Per
favore,
leggete la nota in fondo.
Buona lettura!
Nonna Castoro
raccontaci una
storia (possibilmente quella del misterioso regno di Saguenay)!
“Sarebbe
stata utile la Banana
Gialla di Magnus!” aveva soffiato Madina, mentre si
accoccolava sulla schiena
del suo fidanzato. “Lo dici tu?” si era lamentato
il verro, mentre correva così
veloce da sfiorare solo le vorticose acque dei Tanai. La sua
velocità era
immensa, ma Jason non sembrava percepirla affatto!
Erano tutti e cinque in groppa alla bestia, sebbene Jason non ne avesse
avuto
la percezione, aveva la sensazione che la bestia fosse aumentata di
volume,
così che tutti quanti potessero cavalcare il garrese.
“Tuo cugino è stato molto gentile” aveva
sospirato Stellan, voltando la testa
per poter guardare oltre la sua spalla, rivolgendosi a Mel.
Il gladiatore
si era fatto
rigido, “Sì” aveva ammesso.
Italicus e il
resto della sua
famiglia si erano mostrati ben disposti a trattenere la vivace Hnoss
– la
piccola-dea sembrava molto interessata a piacere a Fred ma molto meno
disposta
a permettergli di fuggire; Jason aveva gridato alla ragazza, mentre la
vedeva
affrontare l’impavido Flavus, che sarebbero tornati in tempo.
Ricordava che anche Freya si fosse raccomandata di non lasciare il suo
oltre-tomba, all’inizio della festa.
“Mi
ha detto che per tutta la
vita non ha fatto altro che pensare a me” aveva ammesso Mel,
“Mi ha detto che
aveva chiesto che le mie ossa fossero restituite a lui, che fossero
seppellite,
lì al di là del reno, con i miei avi”
aveva ammesso Mel, “Ma Iulia mi aveva
bruciato e tumulato dove voleva lei, senza nome e senza effige, dove
poteva trovarmi
sempre” aveva ammesso cupo e angosciante,
“Perché per lei non avevo avi, ero
solo suo” aveva ammesso cupo.
Ricordava le
parole che
Agrippina aveva usato quando aveva parlato di Mel: Tutto
ciò che hai è mio.
Tutto ciò che sei è mio. “Ho
odiato Italicus. Quando sono morto io avevo
sedici anni e lui solamente sette … lo avevo visto una sola
volta prima di quel
momento; mio zio lo aveva portato da me per conoscerlo; avevo tredici
anni.
Trovavo orribile, anche solo guardarlo. Io indossavo questa tunica,
corta, ero
uno schiavo e lui, dèi, lui era vestito come un bel bambino
romano, di rosso amianto,
e mio zio gli aveva dato questa … effige di Freya che
portava al collo e io lo sapevo
fosse di mia madre” aveva ammesso con cupo disturbo,
“Non potevo averne la
certezza, ma lo sapevo che era di mia madre.”
Erano rimasti
tutti in lungo
silenzio, mentre Thumelicus cercava di venire a capo dei suoi
sentimenti.
“Poi
sono morto lì, sulla
sabbia nell’arena. Solo, sotto lo sguardo di persone venute e
a godere del mio
dolore e il pollice alzato[1]
del
governatore della città – non ricordo neanche il
nome dell’uomo che ha scelto
il mio destino – e mentre morivo, mio cugino viveva e
cresceva, ereditava la
terra, il sangue e la gloria che erano stati destinati a me”
aveva ammesso Mel.
“Ero
nel Valhalla, ero felice,
avevo ottenuto quello che ogni uomo germano avesse mai desiderato
… eppure, non
ho fatto altro che provare rabbia nel pensare a mio cugino che
diventava il Re
di un popolo che era mio, fantoccio di un governo che aveva messo mia
madre in
catene e me a morire in una fossa per il ludibrio del
pubblico” aveva aggiunto
arrabbiato. “Mio padre era un Re, uno dei pochi ad aver fatto
saggiare la scure
a Roma, quando ella era inarrestabile e sono stato concepito principe,
ma sono
nato schiavo e morto schiavo” aveva ammesso e poi aveva
cominciato a piangere,
in singhiozzi quasi incontrollabili.
“E
… ho pensato ... lui voleva
seppellirmi con mio … padre, nella mia terra … e
mi ha pensato e io ho-ho
passato duemila anni …” e il resto delle parole
erano singhiozzi difficili da interpretare,
un po’ in inglese, un po’ in latino.
Madina lo
stringeva forte e la
situazione si era sentita quasi pesante. Jason non aveva detto nulla,
Stellan
neanche e perfino Fred aveva avuto il buon gusto di tacere la sua
lingua
velenosa.
“Comunque
non per rovinare
questo momento di pace e tranquillità mentre
draghiamo” aveva cominciato a
parlare Fred, dopo che i singhiozzi di Mel si erano fatti
più assopiti.
L’ambiente aveva cominciato a mutare, non c’era
più quella dolce atmosfera
luminosa e calda di Vanaheim. “Ma ci sono alte
probabilità che possiamo finire
a metà da qualche parte tra il rialto centrale della Russia
e il mar Nero. Il
Tanai non è un fiume della vita e una manifestazione
sovrapposta del Don, in due
mondi” aveva sospirato Fred,
“Tecnicamente nei territori della Scizia” lo
aveva corretto Mel, “Nell’Ynglinga saga,
Snorri pone Vanaheim nella
Grande Svezia, cioè la Scizia” aveva spiegato
meglio, con il suo tono ancora un
po’ umorale.
Jason aveva sorriso: quello sembrava molto di più Mel.
“Scizia,
Rialto Russo … cosa
vuoi che cambi? Saremmo comunque in mezzo al continente
eurasiatico!” aveva
risposto Fred. “Be, abbiamo preso
la biforcazione
che andava a sud-ovest, quindi forse saremmo più vicini al
versante europeo”
aveva provato Madina, “Per caso mio prode Gullinbursti, lei
sa dove siamo?”
aveva chiesto Stellan, passando una mano sulla testa
dell’automa, “Questo non è
Venaheim” aveva ammesso il cinghiale.
Jason si era guardato intorno, il calore della luce d’oro di
Vanaheim si era
assopita, a favore di un clima più grigio e umido.
La natura
davanti ai loro
occhi era mutata in un verde più inteso con alti alberi,
sembrava meno il
lussureggiante ambiente di Vanaheim, con quella sua natura ambigua,
lucente e
sconosciuta – quasi più creata dall’idea
di piante e alberi che vere e proprie
specie animali note – e
più una folta
natura a Jason famigliare.
“Quello è un acero” aveva riconosciuto,
ammiccando ad un albero, che aveva
riconosciuto tra gli altri e poi … ne aveva notati di simili.
“Sei
un erborista?” aveva
chiesto sarcastico Fred, “Sì, be, una volta mia
sorella è stata trasformata in
un Pino e dopo che lo ho scoperto mi è venuto in mente di
documentarmi. Sai
caso mai succedesse ancora qualcosa di simile” aveva risposto
Jason pratico,
cosa, che se ci pensava, era successa ancora, visto che una volta Nico
era
stato trasformato in un fiore, in base a quello che aveva raccontato
Hazel.
