città, del territorio o del fiume. Regno

“Va bene, facciamo così, diamoci un’ora di tempo per scoprire qualcosa di utile” aveva proposto Mel. “Sprechiamo tempo, sì” aveva considerato Fred quasi rancoroso, “Posso accettare, ma non dividiamoci. La mia amica Hazel diceva che il Canada era la terra dei mostri” aveva spiegato. “Faremo a gruppetti” aveva proposto Madina, “Magari tre-e-due o due-due-uno” aveva aggiunto, “Io non posso stare da solo, non sono mai stato nel mondo mortale, non conosco gli usi e i costumi” aveva esclamato Stellan, “Perché lo schiavo romano, il crociato e la ragazza dei seicento li sanno?” aveva ponderato Fred retorico, “Parla per te, eremita. Io e Mel abbiamo passato molto tempo nel mondo mondano, Freddy” aveva ridacchiato Madina.
“Va bene, uno di voi due prendete l’elfo. Io e Jason ci faremo una chiacchierata” aveva buttato fuori.

Questo Jason non se lo era aspettato.

Madina aveva preso senza vergogna Stellan sotto braccio, “Fantastico, io e te non abbiamo passato tanto tempo assieme” aveva cinguettato.

In effetti: Jason, Mel e Stellan avevano affrontato Iulia, Fred e Stellan avevano trovato il cinghiale, Mel e Stellan affrontato Richard I – “Ne sono felice” aveva ammesso l’elfo.

 

 

 

“I posti migliori dove fare ricerche sono quasi sempre le biblioteche. Dei miei amici ci hanno trovato un’arpia che sputava pezzi di profezie” aveva raccontato Jason, con un tono leggermente vago, mentre attraversavano l’arco sorretto dai due grigoni in pietra nera della Biblioteca Pubblica di Toronto.

“Pensi che Hnoss passerà dei guai?” lo aveva sorpresa Fred di rimando, “Non credo” aveva ammesso Jason, “Siamo in missione per il Wyrd alla fine” aveva considerato, “Sai, la voglio odiare. Sarei stato ben felice di rimanere bloccato in un inferno perenne che dover affrontare la crisi della mia fede” aveva ammesso Fred, “Ma continuo a ricordare il suo visino di bambina, avvolta nella luce d’oro” aveva soffiato “È avrei dovuto ringraziarla.”
“Per averti dato un’altra possibilità?” aveva chiesto Jason.

Hnoss aveva detto di aver combattuto con Glam perché l’anima di Fred potesse diventare quella di un einherjar. Fred aveva scosso il capo in segno di diniego, “Per Astrid” aveva risposto, “Senza … Hnoss non avrei mai conosciuto Astrid e se non mi sono dissolto negli ultimi anni e solo perché non potevo sopportare di non vederla mai più” aveva ammesso, “Anche se ogni giorno è un agonia in questo circo.”

Jason conosceva quel sentimento, Giunone lo aveva ingannato, preso e rapito, gettato, cancellato e ricostruito, ma gli aveva dato Piper, anche se era durata poco, anche se non era del tutto vero. Jason aveva avuto Piper ed era morto per lei, come Fred sarebbe vissuto per Astrid.

“Questo è molto dolce” aveva ammesso Jason, “Non siamo amici e non mi piaci ancora” aveva stabilito. “Non hai mai pensato di confessarti?” aveva indagato, “Jason, io ho fatto tre voti: obbedienza, povertà e castità” aveva ammesso, “Un voto è un impegno imperituro, fino alla cessazione, essere morto e risorto non è una scusa per cedere. Così come il mio ruolo: io sono un monaco, anche da morto” aveva stabilito.
“Sono sicuro che possa trovarsi un compromesso” aveva ponderato Jason, “Il mio compromesso è sbarazzarmi del suo orrido fidanzato” aveva risposto.

 

“Scusate giovanotti, ma devo chiedervi di fare silenzio. Queste è la casa del sapere e il silenzio è la prima regola” erano stati disturbati da una signora che si era avvicinata a loro. Era piccola di statura, con la pelle marrone e i capelli grigio-bianco, tirati indietro in una crocchia perfetta. Doveva avere sangue nativo americano ma Jason non era così informato da riconoscere la tribù, anche se aveva dei decori in pittura rossa sul viso. I suoi occhi erano leggermente allungati, di un bel castano dolce ed aveva un naso leggermente ingombrante, che la faceva sembrare dolce indossava un maglioncino di kashmire, su cui era cucita l’immagine di una marmotta, e al collo pendevano degli occhiali tondi da una cordicella di perle. “Ci perdoni signora” aveva detto pieno di vergogna Jason, mentre Fred aveva incrociato le braccia sotto il petto, ben disinteressato ad apparire contrito.
“Cercavamo informazioni” aveva cominciato lui, “Oh, siete decisamente nel posto giusto” aveva risposto divertita la signora, “Non lavoro qui, ma conosco questo luogo come ogni angolo della mia sacca” aveva risposto lei con voce piatta ed una punta di divertimento. “Forse posso aiutarvi” aveva aggiunto, “Cerchiamo informazione sul Saguay” aveva risposto Jason, “Probabilmente un agenzia di viaggi sarebbe stata meglio, ma posso lavorarci” aveva ridacchiato quella, strizzando l’occhio verso di loro.

