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Autore: vegeta4e    23/04/2024    0 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XXVI

Quando lui e Stella entrarono nell’azienda dove lavorava Rachel Hill erano le 3:11 PM. Mostrando il distintivo non trovarono intoppi nel raggiungere l’ufficio del Signor Maximilian White, alla bellezza del trentaduesimo piano e una vista invidiabile su New York. Una volta arrivati davanti la porta, Mac bussò due volte.
- Avanti. - La risposta dell’uomo arrivò dopo pochi secondi, e i due detective entrarono per poi richiudere la porta.
- Con chi ho il piacere di parlare? - Domandò White, palesemente stranito di avere visite non avendo appuntamenti segnati in agenda. Mac sfilò prontamente il distintivo dalla cintura.
- Detective Taylor e detective Bonasera, siamo qui per farle qualche domanda su Rachel Hill. - Spiegò brevemente.
- Oh, sì, nessun problema. - Disse mettendosi più comodo sulla poltrona dietro la scrivania. - Cosa volete sapere? -
- Solo se potesse avere problemi con qualcuno. - Continuò Mac.
L’uomo scosse la testa con aria pensierosa. - Non che io sappia, perché? Le è successo qualcosa? -
- È morta. - Rispose prontamente Stella. L’uomo sbiancò dopo aver sgranato gli occhi.
- State scherzando? -
Mac infilò una mano nella tasca interna della giacca, tirando fuori la foto del viso della donna sdraiata sul letto dell’obitorio.
- Le sembra che stia scherzando? - Continuò il detective.
Il Signor White si sporse sulla scrivania per avvicinarsi alla foto. La guardò incredulo, non capendo come fosse possibile che in poche ore la vita si fosse ribaltata in quel modo. Approfittando del fatto che lui si fosse appoggiato al mobile, Mac osservò le mani dell’uomo: erano curate, senza ferite e alla sinistra notò la fede.
- Mio Dio… - Riuscì solamente a dire. - Com’è successo? -
Taylor posò la fotografia nella giacca. - È quello che stiamo cercando di capire. Quando l’ha vista l’ultima volta? -
Maximilian si passò una mano sul volto. - Ieri, qua in ufficio. -
- Le è sembrata tranquilla? - Domandò Stella cercando di capire le emozioni dell’uomo.
- Sì… Insomma, sì. Era tutto come al solito, abbiamo lavorato, me l’avrebbe detto se avesse avuto qualche problema. -
Mac alzò un sopracciglio. - C’era così tanta confidenza tra di voi? - Insinuò. Il Signor White fece una pausa capendo perfettamente dove volesse andare a parare il detective, indispettendo quindi lo sguardo.
- Eravamo colleghi e basta, se è quello che vuole sapere. Lei non ha amici sul lavoro? Non si confida con nessuno? - Lui e Stella si scambiarono un’occhiata. Taylor sapeva benissimo che tra i due poteva esserci una semplice amicizia, ma insinuare e provocare era una strategia del suo lavoro, e non se ne sarebbe di certo privato.
- La mia era solo una domanda, Signor White. Se sente così tanto la necessità di sottolineare che non ci fosse altro, forse ho centrato il punto. - Continuò Mac.
- Senta! Non è così! - Iniziò ad agitarsi l’altro. - Ho capito quello che sta cercando di fare, con i vostri giri di parole sperate di farmi dire qualcosa in modo da rigirare la frittata a vostro favore. Ve lo ripeto: eravamo colleghi. -
- D’accordo. - Lo assecondò Taylor. - Allora le chiedo solamente la cortesia di fornirci un campione di DNA in modo da poterla escludere dalla lista dei sospettati. -
White sorrise indispettito. - Avete un mandato? -
- Non ancora, ma sarà questione di un paio d’ore. Se non ha nulla da nascondere non vedo perché rifiutare. - Nel dirlo, Mac si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che potesse avere sopra il DNA dell’uomo. Non trovò niente, nessun bicchiere, bottiglia o mozzicone di sigaretta. L’ufficio era pulito e ordinato e decise di non insistere oltre dopo l’ennesimo rifiuto dell’uomo.
Usciti dalla stanza Stella chiuse la porta, sospirando per la piega che stava prendendo il caso.
- A quanto pare abbiamo trovato la nostra Maserati. - Disse Mac con un sorriso accennato mentre accendeva il motore dell’auto.
Stella sbuffò divertita. Quei riferimenti erano decisamente di basso livello, ma non riusciva a ignorarli. Soprattutto se a fare battute era uno come Taylor.
- E a quanto pare è pure sposato. Se aveva una relazione con lei, potrebbe aver avuto un movente. -
Il detective annuì girando il volante. - Questo spiega anche perché non ha voluto fornire un campione di DNA. -