“Oh, dèi, sta bene, ora?” aveva chiesto
Madina con preoccupazione, “Sì. Mio
cugino la ha ritrasformata in una donna ed ora è una
Cacciatrice immortale che
fa il culo ai mostri per hobby” aveva risposto schietto
Jason, sorridendo.
Thalia era
immortale e,
tecnicamente, anche Jason lo era, forse dopo che avessero risolto
quella
situazioni e quando le acque si fossero calmate, forse in un ventennio,
avrebbe
potuto trovarla. Quella
prospettiva l’aveva
improvvisamente messo di umore ottimo.
“Buon
per l’acero, possiamo
farci lo sciroppo” aveva commentato Fred acido,
“Non è semplicemente un acero”
era intervenuto Stellan con un certo orgoglio, “Ha foglie
verde scuro, opposte
caduche! È un acero zuccherino!”
aveva esclamato, “Gli avete anche ad
Alfheim?” aveva inquisito Mel, “Sì, sono
presenti nei grandi parchi delle zone
dove abito, sono molto particolari, perché non prendono
piede ovunque” aveva
raccontato Stellan con un certo divertimento, “Sono
così anche da voi?” aveva inquisito.
“No,
in Francia siamo pieni di
Aceri e ci sono anche in Giappone; sono letteralmente
ovunque” aveva risposto
Fred, “Ma non l’acero zuccherino!” lo
aveva corretto Jason, “Si chiama così
perché è la linfa è dolce!”
aveva spiegato, “È quello da cui si ricava lo
sciroppo … come dicevi Fred” aveva detto,
“E come a Alfheim non si trovano
ovunque, anzi hanno un territorio piuttosto limitato!” aveva
spiegato.
Forse era
perché aveva bevuto
dalle acque di Mimir che il suo cervello stava correndo così
velocemente, che
tutte le conoscenze che aveva accumulato nel corso del tempo, anche
superficialmente, ora tornassero così prorompenti.
“C’è una città,
bambini!” aveva chiamato Gullimbursti.
Da oltre le
fronde degli
alberi, si iniziavano ad intravedere edifici moderni, “Non mi
sembra il Rialto Russo”
aveva detto Mel, “Non ci vado dalla Rivoluzione di Primavera,
quindi non sono
molto affidabile” aveva aggiunto, grattandosi il capo, la
voce aveva perso la
sua vena melanconica.
“Perché
non siamo in Russia o
in Scizia o alla foce del Mar Nero. Siamo in Canada” aveva
risposto Jason.
“Non possiamo essere il Canada! Non possiamo essere
così fortunati da essere in
Canada!” aveva esclamato Fred, “Eravamo sul Don,
come siamo finiti in Canada?”
aveva chiesto retorico. “Perché il mondo ha altri
due fiumi Don, oltre il Don
di Russia!” aveva esclamato Mel, anticipandolo,
“Uno in Inghilterra, uno in Ontario!”
aveva aggiunto, “Questa abitudine degli yankee di rinominare
le cose in base a
quelle esistenti” aveva spiegato divertito,
“Probabilmente tra il nostro
bisogno di dover andare in Canada o forse il fatto che i piani dei
mondi
convivano, siamo accidentalmente finiti nel Don canadese?”
aveva ponderato Mel,
“Be, la strega lo aveva detto no? Ci avrebbe condotto
l’acqua” aveva sospirato
Madina.
“Probabilmente
è così. Forse
nel resto dei mondi le distanze non sono uguali alle nostre, ma dei
punti
devono coincidere” aveva ponderato Jason.
“Come
se per tutto il tempo
fossimo stati nello spazio del nord America, ecco” aveva
ponderato Jason,
“Forse se avessimo preso l’altro braccio del fiume
saremmo finiti nel Don Russo
o Inglese” aveva considerato.
“Jason potresti avere un’affinità
piuttosto divertente con le acque” aveva
ponderato Madina.
“Quindi siamo in Canada!” aveva detto Stellan,
“Ed è un bel posto?”
Non erano
semplicemente in
Canada, erano a Toronto.
A nove
ore di macchina
da Saguenay – meno a cavallo di un verro-automa-senziente.
“Tourtier
con carne e
patate – secondo la gentile cameriera è il piatto
tipico” aveva annunciato Mel,
sembrava stare decisamente meglio, gli occhi non erano più
neanche lucidi. “Non
ho molta fame” aveva ammesso Fred,
“C’è qualcosa di vegetariano?”
aveva chiesto
Stellan, “Patatine fritte” aveva risposto il
germanico.
Jason non si
era fatto troppi
complimenti.
Si erano
fermati in un piccolo
ristorantino non lontano dalle acque del Don. Avevano sistemato
Gullibursti in
un posto d’auto lungo fiume – mentre il verro si
lamentava della mancanza di
verde da grufolare – sperando che i mortali potessero vederlo
come una macchina
ben lucida che un verro con il pelo d’oro brillante.
Mentre Mel e Madina avevano potuto mangiare durante il loro tempo con
Italicus
e il resto della famiglia, loro non toccavano cibo dalla cena nella
Sala dei
Caduti.
Jason non
sapeva neanche
quanto tempo avessero speso da all’ora.
Fred aveva
un’espressione
conflittuale, ma alla fine aveva ceduto ed aveva mangiato un
po’ del suo
tourtier. Madina stava invece studiando una cartina con interesse.
“Quanto
tempo abbiamo prima dell’incontro con Glam?” aveva
chiesto alla fine.
Madina si era
morsa un labbro,
“Non è stato facile tenere conto del tempo, ma
credo ci siano rimasti, circa,
otto ore per andare a Sanguay, trovare Astrid e ritornare a Vanaheim,
se non
vogliamo che Freya passi un brutto quarto d’ora con
Odino” aveva ammessa Mel.
“Andiamo
dunque” aveva emesso
Fred, prima di infilare in bocca un generoso pezzo di cibo.
Stellan si era
sollevato
tenendo ancora la sua confezione di patatine fritte.
“Sono
d’accordo” aveva detto
Mel, “Ma prima, visto che siamo in Canada, potremmo
raccogliere qualche
informazione sul Regno di Saguenay. No?”
aveva inquisito, “Come stavo
dicendo prima a Jason, Saguenay è una città
giovane, duemila due, praticamente
l’altro ieri; anche se il fiume e la regione no”
aveva ponderato, “Ed io nel
lontano mille-seicento-diciassette ho già sentito questo
nome” aveva sospirato
Madina.
“Cosa stai proponendo?” aveva chiesto Fred.
“Sto
pensando, ecco, che forse
… esiste una Saguenay mitologica a cui quella reale fa
riferimento, come in
Alabama esiste la città di Troy” aveva ammesso
lei, “Troy è una città molto
reale” aveva risposto Fred, “Avete capito il
punto” aveva risposto Madina.
“Abbiamo
solo otto ore”
aveva ponderato Stellan, “Per questo non vorrei piombare in
una città del
Quebac per cercare Astrid e scoprire che altrove” aveva detto
Madina, “Gróa ha
parlato del Regno di Saguenay, non della
città, del territorio o del
fiume. Regno”
“Va
bene, facciamo così,
diamoci un’ora di tempo per scoprire qualcosa di
utile” aveva proposto Mel. “Sprechiamo
tempo, sì” aveva considerato Fred quasi rancoroso,
“Posso accettare, ma non
dividiamoci. La mia amica Hazel diceva che il Canada era la terra dei
mostri”
aveva spiegato. “Faremo a gruppetti” aveva proposto
Madina, “Magari tre-e-due o
due-due-uno” aveva aggiunto, “Io non posso stare da
solo, non sono mai stato
nel mondo mortale, non conosco gli usi e i costumi” aveva
esclamato Stellan,
“Perché lo schiavo romano, il crociato e la
ragazza dei seicento li sanno?”
aveva ponderato Fred retorico, “Parla per te, eremita. Io e
Mel abbiamo passato
molto tempo nel mondo mondano, Freddy” aveva ridacchiato
Madina.
