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Autore: La_Sakura    05/04/2024    5 recensioni
Nankatsu non è il Brasile, e se Tsubasa pare non rendersene conto, Keiko si trova a fare i conti con quella differenza. Nonostante sia giapponese, si sente un'estranea, una gaijin.
Le manca Cris, le manca il Brasile, ma soprattutto le manca la velocità, e lavorare non le basta per colmare quel vuoto che sente dentro; oltretutto, l'intesa storica con Tsubasa pare venir meno ora che lui è tornato nel suo mondo, e ciò contribuisce ad allargare la spaccatura fra di loro.
Come una ferita i cui lembi si sono rimarginati staccati l'uno dall'altro, ora che ha più bisogno di supporto si sente sola.
E, si sa, quando ci si sente soli si prendono decisioni che possono risultare discutibili.
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«Niente. Più. Gare.»
«Che c’è, hai paura che ti tolga il titolo di miglior pilota?»
«Pensi questo? Pensi che si riduca tutto a un “decretiamo chi sia il migliore tra noi”? Sai bene che non è così.»
«A me invece sembra che tu sia parecchio competitivo.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos - sequel di "Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'VeF - Velozes e Furiosos'
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Velozes e Furiosos

Le porte dell’inferno

Era rimasto fermo a osservarla dormire per tutto il tempo, la gamba sana piegata sulla gamba incidentata, il gomito poggiato sul ginocchio e il pugno chiuso puntato nella guancia.

Keiko respirava lentamente, la carnagione pallida in netto contrasto con i capelli corvini che le incorniciavano il volto.

Continuava a osservarla perché se l’avesse svegliata probabilmente le avrebbe urlato contro cose di cui si sarebbe pentito, e l’ultima cosa che voleva era litigare con lei.

Non voleva litigare con Keiko, ma non voleva neanche perderla, e sapeva che se non avesse messo un freno a quella situazione probabilmente lei si sarebbe spinta troppo oltre, sempre che non l’avesse già fatto.

Lei e Mori: il solo pensiero lo fece rabbrividire e vomitare allo stesso tempo.

Come aveva potuto essere così stupida da cadere nelle grinfie di uno yakuza? Proprio lei, che aveva visto in che stato Yukiko si era ridotta quando era alla mercé di Tanaka-san.

Sbuffò, cambiando posizione e approfittandone per alzarsi e sgranchirsi le gambe.

Keiko si mosse e lui si sporse su di lei: quando la donna aprì gli occhi e le loro iridi si incrociarono, Tsubasa sentì finalmente la calma impossessarsi del suo corpo, ora che poteva constatare che stesse bene.

«Oi, Bas…»

«Lindeza…» le carezzò i capelli, sorridendole.

«Voglio andare a casa…»

«Ti dimetteranno a breve, hanno escluso trauma cranici.»

«Ho la testa dura.»

«Sì, questo è indubbio.»

«So che sei arrabbiato, è inutile che lo nascondi.»

«Scoprire che te la fai con Mori non mi ha di certo reso euforico.»

Lei spalancò gli occhi, improvvisamente sveglia e all’erta.

«Come…»

«Sesto senso maschile.» le fece l’occhiolino prima di mettersi a sedere e prenderle una mano «Me l’ha detto Yuzo.»

«Quei due devono proprio dirsi tutto… e comunque non è come pensi.»

«Tu sei meglio di così, Kei-chan.»

«Che ne sai…» mormorò, chiudendo gli occhi e deglutendo a fatica.

«Lo so perché ti conosco, non ti sono mai piaciuti i bad boys

Le sembrò che le sue labbra si incurvassero in un sorriso amaro ma non ne fu certo perché fu solo per un secondo.

«So cosa pensi, ma ti assicuro che non è la stessa cosa.»

«Dirò così a Yuki quando piangerà sulla tua tomba. Riporterò queste parole esatte.»