“Bene, osservando quell’orologio – abbiamo venticinque minuti” aveva stabilito Fred, “Poi andremo a Sagueay o come si chiama” aveva risposto Fred.

La signora aveva riportato loro un paio di libri, sembrava caricarli con tranquillità nel suo piccolo corpo con estrema tranquillità. “C’è molto materiale” aveva considerato Jason, “Molto ma non abbastanza” aveva detto la signora anziana, “Non esisterà mai abbastanza materiale rispetto quanto dovrebbe essercene, su qualsiasi cosa. Il mondo è così misterioso” aveva aggiunto con allegrezza la donna.

“La ringrazio, io sono Jason e lui è Fred” aveva risposto, indicando il suo amico, mentre raccoglieva i libri dalle mani della signora, per guidare lui e il suo amico verso un posto dove poter studiare. “Io sono A-gaskw” aveva risposto la donna con tranquillità.

“Bene” aveva detto Fred sedendosi su una sedia, “Alcuni libri sono in francese, io prendo questo” aveva aggiunto, allungando una mano per raccogliere alcuni testi. “Saguenay deriva dalla parola Saki-nip della lingua Innu: dove l’acqua scorre” aveva letto Jason, osservando Fred, quello aveva annuito: “Gróa lo aveva detto: le acque ci avrebbero condotto” aveva considerato, “Inoltre, in questo articolo c’è scritto che la città è stata fondata dall’unione di altre quattro: una di queste era Baia” aveva aggiunto rincuorato Fred, “E se ricordi …” aveva provato, “ , sì” aveva terminato per lui Jason, recitando le parole della strega.

“Madina aveva torto!” aveva esclamato Fred, tirandosi subito in piedi, Jason lo aveva guardato e aveva voltato la pagina quasi distrattamente, prima di osservare il testo scritto sulla pagina, “Non per abbatterti, ma tecnicamente Saguenay è su un fiordo” aveva riportato, il testo del libro recitava proprio le meraviglie del Fjordo, “ma il quartiere di La Baia no, è una zona pianeggiante, una baia sabbiosa” aveva risposto Fred senza perdersi d’animo, mostrando un brano del libro che stava leggendo lui.

A-gaskw si era avvicinata di nuovo a loro, “Ragazzi, i toni, per favore” li aveva rimproverati bonariamente, Jason era arrossito di imbarazzo, “Ci scusi” aveva sussurrato. Fred di rimando aveva preferito sbuffare.
“In quelle zone ci sono anche le viti selvatiche?” aveva chiesto Jason, poi sottovoce, “Sulla sabbia, intendo. Perché non mi pare che le viti crescano sulla renella” aveva replicato, “Dirmi che non hai mai bevuto un Carbenet Franc, senza dirmi di aver mai bevuto un Cabernet Franc” aveva replicato Fred, pungolandolo con cattiveria. “Oh, scusami se non sono un esperto di vini!” aveva replicato con un tono punto Jason. “Giovanotti!” aveva ribadito A-gaskw, con un tono meno gentili, e la terra aveva leggermente tremato, i due si erano immobilizzati, dritti come lame e tutti i loro sensi si erano svegliati improvvisamente. La gente intorno a loro aveva cominciato a vociare allarmata, affrettandosi a lasciare la struttura. Un allarme pragmatico si era dipanato per tutta la biblioteca invitando gli avventori ad abbandonare le aule celermente ma in maniera ordinata.
“Andiamo anche noi” aveva stabilito Fred, “Come, ora che si è liberato il posto e potete far baccano?” aveva chiesto la donna, perplessa, “No, no. Restate qui” aveva aggiunto A-gaskw.

“Lei non è semplicemente una vecchina gentile, vero?” aveva chiesto Jason, guardandola guardingo, “Ovviamente no, giovanotto, io sono una Nonna!” aveva ripetuto imperitura, sedendosi al loro tavolo, la gente aveva cominciato a lasciare la struttura senza badare a loro, probabilmente mascherati dalla Foschia emanata dalla donna.

“Toronto non ha un piano sismico, questa cosa è molto imbarazzante, sapete?” aveva comunicato la donna con un tono leggermente apprensivo, come se avesse parlato dei suoi figli o nipoti e non di una città intera.

“È stata lei?” aveva chiesto Fred, “Sì, circa. Non è nelle mie corde, ma posso far tremare i miei santuari. I poteri posso fare cose grandiose e spaventose, bisogna solo capire come adoperarli” aveva ammesso con gentilezza, “Ogni luogo di sapienza e un mio luogo” aveva ammesso. “Lei è, come …” Jason si era interrotto, sembrava sgradevole dire qualcosa sulla falsa riga della ‘Dea Minerva dei Nativi Americani?’

Primo a nessun dio piaceva essere comparato ad altri, secondo definire l’insieme dei gruppi autoctoni come un’unica identità sembrava sbagliato.

 “Una dea della Sapienza?” aveva chiesto Fred, anticipandolo, leggermente più diplomatico. A Jason non era mai parso che il suo compagno di corridoio fosse una persona abile a comunicare, fino a che non lo aveva visto con Snorri Thorfinnsson – probabilmente gli anni in monastero avevano insegnato a Fred qualche educazione o guizzo di empatia.