“Va bene, uno di voi due prendete l’elfo. Io e
Jason ci faremo una chiacchierata”
aveva buttato fuori.
Questo Jason
non se lo era
aspettato.
Madina aveva
preso senza
vergogna Stellan sotto braccio, “Fantastico, io e te non
abbiamo passato tanto
tempo assieme” aveva cinguettato.
In effetti:
Jason, Mel e
Stellan avevano affrontato Iulia, Fred e Stellan avevano trovato il
cinghiale, Mel
e Stellan affrontato Richard I – “Ne sono
felice” aveva ammesso l’elfo.
“I
posti migliori dove fare
ricerche sono quasi sempre le biblioteche. Dei miei amici ci hanno
trovato
un’arpia che sputava pezzi di profezie” aveva
raccontato Jason, con un tono
leggermente vago, mentre attraversavano l’arco sorretto dai
due grigoni in
pietra nera della Biblioteca Pubblica di Toronto.
“Pensi
che Hnoss passerà dei
guai?” lo aveva sorpresa Fred di rimando, “Non
credo” aveva ammesso Jason,
“Siamo in missione per il Wyrd alla fine” aveva
considerato, “Sai, la voglio
odiare. Sarei stato ben felice di rimanere bloccato in un inferno
perenne che
dover affrontare la crisi della mia fede” aveva ammesso Fred,
“Ma continuo a
ricordare il suo visino di bambina, avvolta nella luce
d’oro” aveva soffiato “È
avrei dovuto ringraziarla.”
“Per averti dato un’altra
possibilità?” aveva chiesto Jason.
Hnoss aveva
detto di aver
combattuto con Glam perché l’anima di Fred potesse
diventare quella di un einherjar.
Fred aveva scosso il capo in segno di diniego, “Per
Astrid” aveva risposto,
“Senza … Hnoss non avrei mai conosciuto Astrid e
se non mi sono dissolto negli
ultimi anni e solo perché non potevo sopportare di non
vederla mai più” aveva
ammesso, “Anche se ogni giorno è un agonia in
questo circo.”
Jason
conosceva quel
sentimento, Giunone lo aveva ingannato, preso e rapito, gettato,
cancellato e
ricostruito, ma gli aveva dato Piper, anche se era durata poco, anche
se non
era del tutto vero. Jason aveva avuto Piper ed era morto
per lei, come
Fred sarebbe vissuto per Astrid.
“Questo
è molto dolce” aveva
ammesso Jason, “Non siamo amici e non mi piaci
ancora” aveva stabilito. “Non
hai mai pensato di confessarti?” aveva indagato,
“Jason, io ho fatto tre voti:
obbedienza, povertà e castità” aveva
ammesso, “Un voto è un impegno imperituro,
fino alla cessazione, essere morto e risorto non è una scusa
per cedere. Così
come il mio ruolo: io sono un monaco, anche da morto” aveva
stabilito.
“Sono sicuro che possa trovarsi un compromesso”
aveva ponderato Jason, “Il mio
compromesso è sbarazzarmi del suo orrido
fidanzato” aveva risposto.
“Scusate
giovanotti, ma devo
chiedervi di fare silenzio. Queste è la casa del sapere e il
silenzio è la
prima regola” erano stati disturbati da una signora che si
era avvicinata a
loro. Era piccola di statura, con la pelle marrone e i capelli
grigio-bianco,
tirati indietro in una crocchia perfetta. Doveva avere sangue nativo
americano
ma Jason non era così informato da riconoscere la
tribù, anche se aveva dei
decori in pittura rossa sul viso. I suoi occhi erano leggermente
allungati, di
un bel castano dolce ed aveva un naso leggermente ingombrante, che la
faceva
sembrare dolce indossava un maglioncino di kashmire, su cui era cucita
l’immagine di una marmotta, e al collo pendevano degli
occhiali tondi da una
cordicella di perle. “Ci perdoni signora” aveva
detto pieno di vergogna Jason,
mentre Fred aveva incrociato le braccia sotto il petto, ben
disinteressato ad
apparire contrito.
“Cercavamo informazioni” aveva cominciato lui,
“Oh, siete decisamente nel posto
giusto” aveva risposto divertita la signora, “Non
lavoro qui, ma conosco questo
luogo come ogni angolo della mia sacca” aveva risposto lei
con voce piatta ed
una punta di divertimento. “Forse posso aiutarvi”
aveva aggiunto, “Cerchiamo
informazione sul Saguay” aveva risposto Jason,
“Probabilmente un agenzia di
viaggi sarebbe stata meglio, ma posso lavorarci” aveva
ridacchiato quella,
strizzando l’occhio verso di loro.
“Bene,
osservando
quell’orologio – abbiamo venticinque
minuti” aveva stabilito Fred, “Poi andremo
a Sagueay o come si chiama” aveva risposto Fred.
La signora
aveva riportato
loro un paio di libri, sembrava caricarli con tranquillità
nel suo piccolo
corpo con estrema tranquillità.
“C’è molto materiale” aveva
considerato Jason,
“Molto ma non abbastanza” aveva detto la signora
anziana, “Non esisterà mai
abbastanza materiale rispetto quanto dovrebbe essercene, su qualsiasi
cosa. Il
mondo è così misterioso” aveva aggiunto
con allegrezza la donna.
“La
ringrazio, io sono Jason e
lui è Fred” aveva risposto, indicando il suo
amico, mentre raccoglieva i libri
dalle mani della signora, per guidare lui e il suo amico verso un posto
dove
poter studiare. “Io sono A-gaskw” aveva risposto la
donna con tranquillità.
“Bene”
aveva detto Fred
sedendosi su una sedia, “Alcuni libri sono in francese, io
prendo questo” aveva
aggiunto, allungando una mano per raccogliere alcuni testi.
“Saguenay deriva
dalla parola Saki-nip della lingua Innu: dove
l’acqua scorre”
aveva letto Jason, osservando Fred, quello aveva annuito:
“Gróa lo aveva detto:
le acque ci avrebbero condotto” aveva considerato,
“Inoltre, in questo articolo
c’è scritto che la città è
stata fondata dall’unione di altre quattro: una di
queste era Baia” aveva aggiunto rincuorato Fred, “E
se ricordi …” aveva provato,
“ , sì” aveva
terminato per lui Jason, recitando le parole della strega.
“Madina
aveva torto!” aveva
esclamato Fred, tirandosi subito in piedi, Jason lo aveva guardato e
aveva
voltato la pagina quasi distrattamente, prima di osservare il testo
scritto
sulla pagina, “Non per abbatterti, ma tecnicamente Saguenay
è su un fiordo”
aveva riportato, il testo del libro recitava proprio le meraviglie del
Fjordo,
“ma il quartiere di La Baia no, è una zona
pianeggiante, una baia sabbiosa”
aveva risposto Fred senza perdersi d’animo, mostrando un
brano del libro che
stava leggendo lui.