«Quanto sei melodrammatico, Bas. L’amore ti ha proprio rincoglionito.»

«Senti chi parla.»

«Estamos ficando…»

«E da quanto vi frequentate?»

Lei fece spallucce, mantenendo gli occhi chiusi.

«Che importanza ha?»

Arretrò, lasciando la presa su di lei e facendo aderire la schiena alla sedia.

«Perché hai alzato questo muro, Keiko? Perché mi tieni lontano.»

«Perché così è più facile, Tsubasa.» aprì gli occhi e si alzò a fatica, mettendosi a sedere sul materasso «Così è più facile fare i conti con la tua lontananza, è più facile mentire a Yuki dicendogli che non cambierà nulla quando in realtà è tutto cambiato e sembra che tu non te ne sia accorto, è più facile…»

Piantò gli occhi su di lui, poi distolse lo sguardo, come se non riuscisse a reggerlo.

«Keiko, voglio che tu comprenda una cosa: la tua vita e quella di Yuki sono quanto di più importante ci sia per me, insieme a quella di Sanae. Non esiterei a buttarmi nel fuoco per voi, per questo mi costa tanto dirti quello che sto per dirti, nonostante ci abbia riflettuto a lungo. Se riterrò che la vita di Yuki sia in pericolo, per qualunque motivo, e che tu possa essere un danno per lui, non esiterò a trascinarti in tribunale per ottenere la custodia esclusiva.»

«Non oseresti.» sussurrò lei, gli occhi ridotti a due fessure.

«Oserei, se la vita di Yuki fosse a rischio.»

Kei mantenne lo sguardo su di lui, occhi negli occhi, quindi strinse il materasso per darsi la spinta e scese dal letto.

«Dove vai?»

«A pisciare, Tsubasa.» replicò, agitando una mano.

Yuzo entrò in stanza in quel momento, e lo salutò con un cenno.

«Come va?»

«Meglio, dovrebbero dimetterla a breve. Tuo fratello?»

Yuzo piantò le mani nelle tasche dei pantaloni e fece spallucce.

«Ha un dito del piede fratturato. Non chiedermi come abbia fatto perché non ne ho idea. Però hanno escluso anche a lui dei traumi cranici, quindi…»

Keiko uscì dal bagno e quasi impattò contro Yuzo, rimasto a ridosso della porta.

«Yuzo-kun.»

Gli parve di cogliere un leggero imbarazzo tra i due, come se avessero difficoltà a guardarsi. Che nascondessero qualcosa pure loro? Sentì un lieve mal di testa formarsi, non ne poteva già più di tutti quegli intrighi.

«Novità?»

Keiko lo domandò mentre si stendeva nuovamente a letto.

«Gaho è ancora irreperibile, così come Shimata. Shuzo ha sguinzagliato i suoi segugi per trovarli.»

«E la polizia che dice?»

«La polizia, Tsubasa?» Keiko gli rivolse un’occhiata di biasimo «Davvero?»

«Beh, che ho detto?»

«Quando hanno saputo che c’era di mezzo Malerba hanno archiviato tutto, dai retta a me.»

Il lungo sospiro di Yuzo confermò le parole di Keiko.

«Mio fratello non va molto d’accordo con la legge, e viceversa: mi spiace per te ma non indagheranno.»

Fu il turno di Kei di fare spallucce.

«Non mi aspettavo nulla, sono abituata alla polizia che si volta dall’altra parte. Quando i miei genitori sono morti, le indagini sono durate dodici ore. Mezza giornata per sentirmi dire che era stato un corto circuito di una stufetta elettrica che non abbiamo mai avuto in casa…»

A Tsubasa venne spontaneo allungare una mano per prendere quella dell’amica, ma lei si ritrasse, forse non si era accorta del suo gesto.

«In ogni caso quei due figli di puttana non la passeranno liscia: li stanerò, fosse l’ultima cosa che faccio.»

«Questa frase, invece, te la faccio incidere sulla lapide.»