Passò poco più di un’ora quando i detective Taylor e Bonasera tornarono nell’ufficio di Maximilian White, ma quella volta il mandato era piegato in quattro parti nella tasca interna della giacca di Mac. Raggiunta nuovamente la porta dell’ufficio dell’uomo, il detective bussò ancora, annunciandosi come Polizia di New York prima di girare il pomello ed entrare. L’ufficio li accolse con un silenzio irreale, la poltrona alla scrivania vuota e tutto al proprio posto, esattamente come i due agenti ricordavano quando se n’erano andati non molto tempo prima.
Mac e Stella si lanciarono un’occhiata e, istintivamente, lui portò la mano sulla fondina.
- Signor White? - Taylor lo chiamò ancora una volta. Gli sembrava strano non trovarlo in ufficio, ma pensò che tutto sommato potesse essere uscito con un cliente.
Tolse quindi la mano dalla pistola dopo aver dato un’ultima occhiata alla stanza. Il tappeto, al centro dell’ufficio, era esattamente nella stessa posizione di prima, quindi Mac escluse che ci fosse stata una lotta in loro assenza.
E fu proprio in quel momento, mentre il detective osservava il tappeto e Stella dei documenti ordinatamente posati su degli scaffali, che Maximilian uscì da sotto la scrivania stringendo nella mano destra una pistola di piccolo calibro, puntandola verso Taylor.
Mac fece appena in tempo a vederlo con la coda dell’occhio, l’istinto di poliziotto gli fece muovere la mano destra per afferrare l’arma alla cintura in un moto automatico, ma White fu più veloce.
L’uomo esplose un colpo mentre la mano del detective si posò sulla pistola, facendolo cadere all’indietro sul tappeto che stava osservando qualche secondo prima. Stella si girò fulminea, estraendo l’arma e sparando al braccio dell’uomo che, intanto, si stava puntando la pistola alla tempia.
White urlò dal dolore mentre Mac era a terra, supino, la mano destra prontamente sulla ferita all’altezza della clavicola sinistra.
- Mac! - Stella non ci pensò due volte a correre da lui, abbassandosi accanto all’amico per capire se stesse bene.
Il viso di Taylor era contratto in una smorfia di dolore, un po’ per il proiettile che l’aveva appena colpito, un po’ per la pressione che stava esercitando sulla ferita per limitare la fuoriuscita del sangue.
- Sto bene, non ti preoccupare. - Le disse capendo che fosse spaventata.
- Chiamo il 911. - Con estremo sangue freddo Stella prese il telefono dalla tasca dei pantaloni, chiamando il numero a cui era abituata a rispondere. - Pronto, sono il detective Bonasera. C’è un agente a terra e un civile ferito, serve un’ambulanza alla sede della Thebesthomerent, tra la 10ma e la 2nda. Grazie. - Chiusa la rapida telefonata, Stella corse a vedere le condizioni di White. L’uomo gemeva di dolore, mentre dal braccio destro usciva poco sangue. Raccolse la pistola dell’uomo dopo aver infilato un guanto, poi per assicurarsi di non farlo morire dissanguato, Bonasera tolse la cravatta a Maximilian, usandola poi per bendargli il foro d’entrata del proiettile. Strinse forte causando all’uomo un urlo di dolore, poi tornò da Mac, ancora sdraiato, la gamba sinistra stesa a terra, quella destra sollevata, con il ginocchio leggermente piegato. La mano destra era sporca di sangue, così come la camicia e la giacca.
- Resisti, stanno arrivando i medici. - Gli disse lei preoccupata.
Taylor aprì gli occhi per guardarla. - Fa parecchio male, quindi è un buon segno. Stai tranquilla. - Disse con voce dolorante.
Lei annuì poco convinta, lanciando un’occhiata alla porta nella speranza di vedere entrare i soccorsi.

