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Autore: Glenda    15/04/2024    3 recensioni
In un mondo in cui la magia è rara e con un grande peso politico, ed i maghi figure temute e inquietanti, Heze, un giovane viaggiatore dal cuore limpido e il carattere solare, viene ingaggiato da uno di loro perché lo accompagni fino alla capitale a consegnare un messaggio segreto. Ma la persona con cui si trova ad affrontare questa avventura è completamente diversa dalle aspettative che si era costruito: svagato, onesto, gentile e smaccatamente vulnerabile, Yèlveran diventa per Heze un mistero da svelare, e finisce per legarsi a lui al punto di farsi trascinare in un complotto che potrebbe costare la vita a entrambi...
Storia di avventura con una componente politica, ma principalmente focalizzata sulla relazione tra i personaggi (a cui sono affezionatissima e dei quali ho volentieri indugiato nel descrivere i pensieri). Un bel po' di bromance e molto drama.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Meirem si sentiva colpevole: le informazioni che Xau stava riferendo portavano collera e dolore sul volto di Iruvàn, ma lei non riusciva a guardare più in là della propria piccola gioia per averlo rivisto così presto. L’urgenza di ricevere quelle notizie lo aveva spinto a lasciare ancora una volta l’enclave per incontrarsi con loro: Meirem sapeva che ogni volta i rischi divenivano maggiori e che un solo sospetto avrebbe potuto mandare in malora il lavoro di una vita, ma il suo cuore era caldo e i suoi occhi inchiodati negli occhi dell’uomo che amava oltre ogni ragionevolezza.

Si erano riuniti in un luogo in cui lei non era mai stata, e per la prima volta era stata ammessa al cospetto di Yurlan e Xeiratog, i due Persuasori di cui i gemelli le avevano parlato e dei quali, fino ad allora, non aveva conosciuto il nome. Erano solo in cinque: nessun’altra tra le Maledizioni era stata invitata. Meirem se ne sentiva orgogliosa ma al tempo stesso intimidita, e celare quest’ultimo sentimento le costava un grande sforzo.

Xau parlava meccanicamente, sforzandosi di impedire al proprio giudizio di influenzare le visioni che aveva ricevuto: bastavano già i sentimenti di suo fratello a rendere la trasmissione particolarmente inquinata. Dei due, quest’ultimo era il più appassionato, e, per quanto Xau fosse abile nel mantenere le loro menti separate, il turbamento di Leu passava attraverso di lui.

“Luxei ha detto che se ne chiama fuori. Che non ci aiuterà né ci ostacolerà. Ma Leu era convinto che gli stesse mentendo.”

Yurlan e Xeiratog si scambiarono uno sguardo grave.

“E tu cosa credi, Xau?” chiese Iruvàn “Concordi con tuo fratello o ritieni che il suo sospetto sia stato falsato dalle circostanze?”

“Certamente in quel momento le sue capacità di valutazione erano annebbiate. Ma alcune informazioni da lui raccolte potrebbero dargli ragione. Ha indagato un po’ e…”

Il volto di Iruvàn si annuvolò e Meirem lo vide stringere i pugni fino a farsi diventare rosse le nocche delle mani.

“Aveva l’ordine di tornare subito indietro. Non ha la discrezione giusta per fare domande ed il suo volto non è facile da dimenticare. Non doveva parlare con nessuno!”

Xau sussultò, quasi che il rimprovero fosse rivolto a lui. Iruvàn non era uomo facile all’ira, ma le alterazioni del suo umore erano così intense che facevano vibrare l’aria.

“È vero, ma lo ha fatto.” dichiarò Xau, con un’ammirevole ripresa di sicurezza “Perciò sei tu a dovermi ordinare di riferirti ciò che ho visto o meno.”

Fu Yurlan a intervenire.

“Dicci tutto. Un paio di occhi sul posto sono molto più preziosi di mille congetture.”

