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Autore: maz    19/09/2009    2 recensioni
Poi sentii solo dolore. Mi sentii bruciare. Bruciava tutto. Il mio corpo, i miei organi, la mia mente, il mio cuore. Volevo scappare da quell’incendio ma non riuscivo a muovermi. Quando capii che era troppo tardi per scappare iniziai ad urlare. Pregavo perché la morte arrivasse più in fretta, quel dolore tremendo mi rendeva totalmente inutile. Poi il dolore pian piano scomparve. Il mio cuore palpitava più forte. Stavo morendo lo sentivo. Il mio cuore tacque e riaprii gli occhi. Vidi un angelo. Assomigliava tanto al dottor Carlisle.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Twilight
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~Diari~

2005 ~ Ciao, sono Edward Cullen

 

 

 

Mi ero rintanato in Alaska. Ero scappato da lei, mi ero allontanato dalla mia famiglia, dalla mia quotidianità.

 

Ero seduto in quella distesa ricoperta da neve immacolata.

Il cielo era ricoperto di stelle, ma non riuscivo a rimanerne affascinato.

Tutti i miei pensieri erano rivolti a lei.

Pensavo che allontanandomi tutto sarebbe ritornato al suo posto e che prima o poi avrei trovato un modo per resistere al suo odore.

Guardai di nuovo il cielo e al posto della stelle comparve il suo volto.

I suoi occhi erano talmente profondi da farmi sentire quasi nudo.

Mi scrutavano e sembravano rivolgermi mute domande a cui non sarei mai riuscito a dare risposte.

Domande che non avevano una voce, come i suoi pensieri.

 

L’avvicinarsi di Tanya interruppe i miei pensieri. Si avvicinò a me e mi sorrise.

Era davvero molto bella.

Seguendo i suoi pensieri, mi resi conto che aveva frainteso il motivo della mia improvvisa visita.

Pensava che avessi cambiato idea su di lei.

Pensava che forse ero attratto da lei tanto da spingermi ad abbandonare la mia famiglia per raggiungerla.

La guardai con dispiacere e lei capì di aver frainteso tutto.

 

“Come mai sei venuto fin qui? Ti va di parlarne con me?”chiese.

Rimasi nella mia posizione e la guardai negli occhi.

“Mi dispiace che tu abbia pensato che avessi cambiato idea su di noi.

Sai che non è mia intenzione giocare con i tuoi sentimenti.

E per quanto riguarda ciò che mi affligge preferirei non parlarne.” le dissi abbozzando un sorriso e sperando che non ce l’avesse con me per aver deluso le sue aspettative.

 

Rimase in silenzio ad immaginare cosa potesse causare il mio malumore.

“Tornerai a casa adesso? Tornerai dalla tua famiglia?” mi chiese amareggiata.

“Ancora non lo so.”risposi.

“So già che tornerai, non so cosa ti sta succedendo, ma sono sicura che tornerai ed affronterai tutto questo. So che ne sei capace.” i suoi pensieri mi spiazzarono.

Sapevo che aveva ragione.

Sapevo che sarei tornato, soprattutto avevo deciso di affrontare il mio demone personale.

 

Le diedi un bacio veloce sulla guancia e la ringraziai con lo sguardo.

Lei scappò via pensando al bacio che lei avrebbe voluto fosse diverso. “Nel caso non ci vedessimo, addio Edward.” disse e danzò su quella candida distesa, allontanandosi da me.

 

Mi alzai di scatto e iniziai a correre verso la macchina di Carlisle.

Dovevo tornare a casa, avevo già passato troppo tempo lontano dai miei fratelli.

Non potevo permettere a lei, l’umana con il sangue più dolce che avessi mai incontrato, di costringermi a scappare.

Non ora che avevo ritrovato in me stesso il coraggio di affrontare la paura di mandare all’aria tutto ciò per cui in questi anni avevo lavorato.

 

I miei genitori e i miei fratelli mi accolsero con un gran sorriso e furono felicissimi di avermi di nuovo con loro. Non mi chiesero nulla dei giorni che avevo trascorso in Alaska.