Yuzo strabuzzò gli occhi.

«Guarda che hai spaventato il ragazzino.» Kei ridacchiò, ma il suo volto passò dal divertimento a una smorfia di dolore «Ho il dubbio di avere una costola incrinata.»

«Ti hanno fatto tutti gli esami e non è emerso nulla.»

Lei inspirò a pieni polmoni, trattenne l’aria e poi la espulse in un solo fiato.

L’infermiera entrò in quel momento e si stupì di vedere quell’affollamento.

«È l’ora delle medicine, devo chiedervi di uscire.»

«Io torno in officina, se hai bisogno chiama, ok?»

Si chinò su di lei e le baciò la fronte, stupendosi di sentirla calda nonostante lei fosse pallida, un contrasto che lo fece sobbalzare e gli lasciò una strana inquietudine addosso.

 

Shuzo entrò nella stanza di Keiko aiutandosi con le stampelle: raggiunse a fatica la sedia accanto al letto e vi si lasciò cadere sbuffando.

«Sto riposando, Mori.»

«Dormirai quando sarai morta, Noshimuri. Adesso devi tirarti su e aiutarmi a prendere quei figli di puttana.»

Lei aprì gli occhi e li puntò su di lui per un frammento di secondo prima di richiuderli e voltare la testa dall’altro lato.

«Trovati qualcun altro, io mi chiamo fuori.»

«Ehi, non funziona così!» esclamò, sbattendo la stampella sul letto «Quel pezzo di merda di Gaho si merita le peggio cose, lo so che anche tu brami vendetta.»

«Ho un figlio da proteggere.»

«Proprio per questo devi aiutarmi.»

«No, è proprio per questo che devo starti lontano.» sbottò, spalancando gli occhi e sollevandosi sui gomiti «Se continuo in questo gioco malato, Tsubasa non esiterà a portarmi via Yuki.»

«Ah, quindi anche Ozora sa giocare sporco, sono colpito.»

«Io… ti ringrazio per questi mesi, mi hanno permesso di ricordare quanto io ami guidare e puoi star certo che non mollerò le drift war per nulla al mondo, ma devo chiamarmi fuori da tutto il resto.»

Shuzo annuì a più riprese, portando le mani davanti a sé e congiungendo le punte delle dita.

«Il tuo ragionamento è più che logico, e lo comprendo, sia ben chiaro, ma il tuo uscire dal giro non dipende da me, e nemmeno da te, temo.»

«Che vuoi dire.» sbuffò lei, scostando la coperta e mettendosi a sedere sul bordo del letto.

«Credi che a Gaho e Shimata importi qualcosa della tua decisione? Non basta asserire di essere fuori dal giro per decretarlo.»

«Mi vuoi incastrare?»

«Temo che tu ti sia incastrata da sola, come tuo padre e tua sorella. Lo definirei quasi un vizio di famiglia.»

«Sei un bastardo, Mori.»

«No, sono solo schietto, e lo sai. Stiamo ballando una danza pericolosa e io non posso concedermi il lusso di uscire dalla sala prima del tempo, ne va della mia leadership.»

«Avevi giurato che mi avresti tenuto fuori dai tuoi giochi di potere.»

«Sono cose che si dicono.» sminuì lui con un cenno «Comunque hai fatto tutto da sola quando hai scelto di correre quella gara, vincerla, entrare nel mio team, venire a letto con me…» elencò.

Keiko distolse lo sguardo e Shuzo comprese di aver ottenuto ciò per cui era entrato in quella stanza d’ospedale. Afferrò le stampelle e si alzò.

«Riflettici, io torno nella mia stanza, è l’ora del mio pompino quotidiano: quell’infermiera sa decisamente il fatto suo.» le strizzò l’occhio e si diresse verso la porta.

Era quasi giunto alla porta quando si sovvenne dell’ultimo particolare.