Per un attimo Meirem ebbe il timore che Iruvàn si sfogasse sul compagno, invece rimase calmo, mentre la rabbia si agitava e ruggiva sotto la superficie: intrappolata, sotto il suo controllo. Si lasciò cadere stancamente su una poltrona e, con un cenno della mano, invitò Xau a parlare.

“Leu non ha più visto Luxei dopo quel giorno. Lui non ha più lasciato l’enclave e Leu non si è spinto troppo vicino, dunque nessun altro Persuasore lo ha incontrato. Tuttavia ha raccolto notizie in paese ed ha scoperto una cosa che forse merita attenzione: qualcuno, dall’enclave, quasi un mese fa ha ingaggiato un ragazzo alla stazione di posta, per consegnare un messaggio. Un dettaglio – ovvero che nessuno gli abbia saputo fare una descrizione di questo qualcuno – ha insospettito Leu sulla possibilità che sia stata utilizzata la Persuasione dei Ricordi. Ha fatto delle domande in giro e gli risulta che un messaggero locale sia effettivamente partito in quei giorni e non ancora rientrato. Si chiama Heze, capelli rossi, di etnia eshkarti, facile da notare: a Villanuova lo conoscono tutti. Ma c’è dell’altro: un tizio della zona dice di aver accompagnato questo giovanotto col suo carro fino alle pendici dei Monti di Vetro, e che non viaggiava solo. Era insieme ad un uomo anche lui giovane, che non aveva mai visto prima, un tipo schivo, di poche parole. Dice che i loro bagagli facevano pensare ad un viaggio piuttosto lungo. Leu teme che Luxei possa averci tradito ed aver deciso di sabotare il piano mettendo in guardia le Famiglie: non si è mosso di persona per non insospettirci.”

I tre Persuasori si guardarono, e per un attimo fu come se nessuno potesse penetrare la loro intesa, come se attorno a loro si fosse alzata una fortificazione.

Una fortificazione da cui, però, un uomo era appena uscito.

Luxei, il Persuasore di Ricordi.

Meirem aveva intuito dalle parole di Xau – e l’atteggiamento di Iruvàn lo confermava – che il rapporto tra loro era in qualche modo speciale. Per questo, nelle sue fantasie, Meirem lo percepiva come una specie di usurpatore: avrebbe voluto conoscerlo di persona solo per distruggerne il mito, per rubare il suo posto. Ma era difficile odiare gli assenti, e Iruvàn, davanti a lei, non ne aveva mai parlato: come si poteva essere gelosi di un uomo che non veniva nemmeno nominato? Eppure adesso ne sentiva la presenza, sentiva lo spazio che occupava e persino quello che aveva lasciato vuoto: se anche avesse potuto sostituirsi a lui, la sua piccola esistenza sarebbe stata troppo esile per riempirlo.

“Forse Leu sta solo dando troppa importanza alle scelte di un uomo vecchio e stanco, che non ha più nessuna voglia di combattere una guerra.” disse.

No, non era così. Che le era saltato in mente?

Leu era intelligente, percettivo, sensibile: Leu ci vedeva quasi sempre giusto, non poteva essersi sbagliato.

Ma lei desiderava che Iruvàn non gli credesse, che l’assenza di quel Luxei tornasse ad essere un dettaglio procrastinabile, che Iruvàn non fosse turbato, che Iruvàn lo ignorasse, che a Iruvàn bastassero loro, che gli bastasse lei. Che nulla cambiasse.

“Forse.” disse Yurlan “Ma da quel forse dipende il nostro piano. Io credo che dobbiamo prepararci al peggio anziché adagiarci sul meglio.”

Meirem cercò un appoggio nello sguardo di Xau, ma trovò solo un’espressione greve, rassegnata.

“C’è qualcosa che non comprendo.” insistette “Se anche questa storia avesse un senso, qual è il ruolo del secondo viaggiatore?”

Iruvàn si alzò dalla sua poltrona e, nel rispondere a lei, si rivolse a tutti come se stesse parlando ad una platea: la rabbia sotto la superficie si agitava e impazziva, Meirem riusciva a vederla.