Erano semplicemente sereni anche se percepivo tra i loro pensieri più nascosti una lieve preoccupazione.

 

Il giorno dopo dovevo andare a scuola e sapevo che lì ad aspettarmi c’era lei.

Lei con i suoi grandi occhi color del cioccolato.

Lei che sicuramente aveva notato il mio strano comportamento.

Lei che aveva occupato i miei pensieri anche se a separarci c’erano chilometri.

 

Alice cercava di dirmi che tutto sarebbe andato bene, che le mie decisioni non mi avrebbero portato ad ucciderla e che non avrei fatto niente di cui mi sarei pentito.

Alice lo sapeva bene, lei lo avevo visto.

Il fare protettivo dei miei fratelli quasi mi irritò.

Ero già abbastanza teso per l’ora di biologia che sarei stato prossimo ad affrontare.

 

Allargai i miei sensi più che potevo.

Evitavo solamente di respirare, perché ciò che più mi faceva paura era il suo profumo.

Il suo caldo, dolce, invitante profumo.

 

Setacciai i pensieri di tutta la scuola e mi sorpresi nel comprendere che lei non aveva parlato di me.

Non aveva accennato a nessuno dei suoi nuovi amici del mio strano e bizzarro comportamento.

Possibile che non se ne fosse accorta?

Possibile che non avesse chiesto a nessuno in giro di me?

Poteva essere possibile che non ci aveva fatto caso?

Chiunque avrebbe cercato di condividere quell’esperienza con qualcuno.

Qualsiasi altra ragazza avrebbe voluto nella sua situazione sapere se ero solito avere quel tipo di comportamento.

Invece non era stato così.

Probabilmente non si era resa conto del pericolo che aveva corso, e quasi sperai che fosse così, almeno non avevo destato dei sospetti.

 

Resi i miei fratelli partecipi di ciò che avevo appena scoperto.

Lei non aveva raccontato a nessuno quello spiacevole episodio.

Tutti rimasero stupiti,come me, da questa piccola scoperta.

 

A Forks c’era la neve e tutti i ragazzini erano fuori a giocare.

Alice mi avvisò che Bella sarebbe entrata nella mensa di lì a poco e mi disse che si sarebbe voltata verso di noi.

Tutti assumemmo un’aria divertita.

Quando guardò nella nostra direzione, vide solo un gruppo di adolescenti che ridevano e scherzavano tra loro.

I pensieri di Mike mi costrinsero a voltarmi nella loro direzione, era preoccupato per Bella.

Si chiedeva come mai non avesse appetito e nello stesso istante notai tra le mani di Bella il suo pranzo.

Solo una piccola bottiglia di soda.

Anche Jessica continuava a preoccuparsi per la dieta che Bella stava seguendo.

Le chiese perché non avesse fame e lei rispose che non si sentiva tanto bene.

 

Stavo per distogliere lo sguardo ma nello stesso istante lei si voltò verso di me, e mi persi ad osservare i suoi occhi.

Dalla sua mente non proveniva nulla e frustrato allontanai lo sguardo da lei, continuando la recita con i mie fratelli.

Più volte mi girai a guardarla, ciò che mi attraeva adesso era il non poter penetrare nella sua testa. Nello stesso istante, Jessica mi sorprese mentre la stava guardando.

“Edward Cullen non ti toglie gli occhi di dosso. le disse, catturando la sua attenzione.

Mi concentrai per sapere quale fosse la sua reazione.

Non si voltò come pensavo facesse, si strinse nelle sue piccole spalle e sospirò.

“Non ti sembra arrabbiato con me, vero?” chiese in un sussurro, che invece alle mie orecchie arrivò forte e chiaro.

Jessica era confusa dalla sua risposta e le chiese il perché.

“Probabilmente non gli vado a genio.” disse rassegnata.

“Si, è probabile e comunque a lui non piace nessuno. Ma sta continuando comunque a fissarti.” disse perdendosi in una risata.

“Finiscila, non guardarlo!” le intimò e Jessica fece come Bella le aveva ordinato.

