Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: Dart Anevon    15/04/2024    0 recensioni
Livir la Fenditenebre...
Secondo il mito sarebbe stata lei a creare e diffondere la luce delle stelle nell’universo conosciuto del Millemondi, prima ancora che fosse chiamato così. Nella loro Era rappresentava per alcuni un simbolo di rinascita e di speranza contro le avversità.
Ma voi non sapete chi o cosa sia Livir, né la "sua" storia o l'importanza per i protagonisti di "questa" storia.
Non è che sia molto importante ai fini della trama.
Per adesso, almeno.
Ma c'è un motivo preciso se ne stiamo parlando. Livir era una dea antica. Era, perché in tanti ne hanno dimenticato l'esistenza.
Come hanno dimenticato anche molte altre cose sulla civiltà più grande di tutti i tempi. Un pezzo di mosaico andato in frantumi molto tempo fa.
È la classica vicenda di umani, umanoidi, altri esseri pensanti, magia e grandi poteri che si ripete. Ma questa volta più in grande.
Molto più in grande.
Vi basti sapere per ora che, alla fine di un lungo medioevo stellare, creature senzienti di ogni genere vollero riprendere il contatto con quel lontano passato andato perduto. Riscoprirlo per capirlo.
Nacquero per questo scopo i Cercatori.
Ed è proprio da qui che può iniziare la "nostra" storia.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Abeal, pianeta della prima rotta del Millemondi

Città di Dorem, Astrostazione

Giorno 220 SIS, 15.30

Mattina abeliana, 08.30

 

L'incontro con la felinoide si rivelò un bel colpo di fortuna.

Non solo spiegò loro come arrivare all'Antiquarium, ma si offrì anche di portarceli.

Achero cercò di declinare l'offerta ma lei insistette. Disse che per lavoro doveva passare comunque lì vicino, quindi non le costava niente fare una piccola deviazione.

Il Cercatore alla fine accettò. Svegliò Obbrer e Bria. Presero le loro cose, aspettarono che finisse il suo turno lavorativo e insieme a lei salirono sul suo furgone di servizio a levitazione magnetica.

I tre si infilarono dentro da un portellone a scorrimento orizzontale posto sul fianco del mezzo e si sistemarono a terra tra prodotti e oggetti vari per la pulizia di case, uffici, sale d'aspetto e quant'altro. Era tutto ricoperto completamente da uno strato nero di imbottitura dura e scomoda ma che produceva un piacevole calore.

Il lato del guidatore era separato dal resto dell'ambiente da una fila di tre sedili alla cui sinistra c'era il posto di guida vero e proprio. Accanto alla loro temporanea chauffeur c'erano due borse di setoplastica che lasciavano trasparire ognuna le forme di un paio di crostate che sembravano fatte in casa.

La felinoide insistette nel farli sedere davanti. E alla fine Bria e Obbrer scesero e risalirono di nuovo dal lato dei passeggeri.

Il furgone, bianco e dalle scritte azzurre, sfrecciò sulle vie della città tra palazzi fatiscenti e un sacco di locali commerciali chiusi per fallimento o vandalizzati.

Lo strato di magnetite nera, che gli permetteva di fluttuare, era crepato in più punti.

Una lunga serie di interruzioni e sensi di marcia deviati li costrinsero a fermarsi più volte.

Dal parabrezza vedevano la gente accalcarsi lungo i marciapiedi grigi, coperta per lo più da pesanti abiti logori, gelare in massa in attesa di mezzi pubblici che non arrivavano mai. Non c'era un gruppo razziale predominante come su Rotuga, anche se tra quelle facce sconsolate notarono molti Bestiali e diversi Evrohim, quest'ultimi con i loro tipici tratti somatici scuri e gli occhi dalle brillanti iridi rosse.

Durante il tragitto, la donna offrì loro di mangiare un po' del pranzo dentro le buste, che lei stessa si era preparata.

Affamati com'erano, accettarono dopo un iniziale rifiuto di cortesia.

Ci misero un po' a raggiungere la meta. 

Una volta arrivati, si offrirono di sdebitarsi in qualche modo, ma lei respinse tutte le offerte.

Li fece scendere su un marciapiede vicino alla piazza spoglia su cui si affacciava l'Antiquarium.

- Grazie di tutto - dissero i tre all'unisono davanti al finestrino abbassato del lato passeggeri.

- Ma figuratevi cari. Mi spiace solo di non potervi dare dei vestiti più pesanti, quelli che avete sono troppo leggeri per il nostro clima.

- Non si preoccupi - fece Achero - E grazie... Ehm - non le avevano ancora chiesto come si chiamasse.

-Chiamatemi pure Meredith - fece lei - e in bocca al leviatano per tutto.

- Crepi! - fecero i tre e continuarono a salutarla fino quando non svoltò a un incrocio lì vicino.

- Che persona gentile - affermò Obbrer - Non pensavo che ce ne fossero così al Millemondi.

- Già - confermò Bria.

- Bene. Se avete finito di constatare che al Millemondi non ci sono solo stronzi, direi che è ora di muoverci se non vogliamo andare in ipotermia - chiuse il discorso Achero, mentre finiva di armeggiare con lo zaino, da cui estrasse di nuovo il tessuto in lana di Sanirem.

