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Autore: Cj Spencer    14/04/2024    1 recensioni
La battaglia di Mistvale è vinta.
L'invasione è scongiurata.
Ma questo è solo il primo atto. Daemon sa di non poter aspettare troppo tempo. Perché mentre loro esitano il nemico si riorganizza, e un nuovo attacco potrebbe avvenire in qualunque momento.
E' giunto il momento di mandare un segnale forte e chiaro a tutta Erthea: chi minaccia lo Stato Libero non resterà impunito.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Non discuti con gli intellettuali,

gli spari.”

CAPITOLO 4

LO STUDIOSO

 

 

Mablith era la prima grande città del Granducato che si incontrava una volta lasciate le montagne procedendo verso est.

Un luogo pacifico e non abituato alla guerra, tanto da non avere nemmeno delle mura o altri sistemi difensivi.

D’altro canto fin dal momento della separazione dei suoi territori Eirinn aveva sempre scelto la via dell’assoluta neutralità, e anche nel corso della trentennale Guerra di Confine con l’Unione mai una volta era stata minacciata di invasione –anche se questo non aveva impedito a reparti dell’esercito di combattere al fianco dell’Impero come unità ausiliarie–.

Il suo stato di vassallo era puramente formale, e a parte il non poter iniziare campagne militari senza il permesso dell’Imperatore o il divieto di cambiare alcune leggi poteva decidere autonomamente della propria politica.

Certo, il suo suolo era uno dei più fertili che si fossero mai visti e ci cresceva qualunque cosa, ma né Saedonia, con le sue vaste praterie centrali, né l’Unione, stato agricolo per eccellenza, avevano problemi in tal senso, quindi nessuno riteneva che i suoi campi o i suoi boschi valessero una guerra.

Per questi e altri motivi l’esercito ducale aveva deciso che Mablith doveva essere sacrificata all’avanzata nemica, ma a dispetto degli ordini ricevuti buona parte dei cittadini aveva deciso di non abbandonare la città, anche per via delle voci rassicuranti in merito alla nobiltà d’animo del comandante nemico.

L’arrivo delle truppe dello Stato Libero fu indubbiamente qualcosa di maestoso, che lasciò a bocca aperta gli abitanti radunatisi per l’occasione lungo la via principale.

Non sembrava nemmeno di vedere un esercito ribelle: i soldati erano ordinati e disciplinati, indossavano tutti o quasi le stesse uniformi, brandivano armi uguali per tutti, e marciavano al passo dei tamburi sventolando orgogliosamente le proprie bandiere.

Dopo aver stabilito il campo alla periferia della città, Daemon volle andare ad incontrare il sindaco insieme ad alcuni dei suoi compagni.

«Vi garantisco che non abbiamo intenzioni ostili verso la vostra comunità. I miei uomini hanno l’ordine di non razziare e di tenersi lontani dal centro abitato. Manterremo solo una piccola forza di sicurezza e alcune pattuglie, inoltre useremo i vecchi magazzini del sale come depositi per i nostri rifornimenti.»

«Noi non vogliamo problemi, Messer Haselworth. Ma abbiamo ricevuto notizie molto inquietanti in merito all’assedio di Grote Muren

L’autocontrollo con cui Daemon aveva iniziato a comportarsi fin dal giorno dopo la fine della battaglia contrastava con il modo in cui aveva ridotto la sua tenda quella notte. Era quasi come se sfogandosi avesse gettato fuori tutta la frustrazione e tutta la rabbia accumulate in quei cinque famigerati giorni, tornando ad essere la stessa guida fredda ma cortese che tutti ricordavano.

E la cosa inquietava un po’ alcuni dei suoi amici, a cominciare da Scalia.

«Purtroppo le circostanze ci hanno costretti a ricorrere a misure estreme. E anche se potrà sembrarvi ipocrita, voglio dirvi che mi dispiace che sia andata a finire in quel modo. Se vi può consolare abbiamo appurato che quasi tutti gli occupanti del forte appartenevano all’armata orientale del Conte di Hatlen, quindi non dovrebbero esservi dei vostri concittadini tra di loro.»

Il sindaco guardò in basso come se avesse paura.

«Voglio essere onesto con voi, Messer Haselworth. Io e la mia comunità vi dobbiamo molto. Le relazioni economiche che lo Stato Libero aveva intessuto hanno fatto la fortuna anche di Mablith. Ma non posso non pensare che anche se nessuno dei nostri figli è perito a Grote Muren molti di essi fanno comunque parte dell’esercito. E immagino che voi e i vostri uomini non siate qui per fare amicizia.»

«Mi spiace, ma tutto quello che posso promettervi è che cercheremo di ridurre al minimo le vittime. Noi non abbiamo alcuna intenzione di portare avanti questa guerra più del necessario. Se il Granduca accetterà di negoziare la cessazione delle ostilità e il raggiungimento di una pace duratura, siamo pronti a fermarci in qualsiasi momento.»

