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Autore: Ariadirose    23/04/2024    2 recensioni
È che con te mi sento al sicuro. Sei la mia famiglia. E da molto prima di oggi che sono tua moglie.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Desiderio

 

 

“Allora, dove mi porti”, chiese Oscar al marito mentre uscivano di casa.

“Di certo non a cavallo… dato che indossi questo bel vestito”, le si rivolse André apprezzando la scelta del suo abbigliamento. “Che ne dici se facessimo una passeggiata lungo il sentiero, e raggiungessimo il boschetto di proprietà della tenuta, prima dei campi”.

“Magnifico”, commentò prendendo la sua mano, come affidandosi a lui.

André aveva proposto a sua moglie di concedersi un po’ di tempo da soli, un piccolo lusso da dedicare l’una all’altro, in un sabato pomeriggio che, sul finire di agosto, sembrava consentire un po’ di tregua alla canicola estiva. Non era semplice distogliere Oscar dai suoi compiti di madre; ma Giselle, la fidanzata di Alain, che si era rapidamente affezionata al piccolo, si era resa disponibile per far giocare il bambino in assenza dei genitori, tra il trastullo di sonaglietti e le boccacce delle zio capo.

Camminare vicini, quasi in silenzio, era per loro emozionante e abituale al contempo, mentre procedevano tenendosi per mano. Non con una presa serrata: era leggera, piuttosto, sebbene trattenuta da un contatto magnetico, ridotta a due, tre dita legate da un nodo che mai si sarebbe disciolto. Così impalpabile, perché ad Oscar tanto poco bastava per consegnarsi ad André, nel farsi portare e lasciar aprire la strada, lungo la quale lui accertava i punti più opportuni su cui poggiare fermamente il passo.

Raggiunsero abbastanza rapidi il gruppo di alberi e arbusti del faggeto.

Dalle fronde, il cielo volgeva alla sera, tingendo quell’atmosfera intima di un giusto romanticismo, ameno da ogni ricercatezza; ed era proprio così che lei sentiva l’unione con suo marito. Poesia, solidità, sicurezza, combinate senza necessari orpelli trovavano rispondenza nell’autenticità della natura. Natura che era stata la loro prima casa, nell’iniziale notte trascorsa nel bosco, poco più di un anno prima; divenuta anche in seguito scenario del loro amore, nelle coinvolgenti fughe all’alba, i sommessi dialoghi in giardino, le lunghe cavalcate tra le colline, condividendo talvolta lo stesso destriero.

Di poco arretrata rispetto al suo uomo, Oscar ne osservava il profilo con trepidante desiderio. Il suo animo, come compresso, le rimbalzava dalla morsa dello stomaco al languore della bocca, nel pregustare il fermento intraducibile che da un momento all’altro lui avrebbe potuto farla sua. Si fece cogliere sovrappensiero, quando il suo piede spezzò un legnetto producendo un rumore frusciante sul fogliame del sottobosco.

Fu allora che André la sorprese, trasformando la presa della mano in una mossa forte e sicura con la quale tirò la sua donna, trattenendola a sé. Nessuna esitazione. Nessuna parola. Erano gli occhi ad allacciare emozioni, il petto ansimante, i capelli disciolti di lei, ferma tra le sue braccia.

“Non ti dico mai abbastanza quanto sei bello”, pronunciava poi Oscar, null’affatto smarrita dinnanzi allo sguardo di lui. Che, pago del commento di sua moglie, aveva già intenzione di palesare più espliciti proponimenti di seduzione. Mentre la teneva stretta nel gesto che mai avrebbe lasciato allentare, cominciava meticolosamente a slacciare i bottoncini minuti sull’abito, nella fila che le correva lungo tutta la schiena:

“E così, Oscar, preferisci indossare vesti femminili affinché si capisca quando intendi danzare. Allora: saresti voluta venire qui per questo, con me nel bosco, stasera?”.

“Se vuoi, puoi pensare ciò che desidero adesso come una danza, poiché sai che io intendo ballare soltanto con te”.

“Ci vuole una certa premura per rimuovere questa barriera, ma lo sai che un simile equipaggiamento non potrà certo nuocere al mio desiderio. Ad ogni modo, credo che la strategia che hai deciso di adottare per incantarmi, indossando quest’abito, presenti anche le sue facilitazioni, e sono sicuro che una mente come la tua avrà già provveduto a tenerne conto…”.

