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Autore: La_Sakura    12/04/2024    5 recensioni
Nankatsu non è il Brasile, e se Tsubasa pare non rendersene conto, Keiko si trova a fare i conti con quella differenza. Nonostante sia giapponese, si sente un'estranea, una gaijin.
Le manca Cris, le manca il Brasile, ma soprattutto le manca la velocità, e lavorare non le basta per colmare quel vuoto che sente dentro; oltretutto, l'intesa storica con Tsubasa pare venir meno ora che lui è tornato nel suo mondo, e ciò contribuisce ad allargare la spaccatura fra di loro.
Come una ferita i cui lembi si sono rimarginati staccati l'uno dall'altro, ora che ha più bisogno di supporto si sente sola.
E, si sa, quando ci si sente soli si prendono decisioni che possono risultare discutibili.
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«Niente. Più. Gare.»
«Che c’è, hai paura che ti tolga il titolo di miglior pilota?»
«Pensi questo? Pensi che si riduca tutto a un “decretiamo chi sia il migliore tra noi”? Sai bene che non è così.»
«A me invece sembra che tu sia parecchio competitivo.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos - sequel di "Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'VeF - Velozes e Furiosos'
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Velozes e Furiosos

Ultimo atto

Kei non aveva battuto ciglio quando Gaho aveva sparato. Lo yakuza aveva mirato alto sulla sua testa all’ultimo, e il colpo le era fischiato nelle orecchie, ma questo non l’aveva comunque smossa. Aveva mantenuto lo sguardo fisso su quel figlio di puttana, per fargli capire che avrebbe anche potuto colpirla, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di abbassarsi davanti a lui.

«Hai fegato, Noshimuri, devo ammetterlo.» sghignazzò quello, rinfoderando l’arma.

«Quando hai finito di giocare a chi ce l’ha più grosso, possiamo parlare? Vorrei chiudere la faccenda prima di cena.»

«Oh, la signora qui vuole andare a succhiare cazzi per cena.» Gaho si voltò verso il gruppetto alle sue spalle, a braccia aperte, causando risatine di sottofondo «Se vuoi posso darti il mio cazzo da succhiare, o non sono abbastanza in alto nella scala gerarchica per attirare la tua attenzione?»

«Se si alzasse, potremmo anche parlarne, ma la mia tariffa non è comunque per le tue tasche.» replicò lei, incrociando le braccia al petto e spostando il peso sulla gamba sinistra. Le risate di scherno rivolte a Gaho dal suo gruppo di supporto le diedero il tempo di guardarsi intorno di soppiatto per valutare la situazione, che di certo non era delle migliori.

«Che ci fai qui, Noshimuri?»

«Voglio concedere a Shimata la rivincita che tanto brama.»

Gaho sorrise, grattandosi il mento con la pistola, quindi si voltò verso l’interpellato.

«Che ne dici, Kaede?»

«Sono pronto.» replicò l’altro, leccandosi le labbra e puntando lo sguardo su di lei.

Keiko non si fece intimidire, aveva un piano ben preciso in mente che avrebbe chiuso i conti.

«Comunque devo farti i complimenti, Gaho: sei uscito da quell’auto in procinto di esplodere davvero velocemente, tanto che ero convinta ci fossi rimasto in mezzo.»

Lo yakuza le si avvicinò, negli occhi una luce di sfida.

«Ho mille risorse, dolcezza.»

«Me ne sono accorta, so riconoscere un talento quando lo vedo.»

Lo stupore si disegnò sul volto del suo interlocutore, evidentemente sorpreso da quell’affermazione: Kei sapeva come trattare coi boriosi arroganti e pieni di sé, e solleticare il loro ego era la base di partenza.

«Talento, dici?»

«Certo.» piegò la testa leggermente di lato, continuando a fissarlo negli occhi «È chiaro che stai crescendo e che presto potrai prendere il posto di Mori.»

La risata di Gaho riempì l’officina.

«Vedete? Questa è una in grado di riconoscere il mio valore.»

«E Shuzo è solo uno sciocco a non vederlo, ma se ne pentirà.» Keiko rincarò la dose, consapevole di aver centrato il nocciolo della questione e di aver punto Gaho nell’orgoglio.

«Mi piace questo tuo lato così perspicace, potrei quasi valutare di farti entrare nella mia squadra.»