«In questo caso temo sarà molto difficile. Se solo il vecchio Granduca fosse ancora padrone di questo Paese non ci saremmo ridotti in questa situazione. Victor è giovane e ambizioso, ma soprattutto è malconsigliato da quel sobillatore di suo zio. Fino a che uno dei due sarà al potere non ci sarà spazio per la diplomazia.»

«Vi prometto che resteremo qui solo il tempo strettamente necessario. Giusto qualche giorno, in attesa che arrivino i rifornimenti e i nostri esploratori facciano rapporto sullo stato del nemico. Nel frattempo, se qualcuno dei vostri concittadini vorrà unirsi a noi o contribuire in qualche modo alla spedizione, sarà il benvenuto.»

Dopo aver discusso qualche altra cosa Daemon tornò nel suo alloggio, chiedendo di non essere disturbato se non in caso di necessità.

Chi lo conosceva poteva vedere benissimo che per quanto cercasse di far finta del contrario, ciò che era accaduto a Grote Muren lo aveva profondamente segnato.

«Sono così preoccupata per il mio fratellone.» disse Sapi con un’espressione insolitamente abbacchiata. «Non l’ho mai visto così triste.»

«Forse dovremmo provare a parlargli.»

«Per dirgli cosa?» rispose Jack. «Lo conosci meglio di tutti noi Scalia, lo sai bene che sarebbe inutile.»

«È solo colpa mia.» disse Septimus sfiorandosi rabbiosamente il braccio legato al collo «Se non fossi stato così stupido e avventato…»

«No, ragazzo.» sospirò Oldrick. «La colpa temo sia di tutti.»

«Che vuoi dire?» chiese Sapi

«Il problema è che senza rendercene conto, per tutto questo tempo non abbiamo fatto altro idealizzare Daemon. E così ci siamo dimenticati che anche lui in fin dei conti è solo un ragazzo, per quanto speciale possa essere. E in quanto tale anche lui ogni tanto può essere dominato dal dolore, dall’ira e dalla sete di vendetta.»

«Temo che sia stato un trauma anche per lui, sapere di non poter sempre essere padrone delle proprie azioni.» disse Adrian. «Dovrà farci i conti. E purtroppo è una cosa che può fare unicamente da solo.»

«Chiedo scusa, lor signori.» disse in quel momento una strana voce senile alle spalle del gruppo. «Per caso è qui che posso incontrare Messer Haselworth?»

 

Se ancora ci pensavo, mi sentivo bruciare di rabbia.

Ma cosa mi era successo?

Come avevo potuto comportarmi in modo così infantile e sconsiderato?

Per un attimo mi ero sentito come quel giorno di tanti mesi prima, quando avevo gonfiato di botte quell’idiota di Doug fermandomi giusto in tempo per evitare di ammazzarlo.

Solo che stavolta le conseguenze delle mie azioni rischiavano di essere molto più drammatiche.

Mi ero ripromesso di non commettere mai più gesti impulsivi e farmi sempre guidare dalla logica, perché avevo capito sulla mia pelle quanto gravi potessero essere le conseguenze dell’abbandonarsi alle passioni.

E invece mi era bastato vedere Septimus disteso su quel pagliericcio con un buco nel petto per perdere letteralmente la testa, e la cosa peggiore è che non ne capivo il motivo.

Come se quella fosse la prima volta che vedevo un amico morire davanti ai miei occhi.

Un amico!? Non scherziamo! Io non ho amici! Quelle persone non sono che strumenti utili al mio scopo!

Ma allora perché ancora adesso ripensare a quella scena mi faceva salire la rabbia?

Era come se ogni tanto il vecchio Daemon cercasse di emergere e influenzare il mio modo di pensare, e la cosa mi faceva innervosire a tal punto da volermi prendere a schiaffi.

È proprio il colmo. Essere arrabbiati con una parte di sé!

Ogni volta che mi trovavo in situazioni come quella non potevo non immaginarmi Faucheur intento a godersi lo spettacolo con quel suo fare sornione.

Immergermi nel lavoro era l’unico modo per cercare di riordinare le idee e pensare al futuro; anche se la gente di Erthea era abituata tanto quanto quella del mio vecchio mondo alla barbarie della guerra la mia reputazione era destinata a risentire parecchio per quanto accaduto a Grote Muren.

Se volevo conservare la lealtà e la fiducia della gente non potevo più permettermi azioni simili, perlomeno non nell’immediato.

In quel momento ero così confuso e stressato che mi sarebbe bastato un niente per esplodere. E qualcuno pensò che potesse essere una buona idea farmi piombare tra capo e collo una vecchia conoscenza di cui non sentivo la mancanza.

 

«Daemon, scusa il disturbo.» disse Jack entrando nella tenda

«Spero sia importante. Avevo detto di lasciarmi tranquillo.»

«Scusa, ma c’è uno strano tizio che chiede di vederti. Dice di conoscerti.»

«Di chi si tratta?»

Prima che il cavallo potesse rispondere alle sue spalle giunsero inequivocabili schiamazzi e grida rabbiose, seguite da un’imprecazione irripetibile e da gemiti di dolore.

