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Autore: Aqua Keta    28/04/2024    6 recensioni
Forse il destino è già scritto ma con ostinazione e coraggio lo si può cambiare e tornare a vita nuova. Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Voi!”- additandola – “Voi avete tradito ed ingannato la Francia!”- la voce del presidente del Tribunale della Rivoluzione echeggiò nell’aula – “Siete stata un’influenza negativa su Luigi Capeto ed i vostri figli”.

Sollevò lo sguardo incrociando gli occhi di quell’uomo –“Io ho sempre amato i miei figli …”

“Oh si, certo” – volgendosi verso la corte con tono sarcastico – “ li avete sempre amati intrattenendo con loro rapporti incestuosi  e …”

“Non insultate i miei figli … e la loro innocenza!”- fulminandolo.

Immobile, colpito dalla forza di quella donna rimase senza fiatare per qualche istante.

“Non ho commesso alcuno degli infami reati di cui mi state accusando. Quale madre credete veramente possa anche solo alzare un dito sui propri figli? Quale? “

Quello si avvicinò al fanciullo – “Dunque senti “- piegandosi su di lui –“ hai udito cos’afferma colei che si definisce tua madre? Che hai da dire a questa corte a proposito di certe pratiche …. Chi, chi ti ha condotto a tutto ciò?”

Luigi XVII parve non voler rispondere. Chinando gli occhi arrossì leggermente. Poi  sollevato il braccio minuto indicò la madre.

Maria Antonietta sbiancò.

“Non credo ci siano altre parole da aggiungere. Avete visto chiaramente e udito quanto ha affermato il bambino. Credete dunque non sia stato lecito allontanarlo da questa …. “- fissò con disprezzo l’”austriaca”- “… donna?”

Stremata, ferita nel profondo  socchiuse gli occhi –“Madre mia, sostenetemi voi in questo calvario”.

 

 

La sentì tremare nel cuore della notte.

Il vento levarsi. La tenda ondeggiare dolcemente.

Andrè si alzò per chiudere la finestra.

Aperti gli occhi, rimase ad osservarne la figura nel buio delineata dal bagliore della luna che lentamente andava sparendo dietro le nuvole cariche di pioggia.

Accostatasi a lui lo cinse per i fianchi.

“Scusa, ti ho svegliata …”

Si strinse posando la guancia sulla sua schiena.

Volgendosi , Oscar sollevò il viso a cercare il suo sguardo – “Ti amo” spingendosi sulle punte dei piedi.

Un bacio sulla fronte  e sollevandola tra le braccia la riportò tra le lenzuola.

 

L’amore.

Quello vero, unico. In tutte le sue forme. L’amore. Andrè.

Tra le sue gambe mentre, sollevato sui gomiti la fissava. Le scostò una ciocca di capelli dalla fronte.  Il volto  ancora acceso d’amore. Il suo dolcissimo sorriso appena accennato.

Ogni volta era come rinascere.

I suoi baci, i suoi abbracci. Le sue mani. Il contatto con la sua pelle era un lungo e prolungato brivido.

Il seno sollevarsi ed abbassarsi nel riprendere fiato.

“Sono l’uomo più fortunato al mondo”- le sussurrò chinandosi su di lei a sfiorarle le labbra – “E sono anche il più felice”

“No, io sono la donna più fortunata e felice al mondo”.

Rotolò su di lui scivolando nuovamente tra le sue gambe e osservandolo. Una mano a carezzargli la guancia e sentire improvvisamente le lacrime pungerle gli occhi.

“Ehi … che succede?”

Lo trasse a sé baciandolo con trasporto.

“E questo per cosa?”

“Vorrei poterti spiegare … dimostrare quanto io ti ami. E’ difficile sai …”

“Lo fai quotidianamente”- sghignazzò.

“Non scherzare André”

Adagiatasi sul petto del giovane rimase così nel silenzio totale.

Fuori le gocce tintinnare sui davanzali delle finestre.

“Su. Cosa devi  dirmi?”

Stretta nel suo abbraccio sgranò gli occhi -“Niente” -  rispose rannicchiandosi.

Baciandola tra i capelli la incalzò –“… Oscar …”

Sbuffò dentro di sé. Inutile, ad Andrè non poteva sfuggire nulla. La conosceva troppo bene. I silenzi, il tono di voce, gli sguardi, il suo isolarsi, l’essere sempre sulle difensive, sapere quali fossero i suoi fantasmi.

Per lui era trasparente come l’acqua.

Non poteva nascondergli nulla.

