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Autore: Yssis    28/04/2024    0 recensioni
Fra problematiche figure genitoriali, amici-bulli molto affezionati, le splendide cotte delle scuole medie e l'affetto per sua sorella, il goffo e magro orfanello Yuuto diventerà l'arrogante regista e capitano Kidou.
*
Dai capitoli...
1: Le abilità di problem solving di Yuuto lasciano a desiderare.
2: Kageyama Reiji e Kidou Honzo giocano a scacchi da tutta la vita. Yuuto però non capisce chi vince e chi perde.
3: Kidou conquista autorevolezza nella sua squadra rotolando giù dalle scale.
4: Kidou e Genda condividono il compleanno.
5: Kidou pensa che la mamma di Sakuma sia molto bella.
6: Genda chiede aiuto ai suoi amici per affrontare un evento familiare intollerabile.
7: Kageyama Reiji è un professore delle scuole medie a cui non piace portare i ragazzini in gita: tuttavia, lo fa lo stesso.
8: Gouenji è il risveglio sessuale di Kidou, ma non il suo primo bacio.
9: Yuuto organizza la festa di compleanno della sua sorellina.
10: In ogni trio c’è un duo e Genda pensava di farne parte.
11: Kidou soffre per l'improvvisa morte di Kageyama e Fudou gli resta accanto.
12: A Fudou non piacciono i ragazzi della Inazuma né quelli della Teikoku: però gli piace molto Kidou.
Genere: Angst, Comico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Altri, David/Jiro, Joe/Koujirou, Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Negli anni della loro amicizia, non c’era mai stato qualcosa di cui non parlare. Genda alzò gli occhi su Sakuma e Kidou: erano sdraiati sul tappeto della cameretta di Jirou e stavano giocando a carte. La signora Mio aveva appena lasciato un vassoio di biscotti, come sempre i preferiti di Yuuto. Niente sembrava fuori posto. Aveva dato per scontato fino a quel momento che le cose, fra di loro, sarebbero sempre rimaste limpide e quotidiane.

-Non è giusto… Stai barando, non è possibile!-

Sakuma abbandonò la sua mano sul tappeto in gesto di resa, completamente stracciato dall’amico, che sorrideva lusingato e soddisfatto. Kidou non era mai stato il tipo da sbattere una vittoria in faccia, lo faceva sempre timidamente, con discrezione. Ed era stato proprio quello il problema, non è vero? Lo rendeva furibondo.

Genda stava per compiere quattordici anni e sentiva di aver già perso tutto. La Teikoku Gakuen aveva perso contro la Zeus Gakuen: non solo aveva perso, era stata completamente umiliata. La lunga permanenza in ospedale, quantomeno, gli aveva permesso di evitare di ascoltare tutti i giorni i commenti di suo padre. Era venuta solo sua mamma, un paio di volte, e non si era neanche seduta accanto al suo letto: era rimasta lì in piedi, in bilico, con uno sperso volto da bambina, pallida e vecchia sotto le luci bianchissime della stanza. Non sapeva che dire. Koujirou aveva girato la faccia dall’altra parte, sul cuscino scomodo, finché non se n’era andata.

In ospedale tutti i giorni erano uguali. Di notte, spesso Sakuma piangeva. Genda non sapeva che farsene di quel segreto in quel momento, vedendolo addentare un biscotto e insistere bonariamente che Kidou fosse troppo bravo rispetto a lui, che giocare non fosse neppure divertente con un divario così grande. Yuuto, per sempre quello strano bambino impacciato delle elementari, si schermiva e insisteva a sua volta che giocassero ancora.

Erano stati in cortile fino a poco prima, ma un acquazzone li aveva sorpresi, costringendoli ad abbandonare il pallone bagnato e sporco di terra sotto al portico e a rifugiarsi in casa. Mio aveva preparato la merenda per consolarli e Sakuma aveva tirato fuori uno dei suoi stupidi giochi di carte. Kidou era spettacolare in ogni gioco di logica, specialmente giochi da tavolo, e nessuno della squadra lo aveva mai battuto se non per sfacciata fortuna da principianti. Quella identica scena era avvenuta così tante volte…

-Genou, vieni a darmi una mano? In due magari riusciamo a distruggerlo!- Lo richiamò Sakuma.

Un’ondata di pelle d’oca gli coprì le braccia. L’amico lo stava guardando sorridente e complice. Era intollerabile, perché Genda lo aveva sentito piangere e lo aveva visto contorcersi dal dolore in campo, lo aveva sorretto e lo aveva chiamato quando aveva perso i sensi e le ambulanze non potevano raggiungerli, e ora? Kidou si puliva le labbra dallo zucchero a velo e mischiava nuovamente il mazzo di carte, tranquillo come un angioletto.

Genda strinse i denti e buttò fuori un: -Non ne ho voglia.-.