Sentendo quell’ultima voce, Daemon sembrò non voler credere alle proprie orecchie.

«Ditemi che è uno scherzo.»

Il ragazzo seguì quindi il suo subalterno in cortile, giusto in tempo per assistere alla scena tragicomica di Scalia che, rossa d’imbarazzo, veniva trattenuta a stento da Richard dall’infierire ulteriormente su di un attempato gentiluomo di mezza età dall’aria svampita.

«Che cosa pensavi di fare, razza di vecchio maniaco?»

«Annotazione. La teoria secondo cui la coda dei draghi sarebbe una zona particolarmente sensibile è decisamente fondata.»

«Professore! Che cosa ci fate voi qui?»

«Daemon, tu conosci questo pervertito?»

«Più o meno.»

L’anziano signore allora si rimise faticosamente in piedi, togliendosi polvere e terriccio dal vestito doppiopetto.

«Ragazzo mio. È un piacere rivederti. E mi scuso per l’inconveniente con voi, signorina. Purtroppo tendo spesso a dimenticarmi di pensare prima di agire.»

«Questo è un vizio che prima o poi potrebbe costarvi caro, amico mio.» disse Daemon

«Per un attimo pensavo che quel momento fosse arrivato. La tua amica ha confermato la mia teoria sulla forza bruta dei draghi.»

«Ringrazia che mi hanno fermato, o ti avrei usato per pulire per terra!»

Anche Daemon una volta aveva imparato a proprie spese cosa voleva dire toccare la coda a Scalia, quindi non se la sentiva di essere troppo severo nel giudicare il professore.

«Jack, per favore fai portare del tè per il professore.»

Scalia e gli altri non riuscirono a credere ai propri occhi quando videro il loro amico fare accomodare il nuovo arrivato nella sua tenda, chiedendo ancora una volta di non essere disturbato.

«Questo riporta alla memoria eventi agrodolci.» commentò il professore mentre Daemon gli serviva un semplice ma profumato tè di erbe selvatiche. «Non sai quante volte ho provato a replicare la ricetta senza mai riuscirci.»

«Allora, volete dirmi cosa ci fate a Eirinn? Pensavo foste ritornato nell’Unione.»

«Mi conosci. Lo sai che non riesco a stare troppo a lungo in un solo posto. Questo mondo è così vasto, e ci sono così tante cose da vedere, che restare chiuso tutto il tempo in una pomposa aula universitaria sarebbe un vero spreco.»

Daemon sorrise: «Sono passati quasi tre anni, ma non siete per niente cambiato.»

«Al contrario di te. Avevo capito che fossi un tipo particolare, ma non mi sarei mai aspettato una cosa del genere.»

Come se quel delicato aroma di campo avesse avuto il potere di addolcire i pensieri e distendere l’anima, entrambi finirono così per percorrere quasi con nostalgia il viale dei ricordi.

 

Una volta ogni sei mesi si svolgeva a Dundee il grande mercato delle merci esotiche che richiamava in città una folla incredibile tra mercanti e compratori, di ogni appartenenza e ceto sociale.

Dal canto suo, ogni anno Daemon metteva da parte le merci migliori proprio in vista del grande mercato, visto che anche nel suo settore si potevano fare ottimi affari.

Era anche un’ottima occasione per fare nuove conoscenze e stringere amicizie.

«Gli affari vanno a gonfie vele, a quanto vedo.» disse un bonario signore di mezza età dall’aria rispettabile

«Sindaco Luparl, buongiorno.»

Il vecchio Luparl, intagliatore da sempre, era uno degli uomini più rispettati della città, che la sua famiglia aveva praticamente fondato ed abitava fin dai tempi del vecchio Granducato.

«Di questo passo diventerai ricco come un re.»

«Non mi posso lamentare. Dopotutto questi mercanti dell’est hanno tanti soldi e l’occhio non abbastanza allenato.»

«Ben detto. Ad ogni modo, speravo proprio di incontrarti. Avrei un favore da chiederti.»

«Se posso, volentieri.»

«Mi è arrivata una richiesta dal sindaco di Zolle, oltre il ponte. Si tratterebbe di accompagnare uno studioso per una spedizione nei boschi, o qualcosa del genere.»

«Uno studioso?»

«Un certo Hinkel. Professor Jacob Hinkel

«Lo conosco di fama. È un naturalista. Insegna all’Università di Mickarn

«Dicono anche sia stato uno dei mentori del presidente. Ad ogni modo arriverà qui la settimana prossima, e volevo chiederti di accompagnarlo nella sua spedizione.»

«Ci sono molte guide esperte nel villaggio e nei dintorni. Non sarebbe meglio parlare con qualcuna di loro?»

«In nome della dea, assolutamente no. Sono solo un branco di bifolchi illetterati. Tu non hai niente da invidiare a quei caproni, e a differenza loro sai come rapportarti con le persone rispettabili.»

«Io non saprei. Mi onora che abbiate una così alta opinione di me, ma ho molto da fare ultimamente.»