E poi? Per quale motivo?

Gli sedette affianco rimanendo con le gambe raccolte su di un lato. Il seno scoperto, lo sguardo basso come stesse attendendo un rimprovero – “Devo tornare”- tra i denti.

Lui incrociò le braccia dietro la testa. Gli occhi fissi verso un punto non definito del soffitto.

Era a conoscenza di quanto stesse accadendo a Parigi. Sapeva dei Reali …

Dover recarsi nuovamente in quel luogo voleva significare solo una cosa.

“Il tempo stringe” – sottolineò.

Non poteva negarle questo desiderio di vederla almeno un’ultima volta. Nonostante tutto la loro era stata una lunga amicizia .

Un sospiro per poi sederle di fronte a cercare il suo sguardo – “Maddie e Joseph?”

Scese dal letto e scostate le tende si soffermò su quelle nuvole scure fondersi con il mare in burrasca – “Non possiamo certo portarli con noi … non voglio possa loro accadere qualcosa”- poi si volse –“inizialmente avevo pensato il contrario e di affidarli a Rosalie … ma Parigi non è più una città sicura. E non posso certo continuare a sballottare Maddie.”

“Viaggiare in due sarà più semplice ed impiegheremo meno tempo …”- convenne .

“Potremmo viaggiare anche di notte … in due giorni saremo a destinazione”

Andrè annuì. Era la cosa più giusta da fare. Avrebbero affrontato quel viaggio insieme. Non l’avrebbe mai più lasciata sola.

 

 

Fece fatica ad alzarsi.

Quel male oscuro la tormentava oramai da tempo.

Lasciò che Rosalie l’aiutasse a cambiarsi.

“… Madame …”- sconvolta di fronte agli abiti tra le mani vistosamente macchiati di sangue.

“Mia piccola Rosalie … sono giunta a conclusione che sia una punizione di Dio per tutte le mie mancanze …” – nascondendo la profonda tristezza dietro un sorriso malinconico.

“Non dite così!”- riponendo la biancheria in una cesta.

Si lasciò pettinare i lunghi capelli oramai ingrigiti pregandola di raccontarle per l’ennesima volta qualcosa di Oscar.

A narrazione terminata socchiuse gli occhi.

I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti dall’arrivo dei due avvocati a lei assegnati dal tribunale.

Seduti a quel piccolo tavolo li vide scrivere per ore e riempire infiniti fogli di considerazioni e dichiarazioni.

Stremata ed afflitta per l’incapacità di entrambi e l’inutilità del loro lavoro li congedò –“Vi prego … sono molto stanca”.

Dopo il pasto serale, recitò le preghiere quotidiane per poi coricarsi. Rannicchiata in quel lettuccio, lo sguardo rivolto verso il muro, diede libero sfogo alle lacrime lasciando che nel silenzio le solcassero le guance.

 

 

Le prime luci dell’alba andavano ad illuminare la strada verso Parigi.

Un velo di foschia avvolgeva la campagna circostante immersa nel silenzio spezzato ogni tanto dai primi cinguettii.

Erano partiti poco dopo aver cenato cavalcando tutta la notte ed ora la stanchezza iniziava a farsi sentire.

“Avremmo bisogno di far riposare i cavalli” – suggerì Andrè rallentando - “E forse sarebbe anche il caso mangiassimo qualcosa” – sentendo i morsi della fame.

Si fermarono qualche istante. Attorno il nulla … solo una distesa di campi messi a riposo e qualche macchia di verde sparsa qua e la.

“Dovremmo essere a circa metà strada da Rennes …”- scendendo da cavallo.

Lui l’assecondò –“ … probabile …”

Percorsero un tratto a piedi.

Oscar , assorta, provava uno strano malessere interiore al pensiero di aver dovuto lasciare i suoi figli per l’ennesima volta.

“Devi proprio andare mamma?”- gli occhietti lucidi di Maddie mentre le parlava.

“Vado a salutare un’amica …”- le aveva risposto donandole una tenera carezza.

“Rosalie?”

“Anche …”- e l’aveva baciata sulla fronte.

“Allora puoi andare . Ma devi tornare presto. Io non posso fare tutto da sola con Joseph. “- mostrandole i palmi delle mani.

“Sono certa che sarai bravissima”- stringendola in un abbraccio.

Un bacio anche a Joseph.

“Fate attenzione”- il volto tirato del Generale – “Avreste dovuto chiedere a Mornay ….”