“Gli servivano il messaggero ed il messaggio.” dichiarò “Se conosco Luxei… se conosco ancora Luxei, il giovane del servizio postale è solo il mezzo: l’altro uomo è il messaggio. Luxei avrà usato il meccanismo del Ricordo Sepolto, ma per far funzionare al meglio la tecnica deve essersi servito di qualcuno che gli ha concesso fiducia volontaria. È come per la Persuasione del Cuore: per garantire durata e intensità ci vuole collaborazione, e Luxei non poteva riceverla da un ragazzo comune che non sa neppure di che si tratta. Avrà ottenuto la complicità di un comperso dell’enclave, e questo rende tutto più grave perché significa che abbiamo già un fianco scoperto. Ma se – se – davvero conosco ancora Luxei, lui non è il tipo di uomo che distribuisce fiducia a mari e monti, dunque il suo inviato potrebbe essere ancora l’unico a conoscenza del piano.”

Nel suo sguardo brillò una luce cupa, che riverberò negli occhi degli altri due Persuasori.

“Non abbiamo molte scelte.” constatò Xeiratog.

Questa volta fu Xau a non capire, mentre Meirem aveva capito benissimo. Tutta quella rabbia non poteva rimanere lì: cercava uno sbocco da cui uscire.

“Che cosa facciamo?”

Iruvàn lo guardò con sufficienza.

“Li troviamo, confermiamo l’ipotesi e poi uccidiamo entrambi.”

Yurlan fece un passo avanti.

“Me ne occupo io.” si offrì “Sono il più libero di muoversi e il più adatto ad ottenere la verità,” fece una smorfia sarcastica “dato che a quanto pare non abbiamo un Persuasore di Ricordi tra noi. Xau, tu vieni con me.”

“Perché proprio io?”

“Sei veloce, silenzioso, e poi… potrebbe diventare necessario comunicare rapidamente con l’Oltrefrattura…”

Xau cercò lo sguardo di Iruvàn, forse aspettando una smentita. Che non arrivò.

 

Meirem non riusciva a capire cosa fosse preso al suo amico e come fosse possibile che Iruvàn non se ne fosse accorto.

“Perché hai accettato? Se non volevi questo incarico, dovevi dirlo: Iruvàn ti avrebbe ascoltato!”

Invece se ne era accorto eccome, e Xau lo sapeva: era lei che non riusciva a concepire l’idea che lui potesse ignorarli, avere altre priorità che non fossero “i suoi ragazzi”, concentrare le sue energie su qualcosa che li escludeva.

“Non avrebbe ascoltato affatto. Tu non lo conosci come credi. Se si parla di Luxei, perde il senso della realtà… Anzi, forse è stato Luxei stesso a farglielo perdere molto tempo fa!”

“Che significa?”

“Iruvàn è Persuasore d'Aria, Meirem. La Persuasione dell’Aria è la più potente delle arti: non agisce sui singoli individui, agisce sulla massa, dunque ha un’influenza molto più grande. È gemella della Persuasione dei Confini, ma mentre questa modifica solo la percezione dello spazio, la Persuasione dell’Aria modifica quella degli eventi e dei sentimenti ad essi associati: il Persuasore d'Aria ha un potere politico incommensurabile! Domandati come sia stato possibile che Iruvàn, un ribelle, un congiurato, sia entrato in un’elite del genere. Ciascun Persuasore d'Aria è sottoposto ad un controllo costante: devono essere tutti perfettamente allineati, tutti leali al sistema, ogni forma di pensiero autonomo non è tollerata. Lettura della mente, spionaggio, interrogatori sono alla base del loro addestramento. In che modo credi che lui sia riuscito a fregarli tutti?”

Perché è un uomo eccezionale, avrebbe risposto solo il giorno prima. Ma ora le cose le erano dolorosamente chiare.