A-gaskw si era
avvicinata di
nuovo a loro, “Ragazzi, i toni, per favore” li
aveva rimproverati bonariamente,
Jason era arrossito di imbarazzo, “Ci scusi” aveva
sussurrato. Fred di rimando
aveva preferito sbuffare.
“In quelle zone ci sono anche le viti selvatiche?”
aveva chiesto Jason, poi
sottovoce, “Sulla sabbia, intendo. Perché non mi
pare che le viti crescano sulla
renella” aveva replicato, “Dirmi che non hai mai
bevuto un Carbenet Franc,
senza dirmi di aver mai bevuto un Cabernet Franc” aveva
replicato Fred, pungolandolo
con cattiveria. “Oh, scusami se non sono un esperto di
vini!” aveva replicato
con un tono punto Jason. “Giovanotti!” aveva
ribadito A-gaskw, con un tono meno
gentili, e la terra aveva leggermente tremato, i due si erano
immobilizzati, dritti
come lame e tutti i loro sensi si erano svegliati improvvisamente. La
gente
intorno a loro aveva cominciato a vociare allarmata, affrettandosi a
lasciare
la struttura. Un allarme pragmatico si era dipanato per tutta la
biblioteca
invitando gli avventori ad abbandonare le aule celermente ma in maniera
ordinata.
“Andiamo anche noi” aveva stabilito Fred,
“Come, ora che si è liberato il posto
e potete far baccano?” aveva chiesto la donna, perplessa,
“No, no. Restate qui”
aveva aggiunto A-gaskw.
“Lei
non è semplicemente una
vecchina gentile, vero?” aveva chiesto Jason, guardandola
guardingo,
“Ovviamente no, giovanotto, io sono una Nonna!”
aveva ripetuto imperitura,
sedendosi al loro tavolo, la gente aveva cominciato a lasciare la
struttura
senza badare a loro, probabilmente mascherati dalla Foschia emanata
dalla
donna.
“Toronto
non ha un piano
sismico, questa cosa è molto imbarazzante,
sapete?” aveva comunicato la donna
con un tono leggermente apprensivo, come se avesse parlato dei suoi
figli o
nipoti e non di una città intera.
“È
stata lei?” aveva chiesto
Fred, “Sì, circa. Non è nelle mie
corde, ma posso far tremare i miei santuari.
I poteri posso fare cose grandiose e spaventose, bisogna solo capire
come
adoperarli” aveva ammesso con gentilezza, “Ogni
luogo di sapienza e un mio
luogo” aveva ammesso. “Lei è, come
…” Jason si era interrotto, sembrava
sgradevole dire qualcosa sulla falsa riga della ‘Dea Minerva
dei Nativi
Americani?’
Primo a nessun
dio piaceva
essere comparato ad altri, secondo definire l’insieme dei
gruppi autoctoni come
un’unica identità sembrava sbagliato.
“Una dea della
Sapienza?” aveva chiesto Fred,
anticipandolo, leggermente più diplomatico. A Jason non era
mai parso che il
suo compagno di corridoio fosse una persona abile a comunicare, fino a
che non
lo aveva visto con Snorri Thorfinnsson – probabilmente gli
anni in monastero
avevano insegnato a Fred qualche educazione o guizzo di empatia.
“Io sono A-gaskw,
del popolo degli Algonchini,
nonna di Glooskap” aveva risposto, come se quella definizione
avesse dovuto
chiarire ogni cosa, mentre i suoi contorni cominciavano a cambiare ma
invece di
un orrido mostro, come si sarebbe aspettato Jason, davanti loro si era
formato
l’aspetto di un animale antropomorfo, una marmotta gigante,
con un visetto
dolce ed amichevole, con ancora i capelli grgio-bianchi chiusi nella
crocchia e
il trucco rosso sul muso. “E come tutte le Nokemis
so molte cose. La
vecchiaia da saggezza” aveva ammesso la dea bonaria.
“Penso sia la prima volta
che mi trovo così a mio agio con una dea” aveva
sospirato Fred, “Nessun atavico
terrore o freddo disagio” aveva ponderato. “Ne sono
lieta. Odio quando i miei
colleghi scuotono il capo e fanno la voce grossa, è
così soffocante” aveva
detto gentile la dea marmotta.
“Lei può aiutarci a risolvere un
arcano?” aveva chiesto Jason, consapevole che
avrebbero ricevuto una missione improbabile, che avrebbe fatto perdere
loro
ancora più tempo, ma non aveva dubbi che una dea non avrebbe
potuto palesarsi
davanti a loro senza pretendere qualcosa in cambio. “Io posso
fornirvi gli
strumenti, ma non le soluzioni” aveva risposto con gentilezza
la dea. “Aiutati
che dio ti aiuta” aveva sospirato Fred, “Dai ad un
uomo un pesce e domani sarà
affamato, insegna ad un uomo a pescare e non avrà
più fame” aveva recitato
Jason.
“Bene.
Due ragazzi pragmatici
– ne sono felice” aveva concesso la dea,
“Cosa cercate?” aveva inquisito. “Un
luogo che abbia una baia con dei pianori, viti selvatiche e corrisponda
al Regno
di Saguenay” aveva spiegato Jason.
“Oh, be, avete un bel problema da mettere nel sacco
– era dai tempi di John
Cartier che non vedevo qualcuno cercare il Regno di Saguenay”
aveva
considerato.
“Quindi
non è la città omonima?”
aveva chiesto Fred, con una leggerà irritazione,
“Forse. Non lo so” aveva
ammesso la vecchia, “Lasciate però che vi racconti
una storia. Una storia
antica …” aveva risposto. “Possiamo
averla nella versione breve, non per
cattiveria o mancarle di rispetto ma hanno rapito una nostra
amica” aveva
insistito Fred.
L’espressione
dolce del viso
di A-gaskw si era fatta leggermente acida e indisposta, “Ah,
l’impazienza, la
colpa più grande dei giovani. Scoprirete con il tempo che a
far di fretta le
cose non ci si guadagna nulla, ogni secondo va assaporato,
perché è vero che il
tempo non ci aspetta, ma anche correndo non riusciremo mai a
raggiungerlo”
aveva ammesso.
“Amica.
Prigioniera” aveva
ribadito lapidario Fred.
“Touché”
aveva risposto la dea
marmotta, “Procederò con la versione breve
…”
“…Molti
anni, secoli fa, tra i
popoli che abitavano queste terre si era intessuta una leggenda, di un
luogo:
Saguenay, una terra ricca di ori, diamanti e abitata da un popolo
estraneo e
diverso da tutti gli altri. Nessuno ovviamente aveva mi cercato
Sanguenay con
così tanta insistenza, fino all’arrivo degli
europei, in particolare dei
francesi” – la dea castoro aveva lanciato un lungo
sguardo di ammonimento a
Fred, che era arrossito ed aveva deviato gli occhi –
“E nessuno più dei
francesi era stato interessato a questo leggendario luogo. Ne avevano
sentito
parlare per la prima volta da Donnacoda, un capo irochese che era stato
fatto
prigioniero nel vecchio continente, egli aveva intrigato gli uomini
affamati di
ricchezze con questa terra leggendaria”
“El Dorado del Nord America” si era lasciato
sfuggire Jason, ricordando il
discorso che Madina aveva cercato di fare sulle rive del Tanais, la dea
lo
aveva guardato, “Scusi, non volevo interromperla”
aveva ammesso Jason
vergognoso, “Non preoccuparti ragazzo, ma hai
ragione” aveva confermato A-gaskw.