«Ti prego.» lo supplicò letteralmente il signor Luparl. «Prometto che la paga sarà più che adeguata al tempo che perderai. La situazione per i commerci sta iniziando a migliorare seriamente solo adesso, se capitasse qualcosa di brutto al professore, chi può dire cosa potrebbe succedere?»

Daemon si guardò un momento attorno, quasi che stesse cercando una scusa buona per rifiutare la richiesta.

«D’accordo. Lo farò.»

«Ti ringrazio, ragazzo. Dal profondo del cuore.»

«Ma sia chiara una cosa, solo per qualche giorno. La stagione della caccia sta per entrare nel vivo.»

«Certamente, senza alcun dubbio. Hai la mia parola. Manderò subito una lettera al sindaco di Zolle.»

 

Daemon aveva sentito dire che il professor Jacob Hinkel fosse un tipo un po’ bizzarro, come tutti i luminari del resto, ma ciò che si trovò di fronte al momento fatidico lo lasciò quasi basito.

Non era né grasso ne magro, semmai giusto un po’ paffuto, come tutti i naturalisti e gli studiosi da salotto, con una vistosa pelata malamente nascosta da un elegante cappello.

«Tutta questa accoglienza per un umile professore?» disse, quasi divertito, mentre scendeva dalla carrozza.

«Professor Hinkel, benvenuto a Dundee. Io sono Luparl, il sindaco di questa comunità. E questi è…»

«Daemon. Daemon Haselworth.»

«Daemon sarà la Vostra guida, professore. È un cacciatore di grande talento, e conosce le foreste della regione meglio di chiunque altro.»

Al che il professore si avvicinò al ragazzo, fissandolo con evidente curiosità.

«Così giovane, e già così stimato. Mi sento quasi onorato di avere una persona come voi a guidarmi per questi boschi.»

«Farò del mio meglio, professore.»

Nel mentre il cocchiere e il valletto stavano cercando di scaricare il due pesanti bauli legati sul tetto della carrozza; avevano appena finito col primo, quando messo un piede in fallo il cocchiere si fece sfuggire dalle mani il secondo, che apertosi rumorosamente sparse in ogni dove il suo contenuto di barattoli, ampolle e libri di ogni forma e dimensione.

«Che fate, sciocchi? Quelli sono campioni e volumi preziosissimi! Ve lo detraggo dal pagamento!»

Daemon alzò gli occhi al cielo, sospirando. Non aveva ancora iniziato, e già non vedeva l’ora che finisse.

 

Servì quasi un’ora per caricare quel povero mulo di tutto l’armamentario, e vani furono i tentativi di Daemon di avvisare che forse non era il caso di portarsi dietro un simile bagaglio, visto il tipo di sentieri che avrebbero attraversato.

«Impossibile.» aveva risposto il professore «È tutto equipaggiamento indispensabile.»

Lasciata la città, Daemon e il professore si addentrarono nelle foreste a ovest, lungo un sentiero battuto che però finirono ben presto per abbandonare su richiesta del vecchio erudito, il quale finì ben presto per farsi rapire interamente dalla meraviglia, prendendo a scribacchiare senza sosta un quadernetto.

Tutto sembrava attirare il suo interesse, e più di una volta durante il tragitto Daemon dovette ammonirlo di tenere d’occhio il suo cavallo per non rischiare di andare a sbattere da qualche parte, o peggio ancora di perdersi.

«Cerchi di mantenere sempre il contatto visivo. Questa foresta è tutt’altro che sicura.»

«Potete stare tranquillo, signor Haselworth. A vedermi non si direbbe, ma ho visitato luoghi assai più pericolosi di questo.»

«Con tutto il rispetto, ma mi viene difficile crederlo.»

Dopo solo qualche ora dovettero fermarsi, visto che ormai il terreno si era fatto così accidentato che sarebbe stato imprudente avventurarvisi con il mulo carico.

«Da qui in poi meglio procedere a piedi.»

Se non altro, a dispetto dell’età, del fisico non troppo atletico e della palandrana tutt’altro che pratica che indossava, il professore sembrava davvero a suo agio a camminare per terreni impervi, e riuscì senza troppi affanni a stare dietro alla sua guida per tutto il tragitto.

Procedendo a piedi raggiunsero un terrazzamento poco più in alto, abbastanza vicini da poter tornare agilmente sui propri passi ma abbastanza lontani perché gli animali non si sentissero minacciati dalla loro presenza e dal rumore dei cavalli.

Mentre Daemon sorvegliava i dintorni il professore si mise subito al lavoro, e armato di retino prese a catturare quanti più ragni, insetti e piccoli rettili o anfibi che poteva, catalogandoli con cura e riponendoli nei pochi barattoli che era riuscito a caricare sullo zaino che si era portato dietro.

Ad ogni nuova cattura, metteva mano alla lente che portava come un fiore all’occhiello della giubba, concedendosi lunghe e dettagliate osservazioni che non mancava di scandire ad alta voce, quasi che si stesse rivolgendo a degli astanti invisibili che pendevano dalle sue labbra.