-Oh su, non fare la palla. Ho bisogno di te per…-

-Ho detto che non ne ho voglia!- Genda si alzò di scatto, con un po’ troppo impeto. I due amici, a terra, lo guardarono perplessi. Kidou aveva la fronte corrucciata. Diavolo, che situazione.

Un disagio rampicante gli salì sulla spina dorsale. Lo guardavano come se dovesse loro una spiegazione, così bofonchiò che sarebbe tornato a casa e sbatté la porta della camera di Sakuma, per buona misura.

-Chissà che cosa gli è preso…-

-Conosci Genou. A volte fa la testa calda.- Le sue rassicurazioni caddero nel vuoto, così Sakuma rincarò la dose con una certa stilla canzonatoria nella voce: -Magari ha il ciclo…-

Sghignazzò da solo per la sua stessa battuta, anche se Kidou non ne rise. Guardava la porta chiusa pensosamente: era chiaro ad entrambi il filo che i suoi pensieri stavano seguendo. Gettò uno sguardo al suo migliore amico d’infanzia, ma Sakuma, il peso appoggiato alle braccia e il busto reclinato indietro, era il ritratto della rilassatezza e dell’innocenza.

Erano passati solo pochi mesi dalla Shin Teikoku Gakuen.

Dopo l’esplosione del sottomarino, Sakuma e Genda erano tornati in ospedale: la conclusione di quella storia aveva un che di ironico che, quando ci pensava, metteva i brividi a Yuuto. A forza di non pensarci, erano arrivati alla prima sfida con la Diamond Dust e non era più riuscito a seppellire l’impellente bisogno di tornare alla sua vecchia scuola, dai suoi vecchi compagni. Era entrato in punta di piedi in quel posto che era stato la sua casa, sentendosi un ladro, un senso di colpa schiacciante sulle spalle magre. Lì aveva rivisto tutta la sua squadra, i suoi primi amici, quelli che, con le loro angherie e il loro bizzarro affetto, erano stati il primo posto a cui aveva sentito di appartenere: per il tempo di un allenamento tutto il male era stato dimenticato. 

Genda stava già meglio e aveva giocato con loro. Non aveva parlato molto con Kidou, a dire la verità, e lui era stato troppo in soggezione per dirgli qualcosa. Narukami aveva raccontato a Yuuto, mesi dopo, che i genitori di Genda lo avevano affidato alle cure dei migliori medici del Paese, per pulire il suo corpo dalle sostanze tossiche della pietra di Alius; alcuni vociferavano addirittura di una struttura di disintossicazione privata e che Genda Toshio avesse picchiato suo figlio al suo ritorno a casa.

Sakuma se l’era vista peggio e le lacrime di Mio, a modo loro, avevano peggiorato la situazione. Zoppicò per mesi e, per tutto il resto delle scuole medie, tornò spesso in ospedale; aveva accusato peggio dell’amico l’effetto delle sostanze e, probabilmente, avrebbe subito serie conseguenze a lungo termine. Se questo lo faceva sentire più debole di Genda, non lo diede a vedere. Tuttavia, durante quell’allenamento, con Yuuto era stato dolce. Non aveva parlato di quello che era successo poche settimane prima e Kidou, in imbarazzo e bisognoso di assoluzione, si era vergognato troppo per introdurre l’argomento.

Così, l’amicizia nel trio era stata reistituita. Non si vedevano spesso come prima: Kidou aveva nuovi amici con cui allenarsi e con cui bighellonare. Genda non sembrava geloso. Sakuma era imperscrutabile. I loro pomeriggi insieme erano sempre più spesso pieni di momenti imbarazzanti o tesi e Kidou non sapeva come intaccare quel vetro di non detto e di vergogna.

-Magari dovremmo seguirlo e parlargli?- Ipotizzò, parlando più a se stesso che a Sakuma. Il turchese comunque gli rispose:

-Non servirebbe a nulla. Deve solo imparare quando è il caso di farsela passare.-

-Farsela passare?-

Sakuma scrollò le spalle. -Dico, in generale.- Ci fu un momento di silenzio. Erano solo due ragazzini, con i visi ancora morbidi e i corpi mingherlini, e non c’era modo di parlare di qualcosa di così tanto più grande di loro.

Così Kidou annuì a labbra strette e distribuì le carte. Fuori aveva smesso di piovere, ma nessuno dei due propose di tornare a giocare a calcio.

*

Genda si presentò a casa di Kidou i primi giorni di marzo, a cavallo con l’inizio degli esami finali dell’anno scolastico. Dal fatidico incidente delle scale, che aveva segnato l’inizio della loro amicizia, Genda non era più stato in classe con quelli del suo anno; tuttavia, era stato il trasferimento di Kidou alla Raimon ciò che aveva reso impossibile continuare a studiare insieme. Faceva ancora freddo e Genda aveva il  naso rosso, aveva camminato a lungo all’aperto per arrivare a casa dell’amico. Kidou se lo trovò sulla soglia che molleggiava sulle gambe, troppo alto per la sua età, bizzarramente impacciato.