E così si avvolsero di nuovo tutti insieme sotto la sua coperta e sfrecciarono verso il palazzo, nel mezzo di una bufera di vento e neve.

Era più piccolo di quello di Estagi e decisamente meno curato. Le poche decorazioni esterne erano rovinate dalle intemperie e anche le sue mura in certi punti avrebbero avuto bisogno di una buona ristrutturazione.

Il rivestimento rosa salmone e i balconcini alle finestre non trasmettevano certo l'idea che da là dentro sarebbero usciti affari lucrosi. Sembrava anzi un palazzotto residenziale per vecchie signore.

La porta d'entrata invece era uguale in grandezza e cura a quella di Estagi. Da lì veniva una ventata di aria calda che scioglieva il nevischio che cadeva sulla scalinata antistante in marmo nero.

Avvicinandosi, notarono come le pareti interne nulla c'entravano con l'aspetto esterno.  Sembravano addirittura emettere una propria luce.

Quando finalmente riuscirono a entrare nell'atrio, il calore fece tirare loro un sospiro di sollievo dopo la corrente gelida e tagliente dell'esterno.

Finalmente ce l'avevano fatta. Ora non restava che trovare una missione da tremila crediti, la somma giusta appena per tre tizi che volevano arrivare su Itarga a bordo di uno scassatissimo mondiale come quello che li aveva portati fin lì.

Uscirono da sotto la coperta, che Achero rimise dentro la sua sacca, e avanzarono verso i banchi dell'accettazione, che lì facevano anche da uffici incarichi, come scritto su un cartello all'entrata . C'erano già delle grandi code che si srotolavano di fronte a loro, tra sbuffi d'impazienza, gemiti e lamentele assortite.

Seppur il livello complessivo fosse inferiore a quello su Rotuga, le sale interne davano comunque un'idea di sfarzo e potenza.

L'effetto era certamente amplificato da come l'edificio si presentava a coloro che lo guardavano da fuori e anche da quanto loro tre avevano dovuto vedere e subire nelle ultime ore.

Il pavimento di marmo era un alternarsi continuo di rombi di colori diversi, che andavano dal dorato, al ramato e al bianco. Le colonne erano anche loro di marmo, ocra come lo erano i capelli di Bria. La parte centrale era divisa in tante sezioni da una lunga fila di archi sulla sommità delle colonne stesse, alte più di venti braccia.

Il soffitto e le pareti delle navate laterali erano decorate con meravigliosi dipinti. Scene di antiche guerre o leggende, o delle più recenti imprese dei Cercatori più famosi.

Bria respirava a pieni polmoni quasi come si trovasse in montagna e si beasse dell'aria fresca di quelle altitudini immaginarie.

Obbrer invece aveva la bocca aperta a formare una comica "o" e girava su se stesso ammirando tutto quello su cui i suoi occhi riuscivano a posare lo sguardo.

- Guardate là - fece il ragazzo a un certo punto.

Si voltarono nella direzione che stava indicando e videro sulle mura alla loro destra un grande dipinto di un uomo impegnato a decifrare antichi codici mentre intorno a lui c'erano strani oggetti e luci porpora, il tutto dentro quella che pareva la sala di una biblioteca immersa nella penombra.

Ben posato nella sua divisa da Cercatore, sulla mezz'età, pelle chiara, taglio di capelli castani in stile pompadour dello stesso color degli occhi, un paio di baffetti a manubrio e un piccolo pizzetto posto nell'incavo appena sotto il labbro.

Sembrava quasi fissarli nella sua calma e composta posa.

- Conosci Emery Emhard Emerson di Eltra?!? - gli chiese sorpresa Bria.

- Certo che lo conosco! - ribatté lui indignato - Chi non lo conosce? È tipo il più grande Cercatore vivente della storia. È colui che durante la sua impresa su Lalandia ha salvato quel mondo dall'attacco di Nemesis. È uno dei più grandi eroi del secolo!

Lo disse con una passione tale che si era messo a sudare.

Bria spostò lo sguardo prima sul quadro e poi su Obbrer in preda all'eccitazione e poi di nuovo sulla tela.

Anche lei avvertiva una certa emozione. Emerson era veramente una leggenda vivente tra i cercatori e in tutta la galassia. Erano state scritte storie di ogni tipo e in ogni formato su di lui e sulle sue imprese, tali da renderlo l'archetipo stesso della figura del Cercatore e della sua professione.

Un colpo di tosse alle loro spalle fece riemergere dai quei pensieri la ragazza, che si voltò verso la sua origine.

- Se avete finito di bagnarvi per capello perfetto qui, abbiamo ancora una missione da ottenere. Che c'è? - aggiunse Achero stizzito, rivolto all'espressione che Bria aveva in faccia mentre lo osservava.

- Niente - rispose tranquilla lei. E precedendolo, si diresse verso la fila più vicina.

Lo stesso non fece il ragazzo che ancora stava inebetito di fronte al mito vivente di Emerson.

- Obbrer! - lo chiamò Achero.

- A-arrivo!

---

Angolo dell'Autore: buondì! Senza troppi intoppi, eccoci arrivati all'Antiquarium. Quale missione attende i nostri Cercatori? Scopriamolo insieme nei prossimi capitoli!

Grazie sempre per leggere e alla prossima!

Ciaoo

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: Dart Anevon