“Le
parole di Donnacoda erano
una maledizione, ovviamente” aveva
ripreso a parlare, “Francesco I di
Francia comandò che questa leggendaria terra fosse trovata.
Molti partirono per
conto del re, ma molti altri partirono per loro stessi. E nel tempo,
nello
spazio, la ricerca continuò, quella fame d’oro e
ricchezze aveva infettato la
mente degli uomini come una malattia” la dea castoro aveva
fatto una pausa.
Jason aveva
pensato a Heidi,
la signora dell’oro, che poteva avvelenare la mente con le
sue parole.
“Tanti
di quegli uomini si
sono persi alla ricerca di quella terra al nord che prometteva ori e
ricchezze.
Si è arrivati a pensare che quella di Donnacoda fosse un
inganno, che i nativi
avevano permesso di proseguire, per vendicarsi della loro ingordigia
che gli
aveva cacciati e rovinati” aveva detto con un tono di voce
spento e pieno di
dolore. Era la sua terra, era il suo popolo, quello che era stato
decimato,
cacciato e perseguitato.
Fred aveva abbassato il capo pieno di vergogna, “Qualcosa che
ci caratterizza
da sempre” aveva sospirato poi – lui che era morto
combattendo per conquistare
una terra al posto di un'altra. “Per molti, per molto tempo,
quella di
Donnacoda era sembrata una vendetta; il Regno di Saguenay è
stato cercato in
lungo e largo, questa terra è stata sezionata, scaglionata e
ispezionata in
ogni cubito, ma niente è mai stato trovato” aveva
detto A-gaskw.
“Il mio amico Percy diceva che certi miti sono davvero solo
miti, come Atlantide”
aveva parlato Jason, “Una terra piena di flutti e frutti,
magica e ricca che
era esistita ingurgitata dal mare, scomparsa”, come era
scomparsa Saguenay,
aveva valutato, “Solo un’altra chimera che gli
uomini inseguono” aveva ammesso
Fred, c’era frustrazione della sua voce,
“Sì” aveva ammesso la dea, “Ma
la
leggenda di Saguenay esisteva ben prima della maledizione di Donnacoda,
esisteva tra le leggende dei popoli e dei clan con un solo
avvertimento” aveva
fatto una pausa eccessivamente drammatica: “State lontani da
quella terra e da
quelle genti.”
“Si
aveva una descrizioni
delle genti?” aveva inquisito Fred, A-gaskw aveva sorriso
compiacente, prima di
rispondere: “Sì, si diceva che gli abitanti del
Regno di Saguenay fossero
pallidi come la neve, dai lunghi capelli biondi come il sidro del sole
e
vestissero oro e argento” aveva spiegato.
Fred aveva annuito.
“Vi
lascio riflettere, mentre
vi porto del tè. Non si potrebbe bere qui, ma visto che non
c’è anima qui,
credo possa aiutarvi” aveva detto la dea castoro
sollevandosi, “Abbiamo su-per-giù
dieci minuti” le aveva detto Fred, “Ho un ottimo
bollitore” aveva risposto
quella pragmatica.
“Il
tuo cervello potenziato
dall’acqua di Mimir ti ha fatto giungere alla mia stessa
conclusione?” aveva
chiesto Fred, retorico. “Può darsi”
aveva ammesso Jason. “Ti dicevo, quello,
che mi ha detto il mio amico” aveva cominciato,
“Esattamente Jason quanti amici
hai?” aveva chiesto Fred a brucia-pelo, era una domanda
strana ma era una bella
domanda.
“Molti”
aveva schiuso le
labbra Jason, rischiarato a quel pensiero, anche se molti di loro non
li
avrebbe mai più incrociati, “Dicevo: Percy mi
raccontò di Atlantide, che è un
mito della mitologia greca che è un vero mito
…” stava dicendo, ma era stato interrotto
da Fred. “Saguenay non è
un’allegoria! È un posto
reale” aveva ponderato
il figlio di Gerd. “Potrebbe essere un luogo dove le cose si
uniscono?” aveva
borbottato Jason, “Sai dove i piani delle esistenze si
uniscono, come il Don,
la terra dei Veleni o le montagne del Wyoming” aveva spiegato
meglio.
Fred aveva
aggrottato le sopracciglia
scure, “Cos-lascia perdere” aveva stabilito, prima
di grattarsi una guancia,
“Dici?” aveva chiesto perplesso,
“Uhm” aveva provato Jason,
“Váli …Lokisson mi
ha spiegato che gli dèi Slavi hanno predisposto un campo per
i loro semidei che
non esiste in questa realtà, quindi non so, forse Saguenay
potrebbe essere una tasca
nello spazio?” aveva proposto, ricordando quello
che il giovane mezzo-Jotun
aveva raccontato loro. “Sì, hai davvero tanti
amici” aveva ponderato Fred con
un tono leggermente invidioso, “Ma non credo. Gròa
ha detto che il Regno di Saguenay
è qui, nel luogo dove si vive e muore allo stesso
tempo” aveva ricordato.
“Quindi
un luogo sulla terra,
a nord, di qui, abitato da uomini pallidi biondi e ricchi di
gioielli” aveva
ponderato Jason con un tono angustiato. “Un luogo con viti
selvagge e pianure”
aveva ricordato Fred, “Che è stato cercato in
lungo e in largo”, Jason aveva
terminato per lui: “E mai trovato.”
A-Gaskw era
tornata, con
un’espressione colorita, “Vi ho portato un tè
all’agrifoglio, ha molta
caffeina” aveva affermato con estrema gentilezza,
“Molto gentile” aveva ammesso
Jason con un tono gentile, raccogliendo la tazza che aveva steso verso
di loro,
“Siete giunti a qualche conclusione?” aveva
domandato.
“Oh,
sì, Saguenay è un luogo
molto reale che non esiste” aveva risposto Fred turbato.
Jason aveva bevuto un
po’ del suo tè, era buono ed era forte,
“Oh, dei che buono” aveva esclamato,
facendo ridacchiare la dea, “Grazie caro” aveva
squittito.
Fred aveva
aggrottato le
sopracciglia, il suo viso era insofferente e non aveva neanche toccato
il tè.
Jason sapeva quello che stava provando. “Forse state
guardando dalla
prospettiva sbagliata” aveva ponderato la dea.
“Ah
sì?Quale è quella giusta?” aveva
indagato
Fred. “Questo è un mito algonchino, o forse Innu
visto che è dalla loro lingua
che viene il nome, che ha preso piede negli altri popoli, tanto che
è arrivato
fino al Wyoming da Madina più di un abbondante secolo dopo,
dove sono i Siux”
aveva spiegato la dea.
Jason aveva
ricordato il mantra
che Astrid gli aveva detto prima di ritrovarsi nel pasticcio
dell’Holmagang,
che apparteneva al popolo Siux.
“Ma
perché Erik e Astrid
dovrebbero ripararsi in un mitologico regno algonchino? Astrid
appartiene al
popolo Thule, i più vicini a loro per cultura sono gli
odierni eschimesi” aveva
risposto Fred, “Quindi dovremmo cercare un mito
eschimese?” aveva chiesto poi
stanco lo stesso. “Ti direi di sì, ma non credo.
