~Diari~
2005 ~ Ciao, sono Edward Cullen
Mi ero rintanato in Alaska. Ero
scappato da lei, mi ero allontanato dalla mia famiglia, dalla mia quotidianità.
Ero seduto in quella distesa
ricoperta da neve immacolata.
Il cielo era ricoperto di stelle, ma
non riuscivo a rimanerne affascinato.
Tutti i miei pensieri erano rivolti
a lei.
Pensavo che allontanandomi tutto
sarebbe ritornato al suo posto e che prima o poi avrei trovato un modo per
resistere al suo odore.
Guardai di nuovo il cielo e al posto
della stelle comparve il suo volto.
I suoi occhi erano talmente profondi
da farmi sentire quasi nudo.
Mi scrutavano e sembravano
rivolgermi mute domande a cui non sarei mai riuscito a dare risposte.
Domande che non avevano una voce,
come i suoi pensieri.
L’avvicinarsi di Tanya interruppe i
miei pensieri. Si avvicinò a me e mi sorrise.
Era davvero molto bella.
Seguendo i suoi pensieri, mi resi
conto che aveva frainteso il motivo della mia improvvisa visita.
Pensava che avessi cambiato idea su di
lei.
Pensava che forse ero attratto da
lei tanto da spingermi ad abbandonare la mia famiglia per raggiungerla.
La guardai con dispiacere e lei capì
di aver frainteso tutto.
“Come mai sei venuto fin qui? Ti va
di parlarne con me?”chiese.
Rimasi nella mia posizione e la
guardai negli occhi.
“Mi dispiace che tu abbia pensato
che avessi cambiato idea su di noi.
Sai che non è mia intenzione giocare
con i tuoi sentimenti.
E per quanto riguarda ciò che mi
affligge preferirei non parlarne.” le dissi abbozzando un sorriso e sperando
che non ce l’avesse con me per aver deluso le sue aspettative.
Rimase in silenzio ad immaginare
cosa potesse causare il mio malumore.
“Tornerai a casa adesso? Tornerai
dalla tua famiglia?” mi chiese amareggiata.
“Ancora non lo so.”risposi.
“So
già che tornerai, non so cosa ti sta succedendo, ma sono sicura che tornerai ed
affronterai tutto questo. So che ne sei capace.” i suoi pensieri mi spiazzarono.
Sapevo che aveva ragione.
Sapevo che sarei tornato,
soprattutto avevo deciso di affrontare il mio demone personale.
Le diedi un bacio veloce sulla
guancia e la ringraziai con lo sguardo.
Lei scappò via pensando al bacio che
lei avrebbe voluto fosse diverso. “Nel
caso non ci vedessimo, addio Edward.” disse e danzò su quella candida
distesa, allontanandosi da me.
Mi alzai di scatto e iniziai a
correre verso la macchina di Carlisle.
Dovevo tornare a casa, avevo già
passato troppo tempo lontano dai miei fratelli.
Non potevo permettere a lei, l’umana
con il sangue più dolce che avessi mai incontrato, di costringermi a scappare.
Non ora che avevo ritrovato in me
stesso il coraggio di affrontare la paura di mandare all’aria tutto ciò per cui
in questi anni avevo lavorato.
I miei genitori e i miei fratelli mi
accolsero con un gran sorriso e furono felicissimi di avermi di nuovo con loro.
Non mi chiesero nulla dei giorni che avevo trascorso in Alaska.
Erano semplicemente sereni anche se
percepivo tra i loro pensieri più nascosti una lieve preoccupazione.
Il giorno dopo dovevo andare a
scuola e sapevo che lì ad aspettarmi c’era lei.
Lei con i suoi grandi occhi color
del cioccolato.
Lei che sicuramente aveva notato il
mio strano comportamento.
Lei che aveva occupato i miei
pensieri anche se a separarci c’erano chilometri.