“Luxei ha manipolato la sua mentre affinché fosse ammesso all’enclave.” proseguì Xau “In seguito, ha imposto a tutti noi e a se stesso un sigillo sul ricordo dei nostri intenti, sigillo che si è sciolto poco tempo fa, perché questo è l’anno giusto. Ma senza il sigillo, Iruvàn non è al sicuro in quel covo di spie. Capisci perché è così adirato? Luxei avrebbe dovuto essere qui e riprendere a proteggere la sua mente fino all’arrivo del nostro momento.”

“Quale momento?”

“La Celebrazione dell’Umanità. È in quel giorno che agiremo.”

“Perché?”

Xau sbuffò e sul suo volto comparve quella usuale espressione che sembrava dire non sai proprio niente tu, ma era falsa e forzata: non aveva voglia di scherzare con lei, aveva i pensieri altrove, chissà se era in contatto con Leu, chissà se Leu, in quel preciso istante, poteva vedere il seme del dubbio appena spuntato sul volto della sua «terza sorella».

“È meglio che non ti dica altro. Fidati di Iruvàn. Se non ti ha spiegato tutto, è perché ogni persona che sa è un punto debole in più. Soprattutto adesso che siamo in pericolo.”

Chissà se Leu poteva udire quella domanda.

“E tu ti fidi di lui?”

“Certo che sì!”

“Allora perché hai accettato di svolgere un compito che ti fa paura?”

“Non ho paura.”

Troppo veloce nel negare. Troppo irruento, per essere il rigido Xau.

“Ne hai eccome. Sarò anche l’ultima ruota del carro, ma so leggere i sentimenti quando li incontro. Soprattutto se li conosco bene. Tu hai una paura fottuta, ed io voglio sapere di cosa, perché è la prima volta che ti vedo spaventato da quando ti conosco.”

Lui scrollò le spalle, come a scacciare di dosso un peso.

“Xau!”

Meirem gli afferrò il volto tra le mani e lo costrinse a guardarla negli occhi: aveva la pelle liscia come la seta e le gote calde, le sembrò all’improvviso fragile, indifeso.

“Non voglio lavorare con Yurlan, d’accordo?”

“Perché?”

“Non ci sono altre parole nel tuo repertorio oggi?”

“E a te sembra il momento per le schermaglie fraterne?”

A Xau sfuggì un pallido sorriso.

“È Persuasore di Sensi. Lavora per i Giudici. Sai che cosa fanno i Persuasori di Sensi al servizio dei Giudici?”

Lei scosse la testa: della Persuasione dei Sensi sapeva solo che serviva per togliere alle Maledizioni la percezione del dolore nel momento della condanna a morte, ma, in un mondo ideale, pensava che avrebbero dovuto trovarsi al fianco di feriti ed ammalati per alleviare le loro sofferenze.

“Interrogano e ottengono confessioni.”

“Nel senso che le estorcono?”

“Esatto. I Persuasori di Sensi sono ricercatissimi come torturatori e Yurlan non fa eccezione. Dice che è una buona copertura, finché i tempi non cambieranno. Ma io ho sempre avuto l’impressione che… che un po’ se ne compiacesse, ecco. Per questo non mi piace lavorare con lui. E poi… se Luxei ha fatto le cose come Iruvàn sostiene, perché dovremmo ammazzare anche il messaggero? Magari non ha la più pallida idea della storia in cui si è messo, magari per quel disgraziato è solo lavoro. Non mi piace, Meirem. Non mi piace…”

Xau non lo diceva apertamente ma dalle sue parole traspariva un pensiero per lei inaccettabile: quello che Iruvàn stesse sbagliando, stesse condannando a morte due uomini non per necessità, bensì spinto dall’ira e dal desiderio di vendetta. Fino a quel momento, le era parso impossibile che qualcuno potesse anche solo dubitare di lui e provò l’istinto di schierarsi in sua difesa.

Ma la persona che aveva davanti era Xau, il suo amico, il suo fratello.

Per un attimo le parve che il pavimento le ondeggiasse sotto i piedi.

“Mi gira la testa.” disse.

Xau fece spallucce.

