Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
Segui la storia  |       
Autore: LubaLuft    28/04/2024    2 recensioni
Questa storia originale si incrocia con il primo volume del manga Glass No Kamen, da noi conosciuto come Il Grande Sogno di Maya.
I protagonisti sono inventati da me ma le loro vicende sfioreranno quelle del manga, appena appena, per avere un contesto.
Grazie a chi leggerà!
Dal testo:
"In quel micromondo aperto H24 - nel quale il giorno e la notte non avevano una reale consistenza ontologica se non per via di un orologio appeso al muro - una giovane voce maschile annunciava i numeri estratti al bingo, traducendo in fonemi i capricci della fortuna: ichi … gojūroku … hachi … sanjūyon …
Nanako ascoltava quella voce durante la sua pausa-cena, che durava circa mezz'ora (...) Era cominciata così ed era più forte di lei: quando sentiva quella voce, veniva colta da una sensazione di straniamento: i numeri in sé erano un fatto neutro, una successione anarchica di cifre, significavano solo il proprio valore. Non comunicavano nulla. E allora perché quel desiderio di ascoltarlo tutte le volte?"
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quinta parte - il canto delle sirene


Dopo il sale più pungente viene lo zucchero più dolce.

Shiro si accese una sigaretta, l'ultima della serata. Si sdraiò sul letto.

Dietro quel piccolo biglietto, Sachiko aveva scritto il suo numero di telefono. Glielo aveva dato al Million, solo qualche ora prima.

Era davvero lei, lo zucchero che veniva dopo il sale?
Il biglietto era appoggiato sul suo comodino. Era pericolosamente vicino al telefono. A un centimetro dell'apparecchio.

A un colpo di testa, il suo - in discoteca, quando l’aveva fermata e le aveva regalato quel biglietto sciocco - ne era seguito un altro, quello di lei che glielo restituiva regalandogli il suo numero e un sorriso timido.

Aveva pensato a lei continuamente, tutta la sera, ma all’emozione di quel biglietto che ritornava nelle sue mani era subentrata ora la paura.

Il sale si mescolava allo zucchero.

Fra uomini e donne potevano esserci distanze più o meno grandi, eppure quel centimetro di distanza fra il numero di lei e il telefono sul comodino ora gli sembrava incolmabile.

Era un periodo di distanze, quello.
Sua figlia, quella stessa sera, si era imbarcata per gli Stati Uniti, l'aereo era già sul Pacifico, sempre più distante.
L’aveva accompagnata in aeroporto, l’aveva salutata e poi aveva pianto in auto mentre andava a lavorare.
Sua moglie, la sua ex moglie, era distante ormai da anni.
Tutto si allontanava da lui… lentamente o velocemente, ma si allontanava.
Oppure era già lontano da tempo.

I fotogrammi del primo incontro con Sachiko continuavano a rimescolarsi nella sua mente.
Mentre lui si sentiva più solo che mai, lei era entrata nel suo spazio e il sale era diventato zucchero.
Si era seduta accanto a lui e aveva iniziato a parlargli.
Una voce nitida, dolce, appunto.
Gli aveva detto chi era, con chi era venuta e perché.
Aveva parlato a lungo.
Era il suo ventiquattresimo compleanno.
Lui, invece, di anni ne aveva compiuti trentacinque due settimane prima di lei.
Anche l’età era una distanza.

Perché si entrava nella vita degli altri senza chiedere il permesso?
Perché poi se ne usciva?
Non voleva più far entrare nessuno. Eppure…

Un centimetro. Mezzo centimetro. Zero.
Afferrò la cornetta e compose il suo numero.
Spense la luce perché si vergognava.

Attese.

Anche Sachiko era sdraiata sul letto, anche lei aveva il telefono sul comodino.

Quando squillò, pensò che fosse Nanako, o Akhira.
In fin dei conti, non credeva davvero alla possibilità che lui potesse chiamarla.
Era dieci anni più grande di lei, forse aveva voluto solo scherzare, in discoteca. Un biglietto della fortuna che diceva tutto e non diceva niente, che poteva capitare a chiunque. Un messaggio stampato in serie con cui farcire biscotti. Sale e zucchero… ma che fantasia!
Rispose.