Daemon osservava stando in disparte, solo apparentemente distratto, ma in realtà con tutti i sensi protesi al massimo, pronti a cogliere ogni più piccola minaccia.

La situazione tuttavia era tranquilla, così tanto che il giovane cominciava quasi ad annoiarsi; gli era già capitato di condurre qualcuno nei boschi, ma mai nessuno che apparisse allo stesso tempo così fuori posto e così a proprio agio come il professor Hinkel.

«Vado a fare un giro di controllo. Voi per favore restate qui. Questa zona della foresta è relativamente sicura, ma è sempre meglio essere prudenti.»

Il professore era talmente preso dal suo lavoro che si limitò ad un cenno della mano, e per qualche minuto seguitò a prendere appunti sulla sua ultima scoperta comodamente seduto su una roccia.

Poi però, una variopinta farfalla gli volò proprio davanti agli occhi, attirandolo come un topo col formaggio.

«Aspetta piccola. Fatti dare un’occhiata più da vicino.»

Retino alla mano, e senza pensarci due volte, il professore le corse dietro per un tempo impossibile da quantificare, addentrandosi sempre più nel fitto degli alberi; l’inseguimento si concluse solo quando l’anziano docente, messo un piede in fallo, rotolò come una ruota giù da un breve pendio.

«Annotazione.» borbottò rimettendosi in piedi. «Solo lo stolto guarda il cielo senza prestare attenzione a ciò che ha sotto gli stivali.»

Il tempo di levarsi la terra dai vestiti, e si rese ben presto conto di essersi perso.

Tutto attorno a lui non c’erano altro che alberi e silenzio, e della sua guida o di qualunque altra cosa che potesse aiutarlo a capire dove fosse finito neanche l’ombra.

«Perfetto, dalla padella nella brace. Ma quando imparerò a non farmi distrarre dalla prima farfalla che mi passa davanti?»

Provò a seguire i propri passi per tornare da dove era venuto, ma quella foresta era così fitta e uniforme che non fosse stato per la pendenza avrebbe pensato di trovarsi sempre nello stesso posto.

Il suo peregrinare senza sosta lo condusse in una nuova radura, e mentre cercava vanamente di riconoscere qualche elemento un frusciare di fronde gli fece rizzare ogni singolo pelo del corpo.

«Chi va là? Vi avviso, non ho un buon sapore.»

Dal fogliame sbucò una piccola scimmia dal superbo manto nero, che ignorando completamente il paffuto professore rivolse invece tutte le sue attenzioni ad un vicino cespuglio di fragoline selvatiche.

«Ma tu sei una scimmia nera di montagna. Quale fortuito incontro. Credevo che in questo periodo dell’anno viveste molto più in alto.»

Subito prese fuori il taccuino e iniziò a buttare giù uno schizzo, dimenticandosi completamente del contesto in cui si trovava.

«Aspetta!» esclamò quando la piccola scimmia, forse intimorita dalle attenzioni di quel buffo umano, se la diede a gambe. «Mi mancano giusto alcuni dettagli!»

Stavolta però l’istinto naturale di correre dietro all’oggetto della sua curiosità costò al professore ben più di un ruzzolone, perché fatti giusto pochi passi si ritrovò a tu per tu con un’altra scimmia nera; con l’unica differenza che questa, oltre ad essere sei o sette volte più grossa, non sembrava per nulla contenta di vedere il suo piccolo molestato a quel modo.

«Per la chioma di Gaia! No, no. Aspetta! Non gli stavo facendo niente di male!»

La scimmia stava quasi per caricarlo, quando un sasso lanciato con incredibile potenza colpì un albero poco distante. Un attimo dopo Daemon era in piedi tra il professore e la scimmia, rivolto verso quest’ultima con aria di aperta sfida.

L’animale ringhiò, a prima vista ancora intenzionato a scagliarsi all’attacco.

«Che aspettate? Uccidetela!»

E invece, Daemon lasciò cadere a terra l’arco, proprio quando la scimmia iniziava la sua carica contro di lui.

Poi, un istante prima di essere travolto, gridò; fu un grido bestiale, animalesco, che lasciò il professore dapprima sbigottito, e subito dopo senza parole, nel momento in cui vide la scimmia arrestare l’attacco e fermarsi, sovrastando il giovane con tutta la sua imponenza. Con gli anni Daemon si era fatto un giovane di ottima costituzione, ma quella bestia lo faceva comunque sembrare un moscerino.

All’improvviso il ragazzo prese a urlare, sbracciare, battersi i pugni sul petto e sul terreno come un indemoniato, il tutto senza mai fuggire il contatto visivo con la scimmia.

«Che state facendo?» biascicò terrorizzato il professore constatando che l’animale, dopo un momento di esitazione, aveva ben presto iniziato ad imitarlo. «Così la farete solo infuriare ancora di più.»