“Deve essere per effetto della Persuasione del Cuore. La tua mente va in contraddizione con le reazioni dell’istinto. Capita.”

Lo affermò con freddezza, come si enuncia una legge matematica.

“Io non sono sotto l’effetto della Persuasione del Cuore!” sbottò lei “Iruvàn per me è… ”

“Ma sì, ma sì.” Xau spazzò l’aria con la mano “Non è successo niente, Meirem. Le cose andranno come devono andare.”

 

Quel giorno.

Iruvàn non avrebbe mai dimenticato quel giorno.

Luxei aveva sepolto le sue memorie in profondità più e più volte, ma tornavano sempre a galla, ed andava bene così.

“Nascondi, non cancellare. Il ricordo di Sheun non lo devi cancellare mai. Senza di lui, non posso diventare quel che chiedi. Senza mio rancore, non sarò mai l’uomo che vi serve.”

Iruvàn e Sheun erano stati più che fratelli: nati nella stessa strada, nello stesso mese, cresciuti insieme, non c’era stato momento, prima di quel dannato giorno, in cui Irùvan si ricordasse solo.

Sheun era sempre stato un bambino intelligente, per questo, probabilmente, nessuno aveva collegato la sua capacità di ritrovare le cose ad un potere soprannaturale. Poi però c’era stato il furto in casa della vedova e lui aveva indicato con esattezza dove il ladro aveva nascosto il bottino: la gente si era spaventata, la voce era arrivata ai Persuasori, e la tragedia gli era piombata addosso.

A quel tempo, Iruvàn non aveva chiaro che cosa significasse essere una Maledizione: il paese era piccolo e sperduto, neppure gli adulti, benché si riempissero la bocca di miti e leggende terribili, sapevano davvero come funzionasse la Grande Legge. Così si limitarono a tenere Sheun chiuso in casa, in attesa di un giudizio di cui ignoravano la portata. Iruvàn si arrampicava sul tetto, passava per la cappa del camino, ed andava a tenergli compagnia.

“Da quanto sapevi di essere magico?”

“Tu sai arrampicarti sul tetto, io vedo dove sono le cose che si perdono: che differenza c’è?”

“Che arrampicarsi sul tetto è una cosa che sanno fare anche altri: ciò che fai tu è… unico.”

“Invece magari lo sanno fare in tanti e non lo dicono, perché hanno paura.”

“Allora perché lo hai detto?”

“La signora era disperata. Ho pensato che dovevo. Se puoi fare una cosa utile per qualcuno e non la fai, beh… non è bello.”

“Però invece di esserti riconoscenti ti hanno rinchiuso.”

“…”

“Sheun, perché non scappiamo?”

“Non ho fatto nulla di male.”

“È vero. Lo capiranno e ti chiederanno scusa.”

“Però ho paura, Iruvàn… ”

“Ti difenderò io.”

“Dalla paura?”

“Da tutto.”

“Non si può difendere da tutto.”

“Ma non hai fatto nulla di male.”

“È vero.”

“E però hai paura.”

“Sì.”

Sheun era stato condannato a morte pubblicamente, nella piazza del paese.

Solo più tardi, diventando un Persuasore, Iruvàn era venuto a sapere quanto quel gesto fosse stato una violazione di tutte le regole che i Persuasori stessi si erano dati: avevano ammazzato un ragazzino sotto gli occhi dei suoi genitori e dei suoi amici, senza utilizzare un confine; il Persuasore di Cesura gli aveva semplicemente porto un pugnale e gli aveva ordinato di tagliarsi la gola. Davanti a tutti. Lo avevano fatto perché in quell’angolo sperduto di mondo la paura non aveva messo sufficienti radici, il potere era distante, e la Grande Legge una specie di lontana favola.

E Iruvàn quel giorno aveva guardato in faccia tutti e tre: la paura, il potere e la legge, ed aveva giurato di distruggerli.

Aveva creduto di doverlo fare da solo: non aveva chiesto lui a Luxei di aiutarlo, era stato Luxei a tendere la mano per primo, era stato Luxei a chiedere aiuto, e chiedendolo si era assunto una responsabilità.