 “Io sono A-gaskw, del popolo degli Algonchini, nonna di Glooskap” aveva risposto, come se quella definizione avesse dovuto chiarire ogni cosa, mentre i suoi contorni cominciavano a cambiare ma invece di un orrido mostro, come si sarebbe aspettato Jason, davanti loro si era formato l’aspetto di un animale antropomorfo, una marmotta gigante, con un visetto dolce ed amichevole, con ancora i capelli grgio-bianchi chiusi nella crocchia e il trucco rosso sul muso. “E come tutte le Nokemis so molte cose. La vecchiaia da saggezza” aveva ammesso la dea bonaria. “Penso sia la prima volta che mi trovo così a mio agio con una dea” aveva sospirato Fred, “Nessun atavico terrore o freddo disagio” aveva ponderato. “Ne sono lieta. Odio quando i miei colleghi scuotono il capo e fanno la voce grossa, è così soffocante” aveva detto gentile la dea marmotta.
“Lei può aiutarci a risolvere un arcano?” aveva chiesto Jason, consapevole che avrebbero ricevuto una missione improbabile, che avrebbe fatto perdere loro ancora più tempo, ma non aveva dubbi che una dea non avrebbe potuto palesarsi davanti a loro senza pretendere qualcosa in cambio. “Io posso fornirvi gli strumenti, ma non le soluzioni” aveva risposto con gentilezza la dea. “Aiutati che dio ti aiuta” aveva sospirato Fred, “Dai ad un uomo un pesce e domani sarà affamato, insegna ad un uomo a pescare e non avrà più fame” aveva recitato Jason.

“Bene. Due ragazzi pragmatici – ne sono felice” aveva concesso la dea, “Cosa cercate?” aveva inquisito. “Un luogo che abbia una baia con dei pianori, viti selvatiche e corrisponda al Regno di Saguenay” aveva spiegato Jason.
“Oh, be, avete un bel problema da mettere nel sacco – era dai tempi di John Cartier che non vedevo qualcuno cercare il Regno di Saguenay” aveva considerato.

“Quindi non è la città omonima?” aveva chiesto Fred, con una leggerà irritazione, “Forse. Non lo so” aveva ammesso la vecchia, “Lasciate però che vi racconti una storia. Una storia antica …” aveva risposto. “Possiamo averla nella versione breve, non per cattiveria o mancarle di rispetto ma hanno rapito una nostra amica” aveva insistito Fred.

L’espressione dolce del viso di A-gaskw si era fatta leggermente acida e indisposta, “Ah, l’impazienza, la colpa più grande dei giovani. Scoprirete con il tempo che a far di fretta le cose non ci si guadagna nulla, ogni secondo va assaporato, perché è vero che il tempo non ci aspetta, ma anche correndo non riusciremo mai a raggiungerlo” aveva ammesso.

“Amica. Prigioniera” aveva ribadito lapidario Fred.

“Touché” aveva risposto la dea marmotta, “Procederò con la versione breve …”

 

“…Molti anni, secoli fa, tra i popoli che abitavano queste terre si era intessuta una leggenda, di un luogo: Saguenay, una terra ricca di ori, diamanti e abitata da un popolo estraneo e diverso da tutti gli altri. Nessuno ovviamente aveva mi cercato Sanguenay con così tanta insistenza, fino all’arrivo degli europei, in particolare dei francesi” – la dea castoro aveva lanciato un lungo sguardo di ammonimento a Fred, che era arrossito ed aveva deviato gli occhi – “E nessuno più dei francesi era stato interessato a questo leggendario luogo. Ne avevano sentito parlare per la prima volta da Donnacoda, un capo irochese che era stato fatto prigioniero nel vecchio continente, egli aveva intrigato gli uomini affamati di ricchezze con questa terra leggendaria”
“El Dorado del Nord America” si era lasciato sfuggire Jason, ricordando il discorso che Madina aveva cercato di fare sulle rive del Tanais, la dea lo aveva guardato, “Scusi, non volevo interromperla” aveva ammesso Jason vergognoso, “Non preoccuparti ragazzo, ma hai ragione” aveva confermato A-gaskw.

“Le parole di Donnacoda erano una maledizione, ovviamente” aveva ripreso a parlare, “Francesco I di Francia comandò che questa leggendaria terra fosse trovata. Molti partirono per conto del re, ma molti altri partirono per loro stessi. E nel tempo, nello spazio, la ricerca continuò, quella fame d’oro e ricchezze aveva infettato la mente degli uomini come una malattia” la dea castoro aveva fatto una pausa.

Jason aveva pensato a Heidi, la signora dell’oro, che poteva avvelenare la mente con le sue parole.