Ma Daemon non gli diede ascolto, anzi divenne sempre più scalmanato e plateale, arrivando ad un certo punto a strappare erba e a lanciarla addosso alla sua avversaria.

Il professor Hinkel si aspettava da un istante all’altro di vedere quel bestione aprire in due la sua guida con una singola smanacciata; invece ben presto la scimmia sembrò perdere convinzione, diventando quasi timorosa. Le sue ostentazioni di forza scemarono, fino a che, ricevuto un ultimo urlo di Daemon letteralmente ad un palmo dal naso, girò i tacchi e si ritirò in tutta fretta, recuperando al volo il suo piccolo prima di scomparire tra gli alberi.

«Beh… dovrò ricordarmi di annotarlo nei miei appunti.»

«Quale parte di “restate qui” non vi era chiara, esattamente?»

Nonostante tutto gli porse la mano, aiutandolo a rialzarsi.

«Ammetto di non aver mai visto niente del genere. Ero sicuro che ci avrebbe fatti fuori entrambi.»

«Le femmine di scimmia di montagna sono molto aggressive quando proteggono i piccoli, ma se percepiscono che la minaccia non vale il rischio di uno scontro preferiscono scappare piuttosto che combattere.»

«Devo confessare che sulle prime ero un po’ scettico riguardo al vostro conto, ma più vi sto vicino e più mi rendo conto di essermi sbagliato.»

«Felice di sentirvelo dire. Ora però meglio spostarsi. Per ora ci ha rinunciato, ma meglio non sfidare la sua pazienza.»

Al che i due si misero in cammino, con l’idea di raggiungere i cavalli e cercare un’altra zona in cui fare sosta, anche in previsione del trascorrere la notte.

«Ad ogni modo, se sono gli animali che volete qui ne troverete in gran quantità. Il problema è che molti sono anche più pericolosi della scimmia che avete appena incontrato. Lupi rossi, cinghiali di montagna. Da qualche tempo, in questa regione si è stabilito persino un tarkana

Il professore trasalì.

«Un tarkana avete detto!? Grosso?»

«Il più grosso che si sia mai visto. O almeno questo è ciò che hanno detto i pochi che l’hanno incontrato e che l’hanno potuto raccontare. E no, non chiedetemi di cercarlo. Ci tengo troppo alla vita.»

«State tranquillo, non è il genere di creatura nella quale muoia dalla voglia di imbattermi.»

Nel mentre però la camminata sembrava andare un po’ per le lunghe, e anche se Hinkel non si poteva certo considerare un drago in orientamento aveva la netta sensazione che non stessero andando nella direzione verso cui avevano lasciato i cavalli.

«Scusate, se posso. Siete sicuro che sia la strada giusta? Credevo che dovessimo andare verso il basso per raggiungere ai cavalli.»

«Non stiamo andando a prendere i cavalli.» rispose allora Daemon quasi sussurrando, con un tono di voce completamente diverso dal precedente che inquietò non poco il vecchio docente.

C’era qualcosa che non andava.

«Non fermatevi.» disse ancora il ragazzo prima che il professore potesse pensare di rallentare il passo. «Continuate a camminare.»

«Che… che sta succedendo?»

«Ci stanno seguendo.»

«Che cosa!? Chi!?»

«Sul costone di roccia, alla sinistra del sentiero, nel punto più in alto.»

Cercando di essere discreto, il professore girò lentamente lo sguardo in quella direzione, facendo appena in tempo a scorgere un’ombra che un istante prima di essere inquadrata scompariva dietro il bordo.

«Chi sono?»

«Macaire. Ce n’è un altro sopra le nostre teste, tra gli alberi. E ce ne saranno sicuramente altri nei paraggi.»

«Sono… banditi?»

«Peggio, sono anche mostri. Attaccano spesso ricchi viaggiatori e chiunque sorprendano nella foresta per raccogliere denaro e materiali. Ma è strano che siano qui, visto che solitamente bazzicano intorno al Castello.»

«Madre Gaia, forse sarebbe meglio tornare ai cavalli.»

«Sarebbe inutile, oltre che pericoloso. O li hanno già dispersi, o più probabilmente i loro compagni li stanno tenendo d’occhio. Continuiamo a camminare in questa direzione, per separarli dai loro compagni. Attaccarli adesso sarebbe inutile, e se ci mettiamo a correre ci salterebbero addosso. Non devono sospettare che ci siamo accorti di loro.»

Su consiglio della sua guida, Jacob finse di immergersi nuovamente nel suo lavoro, ma era così agitato che a stento riusciva a contenere l’impulso di guardarsi continuamente le spalle.

Nel mentre Daemon aveva tutti i muscoli in tensione, e come avesse avuto gli occhi di una mosca seguitava a sorvegliare tutto intorno senza quasi muovere la testa.

«Guardi, professore.» disse fermandosi all’improvviso «Quel coleottero su quella roccia è un esemplare unico, tipico di questa regione.»

«Eh… Cosa… Dove…?»