"Pronto…"
"Sono Watanabe… Shiro."
Ah…
"Oh.. Ciao…!"
Sachiko spense la luce. Chissà perché.
"Scusami, forse è tardi…"
"No!..." Sì affrettò a dire. "Ero sveglia…"
Restò in silenzio, aspettando che lui rilanciasse. Ma restava zitto. Poi lo sentì mormorare "Beh…ecco, non so che dire. Scusami…magari…"
Sachiko sentì il tono di lui che accelerava repentino verso l'uscita e gli si parò letteralmente davanti per sbarrargli la strada.
"Come stai? Sei rientrato da poco? Hai cenato? Io ho finito proprio ora…!" Chiese a valanga. Senza prendere fiato.
"Che cosa hai mangiato?" Si interessò lui.
"Un terribile take away! E tu?"
"Io neanche quello!" Scoppiò a ridere.
Era riuscito a fermarlo. Era felice, lì al buio, mentre parlava con lui. Non c'era più la musica assordante e ora poteva sentire la sua bella voce e il suo respiro.
"E tu come stai?" Le chiese.
"Sono… felice che tu mi abbia chiamata."
"Anch'io sono felice."
Restarono in silenzio, parlavano i loro sorrisi, si sentivano al buio.
"Ti va se ci vediamo, domani?... Al cinema Nanboku, a Chinatown, c'è un film interessante, La Festa della Neve, con Utako Himekawa. Ti piace andare al cinema?" Propose lei.
"Non ci vado da anni… quindi accetto volentieri!"
Si accordarono per lo spettacolo pomeridiano e si diedero appuntamento al Parco Yamashita.
Lui le diede anche il suo numero di telefono.

Dopo che si furono salutati, Sachiko rimase con la luce spenta, finché non si addormentò.




****


Il pomeriggio era freddo e limpido.
Il Parco Yamashita era pieno di bambini che giocavano allegri sotto le pergole. Seduta su una panchina, Sachiko provava a stemperare il nervosismo dell'attesa leggendo un piccolo libro che si era portata dietro, una raccolta di favole di Esopo.
Era immersa nella lettura quando sentì delle piccole mani battere con entusiasmo. Sollevò gli occhi e notò che i bambini si erano raccolti in semicerchio, seduti sull'erba come in una specie di cavea. In piedi, davanti a loro, una ragazza che non poteva avere più di tredici o quattordici anni stava recitando qualcosa.
Era molto brava, sapeva differenziare tonalità e timbro della voce per alternare i vari personaggi del suo racconto.
Come se avesse mille maschere.
Quando terminò quel piccolo recitativo, i bambini chiesero altro a gran voce.
"Maya! Recita ancora!"
"Ma non so che cos'altro recitare!"
Allora Sachiko ebbe un'idea e si alzò, dirigendosi verso di loro.
"Scusami… potresti recitare queste… Sono favole!..."
"Siiiii!" Fecero i bambini.
La ragazza recitò loro la favola della cicala e della formica e altri brani. Erano così presi che Sachiko aveva già deciso di lasciarle il piccolo volume quando sentì una mano sulla spalla.
Si voltò di scatto.
Era Watanabe.

Shiro era in giacca e cravatta, aveva appena staccato dal lavoro.
Per tutta la mattina aveva aspettato di vederla e ora lei era lì davanti a lui, in un cappotto blu, guanti e cappello color panna, il naso e le guance rosse per il freddo, gli occhi più profondi del mare alle sue spalle.
Era bellissima.

Poi notò il piccolo gruppo di bambini allegri all’interno del parco e restò quasi senza respiro.

C’era una ragazzina con loro, con i capelli lunghi, esile e scattante, e che gli ricordava ragazzina del ristorante…
E ora che la guardava meglio, somigliava incredibilmente a sua figlia!
Era impressionante!