“Tanti di quegli uomini si sono persi alla ricerca di quella terra al nord che prometteva ori e ricchezze. Si è arrivati a pensare che quella di Donnacoda fosse un inganno, che i nativi avevano permesso di proseguire, per vendicarsi della loro ingordigia che gli aveva cacciati e rovinati” aveva detto con un tono di voce spento e pieno di dolore. Era la sua terra, era il suo popolo, quello che era stato decimato, cacciato e perseguitato.
Fred aveva abbassato il capo pieno di vergogna, “Qualcosa che ci caratterizza da sempre” aveva sospirato poi – lui che era morto combattendo per conquistare una terra al posto di un'altra. “Per molti, per molto tempo, quella di Donnacoda era sembrata una vendetta; il Regno di Saguenay è stato cercato in lungo e largo, questa terra è stata sezionata, scaglionata e ispezionata in ogni cubito, ma niente è mai stato trovato” aveva detto A-gaskw.
“Il mio amico Percy diceva che certi miti sono davvero solo miti, come Atlantide” aveva parlato Jason, “Una terra piena di flutti e frutti, magica e ricca che era esistita ingurgitata dal mare, scomparsa”, come era scomparsa Saguenay, aveva valutato, “Solo un’altra chimera che gli uomini inseguono” aveva ammesso Fred, c’era frustrazione della sua voce, “Sì” aveva ammesso la dea, “Ma la leggenda di Saguenay esisteva ben prima della maledizione di Donnacoda, esisteva tra le leggende dei popoli e dei clan con un solo avvertimento” aveva fatto una pausa eccessivamente drammatica: “State lontani da quella terra e da quelle genti.”

“Si aveva una descrizioni delle genti?” aveva inquisito Fred, A-gaskw aveva sorriso compiacente, prima di rispondere: “Sì, si diceva che gli abitanti del Regno di Saguenay fossero pallidi come la neve, dai lunghi capelli biondi come il sidro del sole e vestissero oro e argento” aveva spiegato.
Fred aveva annuito.

“Vi lascio riflettere, mentre vi porto del tè. Non si potrebbe bere qui, ma visto che non c’è anima qui, credo possa aiutarvi” aveva detto la dea castoro sollevandosi, “Abbiamo su-per-giù dieci minuti” le aveva detto Fred, “Ho un ottimo bollitore” aveva risposto quella pragmatica.

“Il tuo cervello potenziato dall’acqua di Mimir ti ha fatto giungere alla mia stessa conclusione?” aveva chiesto Fred, retorico. “Può darsi” aveva ammesso Jason. “Ti dicevo, quello, che mi ha detto il mio amico” aveva cominciato, “Esattamente Jason quanti amici hai?” aveva chiesto Fred a brucia-pelo, era una domanda strana ma era una bella domanda.

“Molti” aveva schiuso le labbra Jason, rischiarato a quel pensiero, anche se molti di loro non li avrebbe mai più incrociati, “Dicevo: Percy mi raccontò di Atlantide, che è un mito della mitologia greca che è un vero mito …” stava dicendo, ma era stato interrotto da Fred. “Saguenay non è un’allegoria! È un posto reale” aveva ponderato il figlio di Gerd. “Potrebbe essere un luogo dove le cose si uniscono?” aveva borbottato Jason, “Sai dove i piani delle esistenze si uniscono, come il Don, la terra dei Veleni o le montagne del Wyoming” aveva spiegato meglio.

Fred aveva aggrottato le sopracciglia scure, “Cos-lascia perdere” aveva stabilito, prima di grattarsi una guancia, “Dici?” aveva chiesto perplesso, “Uhm” aveva provato Jason, “Váli …Lokisson mi ha spiegato che gli dèi Slavi hanno predisposto un campo per i loro semidei che non esiste in questa realtà, quindi non so, forse Saguenay potrebbe essere una tasca nello spazio?” aveva proposto, ricordando quello che il giovane mezzo-Jotun aveva raccontato loro. “Sì, hai davvero tanti amici” aveva ponderato Fred con un tono leggermente invidioso, “Ma non credo. Gròa ha detto che il Regno di Saguenay è qui, nel luogo dove si vive e muore allo stesso tempo” aveva ricordato.

“Quindi un luogo sulla terra, a nord, di qui, abitato da uomini pallidi biondi e ricchi di gioielli” aveva ponderato Jason con un tono angustiato. “Un luogo con viti selvagge e pianure” aveva ricordato Fred, “Che è stato cercato in lungo e in largo”, Jason aveva terminato per lui: “E mai trovato.”

 

A-Gaskw era tornata, con un’espressione colorita, “Vi ho portato un tè all’agrifoglio, ha molta caffeina” aveva affermato con estrema gentilezza, “Molto gentile” aveva ammesso Jason con un tono gentile, raccogliendo la tazza che aveva steso verso di loro, “Siete giunti a qualche conclusione?” aveva domandato.

“Oh, sì, Saguenay è un luogo molto reale che non esiste” aveva risposto Fred turbato. Jason aveva bevuto un po’ del suo tè, era buono ed era forte, “Oh, dei che buono” aveva esclamato, facendo ridacchiare la dea, “Grazie caro” aveva squittito.

Fred aveva aggrottato le sopracciglia, il suo viso era insofferente e non aveva neanche toccato il tè. Jason sapeva quello che stava provando. “Forse state guardando dalla prospettiva sbagliata” aveva ponderato la dea.

 “Ah sì?Quale è quella giusta?” aveva indagato Fred. “Questo è un mito algonchino, o forse Innu visto che è dalla loro lingua che viene il nome, che ha preso piede negli altri popoli, tanto che è arrivato fino al Wyoming da Madina più di un abbondante secolo dopo, dove sono i Siux” aveva spiegato la dea.

Jason aveva ricordato il mantra che Astrid gli aveva detto prima di ritrovarsi nel pasticcio dell’Holmagang, che apparteneva al popolo Siux.