“Ha fatto anche troppo per noi”- rispose indossando la giacca –“Andrè ed io ce la caveremo senza inghippi”

E sulla porta di casa Maddie che agitava le manine a salutare entrambi.

“Nessuno mi ha obbligata”- convenne con se stessa –“… non potevo non farlo …”

Quanti anni trascorsi al suo fianco. Poi quell’addio …. Quella supplica affinché non permettesse ai reggimenti di entrare in città, il perdono per quella sua presa di posizione a favore degli Stati Generali … un’accusa di tradimento sfumata in ultimo proprio grazie a lei, il rifiuto di concederle le nozze con Andrè …

Nonostante tutto aveva fatto le sue scelte e di andare incontro ad un destino differente. Forse aveva azzardato troppo sfidandolo … e questo non l’aveva che ostacolata in ogni dove e quando.

Ma non si era certo arresa.

Si volse verso Andrè. Ecco la sua meta.

Sorrise e fermandosi lo fissò dritto negli occhi.

“Che c’è?” – preso alla sprovvista

Un bacio delicato lo lasciò senza parole.

“Per essermi stato sempre accanto. Per aver creduto sempre in noi”- senza staccare lo sguardo dal giovane.

Le accarezzò una guancia –“Credo che tutto fosse semplicemente già scritto” – afferrandola per i fianchi.

Quel magnifico senso di protezione, d’amore, devozione totale, di famiglia. Dell’essere l’uno il completamento dell’altra.

Si lasciò trascinare lentamente in un bacio pieno passione.

Poi staccandosi da quelle labbra morbide ed invitanti – “Vediamo di trovare un luogo dove fare una sosta”

 

La vide quasi barcollare in sella al cavallo.

In lontananza delle luci –“Fermiamoci”

La sua voce la scosse. Un brivido dovuto al freddo ed alla stanchezza.

La locandiera servì loro un pasto caldo –“Cosa ci fate in giro a quest’ora della notte? Siete dei pazzi … sapete quanti delinquenti  si appostano nella piccole zone boschive?”

Oscar l’osservò intontita.

“Venite da lontano?”- incuriosita dai quei due giovani.

Andrè le allungò delle monete –“Paghiamo adesso. Domattina dobbiamo metterci in viaggio presto”

La donna storse il naso. Perché erano così misteriosi? –“Venite da lontano? Dove siete diretti?”

“Vorrei andare a dormire”- Oscar tentò di sviare il discorso.

“Mhh…. –“ mugugnò non riuscendo a cavar loro di bocca mezza parola in più – “Avete intenzione di far colazione?”

“Se ci poteste far trovare qualcosa di pronto verso le 5.00 vi saremmo grati”- il giovane si alzò da tavola invitando sua moglie a fare altrettanto.

“Grazie per la cena. Buona notte”- l’accomiatò Oscar.

Finalmente nella loro stanza.

Diede una doppia mandata alla porta –“Che impicciona!”- commentò volgendosi.

Tenerezza. Si, le fece una tenerezza infinita vedendola sdraiata sul letto già addormentata.

Le sfilò gli stivali riuscendo piano piano a spogliarla.

Riposti gli abiti spense le candele e finalmente si coricò.

Lei si avvicinò cercando un po’ di tepore – “Sto invecchiando ..”- mormorò –“Non reggo più certe sfacchinate”

Lui ridacchiò –“Non dire sciocchezze … sfido chiunque ad arrivare fresco a sera dopo una giornata come questa”- la strinse a sé –“Ora cerca di riposare”

 

 

Pallida, l’abito a lutto, i capelli raccolti in una cuffietta di batista.

Non fece in tempo ad entrare nella sala del Tribunale quando l’assalirono subito con una serie di domande per poi leggere l’atto d’accusa.

Strinse i pugni mentre ascoltava in silenzio.

Giunse il momento di altri testimoni.

Non le sfuggì una sola delle parole pronunciate nell’aula da coloro il cui unico scopo era quello di rovesciarle addosso esclusivamente della pura cattiveria, in attesa che giungesse il suo momento.

Intervennero sul finale i suoi avvocati con vani tentativi di scagionarla e di trovare una strada per venir fuori da quel pantano.

Si difese. Si, si difese con tutta se stessa, con tutte le forze, con tutto il suo coraggio quando uno degli accusatori fece richiamare quel fanciullo, suo figlio, Luigi XVII.

Lo incalzarono nuovamente per  cercare quali altre possibili accuse puntando sempre sulla sua più che scandalosa condotta.