Come poteva tirarsi indietro e fingere di non aver allungato quella mano?

Non poteva.

Erano reciprocamente incatenati e sarebbero affondati insieme, trascinando a fondo anche coloro che Luxei aveva irresponsabilmente coinvolto.

L’uomo che portava il messaggio, il giovane messaggero.

Non erano vittime di Iruvàn.

 

Meirem bussò alla porta.

Si sentiva a disagio in quel posto, le sembrava troppo grande, troppo ricco: eccessivo. Eppure, emanava un senso di profondo abbandono. Era una di quelle vecchie ville di campagna andate in malora perché nessuno se ne era più preso cura, apparteneva ad un ramo estinto della famiglia del Persuasore che si era presentato come Xeiratog. Si fermò a riflettere su quanto fosse frequente che i Persuasori appartenessero all’alta società: la teoria affermava che per entrare in un’enclave non fosse necessaria nient’altro che la predisposizione ad apprendere l’arte, che si diventava Persuasori perché selezionati da Persuasori, e nel caso di Iruvàn sembrava essere stato effettivamente così… ma questo non le impediva di pensare che i selezionatori stessi concentrassero le loro attenzioni più volentieri tra i palazzi che tra le baracche.

“Puoi entrare, Meirem.”

Iruvàn riusciva sempre a distinguere ciascuno di loro anche solo dal rumore dei passi: le piaceva pensare che si trattasse di una forma di cura e attenzione, ma più probabilmente era stato costretto ad affinare i propri sensi per sopravvivere in un contesto in cui ogni perdita di controllo sul proprio ambiente poteva metterlo in pericolo.

“Ti posso parlare?”

Lo trovò solo, affacciato ad una finestra da cui ormai si vedeva solo il buio della notte. La stanza era ingombra di mobili coperti da teli polverosi e le candele accese, con le loro fiammelle guizzanti, erano l’unico oggetto che sembrava vivo in quel luogo popolato di muffe e fantasmi.

“Non mi devi chiedere il permesso.”

Le sorrise, e per un attimo Meirem trovò i suoi dubbi stupidi ed ingiusti. Però gli occhi di Iruvàn non sorridevano: tutto in lui gridava.

“Voglio andarci io. Voglio accompagnare io Yurlan.”

“Non ci serve. Esporre due persone è già abbastanza.”

“Voglio andarci al posto di Xau.”

“Non puoi. Non hai il suo potere. Come hai ben sentito, un contatto diretto con l’Oltrefrattura potrebbe servirci per ricattare... il traditore.” non pronunciò il nome di Luxei, e la sua fronte si contrasse “Dobbiamo fare le cose con cura, capire chi sa e quanto sa. Loro due sono le persone giuste.”

Meirem ripensò alle parole di Xau e prese coraggio.

“Xau non vuole uccidere nessuno.”

“E tu invece si?”

La guardò dritta negli occhi e lei si sentì rimpicciolire. Sì, pensava, certo che sì, te l’ho detto tante volte che sono disposta a uccidere per la nostra causa, è ovvio che sono disposta, se tu me lo chiedi. Ma le parole non le arrivavano alle labbra.

“Nessuno imporrà a Xau di fare qualcosa che non vuole.”

Ma tu puoi decidere che lo voglia. Il tuo potere lo può fare. Dove sta il confine?

“Meirem…” Iruvàn le si avvicinò e le passò una mano tra i capelli “Tu sei il mio braccio destro, la mia difesa e quella di tanti altri come te. Mi servi qui.” la baciò sulla fronte e sussurrò piano nel suo orecchio “Se un giorno avrò davvero bisogno che tu uccida per me, so che ti troverò pronta. Ma quel giorno non è oggi…”

Dio, perché desiderava solo essere stretta tra le sue braccia? Quell’uomo poteva chiederle ogni cosa, ottenere ogni cosa, e lei in cambio avrebbe voluto solo continuare a rimanergli accanto.

 

  
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