«Io lavoro da sola, lo sai.»

«Quindi quella con Malerba è una collaborazione da esterna?» la schernì, mimando il gesto di ingropparsi qualcosa.

«Non so che idea ti sia fatto, ma tra me e Mori c’è un puro rapporto professionale, nient’altro.»

«Andiamo, ti ho vista uscire dal suo appartamento sopra il capannone, mezza nuda e spettinata.»

«E chi ti dice che non sia stata io ad approfittarmi di lui?»

Il silenzio calò nell’officina, e Kei seppe di aver instillato il dubbio nella testolina mezza vuota di Gaho: chi si stava approfittando di chi?

Fece un passo avanti per colmare la breve distanza che li separava e abbassò il tono di voce, affinché solo lui potesse sentirla.

«Io vengo dal Brasile, sono abituata a queste cose… non mi spaventano i mezzucci di Malerba» si sporse verso il suo orecchio «né tantomeno i tuoi.»

«Ehi, non sono stato invitato a questa riunione di famiglia!»

La voce di Shuzo riempì il locale, e la reazione di Gaho non si fece attendere: strattonò Keiko per un braccio, costringendola a voltarsi verso il loro capo e le puntò la pistola alla tempia.

«Uh, che reazione focosa.» ridacchiò Malerba «Sai che puoi anche farle saltare il cervello che non mi interesserebbe, vero?»

«Vaffanculo, Mori.» sibilò lei, consapevole che si trattava quantomeno della verità.

«Ok, va bene.» si schiarì teatralmente la voce e si portò le mani alla testa «No! Ti prego! Non ucciderla!»

Kei alzò gli occhi al cielo, la presa per il culo di Mori avrebbe indispettito Gaho e allora sì che avrebbe rischiato la vita: lo yakuza, però, parve non raccogliere la provocazione e lasciò andare la presa su di lei.

«Che vuoi, Mori?»

«Voglio capire che intenzioni hai, Gaho. Vuoi una lotta interna? Una sfida aperta? Che ti interessa il mio posto l’ho capito da tempo, benché tu abbia cercato di tenerlo nascosto. Anche ricoprire la Silvia Reloaded di accelerante nella speranza che sia io che Noshimuri rimanessimo vittime di un fatale destino è stato un ottimo piano.»

«Sei perspicace.» un ghigno si dipinse sulle labbra dell’ex tirapiedi.

«Andiamo, chiedi e ti sarà dato.» allargò le braccia, senza togliersi dal volto quell’espressione beffarda.

«Che ne dici di una bella drift war, Malerba?» Kei si voltò di scattò verso Gaho, a occhi sbarrati «In fondo siamo in quattro, e Shimata non vede l’ora di gareggiare contro Noshimuri per avere la sua rivincita, e sinceramente mi piace l’idea di toglierti quel sorriso del cazzo dal volto.»

«Credi di essere migliore di me?»

«Ne sono certo.»

Shuzo strinse gli occhi, inarcando le labbra in un sorrisetto sghembo e compiaciuto.

«Tu, io, Shimata e Noshimuri. Se Shimata batte Noshimuri avrà il posto di driver ufficiale. Se tu mi batti…» Gaho ne pareva convinto «avrai il mio regno.»

«Andata.»

Gaho voltò loro le spalle e iniziò a impartire ordini ai suoi scagnozzi, così Kei ne approfittò per raggiungere Shuzo.

«Sei sicuro di quello che fai?»

«Gaho ha una guida nervosa, quando c’è in gioco qualcosa che gli preme, e Shimata è solo un tossico. Non sarai mica preoccupata.»

«Non me ne fotte di vincere, mi preme portare a casa la pelle.»

Fece per superarlo ma lui la trattenne per un gomito.

«Ehi. Niente scherzi. Devi battere Shimata, intesi?»

Kei puntò lo sguardo nelle iridi di Mori, così simili a quelle di Yuzo: come poteva dire a Morisaki che, nel tentativo di proteggere il gemello, lo aveva trascinato in una drift war letale?

«Dovevi restarne fuori, Shuzo.»

«Sei preoccupata per me, piccola?» ammiccò lui, afferrandola per un fianco.

Kei non replicò; si limitò ad arretrare di un passo e superarlo per uscire dall’edificio. Necessitava della concentrazione necessaria per vincere la gara e chiudere la questione una volta per tutte.