Fu allora che con una risposta tirò in ballo le donne presenti che, sentendosi diffamate, la sostennero scatenando un tumulto, costringendo il giudice a sospendere l’interrogatorio.

No, non era così che avrebbe tentato una via di scampo da ciò che oramai era stato deciso. Lo lesse negli occhi dei suoi accusatori.

“Forse … ce la potremmo fare”- uno degli avvocati volle rincuorarla.

Veramente quell’uomo credeva ad una assoluzione? Pensava  la potessero scagionare?

Eppure non aveva alcun desiderio di mollare. Doveva lottare, fino all’ultimo.

 

 

Si stiracchiò tra le lenzuola svegliato dal rumore della pioggia sul tetto.

Aperti gli occhi, lasciò ricadere il viso su un lato del cuscino cercandola.

I tratti del volto contratti. Oscar non era serena. Immaginò il motivo.

Allungò una mano. L’indice scorrere leggero da prima sulla guancia per poi scendere lentamente delineando il contorno delle labbra.

Si mosse avvicinandosi a lui.

“Buongiorno”- le sussurrò.

Rimase immobile tendendo l’orecchio – “Piove?”

“Beh … a dir la verità diluvia”- stringendola a sé.

Oscar sbuffò –“Questo rallenta il nostro viaggio … “

“Non credo sia il caso di mettersi in strada con questo tempo …”

Abbandonato il letto scrutò al di là dei vetri. Un senso d’angoscia  la pervase. Ebbe la sensazione che il tempo a disposizione fosse veramente contato. Parigi era ancora lontana ...

Il giovane la raggiunse –“Ascolta” – posandole le mani sulle spalle – “Aspettiamo un po’ e vediamo come butta … tuttalpiù ripartiamo comunque”- comprendendo la sua frustrazione.

“Andrè … sarà l’ultima volta”

Rimase ad ascoltarla.

“Desidero una vita più tranquilla. Desidero stare con i miei figli e soprattutto conte. Voglio tornare al mio lavoro a Brest … voglio riprendermi tutto ciò che mi è stato negato per troppo tempo.”- gli diede le spalle -“presto sarà tutto finito”

Aggrottò la fronte – “Tu credi …”

“Si …”- abbassando gli occhi –“ lo scopo è quello di eliminare definitivamente la famiglia reale”

Tacque.

“E’ triste …  se solo fossero state fatte scelte differenti e prese decisioni meno avventate, se ci fosse stata una consapevolezza maggiore delle effettive condizioni della Francia. Credo che Maria Antonietta si sarebbe dovuta ricordare con quanto entusiasmo il popolo aveva accolto la sua salita al trono  con Luigi XVI … le aspettative dei francesi erano alte.”

“Andrè”- con fermezza – “mettiamoci in viaggio … ho uno strano presentimento”

Annuì –“d’accordo”.

 

 

Quali prove avevano effettivamente per poterla accusare?

Rimase in attesa che la Giuria deliberasse.

Pregando rivolse un pensiero ai suoi figli –“Signore … poni il tuo sguardo amorevole su di loro, proteggili e risparmia loro, se puoi, ogni possibile sofferenza”

E mentre ad occhi chiusi li raccomandava a Dio, quegli uomini rientrarono accomodandosi  fra il brusio della sala.

Il giudice lesse il verdetto.

Condanna a morte.

“Verrete condotta al patibolo domani 16 ottobre 1793 e verrete giustiziata mediante ghigliottina”

Ascoltò la sentenza  impassibile. Nessun segno di paura sul suo volto. Forse stordita dalle parole appena pronunciate.

Ogni speranza era morta sulle labbra del giudice.

Venne riaccompagnata nella sua cella.

Ad accoglierla la piccola Rosalie. Gli occhi lucidi. Le mani chiuse a pugno portate alla bocca incredula.

“Madame ….”- aiutandola a sedere.

Lo sguardo perso nel vuoto –“Tutto si è concluso. Anche questa farsa di processo. Una inutile perdita di tempo, di energie … “- sospirò.

Ancora due cose doveva fare. Due. Ma entrambe importanti.

Prese carta e penna.

Le lettere si susseguirono veloci, senza alcuna interruzione. Tutto era ben chiaro nei suoi pensieri. La mano scorrere veloce nonostante fosse straziata dal dolore –“Addio mia cara Elisabetta …”- prima di apporre per l’ultima volta la sua firma.

Richiusa la busta, riprese tra le mani quella rosa cucita nei giorni della sua prigionia con piccoli avanzi di stoffa. Ancora un paio di punti per concludere piccole protuberanze lungo lo stelo perché avessero le giuste sembianze di spine.