Il giovane felino maschio armato di coltellaccio piombò sul professore nell’istante in cui questi si piegò, venendo però intercettato a mezz’aria da Daemon con un calcio tremendo e scaraventato via colpendo l’albero da cui era sceso con forza tale da rimanere esanime a terra.

La sua complice appostata poco distante corse subito in suo aiuto, puntando però direttamente Daemon e tentando di affettarlo con le sue unghie affilate da lince; il cacciatore schivò il primo assalto, la sgambettò facendola cadere, e prima che potesse rialzarsi le saltò addosso, usando la corda dell’arco come una garrota e togliendole l’aria quel tanto che bastava da farla svenire.

Quando il professore, che non si era quasi accorto di niente, si girò, i due assalitori erano già entrambi fuori combattimento.

«Non smettete mai di sorprendermi.»

«Questi erano i primi. I loro compagni arriveranno presto. Dobbiamo andarcene subito.»

«Andarcene? E dove?»

Proprio in quel momento, rumori in lontananza preannunciarono l’arrivo del prossimo gruppo.

«Ovunque ma non qui! Venite!»

Preso il professore per un braccio, e gettata al vento ogni discrezione, Daemon si mise a correre.

Sfortunatamente il povero Jacob tra l’età e il fisico non era certo un maratoneta, e dopo poche decine di metri già non ce la faceva più.

«Io… non credo di riuscire ad andare oltre…»

Non restava altro da fare che provare a combattere, ma occorreva trovare un luogo adatto dove nascondere il professore.

«Presto, entrate qui!» disse spingendolo a forza dentro un piccolo pertugio tra due grosse rocce, grande a malapena per poterci stare rannicchiati.

Messo al sicuro il suo protetto, Daemon si posizionò davanti all’apertura come un cane da guardia a difesa del suo padrone, l’arco in una mano e il laccetto di sicurezza del lungo coltello già allentato.

L’assalto iniziò nel giro di pochi secondi, preannunciato da furiose grida di battaglia e un crescente rumore di passi di corsa; visto che ormai erano stati scoperti, non aveva più senso mantenere una approccio furtivo.

Il primo a sbucare dalla macchia fu un nerboruto orco dalla pelle rossa, che come un toro scatenato caricò a testa bassa verso Daemon brandendo una coppia di asce bipenne; ma non fece neanche a tempo ad arrivare a dieci passi dal suo bersaglio, perché il giovane gli trafisse il ginocchio con una singola freccia facendolo letteralmente franare a terra con un tonfo fragoroso.

Comprendendo la pericolosità del nemico, gli altri quattro decisero di scagliarsi all’attacco tutti insieme, piombando su Daemon da varie direzioni e ingaggiando con lui un feroce corpo a corpo. Tra di loro, l’unico volto familiare era quello del loro leader e vicecomandante della banda, Mytra.

Il professor Hinkel osservava il combattimento dal sicuro del suo rifugio, senza che nessuno si fosse apparentemente accorto della sua presenza. E proprio perché nessuno sembrava più fare caso a lui, riuscì per primo ad accorgersi di un’altra figura, appostata su di un albero poco distante, che si apprestava a colpire Daemon con una piccola balestra.

«Attento!»

Senza pensarci troppo uscì dal suo nascondiglio, spostando il giovane quel tanto che bastava per toglierlo dalla traiettoria del dardo, venendo fortunatamente solo ferito di striscio al collo a sua volta dallo stesso.

«Professore!»

«Niente di grave, è solo un graffio.»

Constatato di aver mancato il bersaglio il tiratore fece per ricaricare, e a quel punto Daemon non ebbe altra scelta che trafiggerlo in mezzo agl’occhi.

«Urzi!» esclamò in lacrime la leonessa vedendo il suo compagno cadere giù dal ramo, morto stecchito.

Completamente fuori di sé dalla rabbia, si scagliò contro Daemon con ancora più furia cieca, mettendo ben presto il ragazzo all’angolo.

Dal canto suo il giovane era consapevole di aver fatto qualcosa di irreparabile, e ormai parlare era inutile. Non restava che provare a scappare.

Messa una mano alla cintura recuperò tre piccole sfere di pelle con attaccata una miccia, che accese sfregandole tutte insieme sulla fibbia metallica.

«Copritevi la faccia!» intimò al dottore, alzandosi il bavero per fare altrettanto.

Le tre sfere scoppiarono con un potentissimo botto pochi istanti dopo essere state scagliate, liberando una fitta polvere color rosso sangue che travolse la leonessa e i suoi compagni, facendoli crollare a terra tra urla di dolore, occhi arrossati e nasi in fiamme.

Avere l’occhio e il fiuto di un animale era sicuramente un vantaggio, ma in certe condizioni poteva diventare una condanna: e una miscela di peperoncino sminuzzato e polvere da sparo era più di quanto un mostro con dei sensi anche solo leggermente più sviluppati potesse sopportare.

Anche dopo che la nube si fu diradata, Mytra e i suoi uomini impiegarono parecchio tempo a riacquistare la vista, mentre dovettero versarsi addosso tutta l’acqua che avevano per calmare i dolori laceranti al naso.