Alice cercava di dirmi che tutto sarebbe
andato bene, che le mie decisioni non mi avrebbero portato ad ucciderla e che
non avrei fatto niente di cui mi sarei pentito.
Alice lo sapeva bene, lei lo avevo
visto.
Il fare protettivo dei miei fratelli
quasi mi irritò.
Ero già abbastanza teso per l’ora di
biologia che sarei stato prossimo ad affrontare.
Allargai i miei sensi più che
potevo.
Evitavo solamente di respirare,
perché ciò che più mi faceva paura era il suo profumo.
Il suo caldo, dolce, invitante
profumo.
Setacciai i pensieri di tutta la
scuola e mi sorpresi nel comprendere che lei non aveva parlato di me.
Non aveva accennato a nessuno dei
suoi nuovi amici del mio strano e bizzarro comportamento.
Possibile che non se ne fosse
accorta?
Possibile che non avesse chiesto a
nessuno in giro di me?
Poteva essere possibile che non ci
aveva fatto caso?
Chiunque avrebbe cercato di
condividere quell’esperienza con qualcuno.
Qualsiasi altra ragazza avrebbe
voluto nella sua situazione sapere se ero solito avere quel tipo di
comportamento.
Invece non era stato così.
Probabilmente non si era resa conto
del pericolo che aveva corso, e quasi sperai che fosse così, almeno non avevo
destato dei sospetti.
Resi i miei fratelli partecipi di
ciò che avevo appena scoperto.
Lei non aveva raccontato a nessuno
quello spiacevole episodio.
Tutti rimasero stupiti,come me, da
questa piccola scoperta.
A Forks c’era la neve e tutti i
ragazzini erano fuori a giocare.
Alice mi avvisò che Bella sarebbe
entrata nella mensa di lì a poco e mi disse che si sarebbe voltata verso di
noi.
Tutti assumemmo un’aria divertita.
Quando guardò nella nostra
direzione, vide solo un gruppo di adolescenti che ridevano e scherzavano tra
loro.
I pensieri di Mike mi costrinsero a
voltarmi nella loro direzione, era preoccupato per Bella.
Si chiedeva come mai non avesse
appetito e nello stesso istante notai tra le mani di Bella il suo pranzo.
Solo una piccola bottiglia di soda.
Anche Jessica continuava a
preoccuparsi per la dieta che Bella stava seguendo.
Le chiese perché non avesse fame e
lei rispose che non si sentiva tanto bene.
Stavo per distogliere lo sguardo ma
nello stesso istante lei si voltò verso di me, e mi persi ad osservare i suoi
occhi.
Dalla sua mente non proveniva nulla
e frustrato allontanai lo sguardo da lei, continuando la recita con i mie
fratelli.
Più volte mi girai a guardarla, ciò
che mi attraeva adesso era il non poter penetrare nella sua testa. Nello stesso
istante, Jessica mi sorprese mentre la stava guardando.
“Edward Cullen non ti toglie gli
occhi di dosso.” le disse, catturando
la sua attenzione.
Mi concentrai per sapere quale fosse
la sua reazione.
Non si voltò come pensavo facesse,
si strinse nelle sue piccole spalle e sospirò.
“Non ti sembra arrabbiato con me,
vero?” chiese in un sussurro, che invece alle mie orecchie arrivò forte e
chiaro.
Jessica era confusa dalla sua
risposta e le chiese il perché.
“Probabilmente non gli vado a
genio.” disse rassegnata.
“Si, è probabile e comunque a lui
non piace nessuno. Ma sta continuando comunque a fissarti.” disse perdendosi in
una risata.
“Finiscila, non guardarlo!” le
intimò e Jessica fece come Bella le aveva ordinato.
Pensai alle sue risposte e compresi
che lei, purtroppo, aveva notato il mio comportamento.