Quando tutto fu pronto –“Rosalie … Oscar ha sempre amato tanto le rose ma … non ho mai saputo le sue preferenze  … questa rosa è bianca e … ”- mettendo tra le mani il fiore e la lettera all’unica persona che le era stata accanto nei suoi giorni più bui – “Avrei tanto desiderato vederla ancora … una volta ancora … un’ultima volta … madamigella Oscar …”

 

 

I contorni della città lentamente emergevano dalla nebbia.

Oscar percepì il cuore accelerare improvvisamente i battiti.

Ce l’avevano fatta. Finalmente Parigi.

Due giorni di viaggio cercando di macinare più strada possibile.

Aggrottò la fronte. 

Macerie, sporcizia,  cani randagi. Gruppetti di uomini della milizia cittadina in giro per le strade a sorvegliare, a vigilare, sempre a caccia di “delinquenti”.

Le sovvennero le parole di Bernard raccontandole delle motivazioni per cui si fosse allontanato da Robespierre –“Credo che Saint Just avesse ragione. Lo scopo è quello di trasportare tutto il popolo dalla sua parte e divenirne il capo … mi disse … “Conosci veramente gli scopi di Robespierre? Sta usando il popolo per poter  poi arrivare lui a comandare la nazione.  Spargerà così tanto sangue sobillando la folla che non puoi lontanamente immaginare”

Forse nemmeno le interessavano i fini di quell’uomo.

Aveva abbracciato gli ideali della rivoluzione per ciò che aveva potuto vedere negli anni … per come Andrè le aveva aperto gli occhi.

Gli eventi segnano inesorabilmente l’essere umano.

Ora era solo stanca.

Così assorta nei pensieri  raggiunsero  la casa di Rosalie.

“No, non posso crederci. Oscar, Andrè … siete veramente voi?”

“Ciao Bernard”- tendendogli la mano.

“Che magnifica sorpresa! Su entrate”

L’abitazione dei due giovani era rimasta quella di sempre, semplice ma accogliente.

“Mi spiace che Rosalie non sia presente. Le avrebbe fatto immenso piacere incontrarvi”

“Bernard dimmi … com’è la situazione in città?”- chiese senza sedersi.

Scosse il capo –“Voi siete qui per un motivo preciso … non è forse vero?”

Annuì  con un certo senso d’ansia.

“Aspettate …  “- allontanandosi per qualche istante.

Fece ritorno nella stanza con qualcosa tra le mani –“Questa è per voi”- consegnandole quella rosa di pezza  - “ ve l’ha cucita Maria Antonietta”.

Sgranò gli occhi impietrita. Rimase a fissare quel fiore assemblato con vera maestria. Dunque un dono  … un ultimo dono per lei. La sua amica mai dimenticata.

Le salirono le lacrime prontamente inghiottite.

“Se desiderate vederla  …”- fattosi serio.

Sollevò il volto.

“ … Place de la Revolution …. questa mattina …. Vi conviene andare …”- la incitò.

Andrè l’afferrò per un braccio – “Non c’è tempo, andiamo!”

 

 

Si cambiò d’abito sotto lo sguardo indiscreto del secondino aiutata da Rosalie in lacrime.

Quand’ebbe terminato, la porta si spalancò. La erano venuti a prendere.

Ecco, lui, il suo carnefice. Sanson avanzò  e con tono arrogante le fece stendere  le mani dietro la schiena. In maniera rozza le furono tagliati i capelli fino a lasciare completamente il collo scoperto.

Riuscì a rivolgere uno sguardo fugace, un addio, a Rosalie, ferma in un angolo terrorizzata.

Fatta salire su un carretto assieme ad un sacerdote, percorse quella strada mentre il prete la esortava a rivolgersi a Dio affinchè chiedesse perdono dei suoi peccati.

Maria Antonietta non lo degnò nemmeno di uno sguardo.

Attorno gente accalcata per vedere l’Austriaca” recarsi a morire. Sputi, bestemmie, volgarità di ogni sorte  contro quella donna inerme e oramai sola.

Quando il mezzo svoltò nella piazza, alzò gli occhi vedendo spiccare di fronte a lei il patibolo. Sbiancò.

Lentamente un passo dietro l’altro salì quei gradini imbrattati di fango e sangue.

Giunta sulla pedana pestò involontariamente il piede a Sanson – “Perdonate …”- con tono di rispetto.

L’uomo la fece avvicinare alla ghigliottina.