Astrid è una vichinga, è stata
cresciuta da quel mondo lì, da suo padre” aveva
considerato Jason, “Pensa che quando
ha avuto bisogno di citarmi un aforisma ne ha scelto uno Siux, non uno
Thule. Inoltre
Erik è in tutto e per tutto un vichingo” aveva
ricordato.
“Non
è un vichingo, è un prete”
aveva ricordato Fred, “Per cultura resta un
vichingo” aveva risposto Jaosn,
trovandolo ovvio. “Prima cosa, i vichinghi non sono un popolo
Jason, sono un
ruolo sociale” lo aveva corretto.
“Okay, non lo sapevo. Come ho detto, sono in questo posto da
cinque giorni
solamente, due dei quali li ho spesi a Jotunheim e uno a
Vaneheim” aveva
risposto sulla difensiva. “Comunque, non hai torto, per
cultura appartiene ai
popoli scandinavi. La famiglia di Erik è norvegese, mentre
quella di Astrid alle
colonie islandesi” aveva ammesso Fred.
“Credo
dovremmo guardare dalla
prospettiva norrena della faccenda” aveva considerato Jason,
voltandosi verso
A-gaskw in cerca di conferma.
“I
thule vivevano anche
in Groenlandia, comunque” gli aveva riferito la dea A-gawask,
“Quindi Saguenay
è in Groenlandia?” aveva chiesto Fred,
“No, è un luogo Innu o loro vicino”
aveva ricordato Jason, interogando poi la dea castoro, “Non
ha detto che il
nome veniva da una parola di quel popolo?” aveva chiesto.
“Così ho detto” aveva confermato
A-gaskw, “Allora, è probabile considerare che
Saguenay dovesse essere una terra loro vicina, forse nel loro
territori;
probabilmente loro stessi sono stati gli iniziatori della
leggenda” aveva
ammesso Jason, voltando lo sguardo verso Fred. Il figlio di Gerd era
stato
leggermente titubante, ma poi aveva annuito, “Ha
senso” aveva concesso.
“Non è che avrebbe un libro che parli di questo
popolo e dove erano stanziati?”
aveva inquisito Jason, poi volgendosi verso la donna, “Mia
signora” aveva
aggiunto più rispettoso, l’attimo dopo nelle zampe
pelose della dea si era
manifestato proprio un tomo, “Ecco a te, caro”
aveva detto.
“Non
potrebbe aiutarci è
basta?” aveva chiesto Fred, leggermente spazientito,
“Primo: se lo facessi come
imparereste? Secondo: non ho davvero idea, sono sempre stata troppo
pragmatica
per cercare luoghi leggendari” aveva risposto la dea, mentre
offriva il libro a
Jason.
“Niente
in cambio?” aveva
chiesto, “Di solito gli dèi vogliono sempre
qualcosa?” aveva considerato, “La
compagnia di due baldi giovani, mentre si tiene il naso sui libri e
quanto più
una nonna possa desiderare, sono diventata vecchia e sbiadita e sono
pochi a
ricordarsi di me” aveva detto con un tono bagnato.
Jason aveva sorriso con gentilezza, “Grazie”
aveva ammesso alla fine,
prendendo il libro e cominciando a studiare le mappe.
Gli Innu
occupavano una
regione a nord, nella zona di Charlettowon, nei territori del Labrador,
a nord
di Saguenay aveva visto, dal novecento al millecinquecento almeno.
Un luogo che
fosse vicino agli
Innu e fosse legato al mondo norreno, in qualche maniera.
“Sicuramente
Mel conoscerebbe
il mito in questione, lui sa tutto – non so come
faccia” aveva soffiato Fred, quando
lo stesso guerriero germano aveva schivato la responsabilità
dicendo di non
avere idea. Certo, forse dal punto di vista norreno, avrebbe potuto
dare di più
– duemila anni erano tanti per informarsi su vari miti.
“E
credo tu sappia molto di
Astrid” aveva cercato di consolarlo Jason, “Non
così tanto” aveva ammesso Fred,
“Starle vicino mi faceva male quasi quanto starle
lontano.”
Dopo quella
frase erano
rimasti in un silenzio lungo e pesante, alternato solo dallo sfogliarsi
delle
pagine dei tomi e dai commenti incoraggianti della dea, che ad una
certa aveva
tirato fuori dei biscottini da dividere con loro. Jason era a
metà di un
dolcetto, con ancora il sapore dell’agrifoglio in bocca,
quando aveva osservato
gli occhi neri di Fred scintillare come stelle. Il ragazzo stava
mormorando
qualcosa a mezza bocca in francese, che somigliava ad una preghiera al
suo Dio,
quando improvvisamente si era tirato su dal libro come una molla, con
una parola
a metà della bocca e l’espressione illuminata.
“Hai
avuto un’idea?” aveva
chiesto Jason, anche se era una domanda inutile.
“E
se fosse una questione come
la Migdàl Bavèl?”
aveva chiesto retorico Fred, ignorando a pie pari la sua
questione, “Cosa?” aveva domandato Jason
incuriosito, “La Torre di Babele, sai la
manifestazione fisica della hybris degli uomini
distrutta da Dio? È un
passaggio piuttosto famoso della Genesi 11, versetti da 1 a 9
cristiana” aveva
spiegato, “Sono confuso ma interessato. Sono ignorante in
questioni … religiose”
aveva ammesso, “Lo so me lo hai detto, ti hanno cresciuto i
lupi, lupi pagani”
aveva ponderato Fred.
Aveva anche definito Lupa una meretrice; sperava la dea non lo
scoprisse mai.
Fred poi aveva
ripreso a
parlare: “…e nel Libro dei Giubilei, per quanto io
lo abiuri. Però, la Torre è
presente anche in altri simpatici brani non molto cristiani, il cui
più famoso
è sicuramente un poema sumerico con un nome impronunciabile,
che non ricordo né
mi interessa ricordare” aveva detto Fred con un tono freddo.
“Due miti
condivisi in due mitologie diverse” aveva considerato Jason,
notando le similitudini
in quella circostanza, “La mia fede non è una
mitologia, ma sì” aveva risposto mantenendo
calmo un tono collerico, “Però non era qui che
volevo arrivare” aveva rivelato.
“Oh” aveva ammesso Jason, “Per avere
bevuto dalle acque di Mimir non sei
particolarmente brillante” aveva soffiato Fred,
“Riconosco la mia ignoranza. Penso
che come aspirante costruttore di templi avrei dovuto sapere di
più di una Torre
di Babele” aveva ammesso Jason, con un sorriso di circostanza.
Era divertente
però che la hybris
degli uomini riguardasse una costruzione, Annabeth avrebbe apprezzato
l’ironia,
visto che riteneva la sua ambizione il suo difetto fatale e la
capacità di
immaginare costruzioni il suo più grande pregio.
“Sei
ancora giovane, ragazzo, sono
sicura avrei molti modi e molto tempo di ampliare la tua
conoscenza” lo aveva
consolato A-gaskw, “L’importante è che
la tua fame di sapere non trovi mai acquiescenza.”
Jason le aveva sorriso grato.