 

Yuzo scattò in piedi non appena la porta dell’ufficio di suo fratello si aprì: osservò Shuzo e Keiko entrare e dallo sguardo della ragazza capì che c’era qualcosa che non andava.

«L’avete trovato?»

«Lui e la sua gang.» Keiko annuì, dirigendosi verso il frigo nell’angolo della stanza ed estraendone una birra. Shuzo le fece un gesto con la mano, così lei gliene lanciò una che lui afferrò al volo.

«E…? Non fatemi stare sulle spine.»

«E niente, fratello.» Shuzo si lasciò andare sulla propria poltrona, smollando la stampella a terrà e portando entrambi i piedi sulla scrivania «Ci aspetta una drift war coi fiocchi.»

Non capendo di cosa stesse parlando, si voltò verso la sua amica che, però, distolse lo sguardo, puntandolo verso la porta. Niente finestre, nell’ufficio di Shuzo, la privacy è molto importante per lui.

«Come pensi di fare?» Keiko lo disse mentre, con un cenno della testa, indicò il gesso al piede di Shuzo.

«Posso farlo togliere, non è un problema. Qualche antidolorifico e via. Tu, piuttosto, vedi di non deludermi proprio adesso: sei il cavallo migliore della mia scuderia.»

«Le tue metafore fanno schifo, Mori-san.»

Shuzo sorrise, il che fece comprendere a Yuzo che al suo gemello piaceva Keiko. Apprezzava le caratteristiche che la rendevano così diversa da tutte le donne giapponesi che conoscevano, anche quelle più dentro la yakuza. Kei era un esatto mix di culture, da entrambe aveva preso i tratti migliori e peggiori per diventare indipendente e sopravvivere in una vasca di squali.

«Quando sarà questa gara?»

«Stanne fuori, fratello.» lo redarguì subito Shuzo, consapevole che se gli avesse fornito troppi dettagli se lo sarebbe ritrovato in mezzo.

«Posso aiutarvi. Io e Tsubasa potremmo...»

«No.» Keiko lasciò andare la bottiglia sul tavolo con un gesto secco, tant’è che Yuzo temette che questa andasse in frantumi «Tsubasa non deve sapere nulla. Anzi, dovrai occuparti di tenerlo il più lontano possibile per il tempo necessario.»

«Non è giusto, lui vorrebbe sapere che...»

«Ho detto di no.» Kei lo interruppe per la seconda volta «Tsubasa al momento è…» bevette un lungo sorso di birra e calò di nuovo la bottiglia nello stesso punto, con la medesima veemenza di poco prima «Il Giappone gli ha obnubilato la mente.» concluse.

«Oppure è stata la figa.» Shuzo fece spallucce nell’esporre quell’ipotesi «Non credo che in Brasile si sia dato da fare a dovere, o sbaglio?»

«Tsubasa è sempre rimasto fedele ai suoi princìpi.»

«Lo dici come se fosse un dispiacere. Davvero non avete mai esplorato nulla l’uno dell’altra, in questi anni di vicinanza?»

Il silenzio di Keiko, corredato da uno sguardo di fuoco, sembrò risvegliare lo yakuza.

«Oh, allora non sa davvero cosa si perde.»

«Sei proprio uno stronzo.» lo appellò Keiko, terminando la birra e lasciando la bottiglia sulla scrivania.

«Ehi, dove vai?»

«A riposarmi, Mori: ho bisogno di tutta la concentrazione possibile per tirarmi fuori dal casino in cui mi hai cacciato.»

«Ti ho dato i mezzi per uscirne bene!» le urlò dietro, prendendosi come risposta un dito medio che Kei tenne alzato per tutto il percorso fino all’uscita dal capannone.

«Non guardarmi così.» Shuzo ora si rivolse al gemello.

«Quindi la gara è stata un’idea tua?»

«È l’unico modo per uscirne incolumi, o quasi. Keiko sa il fatto suo, quando si tratta di guidare, e quei due sono troppo presi dalla loro sete di potere e vendetta per poter ragionare in maniera lucida.»

«Io spero che tu sia sicuro di quello che fai, Shuzo, perché se dovesse succederle qualcosa, io non te lo perdonerei mai.»

Mantenne il contatto visivo con lui, nella speranza che capisse la gravità del suo gesto e quanto quello che stava per fare avrebbe condizionato il loro rapporto.