“Ma perché Erik e Astrid dovrebbero ripararsi in un mitologico regno algonchino? Astrid appartiene al popolo Thule, i più vicini a loro per cultura sono gli odierni eschimesi” aveva risposto Fred, “Quindi dovremmo cercare un mito eschimese?” aveva chiesto poi stanco lo stesso. “Ti direi di sì, ma non credo. Astrid è una vichinga, è stata cresciuta da quel mondo lì, da suo padre” aveva considerato Jason, “Pensa che quando ha avuto bisogno di citarmi un aforisma ne ha scelto uno Siux, non uno Thule. Inoltre Erik è in tutto e per tutto un vichingo” aveva ricordato.

“Non è un vichingo, è un prete” aveva ricordato Fred, “Per cultura resta un vichingo” aveva risposto Jaosn, trovandolo ovvio. “Prima cosa, i vichinghi non sono un popolo Jason, sono un ruolo sociale” lo aveva corretto.
“Okay, non lo sapevo. Come ho detto, sono in questo posto da cinque giorni solamente, due dei quali li ho spesi a Jotunheim e uno a Vaneheim” aveva risposto sulla difensiva. “Comunque, non hai torto, per cultura appartiene ai popoli scandinavi. La famiglia di Erik è norvegese, mentre quella di Astrid alle colonie islandesi” aveva ammesso Fred.

“Credo dovremmo guardare dalla prospettiva norrena della faccenda” aveva considerato Jason, voltandosi verso A-gaskw in cerca di conferma.

“I thule vivevano anche in Groenlandia, comunque” gli aveva riferito la dea A-gawask, “Quindi Saguenay è in Groenlandia?” aveva chiesto Fred, “No, è un luogo Innu o loro vicino” aveva ricordato Jason, interogando poi la dea castoro, “Non ha detto che il nome veniva da una parola di quel popolo?” aveva chiesto.
“Così ho detto” aveva confermato A-gaskw, “Allora, è probabile considerare che Saguenay dovesse essere una terra loro vicina, forse nel loro territori; probabilmente loro stessi sono stati gli iniziatori della leggenda” aveva ammesso Jason, voltando lo sguardo verso Fred. Il figlio di Gerd era stato leggermente titubante, ma poi aveva annuito, “Ha senso” aveva concesso.
“Non è che avrebbe un libro che parli di questo popolo e dove erano stanziati?” aveva inquisito Jason, poi volgendosi verso la donna, “Mia signora” aveva aggiunto più rispettoso, l’attimo dopo nelle zampe pelose della dea si era manifestato proprio un tomo, “Ecco a te, caro” aveva detto.

“Non potrebbe aiutarci è basta?” aveva chiesto Fred, leggermente spazientito, “Primo: se lo facessi come imparereste? Secondo: non ho davvero idea, sono sempre stata troppo pragmatica per cercare luoghi leggendari” aveva risposto la dea, mentre offriva il libro a Jason.

“Niente in cambio?” aveva chiesto, “Di solito gli dèi vogliono sempre qualcosa?” aveva considerato, “La compagnia di due baldi giovani, mentre si tiene il naso sui libri e quanto più una nonna possa desiderare, sono diventata vecchia e sbiadita e sono pochi a ricordarsi di me” aveva detto con un tono bagnato.
Jason aveva sorriso con gentilezza, “Grazie” aveva ammesso alla fine, prendendo il libro e cominciando a studiare le mappe.

Gli Innu occupavano una regione a nord, nella zona di Charlettowon, nei territori del Labrador, a nord di Saguenay aveva visto, dal novecento al millecinquecento almeno.

Un luogo che fosse vicino agli Innu e fosse legato al mondo norreno, in qualche maniera.

“Sicuramente Mel conoscerebbe il mito in questione, lui sa tutto – non so come faccia” aveva soffiato Fred, quando lo stesso guerriero germano aveva schivato la responsabilità dicendo di non avere idea. Certo, forse dal punto di vista norreno, avrebbe potuto dare di più – duemila anni erano tanti per informarsi su vari miti.

“E credo tu sappia molto di Astrid” aveva cercato di consolarlo Jason, “Non così tanto” aveva ammesso Fred, “Starle vicino mi faceva male quasi quanto starle lontano.”

 

Dopo quella frase erano rimasti in un silenzio lungo e pesante, alternato solo dallo sfogliarsi delle pagine dei tomi e dai commenti incoraggianti della dea, che ad una certa aveva tirato fuori dei biscottini da dividere con loro. Jason era a metà di un dolcetto, con ancora il sapore dell’agrifoglio in bocca, quando aveva osservato gli occhi neri di Fred scintillare come stelle. Il ragazzo stava mormorando qualcosa a mezza bocca in francese, che somigliava ad una preghiera al suo Dio, quando improvvisamente si era tirato su dal libro come una molla, con una parola a metà della bocca e l’espressione illuminata.

“Hai avuto un’idea?” aveva chiesto Jason, anche se era una domanda inutile.

“E se fosse una questione come la Migdàl Bavèl?” aveva chiesto retorico Fred, ignorando a pie pari la sua questione, “Cosa?” aveva domandato Jason incuriosito, “La Torre di Babele, sai la manifestazione fisica della hybris degli uomini distrutta da Dio? È un passaggio piuttosto famoso della Genesi 11, versetti da 1 a 9 cristiana” aveva spiegato, “Sono confuso ma interessato. Sono ignorante in questioni … religiose” aveva ammesso, “Lo so me lo hai detto, ti hanno cresciuto i lupi, lupi pagani” aveva ponderato Fred.
Aveva anche definito Lupa una meretrice; sperava la dea non lo scoprisse mai.