«Ah, un’ultima cosa.» appoggiò le mani sulla maniglia ma si mantenne di spalle a Keiko «Trascina Yuzo in questa storia e io non esiterò a portare tutti all’inferno con me.» concluse, aprendo quindi la porta e lasciandola spalancata.

 

«Tadaima

Tsubasa annunciò il loro arrivo e subito Yuki fu su di loro, su di lei. Si chinò per stringerlo nel suo abbraccio, assaporando il suo profumo di bambino e godendosi le sue carezze.

«Bentornata a casa, mamma. Vieni! Ti faccio vedere la mia camera, ho preparato il tuo letto, lo sai? Sanae mi ha aiutato ma ho fatto tutto da solo.»

«Arrivo subito, aspettami lì.» non appena il bambino sparì in camera, si voltò verso Tsubasa, che stava salutando Sanae «Non era necessario, posso stare nel mio appartamento.»

«Hai avuto un incidente, passa qualche giorno qui, così siamo tutti più tranquilli.»

Era stata proprio Sanae a pronunciare quelle parole, sorridendole, così non poté fare a meno di annuire e raggiungere il figlio in camera.

La stanza di Yuki era semplice ma era molto più di quanto entrambi avessero mai avuto: un letto in coordinato con l’armadio, dalle finiture in rovere chiaro. Pareti azzurre decorate con macchinine – le sue preferite. Una scrivania su cui fare i compiti senza doversi ridurre sul tavolo della cucina. Un moto di commozione la invase, mentre carezzava i capelli ricci di Yuki.

«È bellissima.»

Il bambino annuì, prendendola per mano e portandola verso il proprio letto.

«Tu dormirai qui, mentre io» si chinò ed estrasse un cassetto del letto contenitore, da cui comparve un letto già pronto «Dormo qui vicino a te.»

«Ma che meraviglia.»

«Tsubasa mi ha detto che così posso invitare gli amici. Volevo farci dormire Daichi però ho pensato che era più bello se ci dormivano insieme, per primi.»

Keiko annuì, sedendosi sul letto e carezzando il tessuto della copertina.

«Vado a farmi una doccia, dopo se vuoi giochiamo insieme, che ne dici?»

«Va bene ma prima devo fare i compiti e aiutare Sanae con la cena.» si avvicinò a lei per sussurrare «Voleva preparare qualcosa di brasiliano per te ma non è molto brava così le sto insegnando io come si fa.»

«Il mio adorabile cuoco.» gli carezzò una guancia. Yuki sorrise mostrando tutta la sua felicità, quindi la abbracciò e, presi i libri, uscì dalla camera.

Si accorse solo in quel frangente che Tsubasa li stava osservando.

«Mi sembra cresciuto così tanto da quando siamo qui.»

«Vorrei spezzare una lancia a favore della scuola giapponese che lo sta abituando a essere autonomo.»

«Sì, hai sempre avuto questo pensiero. Le superiori, però, le hai frequentate in Brasile, e non mi sembri proprio un illetterato.»

Risero entrambi, Tsubasa si grattò la testa con l’imbarazzo di chi aveva qualcosa di scottante da dire.

«Sono contento che tu stia meglio, anche quel dolore…» e le indicò lo sterno.

«Erano fitte dovute alla botta.»

«Kei-chan, io…» si sedette accanto a lei mantenendo lo sguardo basso «Ti devo delle scuse.» ammise infine.

«E per cosa, per il tuo primo vero atto da genitore?» gli diede un buffetto con la spalla, a cui lui replicò allo stesso modo «Mi odierei se Yuki dovesse anche solo lontanamente pensare che non mi interesso a lui o al suo benessere, Bas. Dal giorno in cui ha emesso il suo primo vagito, ogni mio respiro è andato in funzione della sua esistenza, mai una volta ho anteposto il mio benessere al suo. È sempre al centro dei miei pensieri.»

«Lui lo sa, Kei, e lo so anch’io. Non ti toglierei mai la patria potestà.»