Pensai alle sue risposte e compresi che lei, purtroppo, aveva notato il mio comportamento.

 

La pausa pranzo finì e presi atto che tutto quello che era successo fino a quel momento non era che una piccola parte di quello che mi attendeva. La parte più difficile sarebbe stata nell’aula di biologia. Feci un cenno ai miei fratelli come per rassicurarli che nulla sarebbe andato storto. Ero deciso e nulla mi avrebbe fermato. Alice scrutò il mio futuro e tranquillizzò tutti dicendoci che non sarebbe successo nulla.

Mi alzai e mi incamminai verso l’aula. Presi un respiro profondo e d entrai. Lei era già lì. Seduta nella parte del banco riservata a lei. Mi sedetti accanto a lei e mi allontanai il più possibile. Bella non si voltò verso di me.

 

“Ciao!” le dissi, cercando di non respirare.

Scattò con lo sguardo verso di me ed incatenò i suoi occhi marroni ai miei.

Le sue guance si tinsero di rosso. Il mostro dentro di me registrò solo il tingersi delle sue gote. Non rispose al mio saluto così mi affrettai a parlare di nuovo.

“Sono Edward Cullen e vorrei scusarmi per non essermi presentato l’ultima volta che ci siamo incontrati. Bella Swan, giusto?” dissi tutto d’un fiato.

Lei mi guardò confusa.  

“Come fai a sapere il mio nome?” disse tremante.

“Beh Forks è piccola, tutti sanno come ti chiami.” Le dissi, abbozzando una specie di sorriso.

“Non volevo dire questo. Volevo sapere come mai mi hai chiamata Bella.” Rispose ancora confusa.

“Vuoi che ti chiami Isabella?” chiesi, maledicendomi per non poterle leggere i pensieri.

“No. Preferisco Bella. Solo che mio padre mi ha sempre presentato con il nome di Isabella. Qui a Forks mi chiamano tutti così.” Disse, spiegandomi il senso della sua domanda.

 

Fu in quel momento che mi accorsi che lei era diversa dalle altre.

Lei aveva notato che non l’avevo chiamata con il suo nome per intero, come tutti gli altri prima di me avevano fatto.

Avevo commesso il primo errore, e questo solo perché non riuscivo ad abbattere il muro che aveva nella testa.

 

L’aria nei mie polmoni terminò, ed ebbi paura in quel momento.

Se mi avesse chiesto qualcosa, non avrei potuto rispondere.

Dovevo respirare.

Ero terrorizzato.

Se avessi sentito di nuovo il suo profumo, chi mi assicurava che non le sarei saltato addosso? Nessuno avrebbe potuto fermarmi.

Decisi comunque che dovevo rischiare.

Non potevo rovinare tutto.

Non adesso che potevo fare in modo che lei dimenticasse il nostro primo incontro.

Mi allontanai con la sedia più che potei e inspirai un po’ d’aria.

 

Tutto bruciò.

La gola bruciava come mai aveva fatto.

Nemmeno la prima volta che l’avevo incontrata bruciò così tanto.

Il professor Banner attirò la nostra attenzione, indicandoci i microscopi accanto a noi e si apprestò a spiegarci come doveva essere svolto l’esperimento.

Avvicinai il microscopio accanto a lei.

“Prima le signore.” Le dissi, cercando di prendere aria il più possibile così da permettermi di continuare a parlarle.

Ogni rivolo d’aria che inspiravo era una dolore lancinante ma ero comunque deciso a sopportarlo.

Sorrisi amaramente, cosciente del fatto che l’ora non era ancora terminata.

 

Edward

 

Ciao a tutti!!!! Eccovi il nuovo capitolo.

 

stezietta w: Si è vero che può sembrare un po’ forte, ma per me in quel momento, non è Edward a parlare, ma è il vampiro che non ha ottenuto quello che voleva.

Ecco perché  la odia. Ah, grazie per la tua recensione (che è stata anche l’unica)!!!!!!

 

Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia.

Un bacio a tutti!!!

 

  
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