-Inglese.-, fu la prima parola che gli disse. -E’ impossibile. Fammi i compiti.-

Era quasi intimidatorio, ma i suoi occhi grigi erano limpidi e vulnerabili e sembrava che gli stesse chiedendo aiuto. A Kidou venne quasi da ridere.

-Entra, Genou.-

Sembrava passata una vita dall’ultima volta in cui si erano accomodati insieme sul tappeto del suo salotto, con un paio di libri aperti davanti. La grafia pessima di Genda, mai migliorata dai tempi delle elementari, era rassicurante. Ultimamente, Kidou aveva cominciato a fare la conta delle cose che non sarebbero cambiate mai: avrebbe potuto aggiungerci quello.

Come ai vecchi tempi della Teikoku Gakuen, più che aiutarlo a studiare, Yuuto finì per svolgere i compiti al posto di Koujirou. Il leggero disagio del più grande, vedendo con quanta agilità svolgesse esercizi per lui insormontabili, aveva sempre dato a Kidou soddisfazione. Si vergognò di provare ancora quell’identica emozione, mentre, allo stesso tempo, si compiaceva di essere ancora migliore di Genda. Impossibile capire se il portiere immaginasse il suo stato d’animo.

Ad un certo punto, Koujirou incrociò le braccia dietro alla testa e sbadigliò: -Sei sempre il solito secchione, capitano.-, gli disse. Il cuore di Kidou sobbalzò, sentendosi chiamare così. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma il portiere non glielo lasciò fare.

-Inizierà il Football Frontier International fra un paio di mesi, l’hai sentito?- Commentò. Abbandonò la testa contro il divano e distese le gambe, mettendosi comodo; sgualcì la copertina di un libro di scuola, così facendo. -Hai vinto due Football Frontier, chi più di te avrebbe diritto di essere selezionato. Nevvero?-

Il suo tono era difficile da collocare, così Kidou si limitò a scrollare le spalle. -Non so come funzionino le convocazioni.-

Genda gli fece il verso. -Tu sai sempre tutto, non fare il fighetto.-, fece un piccolo sorriso sghembo e cercò di mettergli un piede in faccia, allungando la gamba.

-Ma che… Basta, che schifo!-

Il portiere sembrava intenzionato ad infastidirlo allo stremo, così non demorse. Rise un po’ e poi disse, -Sei pronto a tornare a giocare in squadra con me?-, che fece bloccare Yuuto sul posto.

Effettivamente l’amico riuscì a piantargli le dita del piede nella guancia, ma Kidou stava sorridendo e non gli diede soddisfazione. -Mi manca.-, ammise.

Genda smise di disturbarlo e abbassò la gamba, facendosi un poco scuro in volto. La vulnerabilità non era mai stata il suo forte e per un attimo sembrò non sapere che farsene di quella confidenza; poi ne sembrò irritato e, alzando il volto, l’ombra nei suoi occhi assomigliò un po’ troppo a quella di qualche mese prima.

Avrebbe potuto dire qualcosa, qualsiasi cosa. Invece ci fu qualche istante di silenzio e poi annunciò: -Ci sono ancora tre pagine da fare, datti una mossa.- Kidou pensò di insistere, ma l’imbarazzo era troppo e la scappatoia era troppo facile.

Genda non venne convocato per le qualificazioni del Football Frontier International.

Quando fu il momento di partire per il Liocott Island, Kidou e Sakuma ricevettero le congratulazioni da tutti i loro amici. Il portiere guardò solo Sakuma negli occhi, in un modo complice e intimo. Kidou si sentì escluso e ferito, ma non disse nulla; la consapevolezza di averli abbandonati a loro stessi era un mostro, ingordo delle sue viscere, con cui conviveva pietosamente.

La lista delle cose che non sarebbero cambiate mai, di anno in anno, si faceva sempre più scarna. Kidou aveva imparato quella lezione presto, quando un aereo era precipitato, portandosi via i suoi genitori e la sua infanzia, e quando la forza della burocrazia e dell’indifferenza gli avevano strappato sua sorella dalle braccia. Genda, invece, lo imparò quando, al termine della competizione mondiale da cui era stato escluso, vide Kidou e Sakuma scendere dall’aereo insieme a Fudou Akio. Genda non smise mai di odiarlo, ma non disse nulla. C’erano ormai tantissime cose di cui non poteva parlare.

author's corner
Provo un profondo senso di vuoto e tristezza. Già.
Ho guardato gli episodi della Shin Teikoku un miliardo di volte e ho sempre trovato interessante la mancanza di approfondimento sul dopo, su che cosa ne potesse essere stato del loro rapporto. Questa è la mia interpretazione di quel vuoto.
Grazie a chi legge, a presto!
  
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