«Perché ti stanno tanto a cuore, Yuzo? Me lo spieghi?»

«Perché… ho fatto una promessa.»

«Il bel sangue misto ti ha proprio rubato il cuore. Peccato sia finito tre metri sotto terra.»

«Keiko ha ragione, sai essere proprio stronzo.»

Gli voltò le spalle e seguì i passi dell’amica, incurante delle parole del gemello per tenerlo lì: non gli avrebbe tolto la parola per sempre ma gli avrebbe fatto pesare quella discussione per molto tempo.

 

Keiko aveva il cuore in gola, e la cosa la faceva incazzare da morire.

Aveva partecipato a un numero considerevole di race wars, eppure da nessuna era mai dipesa la sua vita, e questo le faceva aumentare considerevolmente il livello di ansia.

«Tutto bene?»

Shuzo le comparve alle spalle, ma lei non si voltò a guardarlo: era ancora arrabbiata con lui per essersi intromesso e aver girato la situazione a modo suo, senza interpellarla.

«Gaho e Shimata stanno arrivando.»

«Adoro quando tiri fuori il tuo spirito selvaggio e annusi l’aria per sentire l’odore del nemico.»

«Riconoscerei i loro scarichi tra mille: rumorosi e inutili, esattamente come loro due.» piegò la testa per voltarla all’indietro, senza muovere il busto, e dopo pochi istante le due auto comparvero lungo la strada del tempio.

Gaho e Shimata inchiodarono a pochi passi da loro, e scesero dalle vetture lasciandole però accese.

«Ed eccoci qui.» Gaho si accese una sigaretta con una lentezza disarmante «La nostra piccola star d’oltreoceano e il capo che tutti non vorremmo avere.»

«Siamo nulla contrapposti al traditore e all’eterno secondo – senza offesa.» Shuzo alzò le mani ma il suo sguardo rimase impertinente.

«Il percorso lo conoscete, niente torce: ci faremo aiutare dai fari e dalla luce della luna.» Keiko infine si voltò, incrociando le braccia al petto. I fari delle vetture dei due contendenti le erano puntati in faccia e non poteva vederli chiaramente, ma dalla loro posa trapelava tutta la sicurezza che ostentavano.

«Prima le signore.» Gaho mimò un inchino e la fece sfilare davanti a sé.

Respira, Kei-chan.

Salì in auto strinse il volante, aprendo e chiudendo le dita un paio di volte per assicurarsi una presa agevole: aveva optato per dei guanti senza dita per evitare che il sudore eventuale le facesse perdere aderenza sulla finta pelle.

Shuzo andò a sistemare il meccanismo per far scattare la bandierina che avrebbe decretato la partenza ufficiale: in mancanza di una car girl, usavano un abile gioco di leve che, dopo un imprecisato numero di secondi, lasciava cadere a terra lo straccio. Variabili come vento, o mancanza di esso, rendevano ancora più imprevedibile le partenze di quel genere di sfide.

«Ci siamo.» mormorò a sé stessa, battendosi la mano destra sul cuore prima di recuperare la posizione. Sguardo fisso sull’obiettivo, doveva vincere e assicurarsi che Mori facesse altrettanto. Voltò leggermente lo sguardo verso di lui: il solito sorriso da testa di cazzo era fisso sulle sue labbra ma gli occhi erano concentrati sul drappo.

Un lieve movimento dell’oggetto li portò a premere il pedale dell’acceleratore, ma era un falso allarme. Questione di secondi, comunque.

Ricordati di respirare.

I consigli di Yukiko le tornavano in mente sempre nei momenti più opportuni: espirò nell’esatto momento in cui il panno si staccò dal suo supporto e questo le permise di partire per prima, ma Shuzo non si fece cogliere impreparato e prima dell’ingresso nel bosco la superò in maniera poco ortodossa. Scalò la marcia e fece per seguirlo ma Shimata la superò in quell’istante: aveva l’acceleratore a tavoletta e si piantò dietro allo yakuza.

«Merda.»

Gaho chiudeva la parata alle sue spalle.

Qualcosa nella guida di Shimata non la convinceva: si muoveva a zig zag, come se stesse aspettando il momento giusto per superare Shuzo – o almeno provarci – ma in un paio di occasioni che Kei avrebbe sfruttato, al suo posto, non si era fatto avanti.