Fred poi aveva ripreso a parlare: “…e nel Libro dei Giubilei, per quanto io lo abiuri. Però, la Torre è presente anche in altri simpatici brani non molto cristiani, il cui più famoso è sicuramente un poema sumerico con un nome impronunciabile, che non ricordo né mi interessa ricordare” aveva detto Fred con un tono freddo. “Due miti condivisi in due mitologie diverse” aveva considerato Jason, notando le similitudini in quella circostanza, “La mia fede non è una mitologia, ma sì” aveva risposto mantenendo calmo un tono collerico, “Però non era qui che volevo arrivare” aveva rivelato. “Oh” aveva ammesso Jason, “Per avere bevuto dalle acque di Mimir non sei particolarmente brillante” aveva soffiato Fred, “Riconosco la mia ignoranza. Penso che come aspirante costruttore di templi avrei dovuto sapere di più di una Torre di Babele” aveva ammesso Jason, con un sorriso di circostanza.

Era divertente però che la hybris degli uomini riguardasse una costruzione, Annabeth avrebbe apprezzato l’ironia, visto che riteneva la sua ambizione il suo difetto fatale e la capacità di immaginare costruzioni il suo più grande pregio.

“Sei ancora giovane, ragazzo, sono sicura avrei molti modi e molto tempo di ampliare la tua conoscenza” lo aveva consolato A-gaskw, “L’importante è che la tua fame di sapere non trovi mai acquiescenza.”
Jason le aveva sorriso grato.

Etemenanki” aveva sospirato Fred poi, “Questa la conosco” aveva ammesso Jason, “La pietra angolare del Cielo e della Terra. La ziqqurat più famosa di Babilonia. La mia amica Annabeth dice che a oggi abbiamo solo la ricostruzione data da Erodoto” aveva ricordato Jason, chiedendosi da dove venisse quella memoria così netta e certa. Forse erano le acque?

“Mattoni cotti colorati e quasi centro metri per lato ed altre tanto alta[2]: un capolavoro. Una torre così alta da essere vicina agli dei” aveva riportato, “Da sfidare il Signore” lo aveva corretto Fred, con un luccio negli occhi,

“Capisci?” aveva chiesto.

“Un luogo condiviso da due miti ma reale e fattuale” aveva realizzato Jason. “Sì. Se questo Saguenay fosse come la torre di Babele? Non una tasca nello spazio, non una sovrapposizione di mondi né una chimera inarrivabile. Un luogo molto reale che ha dato origine a interpretazioni mitologiche successive” aveva esplicitato Fred.

Jason aveva annuito.

“Quando gli Ebrei furono deportati a Babilonia, durante il regno di Nabopolassar, trovarono la torre alta solo venti metri o circa, probabilmente in restauro, probabilmente scoprirono che in precedenza era stata alta il quadruplo e e davanti l’opulenza del popolo dei Babilonesi elaboreranno il loro – mio signore perdonami – mito, che prevedeva che il loro Dio aveva punito quell’audacia[3]” aveva stabilito Fred. “Sei stranamente ferrato in storia” aveva ponderato, “Non ero certamente un monaco amanuense, ma come religioso studiare era praticamente un obbligo” si era difeso Fred, arrossendo sulle guance. “Potresti dare ripetizioni a Mel” aveva ponderato, “Ah, non ancora. Quel barbaro suicida ha una memoria eclettica” aveva sospirato Fred.

“Quindi Saguenay potrebbe essere un luogo reale che si è stabilizzato nella mitologia nativo americana e, probabilmente, vichinga” si era inserita la dea Castoro.

“Quindi ci serve un luogo reale, vicino alle zone degli Innu dove gli algonchini possano aver incontrato degli stranieri alti e biondi e pieni d’oro?” aveva domandato retorico Jason.

Ed improvvisamente la cosa gli era parsa ovvia.

Vinland” lo aveva anticipato Fred, “Una terra calda, ricca, aldilà del male con viti selvatiche” aveva aggiunto.
Certo: Vin-land la terra del vino, aveva considerato Jason, “Viti selvatiche come quelle citate nella profezia di Gróa” aveva ricordato.

Dopo quello, tutto stava nel ritrovare dove esattamente fosse sorta una civiltà vichinga nell’America del Nord: Boston? Jason sapeva che la statua di Leif Erikson – il nonno di Erik Freydisson – era nella cittadina americana, dove esisteva uno dei portali, c’era passato davanti proprio il giorno in cui aveva avuto un appuntamento con Kym e poi aveva raggiunto Casa Chase e ricordava qualcosa del genere anche nella presentazione di Odino.

“Aveva ragione Mel: sono tornati a casa” aveva esclamato Fred.

“Che giorno è oggi, Madina? Possiamo inciderlo sulle tavole sacre? Fred mi ha dato ragione” aveva sentito una voce maschile strillare.

 

Evocato come uno spirito, Mel si era palesato.