“Etemenanki”
aveva
sospirato Fred poi, “Questa la conosco” aveva
ammesso Jason, “La pietra
angolare del Cielo e della Terra. La ziqqurat più
famosa di Babilonia. La
mia amica Annabeth dice che a oggi abbiamo solo la ricostruzione data
da
Erodoto” aveva ricordato Jason, chiedendosi da dove venisse
quella memoria così
netta e certa. Forse erano le acque?
“Mattoni
cotti colorati e quasi
centro metri per lato ed altre tanto alta[2]:
un capolavoro.
Una torre così alta da essere vicina agli dei”
aveva riportato, “Da sfidare il
Signore” lo aveva corretto Fred, con un luccio negli occhi,
“Capisci?”
aveva chiesto.
“Un
luogo condiviso da due
miti ma reale e fattuale” aveva realizzato Jason.
“Sì. Se questo Saguenay fosse
come la torre di Babele? Non una tasca nello spazio, non una
sovrapposizione di
mondi né una chimera inarrivabile. Un luogo molto reale che
ha dato origine a
interpretazioni mitologiche successive” aveva esplicitato
Fred.
Jason aveva
annuito.
“Quando
gli Ebrei furono deportati
a Babilonia, durante il regno di Nabopolassar, trovarono la torre alta
solo venti
metri o circa, probabilmente in restauro, probabilmente scoprirono che
in
precedenza era stata alta il quadruplo e e davanti l’opulenza
del popolo dei
Babilonesi elaboreranno il loro – mio signore perdonami
– mito, che prevedeva
che il loro Dio aveva punito quell’audacia[3]”
aveva
stabilito Fred. “Sei stranamente ferrato in storia”
aveva ponderato, “Non ero
certamente un monaco amanuense, ma come religioso studiare era
praticamente un
obbligo” si era difeso Fred, arrossendo sulle guance.
“Potresti dare
ripetizioni a Mel” aveva ponderato, “Ah, non
ancora. Quel barbaro suicida ha
una memoria eclettica” aveva sospirato Fred.
“Quindi
Saguenay potrebbe
essere un luogo reale che si è stabilizzato nella mitologia
nativo americana e,
probabilmente, vichinga” si era inserita la dea Castoro.
“Quindi
ci serve un luogo
reale, vicino alle zone degli Innu dove gli algonchini possano aver
incontrato
degli stranieri alti e biondi e pieni d’oro?” aveva
domandato retorico Jason.
Ed
improvvisamente la cosa gli
era parsa ovvia.
“Vinland”
lo aveva
anticipato Fred, “Una terra calda, ricca, aldilà
del male con viti selvatiche”
aveva aggiunto.
Certo: Vin-land la terra del vino, aveva considerato Jason,
“Viti selvatiche
come quelle citate nella profezia di Gróa” aveva
ricordato.
Dopo quello,
tutto stava nel
ritrovare dove esattamente fosse sorta una civiltà vichinga
nell’America del
Nord: Boston? Jason sapeva che la statua di Leif Erikson – il
nonno di Erik
Freydisson – era nella cittadina americana, dove esisteva uno
dei portali, c’era
passato davanti proprio il giorno in cui aveva avuto un appuntamento
con Kym e
poi aveva raggiunto Casa Chase e ricordava qualcosa del genere anche
nella
presentazione di Odino.
“Aveva
ragione Mel: sono
tornati a casa” aveva esclamato Fred.
“Che
giorno è oggi, Madina?
Possiamo inciderlo sulle tavole sacre? Fred mi ha dato
ragione” aveva sentito
una voce maschile strillare.
Evocato come
uno spirito, Mel
si era palesato.
“Oh,
abbiamo compagnia!” aveva
detto A-gawska felice, ammiccando alla nuova presenza: le nuove, in
vero. Mel
era apparso, accompagnato da Madina. Lui indossava ancora i pantaloni
di pelle
di Ragnarok, ma sopra non indossava più la camicia da festa,
ma una giacca
imbottita. Madina non indossava niente di troppo pesante ma aveva
smesso gli
abiti da festa, teneva tra le mani delle buste con la marca di un
negozio
sportivo.
“Ragazzi, lei è la divina A-gaskw, dea della
sapienza e nonna di Glooskap”
aveva spiegato subito Jason ricordando l’onomastica della dea
castoro e sollevandosi
in piedi, “Mia signora, loro sono: Madina Modja figlia di
Ullr e Thumelicus
Herminsson da Confluentes, due nobili caduti di Odino” aveva
spiegato calmo.
“Siete
andati a fare compere?
Non dovevate fare delle ricerche” aveva inquisito Fred
confuso, “Be, ci
sembrava una buona idea” aveva risposto subito Mel,
“Anche se è bellissimo
vedere te e Jason in pantaloni di lustrini, avevamo pensato forse
avreste
voluto qualcosa di meno scintillante, ma se non vuoi” aveva
scherzato Madina. “Dammi
subito quelle buste” aveva risposto Fred, frustrato. “Grazie”
aveva ammesso Jason, indossava ancora
i pantaloni luccicanti d’oro in accordo ai suoi occhiali, per
fortuna, era
riuscito a recuperare una maglietta mentre operavano il rituale di
invocazione –
o avrebbe continuato a stare a petto nudo fino a quel momento. E si era
accorto
che anche Fred, continuava ad indossare i pantaloni rossi scintillanti.
“Stellan?”
aveva chiesto, “Sta facendo la guardia al verro. Dei
simpatici turisti pensano
sia un Moster-Truck e continuano a farsi foto. Gullinbursti
è in realtà molto
felice di questo” aveva ammesso Mel.
“Come
ci avete trovato?” aveva
chiesto Fred, “Oh, be, il tempo che ci eravamo dati era
finito, quindi le
ipotesi erano: o vi aveva trovato un mostro o eravate stati rapiti o
avevate
trovato qualche indizio” aveva buttato fuori Madina,
“Quando non abbiamo
sentito nessun dramma in giro, abbiamo sperato nella terza e quale
migliore
posto della Biblioteca?” aveva inquisito Mel, aprendo le
braccia, “Adoro questo
odore; mi riporta al portico di Ottavia. Non ci andavo spesso, ma ogni
tanto ho
accompagnato Iulia e le sue sorelle” aveva detto squisito
Mel, prima che la sua
espressione dolce si inasprisse.
“Inoltre,
be, l’abbiamo
trovata chiusa a seguito di una scossa di terremoto che il resto della
città
non ha sentito” aveva ponderato Madina, “E quanto
pare avete effettivamente
trovato qualcosa!”
“Sono
stati molto bravi” aveva
concesso loro la dea castoro, “E a quanto pare Fred mi stava
dando ragione su
qualcosa” aveva gongolato Mel.
“Sì.
Non darti troppe aree” aveva
sbuffato Fred, “Abbiamo capito dove è il regno di
Saguenay” aveva ammesso
Jason, “Ai miei tempi conoscevo un mucchio di persone che
sarebbero andati in
brodo di giuggiole a questa notizia. C’è gente che
ci ha perso il senno per l’El
Dorado del Nord America” aveva ammesso Madina divertita.
“Mi correggo comunque.
Non sappiamo geograficamente dove è il Regno di Saguenay, ma
abbiamo capito che
è il corrispettivo per la Vinland” aveva spiegato
Jason di nuovo, “Quindi, sì, Mel,
avevi ragione: Erik e Astrid sono tornati a casa loro” aveva
concesso Fred.