“Che cosa vuoi dire”.

“Lo sai, cosa voglio dire”.

Si scambiarono un brivido. Nel gusto ininterrotto dei baci, caldi di respiri, intensi di ardore, nelle carezze degli occhi sulla pelle e sul cuore; mentre lui cominciava a sollevarle la gonna, dando prova di mettere in pratica quelle facilitazioni, sfiorandola tutta, conducendola all’interno della propria fantasia. Oppure fu la moglie a portarlo nella sua, di lì a poco a terra, con André completamente dentro l’animo e il corpo di lei.

Desiderava abdicare, Oscar, nell’estasi riscossa dai sensi in favore del marito imperante; tutt’altro che per asservimento o schiavitù, manifestando l’urgenza di arrendersi come sogno di sollevamento, finalmente, devota al piacere di colui in grado di corrisponderle, assaporando la scelta di farsi condurre, comandare quasi fosse invece un privilegio. Lui coglieva perfettamente questa sua esigenza, ed era eccitato di quell’onore, nella posizione di trasportare, dirigere, incanalare l’impeto travolgente della sua donna; sensuale, inaccessibile a tutti, ma non irraggiungibile per lui; che benché stregato dalla capacità di dominarla, dal godimento non era convertito in un tiranno, bensì nel più premuroso degli amanti.

“Spesso mi dici quanto sei al riparo tra le mie braccia”, le sussurrava André con la voce strozzata dal respiro e dal galoppo del suo cuore. “Ma tu non sai quanto mi sento io al sicuro dentro di te”.

“Lo sento. Amami André. Non temere nulla”, gli rispondeva, avendo intuito quale titubanza si era insinuata in lui.

“Oscar...”.

“Se succedesse ancora, ne sarei felice”, si consegnava guarnita solo di quella dolcezza sovente a lui riservata. “Mi piacerebbe lo volessi anche tu”.

“Eccome… io… eccome se lo vorrei, se è per questo”, godeva in preda alla gioia, all’ispirazione, all’entusiasmo della passione. “Mi piacerebbe donarti un esercito… un esercito di figli, tutti nostri”, le confidava nell’incitare di voluttuosa inventiva, tutte le possibili unioni con lei.

Oscar rideva della spontaneità di quel progetto istintivo, tanto significativo e fruttuoso.

Smisero poi di parlare, reciprocamente esauditi in quella giunzione sublime, di accarezzamenti squisiti, visioni di splendore e mirabili voglie. A lungo felici di consacrarsi al piacere.

Anche dopo. Abbandonati in quel contatto che continuava ad essere incanto d’amore.

“È vero, che mi piacerebbe”, ammetteva dopo esser rimasti a lungo in silenzio, riferendosi al vagheggiamento esternato nell’amplesso: “ma è vero anche che provo del timore”.

Trastullandosi coi capelli di sua moglie, proseguì poi con la mano a disegnarle il solco lungo la schiena, sotto il vestito aperto, rimasto discinto: “La verità è che mi è parso egoista non considerare, ora che il tuo corpo ha ripreso la sua regola, ciò che costituirebbe per te l’attesa di un altro figlio. François è ancora piccolo. E poi ho potuto vedere quanto portarlo in grembo ti abbia vincolato”.

“Il vincolo più bello della mia vita”, gli disse con occhi splendenti.

“Che cosa sei, Oscar”, si sentiva elevato dalla misura della sua donna. “Vedi, voglio dire, per me è bellissimo: ma anche meno impegnativo. Ma tu sei così dinamica… E ti ho visto tanto soffrire quando…”.

“So quello che significa”, gli mormorava.

“La natura femminile, in un modo o nell’altro, ti porta a vivere nel sacrificio”.

“Sacrificio? Tutto passa in secondo piano, rispetto a quello che mi riguarda con te. Credimi, André”.

Adagiando il capo di lei sulla sua spalla, riprendeva poi a parlarle piano, dopo aver atteso un poco: “Ripensavo a quando dicesti di fronte a tutti i miei compagni, la mattina in cui disertammo, che seguirmi sarebbe stata in definitiva per te una scelta facile… Non sai come mi spalancasti l’animo, nell’esprimere un convincimento così elevato con tanta semplicità. Perché tu ammettevi per me di lasciare tutto. Altro che facile”.