Un’ora dopo Mac era seduto sul letto d’ospedale. La camicia e la giacca erano da buttare, e a coprirgli il petto c’era solo la fasciatura che gli bendava la clavicola sinistra e parte del pettorale destro. Era stato ricucito senza troppi problemi, i medici lo avevano rassicurato sul fatto che il proiettile non avesse causato danni. L’unica cosa che consigliavano era il riposo, ma quello Taylor non l’avrebbe mai preso in considerazione.
La porta si spalancò poco dopo, e quando Mac alzò gli occhi si ritrovò davanti Flack.
- Come stai? - Gli occhi azzurri di Don erano sbarrati, probabilmente terrorizzati di rivivere l’episodio di Jessica.
- Bene. Quel tizio non ha una buona mira. - Provò a ironizzare. - Come sta White? Voglio che lo imbottiscano di antidolorifici, non scamperà l’interrogatorio con il sottoscritto. -
- Sta bene. - Entrò anche Stella. - Ho prelevato un campione del suo sangue e l’ho portato in laboratorio. Tu come stai? - Chiese apprensiva accostando la porta.
- Sto bene. - Tentò di ruotare la spalla sinistra con cautela, ma i punti tiravano e un bruciore atroce gli attraversò il petto. Non trattenne una smorfia di dolore.
- Non sforzarti, Mac… - Continuò lei.
- Figlio di puttana. - Sibilò Taylor con la mano destra sulla ferita. - Ha fatto finta di uscire e mi ha sparato quando non guardavo nella sua direzione. -
La porta si aprì nuovamente di colpo e Peyton, forse ancora più pallida di come Mac l’aveva lasciata, fece il suo ingresso nella stanza d’ospedale.
- Mac! - 
Lui alzò lo sguardo su di lei. - Ti avevo detto di rimanere a casa. Chi ti ha avvisata? -
- Io. - Ammise Stella senza timore. Sapeva di aver fatto la cosa giusta.
- Sul serio pensavi che me ne sarei rimasta tranquillamente a casa dopo aver saputo che ti avevano sparato? -
Il detective annuì. - Certo. Io sto bene, i dottori hanno tolto il proiettile e non ho perso neanche tanto sangue. Ho subito tamponato la ferita. -
Peyton si lasciò cadere stancamente sulla sedia più vicina. L’effetto dell’adrenalina era svanito di colpo non appena si era accertata che lui stesse bene.
Mac continuava a fissarla, preoccupato più per lei che per se stesso.
- Hai capito cos’hai? -
- Sì. - Annuì piano facendo vagare lo sguardo per la stanza, assicurandosi di non posarlo mai sul viso del detective. Stella capì subito il disagio di lei, intuendo che probabilmente avessero bisogno di qualche minuto per parlare.
- Ho capito, vi lasciamo da soli. Vieni, Flack! - Senza dare modo a Don di capire cosa stesse succedendo, Bonasera gli afferrò la camicia all’altezza del petto, tirandolo fuori senza tanti complimenti.
- Ehi! Ma che modi! - Si lamentò inciampando. Mac sorrise mentre la porta della camera veniva richiusa, poi tornò a guardare Peyton, vedendola deglutire.
- Spero non sia nulla di grave. - Disse tornando a riferirsi alla causa del suo capogiro.
Lei sorrise. - No. No, non è niente di grave. - Si decise ad alzare lo sguardo, puntando gli occhi azzurri in quelli di lui, che la fissava dall’alto del letto. - Sono incinta. - Disse tutto d’un fiato.
Trattenne il respiro mentre lo guardava. Mac divenne una statua, pietrificato di fronte a quella notizia così bella e così inaspettata da spegnergli ogni genere di ragionamento logico. L’unica cosa che riuscì a fare fu sgranare gli occhi e battere un paio di volte le palpebre, incredulo, aspettando che lei gli dicesse “sto scherzando!”. Ma Peyton era serissima, e il silenzio di Taylor le stava facendo interpretare quella reazione come un pessimo segnale.
- Tu… Sei… Tu sei… Sei… Da quando? - Non riuscì a parlare senza balbettare, ancora non totalmente lucido.
- … Cinque settimane secondo il test. -
Con un colpo di reni Mac scese dal letto, raggiungendola con due passi. - Sul serio? - La guardò negli occhi senza mai interrompere il contatto visivo. Lei sbarrò i suoi, annuendo mentre Mac le accarezzava una guancia, non riuscendo a trovare le parole giuste per descrivere ciò che provava.
- Dovresti tornare a letto. - Disse Peyton lasciandogli un bacio sulla mano, realizzando solo in quel momento che lui fosse sceso.
- Avrei dovuto capirlo dai sintomi… -
- In realtà all’inizio non l’ho capito neanche io. - Ammise lei. - Ero troppo presa dal caso. Quando sono tornata a casa Lindsay mi ha telefonato e, quando mi ha chiesto cosa avessi, le ho descritto i sintomi. Mi ha consigliato lei di fare il test. -
Mac annuì. - Dopotutto lei ci è già passata. - La guardò ancora una volta, non resistendo nel darle un bacio sulla fronte. - Stai meglio ora? -
- Sì, ma non è un malessere costante. Va e viene. E poi dovresti preoccuparti per te, vai a sdraiarti. -
Il detective sbuffò. - Non starò mai in quel letto, esattamente come tu non starai mai a casa anche se te l’ho ordinato. -