L’approcciarsi della prima curva la costrinse a elaborare una strategia veloce: scalò la marcia e si piantò alle calcagna del suo predecessore quando questi accelerò all’improvviso, colpendo il retro della VeilSide di Mori e spedendolo dritto nella boscaglia.

Kei si impietrì: l’istinto le disse di fermarsi per controllare che lo yakuza stesse bene ma Gaho la incalzava e quasi la sospinse lungo la curva, impedendole di arrestarsi.

«Merda.»

Quei due stavano collaborando, ne era certa, e quello complicava ancora di più la gara.

Tentò di contattare Shuzo dalla ricetrasmittente, invano, così si concentrò sulla gara: avrebbe voluto chiamare Yuzo ma non poteva deconcentrarsi, o quelli avrebbero fatto fuori anche lei, in tutti i sensi.

Tentò a ogni curva e a ogni scanso di superare Shimata, senza successo: ogni volta che aveva un’occasione, Gaho le si faceva sotto e la toccava appena, facendole perdere aderenza e costringendola a spostare la strategia dall’attacco alla difesa. Solo un intervento esterno poteva salvarla, ma era sola contro due che non avevano più nulla da perdere, mentre lei aveva tutto l’interesse a rimanere quanto meno viva.

Il pensiero di Yuki le attraversò la mente: non poteva morire così, doveva portare a casa la pelle, a maggior ragione che Mori era uscito dai giochi. 

Si sentiva tra due fuochi, e la tensione le stava quasi facendo schizzare il cuore fuori dal petto: fu nell’ultimo rettilineo, dopo aver resistito all’ennesimo attacco di Gaho, che tentò una manovra più disperata che azzardata, e si affiancò a Shimata, superandolo di pochi centimetri sulla linea del traguardo.

Cercò di defilarsi ma Shimata non era della stessa opinione: la tamponò talmente forte da farla roteare su sé stessa un paio di volte, prima di riuscire a fermarsi.

Kei uscì dalla vettura e fece per gettarsi nella boscaglia ma Shimata fu di lei e la afferrò per i capelli, trascinandola nuovamente verso la vettura e sbattendola sul cofano. Il gesto la colse talmente impreparata che non riuscì a difendersi dai due pugni che le rifilò in pieno volto, costringendola ad accasciarsi.

«E adesso concludiamo quello che volevo fare da tempo…» mormorò l’uomo, slacciandosi i pantaloni e leccandosi le labbra. Kei era ancora intontita dai colpi, il sangue che colava dal sopracciglio le offuscava la vista.

Sbatté le palpebre e vide Shimata slacciarsi i pantaloni.

Le sbatté di nuovo e l’uomo si stava avvicinando.

Le sbatté per la terza volta e la VeilSide di Mori travolse Shimata, trascinandolo lontano.

Da dove era uscito quel figlio di puttana?

Si aggrappò al cofano della propria vettura e si voltò alla ricerca di Gaho: nessuna traccia dello yakuza.

«Kei!» Shuzo la raggiunse e la prese per le spalle per osservarla meglio «Cazzo, ti ha conciato proprio per le feste.»

«Gaho…»

«Non sarà più un problema» e con un cenno del capo indicò il corpo dello yakuza che giaceva accanto alla sua vettura.

Kei cercò di mettere a fuoco la scena ma si accorse di non riuscirci: si voltò verso Shuzo, che le stava parlando ma le parole erano sconnesse, poi il buio la avvolse e non sentì più nulla.

 

Le sembrava di avere le palpebre incollate da tanta che era la fatica ad aprirle: quando ci riuscì, un ambiente in penombra la accolse.

Cercò di sollevarsi sui gomiti ma la testa le girava, così stimò fosse meglio rimanere in quella posizione.

«Buongiorno, Principessa.» la voce sprezzante di Mori le giunse dalla penombra, e quando mise a fuoco la stanza capì di essere nel suo ufficio.

«Buongiorno un cazzo, Malerba.»

«Sono le undici, hai dormito tutta notte come un sasso, quindi sì, buongiorno.»

Kei riuscì finalmente a sollevarsi sui gomiti, la testa non le girava più così tanto e cercò di mettersi a sedere.

«Che è successo?»

«Oh, niente di che, ti ho semplicemente salvato il culo. Di nuovo.»