«Lo faresti solo se lo considerassi necessario. E dovrai farlo, se dovessi davvero ritenerlo tale.»

«Kei…»

«Bas.» afferrò il coraggio andandolo a cercare in ogni fibra del proprio essere «Mi dispiace, ma io devo tornare da Mori.»

Il volto dell’ex calciatore mutò così velocemente che dimenticò subito com’era il suo sorriso.

«Che stai dicendo.»

«Gaho era appostato davanti a casa di tua madre. Ha seguito Yuki. Ha seguito me. Non sarò tranquilla finché non saprò che non rappresenta più una minaccia per la mia famiglia.»

«Ti farai ammazzare!» scattò in piedi e il suo tono di voce era alto, più alto di quanto Kei avesse mai udito.

«E se non lo faccio, mi ammazzeranno lo stesso!» si alzò a sua volta, intenzionata a tenergli testa «Credi che si accontentino di una mia dichiarazione? Credi che dire “Basta, sono fuori dal giro” sia sufficiente per chiudere tutto?»

Tsubasa si passò entrambe le mani nei capelli e la superò per dirigersi verso la finestra.

«Tu sei completamente pazza…»

«E tu sei un ingenuo, è palese che stare qui ti ha annebbiato il cervello e non ti ricordi più cosa voglia dire stare al mondo.»

«Io voglio vivere in maniera tranquilla, Keiko. Cosa cazzo non ti è chiaro? Non voglio più imparare a riconoscere i rumori delle auto che passano sotto alla mia finestra per paura che sia uno yakuza, o qualcuno che non ha mandato giù una sconfitta a una stupida gara di macchine.»

«Ci campavi, con quelle “stupide gare di macchine”, Bas, o te ne sei dimenticato? Hai la memoria corta o forse stare in Giappone ti ha reso più omertoso di quanto pensassi?»

«Mi ha reso giudizioso, cosa che in Brasile non ero, quando mi facevo coinvolgere in tutti i vostri giri.»

«Ah, quindi ora è colpa nostra. Colpa del Brasile. Ti abbiamo plagiato e non hai più avuto libero arbitrio nelle tue scelte. Povero Tsubasa ingenuo.»

«Smettila, Keiko.»

«No, smettila tu.» lo rimbeccò, la rabbia che si era impossessata di lei e stava traboccando, incontrollata «Smettila di fingere di essere chi non sei, di crearti una facciata di una persona che non c’è più. Non hai più quindici anni, e devi iniziare a fare i conti con ciò che sei davvero.»

Gli voltò le spalle e uscì dalla camera, convinta a tornarsene all’appartamento dove non si sarebbe sentita giudicata come una criminale.

«Se esci da quella porta, è finita.»

La voce di Tsubasa la raggiunse, bassa e baritonale, e la colpì più ferocemente di uno schiaffo. Mantenne la mano sulla maniglia, cogliendo poi con la coda dell’occhio Sanae e Yuki che, fermi in salotto, sembravano come sospesi. Percepì il proprio respiro, quasi affannoso, l’alzarsi e abbassarsi ritmico della cassa toracica a ogni riempimento e svuotamento dei polmoni.

Strinse la maniglia chiudendo gli occhi, consapevole che quel gesto avrebbe decretato la fine di tutto, e che Tsubasa non glielo avrebbe mai perdonato.

Diede un’ultima occhiata a Yuki che, sempre seduto a tavola, con la matita in mano, la guardava mantenendo un leggero sorriso sulle labbra. Le sembrò di cogliere un lieve cenno di assenso da parte sua, mentre chiudeva la porta, ma che ne poteva sapere un bambino di sei anni della sua difficoltà, del dualismo che albergava in lei, dell’amore che provava e che la portava, ancora una volta, a rivoluzionare la propria vita nell’intento di proteggere la sua família.