- Ma qui devi! - Continuò lei. - Anche perché i medici ti obbligheranno a farlo. -
Il detective scosse la testa. - Firmerò per uscire. Ho un assassino da trovare e un tizio che non sa sparare da interrogare. -
- No, innanzitutto perché hai perso sangue. Ti ricordo che ti hanno sparato! Dovranno monitorare le tue condizioni. E poi anche lui è ricoverato qui, dubito che possa andare da qualche parte. Ci vorrà del tempo prima che esca. - Tentò di farlo ragionare, ma Mac non sarebbe rimasto fermo a letto neanche se l’avessero legato.
Taylor sospirò. - Stella gli ha sparato al braccio, penso che l’abbia preso di striscio. Starà bene in poco tempo. -
- Secondo te cosa stanno dicendo? - Domandò improvvisamente Flack, le braccia conserte e gli occhi fissi sul labiale di Mac e Peyton nella speranza di interpretare i discorsi attraverso il vetro. Stella si girò verso Don non riuscendo a capacitarsi di quanto fosse pettegolo.
- Non lo so. Diavolo, tu e Danny siete proprio due comari. -
- Ero solo curioso, dannazione. - Provò a giustificarsi, ma Bonasera non fece in tempo a rispondere perché Messer le fece squillare il cellulare.
- Bonasera. -
- Stella! - Il tono di Danny era palesemente preoccupato, la notizia era arrivata in fretta in laboratorio. - Come sta Mac? Ho saputo che gli hanno sparato. -
- Sta bene, la pallottola non ha creato nessun danno per fortuna e l’operazione è andata liscia come l’olio. - Lo tranquillizzò lei.
- Ottimo. - Lo sentì sospirare di sollievo. - Sicuramente starà scalpitando per uscire. -
Stella rise. - Lo conosci fin troppo bene anche tu. Hai novità sul DNA? - Cambiò discorso.
- Certo. E indovina? Boom. Il DNA del feto ha 12 loci in comune con quello di White. -
- Che bastardo. Ecco perché ha reagito così. Ti ringrazio Danny, ti raggiungeremo tra poco. Dubito che riusciremo a tenere Mac in ospedale ancora per molto. -
- Ehi ehi! - Flack le diede una gomitata complice per attirare la sua attenzione. - Stanno discutendo! - Sussurrò indicando il vetro con un cenno del capo.
- A dopo. - Disse ancora lei per poi chiudere la telefonata. Guardò poi dentro la stanza di Mac, vedendolo in piedi.
- Mac Taylor! - Lo riprese lei entrando. - Che ci fai in piedi?! -
Il detective si girò nella sua direzione, consapevole che avrebbe dovuto lottare anche contro Stella.
- Sto bene! - Guardò prima Bonasera, poi Peyton. - Mi hanno sparato a una spalla, non a una gamba. -
Stella sospirò, capendo che non avrebbe cambiato idea neanche sotto minaccia.
- Mi ha chiamato Danny. Maximilian White è il padre del bambino che aspettava Rachel Hill. - Rivelò la notizia. Flack e Taylor si scambiarono un’occhiata.
- Ecco la Maserati! - Esclamò Don sorridendo. Mac lo seguì a ruota, non trattenendosi.
- Chiamo il medico. - Disse quindi il detective. - Devo uscire da qui. - Schiacciò il pulsante per chiamare un dottore in camera.

 

To be continued...

   
 
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