“Oh, abbiamo compagnia!” aveva detto A-gawska felice, ammiccando alla nuova presenza: le nuove, in vero. Mel era apparso, accompagnato da Madina. Lui indossava ancora i pantaloni di pelle di Ragnarok, ma sopra non indossava più la camicia da festa, ma una giacca imbottita. Madina non indossava niente di troppo pesante ma aveva smesso gli abiti da festa, teneva tra le mani delle buste con la marca di un negozio sportivo.
“Ragazzi, lei è la divina A-gaskw, dea della sapienza e nonna di Glooskap” aveva spiegato subito Jason ricordando l’onomastica della dea castoro e sollevandosi in piedi, “Mia signora, loro sono: Madina Modja figlia di Ullr e Thumelicus Herminsson da Confluentes, due nobili caduti di Odino” aveva spiegato calmo.

“Siete andati a fare compere? Non dovevate fare delle ricerche” aveva inquisito Fred confuso, “Be, ci sembrava una buona idea” aveva risposto subito Mel, “Anche se è bellissimo vedere te e Jason in pantaloni di lustrini, avevamo pensato forse avreste voluto qualcosa di meno scintillante, ma se non vuoi” aveva scherzato Madina. “Dammi subito quelle buste” aveva risposto Fred, frustrato.  “Grazie” aveva ammesso Jason, indossava ancora i pantaloni luccicanti d’oro in accordo ai suoi occhiali, per fortuna, era riuscito a recuperare una maglietta mentre operavano il rituale di invocazione – o avrebbe continuato a stare a petto nudo fino a quel momento. E si era accorto che anche Fred, continuava ad indossare i pantaloni rossi scintillanti. “Stellan?” aveva chiesto, “Sta facendo la guardia al verro. Dei simpatici turisti pensano sia un Moster-Truck e continuano a farsi foto. Gullinbursti è in realtà molto felice di questo” aveva ammesso Mel.

“Come ci avete trovato?” aveva chiesto Fred, “Oh, be, il tempo che ci eravamo dati era finito, quindi le ipotesi erano: o vi aveva trovato un mostro o eravate stati rapiti o avevate trovato qualche indizio” aveva buttato fuori Madina, “Quando non abbiamo sentito nessun dramma in giro, abbiamo sperato nella terza e quale migliore posto della Biblioteca?” aveva inquisito Mel, aprendo le braccia, “Adoro questo odore; mi riporta al portico di Ottavia. Non ci andavo spesso, ma ogni tanto ho accompagnato Iulia e le sue sorelle” aveva detto squisito Mel, prima che la sua espressione dolce si inasprisse.

“Inoltre, be, l’abbiamo trovata chiusa a seguito di una scossa di terremoto che il resto della città non ha sentito” aveva ponderato Madina, “E quanto pare avete effettivamente trovato qualcosa!”

“Sono stati molto bravi” aveva concesso loro la dea castoro, “E a quanto pare Fred mi stava dando ragione su qualcosa” aveva gongolato Mel.

“Sì. Non darti troppe aree” aveva sbuffato Fred, “Abbiamo capito dove è il regno di Saguenay” aveva ammesso Jason, “Ai miei tempi conoscevo un mucchio di persone che sarebbero andati in brodo di giuggiole a questa notizia. C’è gente che ci ha perso il senno per l’El Dorado del Nord America” aveva ammesso Madina divertita. “Mi correggo comunque. Non sappiamo geograficamente dove è il Regno di Saguenay, ma abbiamo capito che è il corrispettivo per la Vinland” aveva spiegato Jason di nuovo, “Quindi, sì, Mel, avevi ragione: Erik e Astrid sono tornati a casa loro” aveva concesso Fred.

 

“Be, sì, figo. Quindi torniamo a Boston?” aveva chiesto Madina, “Non credo. Le acque ci hanno portato qui, no?” aveva ponderato Jason, “Inoltre: Saguenay è una leggenda Algonchina, ma è una parola Innu, quindi dobbiamo pensare a quel territorio” aveva aggiunto.

“Senza dimenticare che Vinland non è un posto specifico, è una delle regioni – regioni perciò non città – con cui i norreni indicavano il Nord America, insieme al Markland ed Helluland” aveva spiegato calmo Mel. Jason sorrise davanti quella sicurezza, non c’era occhio asciutto e la sua espressione era calma e decisa, quasi allegra, avrebbe osato dire: Mel sembrava Mel.

“Inoltre, Astrid non è di Boston. Ha sempre detto di essere nata su in sola” aveva ammesso Fred, “Come ho detto: sai molto di lei” aveva ponderato Jason, sorridendo verso di lui.

“Quindi ricapitoliamo: cerchiamo un posto in nord America, in territorio Innu o vicino, che sia un’isola e che abbia – o avesse – il clima abbastanza mite da avere terra florida” aveva provato Madina mentre lasciava a Jason e Fred i vestiti da indossare.

“Posso dire da quello che ricordo degli studi recenti, la colonizzazione è probabilmente avvenuta in Canada che negli Stati Uniti” aveva ricordato Mel. “Bene, meno male che siamo in biblioteca” aveva soffiato Madina, “Vi prendo una cartina” aveva detto la dea.

Jason aveva guardato la mappa storica delle popolazioni native che aveva già preso, “Sappiamo già che gli Innu erano nel territorio del Labrador e Terranova, dove condividevano lo spazio, parzialmente, con i Thule, la popolazione di Astrid” aveva detto Jason, puntando il dito verso la cartina.

Proprio a nord, di dove erano.