 

Shuzo ingollò un paio di pastiglie e lanciò la confezione in fondo al cassetto della scrivania.

«Botan, portami dell’acqua.»

«Sì, capo.»

Con la flemma che lo contraddistingueva, a netto contrasto con il suo aspetto, il buttafuori aprì il frigobar dell’ufficio, afferrò una bottiglietta e la porse al suo capo.

«Sempre con calma, eh.» replicò, afferrando malamente la bottiglietta.

«Sempre, capo.»

«Avete notizie di quel mercenario di Gaho?»

«Si è nascosto, capo, ma Chikao lo stanerà.»

«E Noshimuri?»

«È stata dimessa dall’ospedale, è andata a casa con Ozora.»

«All’officina?»

L’altro scosse il capo con lentezza.

«A casa di Ozora, capo. Sa quella bella…»

«Sì, sì, ho capito. Se la tiene a casa con sé, sarà più difficile mettersi in contatto con lei.»

«Non ha più il cellulare di servizio?»

«Non è sopravvissuto all’impatto, e comunque glielo aveva fornito Gaho, ho il dubbio che lo tracciasse.»

Un trambusto proveniente dall’officina attirò la loro attenzione: poco dopo, Keiko fece la sua comparsa sulla soglia dell’ufficio. Aveva lo sguardo duro ma determinato, lo stesso che Shuzo le aveva visto durante le drift war.

«Stavamo giusto parlando di te.»

«Voglio stanare quel figlio di puttana.»

«Queste sono le parole che volevo sentire!» esclamò Shuzo, battendosi una mano sul ginocchio «Fammi prendere le stampelle, e…»

«No, tu rimarrai qui. Non sei abile, col piede in quelle condizioni, e ho bisogno di mobilità e strategia.»

«Mi stai tagliando fuori, Noshimuri?» un ghigno malefico gli comparve sulle labbra.

«Quelli vogliono tanto me quanto te, ma io sono il bersaglio principale al momento, mi perdonerai se ti spodesto dal trono.» Shuzo mimò una riverenza, invitandola poi a continuare «Li stanerò dal nascondiglio dove si nascondono, come i vigliacchi che sono, dovessi cercarli per tutta la Prefettura. Punterò sulla brama di vendetta che alberga in Shimata.»

«Sei sicura che funzionerà?»

«Shimata se ne fotte delle beghe della yakuza, a lui brucia di più aver perso contro una donna. Gli darò quello che vuole.»

«Sei sicura di potercela fare? Sei appena uscita dall’ospedale, non sei al top della forma.»

Keiko spostò il peso su una gamba e incrociò le braccia al petto, chinando la testa per far ondeggiare la coda alta in cui aveva legato i capelli.

«Non importa il risultato: dove ci sarà lui, ci sarà anche Gaho. Me la vedo io, in qualche modo chiuderò la questione definitivamente.»

«Noshimuri, stai tirando fuori un lato del tuo carattere che non conoscevo: da quando sei così crudele? E comunque non se ne parla, non li affronterai mai da sola, non voglio averti sulla coscienza.»

Keiko si avvicinò alla scrivania e vi batté sopra i palmi delle mani.

«Hanno minacciato la mia famiglia.»

«Se avessi saputo che bastava così poco per accendere la miccia, lo avrei fatto io stesso molto prima. Vedo il fuoco ardere nei tuoi occhi, ed è proprio quello che cerco nei miei collaboratori. Saresti una yakuza perfetta, lo sai, Noshimuri? È un tratto di famiglia…»

«Eppure il tuo gemello non l’ha ereditato, o sbaglio?» replicò lei, chinandosi su di lui così tanto da arrivare a solleticargli il naso col proprio respiro.

«Botan, lasciaci soli.»