Il buco che già aveva nel cuore si aprì di più, si spalancò come una finestra al vento. Non erano passate neanche ventiquattro ore da quando lei era sparita oltre i cancelli d’imbarco. Improvvisamente gli mancò l’aria, e il pensiero del chiuso del cinema che lo attendeva divenne insostenibile.
Sachiko non si era accorta di nulla. Meglio. Provò a risolvere.
“Ti va se posticipiamo il cinema allo spettacolo successivo? Così facciamo due passi lungo il molo.”
Lei sembrava felice di quel cambio di programma. “Mi piacerebbe molto!…”
Il pomeriggio era luminoso, il cielo azzurro intenso cosparso di piccole nuvole bianche e piatte, che si perdevano all’orizzonte. Sembrava di camminare all’infinito, non c’era quasi nessuno oltre a loro. Lentamente si riprese, concentrandosi sulla voce di lei e sulla ruota panoramica che girava lenta, lontana sullo sfondo. Qualcosa però si era incrinato: aveva capito che il sale pungente di cui parlava il suo biglietto della fortuna erano le sue lacrime, e le lacrime non erano affatto finite.
Si scusò con lei, dentro di sé, e attese che l’anestetico facesse effetto. Riuscì a reggere per tutto il pomeriggio. Poi l’accompagnò al treno che era passata l’ora di cena.


****



La mattina dopo, Sachiko mescolava a occhi bassi lo zucchero nel caffè, nella mensa della facoltà.

“Allora, com’è andata?” Chiese Nanako.
“Sono stata bene, abbiamo passeggiato sul molo e visto un bel film… e basta. Sembravamo due estranei saliti sullo stesso treno che vanno per forza nella stessa direzione. Sul treno danno film bellissimi e anche il bar non è male.”
“Sachiko…”
“Davvero, non posso dire nulla… era perfetto, peccato che non fosse davvero lì con me.”

Aveva gli occhi lucidi.

Usciti dal cinema, nel quartiere cinese colorato e brulicante, avevano tirato dritto. Ovunque, immagini, cartelli e sorrisi li invitavano a restare lì, ma loro avevano proseguito e ne erano usciti, dritti fino al grigio della stazione. A Sachiko era sembrato di uscire dal Paese delle Meraviglie.
Quando era salita sul treno, lui non aveva neanche aspettato che lei partisse, se n’era andato a passi lenti, le mani in tasca.

“Sachiko, devi sapere una cosa su Watanabe. Sua figlia ieri è partita per gli Stati Uniti con sua madre, l’ultimo atto del loro divorzio. Deve essere dura, per lui. Io credo che qui non abbia nessuno.”
“Ma quando è arrivato al parco Yamashita sembrava disteso, felice… i suoi occhi erano felici di incontrare i miei…”
“Devi avere pazienza.”
“Forse l’ho annoiato.”
“Non dire sciocchezze.”
“Le mie storie banali, forse gli sono sembrata superficiale… ma ero così felice di stare con lui che mi sembrava tutto magico. Parlavo a ruota libera, non mi è mai successo con nessuno.”
“Non darti colpe che non hai. Aspetta qualche giorno e prendi una decisione. Hai il suo numero?”
“Sì.”
“Allora puoi rintracciarlo, sia per vederlo ancora che per mettere un punto.”

Sachiko annuì e bevve il suo caffè ormai freddo.



Passarono giorni silenziosi.
Shiro continuò la sua routine quotidiana: lavoro, palestra, casa.
Sachiko invece studiava.
Fuori nevicava.
I telefoni erano muti, sui rispettivi comodini.

Capodanno si avvicinava, mancava solo una settimana. Akhira lo avrebbe passato a Tokyo con Mitsuo, Nanako era presa invece dal trasloco e sarebbe rimasta a Yokohama.

Non aveva molte cose da spostare nel suo nuovo monolocale e Jun le diede una mano.
Sparì dalla circolazione per una settimana, fra ultimi dettagli e studio arretrato. La sera del 31, Ōmisoka, era talmente sfinita da non sapere che cosa organizzare per la serata. Meno male che non lavorava!...
Fu Jun ad avere l’idea.
“Senti: quel ramen del Manpuku lo devi assolutamente assaggiare. Anzi! Mangeremo lì la Toshikoshi Soba per il nuovo anno. Hai montato la libreria?”
“No! Da sola non ci riesco.”
“Ok, ecco il piano: vengo da te, la montiamo, la riempiamo e poi andiamo dritti a Chinatown, mangiamo e poi facciamo l’amore al Love Hotel. Che ne pensi?”
“La nostra prima volta… lì dentro? Anche no! E poi secondo me saremo sfiniti, la libreria è di legno massiccio…”

In effetti, ci vollero due ore per montarla e riempirla. Alle cinque del pomeriggio, con tutta la neve e il freddo, erano fradici di sudore.