“Be,
sì, figo. Quindi torniamo
a Boston?” aveva chiesto Madina, “Non credo. Le
acque ci hanno portato qui, no?”
aveva ponderato Jason, “Inoltre: Saguenay è una
leggenda Algonchina, ma è una
parola Innu, quindi dobbiamo pensare a quel territorio” aveva
aggiunto.
“Senza
dimenticare che Vinland
non è un posto specifico, è una delle regioni
– regioni perciò non città –
con cui
i norreni indicavano il Nord America, insieme al Markland
ed Helluland”
aveva spiegato calmo Mel. Jason sorrise davanti quella sicurezza, non
c’era
occhio asciutto e la sua espressione era calma e decisa, quasi allegra,
avrebbe
osato dire: Mel sembrava Mel.
“Inoltre,
Astrid non è di
Boston. Ha sempre detto di essere nata su in sola” aveva
ammesso Fred, “Come ho
detto: sai molto di lei” aveva ponderato Jason, sorridendo
verso di lui.
“Quindi
ricapitoliamo:
cerchiamo un posto in nord America, in territorio Innu o vicino, che
sia un’isola
e che abbia – o avesse – il clima abbastanza mite
da avere terra florida” aveva
provato Madina mentre lasciava a Jason e Fred i vestiti da indossare.
“Posso
dire da quello che
ricordo degli studi recenti, la colonizzazione è
probabilmente avvenuta in
Canada che negli Stati Uniti” aveva ricordato Mel.
“Bene, meno male che siamo
in biblioteca” aveva soffiato Madina, “Vi prendo
una cartina” aveva detto la
dea.
Jason aveva
guardato la mappa
storica delle popolazioni native che aveva già preso,
“Sappiamo già che gli
Innu erano nel territorio del Labrador e Terranova, dove condividevano
lo
spazio, parzialmente, con i Thule, la popolazione di Astrid”
aveva detto Jason,
puntando il dito verso la cartina.
Proprio a
nord, di dove erano.
La dea Castoro
aveva steso una
mappa geografica del Nord America, senza confini civili, ma solo con
gli
elementi ambientali. “E proprio sicura di non volere qualcosa
in cambio?” aveva
chiesto Fred questa volta, “Per favore” aveva
sospirato solamente la dea
castoro, “Non dimenticatevi di me.”
“Mai” aveva rassicurato Jason – aveva
già cominciato a costruire e progettare
templi per dei minori, perché non aggiungere anche una dea
algonchina?
“Lo
giuro sullo Stige, mia
signora, non la dimenticherò” aveva insistito e la
dea castoro si era congedata
con quelle parole ed un inchino gentile e cortese, “Allora vi
lascio. Avete
tutti i mezzi per risolvere questo enigma” aveva ammesso.
Nessun reale e
concreto aiuto,
solo supporto e strumenti.
In un certo
senso lei era il
corrispettivo di Minerva e … di Bragi, eppure era sembrata
così diversa, così
calorosa. Non era stata la saggetta rigida ed eterna della dea romana,
né della
caos e creatività del dio norreno, era stata calma e
rassicurante.
“Questa
parte lasciatela a me”
aveva dichiarato Madina, “Vivevo in una casa nel mezzo delle
montagne del
Wyoming, guardare carte era l’unico modo per vedere
il mondo!” aveva
squillato, mentre posava il dito sul punto in cui erano in quel
momento. Jason
non era sicura di sapere esattamente dove Toronto fosse in una mappa
senza
limiti scritti, ma riconosceva le coste de Lago Ontario.
Fred aveva
sbuffato: “Lungi da me offenderti, Madina” aveva
cominciato a parlare con un
tono leggermente supponente, “Sembra che tu lo voglia
fare” aveva risposto l’altra
con una punta di cattiveria ben evidente.
“Sì,
be, c’era una ragione per
cui ai miei tempi alle donne non era permesso di parlare”
aveva risposto
piccato, “Adesso ti ficco un pugno in gola” aveva
replicato Madina, “Questo non
cambia che la soluzione, ora è ovvia” aveva
ponderato.
“Ah
sì? E quale sarebbe?”
aveva chiesto di rimando quella, “Non ti sembra
ovvio?” aveva risposto,
ammiccando alla mappa, “Seguiamo il San Lorenzo, che parte
proprio da questo
lago, passiamo vicino alla
Nuova Saguenay
e … oh,
irrompiamo nella Baia di San Lorenzo, dove c’è
… oh, guarda” aveva cominciato
Fred sarcastico, seguendo il corso del fiume fino alla baia, doveva
aveva fatto
vagare il dito fino ad una terra insulare, prima di finire:
“Ah, eccola qui: Terranova,
nel territorio di Terranova e Labrador, un’isola proprio
sotto i territori
Innu.”
Ed era proprio
lì: Terranova.
Sì,
sembrava abbastanza ovvio,
visto così.
“Bene,
andiamo prima di trovarci
un gruppo di valchirie alle calcagna o qualcuno decida di voler provare
un
Moster-truck in piena città” aveva sentenziato
Madina.
“Sì”
aveva ponderato Jason, “Andiamo
a salvare Astrid.”
NOTA
IMPORTANTI: Scrivere
questo capitolo è stato super macchinoso, principalmente
perché non succede
niente e questi parlano – e neanche di loro, ma di miti a
cas. Forse avrei
dovuto inserire uno scontro, ma non ne avevo voglia (tranquilli ci
saranno,
ricordiamo che siamo quasi pronti all’Holmagang). Detto
questo il capitolo
esiste e non hanno risolto subito l’inghippo di Saguenay
perché mi dopo essermi
vista la serie tv ho capito che non potevo farlo.
Il più grande difetto della serie tv è stato il
fatto che praticamente i
ragazzi riuscissero a risolvere ogni mistero dopo praticamente due
minuti (vedi
Medusa, vedi quello dei materassi, vedi Crono, VEDI LUKE) e per me ha
tolto
molto pathos. Da un lato mi dispiace di avergli fatti sembrare degli
stupidi perché
la soluzione a me sembrava ovvia, però ho pensato: se non ne
hanno sentito mai
parlare e non hanno accesso ad Internet, forse così ovvia
non era.
Diciamo che già partivano avvantaggiati con Madina che la
conosceva come El
Dorado del Nord America e Jason conosceva la città
‘perché il Wyrd’ (che
probabilmente potrebbe essere la più pigra forma di
scrittura di sempre).
E quindi niente, per scusarmi di un capitolo assolutamente macchinoso.
Inoltre,
non so, volevo dare un po’ di luce a Fred; mi dispiace di
aver “sidelato”
Stellan, ma capite che ormai è incollato a quel verro.
Riguardo ad A-gaskw non ha avuto un gran ruolo e poteva essere quasi
cancellata, ma alla fine ho deciso di tenerla perché
è una dea adorabile e perché
nei suoi miti è davvero la “Nonna
gentile” che ti aiuta senza chiedere nulla in
cambio ma il suo aiuto non è mai diretto, ma sempre
indiretto; nei miti da a
suo nipote gli indizi e gli strumenti di cui ha bisogno e permette a
lui di
imparare/sbagliare come deve. Quindi, sì, un piccolo cameo
mi sembrava carino
(sono pessima: ho evitato gli slavi per non appesantire e poi ho
disturbato gli
dei algonchini).