«Troviamoli!»

 

In tutta la catena del Khoral, tra miniere abbandonate e grotte naturali, non era difficile trovare un buon nascondiglio, e anche se non era comune per lui visitare quella parte di foresta Daemon ne conosceva due o tre ben riparati che potevano fare al caso loro.

Non potendo spostarsi velocemente o agilmente a causa del suo attempato compagno di viaggio, la sua scelta era infine ricaduta su di una piccola caverna scavata nella roccia sulla sommità di un ripido pendio, da dove si poteva tenere d’occhio i dintorni restando nel contempo ben nascosti dalle fronde.

«Qui dovremmo essere al sicuro. Il terreno sassoso confonde le tracce, e se qualcuno si avvicinasse ce ne accorgeremmo in un attimo.»

Il professore però non lo seguiva, perché distratto da uno sciabordio incessante che sembrava venire dal fondo buio della caverna.

«Che cos’è questo rumore?»

«Un fiume sotterraneo. Scorre sotto i nostri piedi, e sbuca nella foresta ad un paio di miglia da qui.»

Jacob si stava quasi convincendo che il peggio potesse essere passato, quando si vide afferrare vigorosamente per il bavero e sollevare di peso.

«Ma voi chi accidenti siete?»

«Che cosa intendete dire?» replicò lui sudando freddo.

«Qui non si tratta di assaltare un riccone per rapinarlo. Quei Macaire volevano farvi la pelle. E ora vorranno farla anche a me, visto che per proteggervi ho dovuto uccidere uno dei loro. Si può sapere perché vi vogliono morto?»

«Io… io non ne ho idea, lo giuro. Non sono neanche mai stato da queste parti in vita mia.»

Forse c’era un’altra possibile spiegazione.

«I Macaire sono soprattutto predoni, ma Mytra e i suoi seguaci non fanno complimenti quando si tratta di schiavisti o trafficanti. Siete implicato in qualcosa del genere?»

«Assolutamente no. Al contrario semmai. Sono l’unico docente dell’università ad avere dei semiumani al mio servizio come assistenti.»

La situazione negli ultimi minuti era stata così tesa che Daemon non aveva fatto caso al pallore che si era materializzato sul volto del suo protetto, e fu solo quando il professore, una volta lasciato libero, crollò malamente sul pavimento umido che il giovane si accorse che qualcosa non andava.

«Vi sentite male?»

«Non… non lo so… di colpo, mi sento stanchissimo…»

A Daemon cadde immediatamente l’occhio sul graffio sul collo.

«Aspettate un attimo.»

Avvicinatosi, annusò attentamente, percependo un forte odore di cacao.

«Radice di darenia

Se prima era solo pallido, nel sentire il nome di quel fiore il professore divenne letteralmente bianco.

«Quindi si tratta di…»

«Sarpide

«Ma… com’è possibile!? Dovrei essere già morto.»

Ed era vero. Il sarpide era micidiale perché agiva nell’arco di pochi secondi, ma c’era un’eccezione a questa sentenza altrimenti inevitabile.

«Voi soffrite della malattia dello zucchero?»

«Cosa!? … Beh, sì… Sfortunatamente sono giorni che non prendo le mie medicine. Le ho dimenticate in una locanda e non le ho più ricomprate.»

«Meglio per voi che non l’abbiate fatto. Avere molto zucchero nel sangue attenua tantissimo l’effetto velenoso del sarpide

«Davvero!? Non l’avevo mai sentita questa cosa. Quindi, vuol dire che sono salvo?»

«Non del tutto. Il sarpide uccide molto in fretta, ma con la stessa velocità viene anche espulso se la vittima non muore. L’importante è tenere alto il livello dello zucchero per il tempo che sarà necessario.»

«E come si può fare?»

«I modi ci sono. Non dovrebbe essere troppo difficile. Andrò a cercare tutto il necessario. Voi aspettatemi qui senza fare rumore, respirate lentamente e cercate di non fare sforzi. Tornerò in pochissimo tempo.»

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!

Eccoci con un nuovo capitolo, in perfetto orario!

All’inizio della release di questo Volume 4 vi avevo pronosticato qualcosa di un po’ fuori dall’ordinario, ebbene eccolo qui.

Questo capitolo e il prossimo infatti costituiranno una specie di esperimento.

L’idea infatti è quella di aprire, un domani, una ulteriore storia, una sorta di raccolta di spinoff incentrati sui personaggi secondari della storia, che amplifichi le loro storie e aiuti a dare vita ad un universo più completo e dettagliato senza pesare sulla trama principale.

La vicenda che vede protagonisti Daemon e il Professor Hinckel doveva essere il primo di questi racconti spinoff, ma ho deciso di modificarla un po’ ed inserirla nel tessuto della storia principale proprio per portarla alla vostra attenzione.

A seconda del vostro gradimento, in futuro potrei cercare di dare vita ad altre storie simili.

A presto!^_^

Cj Spencer

 

   
 
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