La dea Castoro aveva steso una mappa geografica del Nord America, senza confini civili, ma solo con gli elementi ambientali. “E proprio sicura di non volere qualcosa in cambio?” aveva chiesto Fred questa volta, “Per favore” aveva sospirato solamente la dea castoro, “Non dimenticatevi di me.”
“Mai” aveva rassicurato Jason – aveva già cominciato a costruire e progettare templi per dei minori, perché non aggiungere anche una dea algonchina?

“Lo giuro sullo Stige, mia signora, non la dimenticherò” aveva insistito e la dea castoro si era congedata con quelle parole ed un inchino gentile e cortese, “Allora vi lascio. Avete tutti i mezzi per risolvere questo enigma” aveva ammesso.

Nessun reale e concreto aiuto, solo supporto e strumenti.

In un certo senso lei era il corrispettivo di Minerva e … di Bragi, eppure era sembrata così diversa, così calorosa. Non era stata la saggetta rigida ed eterna della dea romana, né della caos e creatività del dio norreno, era stata calma e rassicurante.

 

“Questa parte lasciatela a me” aveva dichiarato Madina, “Vivevo in una casa nel mezzo delle montagne del Wyoming, guardare carte era l’unico modo per vedere il mondo!” aveva squillato, mentre posava il dito sul punto in cui erano in quel momento. Jason non era sicura di sapere esattamente dove Toronto fosse in una mappa senza limiti scritti, ma riconosceva le coste de Lago Ontario. Fred aveva sbuffato: “Lungi da me offenderti, Madina” aveva cominciato a parlare con un tono leggermente supponente, “Sembra che tu lo voglia fare” aveva risposto l’altra con una punta di cattiveria ben evidente.

“Sì, be, c’era una ragione per cui ai miei tempi alle donne non era permesso di parlare” aveva risposto piccato, “Adesso ti ficco un pugno in gola” aveva replicato Madina, “Questo non cambia che la soluzione, ora è ovvia” aveva ponderato.

“Ah sì? E quale sarebbe?” aveva chiesto di rimando quella, “Non ti sembra ovvio?” aveva risposto, ammiccando alla mappa, “Seguiamo il San Lorenzo, che parte proprio da questo lago, passiamo vicino alla

Nuova Saguenay e … oh, irrompiamo nella Baia di San Lorenzo, dove c’è … oh, guarda” aveva cominciato Fred sarcastico, seguendo il corso del fiume fino alla baia, doveva aveva fatto vagare il dito fino ad una terra insulare, prima di finire: “Ah, eccola qui: Terranova, nel territorio di Terranova e Labrador, un’isola proprio sotto i territori Innu.”

Ed era proprio lì: Terranova.

Sì, sembrava abbastanza ovvio, visto così.

“Bene, andiamo prima di trovarci un gruppo di valchirie alle calcagna o qualcuno decida di voler provare un Moster-truck in piena città” aveva sentenziato Madina.

“Sì” aveva ponderato Jason, “Andiamo a salvare Astrid.”

 

 

NOTA IMPORTANTI: Scrivere questo capitolo è stato super macchinoso, principalmente perché non succede niente e questi parlano – e neanche di loro, ma di miti a cas. Forse avrei dovuto inserire uno scontro, ma non ne avevo voglia (tranquilli ci saranno, ricordiamo che siamo quasi pronti all’Holmagang). Detto questo il capitolo esiste e non hanno risolto subito l’inghippo di Saguenay perché mi dopo essermi vista la serie tv ho capito che non potevo farlo.
Il più grande difetto della serie tv è stato il fatto che praticamente i ragazzi riuscissero a risolvere ogni mistero dopo praticamente due minuti (vedi Medusa, vedi quello dei materassi, vedi Crono, VEDI LUKE) e per me ha tolto molto pathos. Da un lato mi dispiace di avergli fatti sembrare degli stupidi perché la soluzione a me sembrava ovvia, però ho pensato: se non ne hanno sentito mai parlare e non hanno accesso ad Internet, forse così ovvia non era.
Diciamo che già partivano avvantaggiati con Madina che la conosceva come El Dorado del Nord America e Jason conosceva la città ‘perché il Wyrd’ (che probabilmente potrebbe essere la più pigra forma di scrittura di sempre).
E quindi niente, per scusarmi di un capitolo assolutamente macchinoso. Inoltre, non so, volevo dare un po’ di luce a Fred; mi dispiace di aver “sidelato” Stellan, ma capite che ormai è incollato a quel verro.
Riguardo ad A-gaskw non ha avuto un gran ruolo e poteva essere quasi cancellata, ma alla fine ho deciso di tenerla perché è una dea adorabile e perché nei suoi miti è davvero la “Nonna gentile” che ti aiuta senza chiedere nulla in cambio ma il suo aiuto non è mai diretto, ma sempre indiretto; nei miti da a suo nipote gli indizi e gli strumenti di cui ha bisogno e permette a lui di imparare/sbagliare come deve. Quindi, sì, un piccolo cameo mi sembrava carino (sono pessima: ho evitato gli slavi per non appesantire e poi ho disturbato gli dei algonchini).



[1] Ebbene sì, il Gladiatore ci ha mentito.

[2] Tecnicamente: 91,5.

[3] Ragazzi, non è proprio così. Questo è quasi un volo pindarico.

   
 
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