"Sei sempre dell'avviso di trascorrere Ōmisoka in giro per Chinatown?" Chiese lei stramazzando sul tatami.
“Perché no…? Nevica, è vero, ma adesso abbiamo ben due ombrelli, il tuo con le fragole e quello giallo che mi hai regalato. Al Million me lo invidiano tutti!”
“Fai il serio!
“Sono serio… e voglio starmene in giro con te.”
Le si fiondò accanto.
“Ma prima…" e le sfiorò il viso lentamente.
Nanako sorrise. "Una doccia?"
"Anche, ma la facciamo dopo… a proposito, il letto è montato, giusto?”
Nanako annuì sorridendo.
“Allora sei proprio serio…”
“Assolutamente.”
Anche Jun sorrideva, mentre scendeva piano sulla sua bocca.
Iniziò a spogliarla.
"Jun…"
"Mmm…?"
"Ho una cosa da chiederti…"
"Ti ascolto…"
"Ti va di contare mentre mi spogli?"
Jun rise. "È il mio giorno libero!!"
"Ti prego…"
"D'accordo… Uno…"
E le sfilò la maglietta.
"Due"
Via i pantaloni della tuta.
"Tre"
Si fermò. Lei stava facendo altrettanto con i suoi vestiti, ma in silenzio. Le sue mani gli provocavano effetti imprevisti.
"Q-quattro…" Le sganciò il reggiseno.
Nanako continuava a tenere gli occhi chiusi.
“Nanako…” mormorò lui mentre le toglieva anche gli slip
Poi non ci furono più numeri da contare.



****



Sachiko ci pensò a lungo.
Non voleva soffrire ma non voleva neppure lasciare che tutto si perdesse così, come fiocchi di neve spazzati dal vento.
Erano le otto, Ōmisoka entrava nel vivo. Lei era sola, forse - sicuramente - lo era anche lui.
Telefonò ma non rispondeva nessuno. Allora pensò che fosse al Million, a lavorare.

Si vestì e truccò accuratamente ma senza esagerare. Prese coraggio e uscì.

Al Million non c’era quasi nessuno. Entrò quasi intimidita, poi lo vide appoggiato al bancone del bistrot, con una sigaretta in mano. Elegante e impeccabile come sempre, lo sguardo basso sul posacenere.

Non era giusto stare soli a Capodanno.

“Shiro…”

Shiro pensò a un’allucinazione.
Che cosa ci faceva lei lì, così bella e profumata?
Si riprese a fatica dalla sorpresa.
“Sachiko… se … se stai cercando Nanako e Jun, stasera non li ho visti, ma so che andavano a cena al Manpuku.”
“Io…. Cercavo te. Se non hai nulla da fare… dopo…. mi accompagneresti al molo? Vorrei aspettare la mezzanotte lì, con il canto delle sirene delle navi ancorate al porto.”

Shiro restò interdetto. L’anno prima c’era andato con sua figlia, ed era stata una serata drammatica… ma capì che se avesse rifiutato quell’invito a una serata stavolta semplice e tranquilla, la mano che lei ora gli tendeva sarebbe sparita per sempre. Non l’avrebbe mai più rivista.

La guardò meglio: aveva occhi seri e lucidi.

Era venuta a cercarlo nonostante lui si fosse mostrato scostante, freddo… e sentiva tutto fuorché freddo, quando lei gli era vicino: era arrivata come calore e luce nelle distanze della sua vita, lo capiva solo ora.
L’ultima distanza l’aveva messa lui e lei stava solo tentando di colmarla.
Lo invitava ad ascoltare con lei il canto delle sirene.

“D’accordo. Purtroppo però non posso staccare prima delle undici...”
“Nessun problema. Mi andrò a vedere un film!”
Lui restò un istante in silenzio, a guardare la moquette.
“Vorrei tornarci con te, al cinema…” disse poi.
“Anch’io…! Ci vediamo più tardi allora. Facciamo al Parco Yamashita? Mi troverai lì.”

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Il grande sogno di Maya / Vai alla pagina dell'autore: LubaLuft