«Gaho e Shimata…?»

«Tre metri sotto terra, dubito che li troveranno tanto presto. Sei libera, mia piccola fiammiferaia.»

Si passò una mano tra i capelli, incredula.

«Dici sul serio?»

«Sì, dico sul serio: abbiamo risolto il nostro rapporto di lavoro, ti lascio libera. Ho stimato che da quando sei arrivata, mi hai portato solo guai, quindi fuori, sciò, non voglio più vederti.»

Quella storia puzzava più di una picanha dimenticata sulla griglia.

«Mori, sai bene che con me non attacca» si alzò in piedi e barcollò fino a lui «dimmi che cazzo succede.»

Nonostante la scarsa luce, lo vide adombrarsi, le sopracciglia talmente unite da sembrare un unico pezzo.

«Credo che sia meglio che tu vada a parlare con Tsubasa. Nonostante gli sforzi per tenergli nascosto il nostro piano, ieri sera la polizia è arrivata su al tempio, e per lui non è stato difficile fare due più due…»

«Puta que pariu…»

Shuzo si alzò e le si parò davanti, lo sguardo davvero contrito.

«Va’ da lui, e parlagli.»

Fu tutto quello che ottenne, perché lo yakuza uscì zoppicando dall’ufficio e la lasciò sola.

Recuperò le sue cose e uscì alla ricerca della sua auto, che trovò lucida e perfetta grazie al lavoro della cricca di Malerba: quando uscì dal garage il sole l’accecò e ci mise qualche secondo per abituarsi alla luce.

Seguì il proprio istinto e si diresse subito in officina: il portone era chiuso, e all’interno pareva non esserci nessuno.

«Bas?» chiamò, titubante.

Dall’ufficio buio ne uscì il ragazzo, lo sguardo tutt’altro che rassicurante.

«Sei viva.» e non era una domanda, bensì una semplice constatazione.

«È finita.» sospirò, lasciando andare le braccia lungo il corpo.

«Non è neanche iniziata, Kei.» Tsubasa la raggiunse, gli occhi scintillanti di rabbia «Ti avevo avvisato.» e le allungò un documento.

Non le ci volle molto per comprenderne il testo.

«Hai chiesto la custodia di Yuki…» sospirò. Come poteva biasimarlo? Lei stessa aveva avuto paura di morire, la notte precedente, il volto di Shimata le comparve davanti per un istante e le provocò vari brividi lungo la schiena.

«Puoi opporre tutta la resistenza che vuoi, ma Yuki starà con me d’ora in poi. Ti concederò di vederlo, ma-»

«Va bene.»

Le sue parole gelarono l’ex calciatore, che riportò lo sguardo su di lei. Kei non si premurò neanche di trattenere le lacrime mentre gli porgeva il foglio del tribunale.

«Firmerò quello che vuoi, mi basta poterlo vedere e far parte della sua vita. Non chiedo altro.»

Fu chiaro che la sua resa incondizionata colpì Tsubasa più del previsto, evidentemente si era preparato a uno scontro molto più acceso.

«Salgo a farmi una doccia e ti preparo le sue cose, poi te le lascio alla porta ed esco. Preferirei non esserci quando…»

Non terminò la frase ma fortunatamente non ce ne fu bisogno, Tsubasa annuì e le lanciò l’ennesimo sguardo, forse in cerca del suo bluff.

Ma non c’era nessun bluff, non in quel caso: non poteva e non voleva più mettere a repentaglio la vita di suo figlio, e sapeva che Tsubasa se ne sarebbe occupato al meglio. Il suo cuore era nuovamente a pezzi, ma non se ne curò: sarebbe andata avanti come aveva sempre fatto, dopo ogni caduta aveva sempre trovato la forza di rialzarsi e così sarebbe successo anche in quel caso.

Doveva solo rimettersi in sesto e recuperare sé stessa.

 


Scrivere questo finale mi ha spezzato molto il cuore, devo confessarvelo, ma era il giusto epilogo a tutta la faccenda... 

E a proposito di epilogo... in effetti la storia non è terminata, ci vediamo venerdì prossimo per l'epilogo: chissà cosa sarà successo di tanto importante da necessitare una riunione "di famiglia"? 

Un abbraccio immenso, grazie per il vostro affetto! 

La vostra Sakura 

   
 
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