L’uomo uscì, e non appena la porta fu chiusa Shuzo afferrò Keiko per la maglietta e la attirò a sé, baciandola con impeto. Lei volò sulla scrivania e, senza sciogliere il contatto, gli si mise a cavalcioni. Con un gesto veloce, le tolse la maglietta e le sganciò il reggiseno per poi tuffarsi a solleticare i capezzoli con la lingua, appagandosi dei gemiti di piacere che Keiko lasciò andare.

Le sganciò il bottone dei pantaloni e la fece alzare per farli scorrere lungo le gambe magre ma muscolose, quindi le tolse le mutandine e si alzò a sua volta – non senza fatica – per liberare la propria erezione che pulsava prepotente nei boxer.

Keiko non perse tempo e gli si posizionò nuovamente a cavalcioni, iniziando a strusciare la propria intimità contro la sua.

«Devo trovarli… ma non so dove si nascondono…» gli sussurrò, prendendogli il membro in mano e iniziando a sollecitarlo.

«Chikao li sta cercando…» mormorò, deglutendo a fatica.

«Eppure pensavo che Gaho non avesse molti posti dove nascondersi…» e con la lingua gli leccò il padiglione auricolare, provocandogli una colonna di brividi lungo la schiena.

«No, infatti… casa dei suoi…»

«Quel magazzino abbandonato a Mizukoshi…» scese dall’orecchio al collo, continuando a masturbarlo.

«L’officina di quel coglione di Ito…»

«Non ci avevo pensato.»

Keiko si ritrasse e si allungò verso il secondo cassetto della scrivania, mentre Shuzo la teneva per la schiena per leccarle i capezzoli. Estrasse un preservativo e delle manette che fece girare sull’indice mentre lo guardava con aria ammiccante. Le posò sulla scrivania e scese da lui per chinarsi a infilargli il condom, mentre continuava a tenerlo attivo, quindi tornò a sedersi su di lui.

«In effetti l’officina è una buona idea.» asserì lei, sollevandosi appena per indirizzargli il membro verso la sua apertura e facendo piccoli movimenti di ingresso e uscita «Potrei iniziare da lì.»

«Non andrai da nessuna parte… senza di me…» ansimò lui, chiudendo poi gli occhi

«Devo, lo sai che sono brava in certe cose, posso chiudere la questione in poco tempo…»

«Non se ne parla…»

Keiko si era fatta penetrare e ora si muoveva sinuosa su di lui, passandogli le mani tra i capelli. Si sporse appena indietro, afferrò le manette, e gli sorrise seducente.

«Mi piace giocare con te, Mori-san…»

«Ti piace giocare con la Malerba.» ammiccò lui, lasciando che lo ammanettasse alla sedia.

La cosa continuò a essere piacevole fino a quando Keiko non scese dalla sua posizione e iniziò a rivestirsi.

«Ehi, non possiamo finire se ti rivesti.»

«Non finiremo nulla, Mori.» replicò lei, saltellando per far salire i pantaloni e agevolare la loro chiusura «Ho una missione da compiere.»

Lui fece per muoversi ma i polsi erano ammanettati dietro lo schienale della sedia presidenziale, rendendo impossibile qualunque movimento.

«Avanti, slegami. Vengo con te.»

«A-ha.» negò lei, indossando reggiseno e maglietta «Tu starai qui, buono buono, e aspetterai che ti porti quei due parassiti.»

«Noshimuri, non puoi lasciarmi così. Sono nudo

«Botan è asessuale, non gli scoccerà slegarti. La chiave è sempre nel secondo cassetto.» si fermò sulla soglia, portandosi la mano sinistra al mento «O forse l’ho spostata?» fece spallucce e terminò con un occhiolino, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Shuzo rimase a osservare il pannello scuro, per poi scoppiare a ridere. Botan entrò dopo circa dieci minuti, girò attorno alla scrivania e prese le chiavi dal cassetto per slegarlo.

«Chiama Chikao e chiedigli se ha già visitato l’officina di Ito.»

«Ok, capo.»

«E prepara la mia VeilSide.»

«Ok, capo.»