“No. Trovavo tutto. Tutto quello che dà valore alla mia vita. Come potrebbero essere un vincolo, per me, le conseguenze dell’amore che mi offri. Come potrebbe non costituire il favore più grande che mi consenti, generare la vita per mezzo tuo: l’uomo più nobile che io conosca”, riconosceva mentre lo guardava colma di gratitudine, per tutto ciò che le aveva donato. “… Ma tu stai tremando, André”.

“Forse sì”, ammirandola, soggiogato dalle affermazioni di lei. Lo sguardo di André dichiarava tutto ciò che pensava della sua amata. Quanto la ritenesse una madre splendida, quanto fosse avvinto dal suo bisogno di donarsi, e apprendesse dalla dote inedita di lei, l’ambizione di plasmare di nuovo la vita. Sentiva quanto fosse valsa la pena spendere tutto se stesso per poter arrivare a stringere una donna così. Per arrivare a poter fare l’amore con lei.

“Anche tu tremi: hai freddo?”, le chiese, cercando di coprirla, avvolgendo le sue braccia nude ricoperte da pelle d’oca.

“No”.

“Allora vacilli per la mia stessa ragione”.

“Ti amo così tanto, André”, s’immerse con il viso nel collo di lui, facendosi stringere. André prese il mento di Oscar tra le dita solo per la voglia di guardarla ancora. Come a venerarsi, tra i palpiti dell’infinita bellezza assaporata.

“Vieni: fatti rivestire”, fece lui con delicato sorriso. “Potresti avere freddo davvero, ora che è andato via il giorno”.

L’aiutò a ricomporsi facendole salire le spalline, e stringendo sul dorso le stringhe slacciate del busto, prima di riprendere ad agganciare tutti i bottoncini dell’abito. “Posso gustarmi il piacere di te anche a ritroso, sai? Le grazie che le mie mani scoprono, sono anche quelle che ti sigillano, avendone riguardo, dentro il mio cuore. Finché non intendi mostrarti ancora”.

“Lasciarmi guardare è un privilegio. L’avevo desiderato, sai”.

“Che cosa”, chiese chiudendo l’ultima asola, mentre lei sollevava i capelli.

“Mettere la gonna… insomma, lo avevi capito”.

“Un desiderio che ha incontrato il mio: quando ti ho visto preparata così per uscire, non ho pensato ad altro che a spogliarti. Ma più che questo, più che svestirti, è a farmi impazzire quello che intendi farmi avere tu. Ciò cui ho sempre attinto, che mi sono preso di ogni cosa tu mi abbia mai concesso. Perché in vita mia io non avrei mai saputo rinunciare a te”.

Oscar non pensava di aver ammesso poi tanto di sé, e l’idea che André l’avesse razziato, avesse preso da lei ciò che arrendeva, nei suoi impercettibili istanti di nudità, le piaceva invero da morire. Anche prima, quando lui già sapeva che lasciarsi scoprire, sollevando il vestito, sarebbe stato il desiderio di lei.

“Dobbiamo andare, o tra non molto François comincerà ad avere fame: è tanto che siamo via”, disse convenendo che si era fatta l’ora di rientrare; con l’aria ancora intrigata, tuttavia, da quella complicità. Ecco che tornava ad affidarsi al suo uomo, sulla via del ritorno, attraverso un paio di dita, mezzo passo indietro a lui.

“Hai un ramoscello tra i capelli, André”.

“Uhm?” fece lui voltandosi.

“Sai Alain quanto ti avrebbe tormentato, se ti fossi ritirato a casa con le prove della nostra imboscata?”, gli tolse un piccolo fuscello mimetizzato tra le ciocche scure.

“Adesso ha altro cui pensare”.

“Tu mi hai donato molto di più in questi anni di qualunque cosa io ti abbia concesso ”, riprese lei a parlare facendo presto a tornare seria, sulle riflessioni di poco prima. “E non lo sapevo. Me ne sono impadronita, senza rendermi conto nemmeno di farlo. Ne sono certa, però, nemmeno io avrei mai saputo rinunciare a te”.

“Mi hai chiamato per dirmelo, vero? Quale ramoscello...”.

Si stese con le mani sul petto di André, per avvicinarne le labbra che presto tornavano a fondersi ingegnose. Non intendeva aggiungere altro: rinserrarsi piuttosto dentro al suo uomo e capitolare arrendevole alla sua volontà. Immersa nell’esaltazione di quell’amore, consegnata al dominio delle sue braccia; custodi adoranti degli infiniti sussulti.

   
 
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