La pausa pranzo finì e presi atto
che tutto quello che era successo fino a quel momento non era che una piccola
parte di quello che mi attendeva. La parte più difficile sarebbe stata
nell’aula di biologia. Feci un cenno ai miei fratelli come per rassicurarli che
nulla sarebbe andato storto. Ero deciso e nulla mi avrebbe fermato. Alice
scrutò il mio futuro e tranquillizzò tutti dicendoci che non sarebbe successo
nulla.
Mi alzai e mi incamminai verso
l’aula. Presi un respiro profondo e d entrai. Lei era già lì. Seduta nella
parte del banco riservata a lei. Mi sedetti accanto a lei e mi allontanai il
più possibile. Bella non si voltò verso di me.
“Ciao!” le dissi, cercando di non
respirare.
Scattò con lo sguardo verso di me ed
incatenò i suoi occhi marroni ai miei.
Le sue guance si tinsero di rosso.
Il mostro dentro di me registrò solo il tingersi delle sue gote. Non rispose al
mio saluto così mi affrettai a parlare di nuovo.
“Sono Edward Cullen e vorrei
scusarmi per non essermi presentato l’ultima volta che ci siamo incontrati.
Bella Swan, giusto?” dissi tutto d’un fiato.
Lei mi guardò confusa.
“Come fai a sapere il mio nome?”
disse tremante.
“Beh Forks è piccola, tutti sanno
come ti chiami.” Le dissi, abbozzando una specie di sorriso.
“Non volevo dire questo. Volevo
sapere come mai mi hai chiamata Bella.” Rispose ancora confusa.
“Vuoi che ti chiami Isabella?”
chiesi, maledicendomi per non poterle leggere i pensieri.
“No. Preferisco Bella. Solo che mio
padre mi ha sempre presentato con il nome di Isabella. Qui a Forks mi chiamano
tutti così.” Disse, spiegandomi il senso della sua domanda.
Fu in quel momento che mi accorsi
che lei era diversa dalle altre.
Lei aveva notato che non l’avevo
chiamata con il suo nome per intero, come tutti gli altri prima di me avevano
fatto.
Avevo commesso il primo errore, e
questo solo perché non riuscivo ad abbattere il muro che aveva nella testa.
L’aria nei mie polmoni terminò, ed
ebbi paura in quel momento.
Se mi avesse chiesto qualcosa, non
avrei potuto rispondere.
Dovevo respirare.
Ero terrorizzato.
Se avessi sentito di nuovo il suo
profumo, chi mi assicurava che non le sarei saltato addosso? Nessuno avrebbe
potuto fermarmi.
Decisi comunque che dovevo
rischiare.
Non potevo rovinare tutto.
Non adesso che potevo fare in modo
che lei dimenticasse il nostro primo incontro.
Mi allontanai con la sedia più che
potei e inspirai un po’ d’aria.
Tutto bruciò.
La gola bruciava come mai aveva
fatto.
Nemmeno la prima volta che l’avevo
incontrata bruciò così tanto.
Il professor Banner attirò la nostra
attenzione, indicandoci i microscopi accanto a noi e si apprestò a spiegarci
come doveva essere svolto l’esperimento.
Avvicinai il microscopio accanto a
lei.
“Prima le signore.” Le dissi,
cercando di prendere aria il più possibile così da permettermi di continuare a
parlarle.
Ogni rivolo d’aria che inspiravo era
una dolore lancinante ma ero comunque deciso a sopportarlo.
Sorrisi amaramente, cosciente del
fatto che l’ora non era ancora terminata.
Edward
Ciao a tutti!!!! Eccovi il nuovo capitolo.
@ stezietta w: Si è vero che può sembrare un po’ forte, ma per me in quel momento, non è
Edward a parlare, ma è il vampiro che non ha ottenuto quello che voleva.
Ecco perché la odia. Ah, grazie per la tua
recensione (che è stata anche l’unica)!!!!!!
Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia.
Un bacio a tutti!!!