«E guai a te se ne fai parola con qualcuno.» sbottò infine, massaggiandosi i polsi. Botan annuì nuovamente e uscì dall’ufficio, sempre con molta calma. Shuzo afferrò il cellulare e cercò in rubrica il numero del fratello: quando la chiamata partì, era già in auto con Botan che guidava.

«Che cazzo hai detto a Noshimuri?»

«A Keiko? Cosa dovrei averle detto?»

«Non fare il finto tonto con me, Yuzo, mi ha appena lasciato fuori dal suo piano di vendetta.»

«Lei cosa? Ma non era da Tsubasa?»

«Non cambiare argomento con me, sai? Ti conosco. Se mi ha lasciato nudo e ammanettato alla sedia c’è un motivo.»

«Cos’ha fatto?»

La risata di Yuzo lo costrinse ad allontanare il dispositivo dall’orecchio.

«Ah. Ah. Ah. Sì, ridiamo. Mi ha lasciato nudo e in bianco, e questa è la parte che ho apprezzato meno. Mi è piaciuto invece come mi ha estorto delle informazioni sollazzandomi il cazzo.»

«Preferirei rimanere vergine e non sapere nulla

Shuzo sghignazzo e indicò la svolta a Botan.

«Quindi non ne sai nulla, tu, di questo suo tentativo di suicidio?»

«Keiko ha in mente un solo obiettivo, ed è quello di proteggere Yuki. Farà qualunque cosa per portarlo a termine, credimi, l’ho visto coi miei occhi.»

«Si farà ammazzare, qui non siamo nella terra del samba.»

«Credi che sia così sprovveduta?»

«Credo che sia impreparata.»

Yuzo non replicò, rimase qualche istante in silenzio, tant’è che Shuzo dovette richiamare la sua attenzione un paio di volte.

«Ok, senti, potrei averle chiesto di tenerti fuori da questa storia perché temevo per te.»

«Grazie, fratellino, ma so benissimo cavarmela da solo, Gaho è solo un coglione che ha pestato una merda più grossa di lui.»

«Ti sei rotto un piede, Shuzo!»

«Un dito del piede, verosimilmente mentre scendevo dall’auto per correre dietro a quel maledetto. Non c’entra nulla l’incidente.»

«Beh, ad ogni modo sono contento che Keiko abbia accolto la mia richiesta, spero solo che non si cacci nei guai… oh…»

«Che succede?»

«Un messaggio di Tsubasa. Ti richiamo.»

«Vai nel mio ufficio e aspettami lì.»

Chiuse la comunicazione e il profilo dell’officina di Ito si stagliò all’orizzonte: lo stabile si trovava in una zona industriale alla periferia di Nankatsu, nell’omonimo quartiere, e sebbene fosse un’officina a tutti gli effetti, non serviva tutti i clienti, ma solo quelli affiliati al suo clan. Non amava particolarmente le prestazioni di Ito ed era anche per questo che aveva preferito affidarsi a Noshimuri quando era stato possibile.

L’auto di Keiko era parcheggiata in bella vista, ma di lei nessuna traccia.

«Non sarà stata così scema da entrare, spero.» domandò retoricamente a Botan mentre questi spegneva il motore, ma uno sparo riportò la sua attenzione all’edificio.

«Maledizione, Noshimuri.» sbottò, afferrando le stampelle e scendendo malamente dalla vettura.

 


Upsi ups!

Quando vi dicevo che ci sarebbe stato del pathos, mi riferivo proprio a questo. 

Tsubasa minaccia Kei, che estorce informazioni da Shuzo e lo lascia nudo e in bianco (per citarlo) per poter ottenere la propria vendetta. 

Che dire, toglietele tutto ma non toccatele la famiglia ^^ 

Che faccio, ve lo dico che il prossimo capitolo è decisivo... e finale? *ridacchia*

Un abbraccio grandissimo

La vostra Sakura 

   
 
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