Il volto verso il cielo – “Miei amati … fra breve sarò con voi”. Poi la sua attenzione ricadde sulla folla avanzando verso il suo carnefice.

Il boia la legò alla tavola.

Fu allora che la vide. Pochi secondi mentre Sanson inclinava l’asse per posizionarla.

Pochi, interminabili, unici, incredibili secondi.

Oscar. La sua madamigella Oscar. Oscar Francois de Jarjayes.

Si, era venuta.  Rosalie aveva mantenuto la promessa.

Lei era là.

E tra le mani quella rosa cucita .. con il cuore.

Un’amicizia durata una vita … fino all’ultimo.

“Ora posso morire”- accennando ad un leggero sorriso mentre le lacrime scendevano copiose - “Addio amica mia. Grazie per avermi regalato quest’ultima gioia”.

La lama scese.

 

 

Ricurvo sui gomiti poggiati al parapetto, le mani intrecciate tra loro, gli occhi scorrere veloci sulla banchina che si allontanava, su quella folla intenta ad agitare fazzoletti e cappelli, a salutare chi, come lui, aveva deciso di lasciare tutto, andare lontano, alla ricerca di una nuova vita.

Era la scelta giusta?

Un refolo di vento gli agitò il collo della giacca.

L’aria pungente degli ultimi giorni di novembre.

Giorni concitati.

Aveva rischiato di perderla. Nascosti per diversi giorni nell’attesa che si rimettesse in forze, giusto per affrontare il viaggio di rientro in Francia.

 Poi Bernard li aveva fatti tornare a Le Conquet.

Thomas si era occupato di lei, l’aveva seguita attentamente, giorno dopo giorno per impedire che perdesse l’uso della parola. Il taglio aveva leggermente lesionato le corde vocali.

Non l’aveva lasciata un solo secondo mentre la vedeva fare piccoli passi di miglioramento.

“Alain, ho fatto veramente il possibile. Non sarà più come prima, ma potrà parlare”.

Mentre Yvy era convalescente erano stati ospiti alla dependance di Mornay, all’allevamento.

Aveva ripreso il lavoro e non poteva esserci un luogo più sicuro per entrambi.

Quando gli era stato annunciato finalmente –“fra due masi salperete per l’America”- non gli era parso vero.

Una sola cosa allora gli era rimasta da fare prima di andarsene per sempre.

“Devo”- le aveva detto accarezandole una guancia.

Si era imbarcato per Corck  nonostante il tempo non fosse dei migliori per affrontare un viaggio in nave, sebbene breve, e giunto a destinazione si era spinto fino alla vecchia taverna di O ‘Connelly.

Una birra mentre nel locale non molto affollato, lo sguardo si era perso ad osservarne ogni angolo, ripensando a ciò che le aveva raccontato. La vecchia pianola, le piccole finestre che davano sul porto con le barche e i pescatori intenti a cucire le reti, il profumo intenso di stufato.

Lasciando un paio di monete sul bancone aveva chiesto della famiglia di Leah.

Una piccola casetta ed un’immensa distesa verde.

La madre era scoppiata in lacrime quando Alain le aveva messo tra le mani il suo fermaglio leggermente annerito.

Erano rimasti a lungo ad ascoltarlo mentre raccontava di lei e alla fine lo avevano pregato di fermarsi la notte prima di ripartire.

Aveva fatto la cosa giusta.

Ora Leah era finalmente a casa.

Sussurrò appena il suo nome. La sua piccola e rossa bambolina.

Un sospiro. L’aveva lasciata andare – “Addio”

Yvy gli si affiancò in silenzio.

Volse leggermente gli occhi verso di lei. Quel taglio che le attraversava il collo da un lato all’altro intravvedersi sotto il fazzoletto. A volte faticava ancora a parlare. Aveva bisogno di lui … e lui di lei.

C’era sempre stata. Nei momenti peggiori della sua vita era apparsa portandogli sollievo. L’aveva amata … ed indubbiamente l’amava ancora.

Si. Ricominciare. Con lei.

Accennò ad un sorriso accorgendosi che lo stava fissando. Quegli occhi cerulei …

Le mise un braccio attorno ai fianchi stringendola a sé.

Era ora di vivere.

 

 

Ancora si sveglia nel pieno della notte, il cuore in gola.

Si girava nel letto alla ricerca di Andrè. Poi si alzava in silenzio e a piedi scalzi raggiungeva  la stanza accanto soffermandosi a guardare i suoi bambini dormire per poi tornare a fianco del marito.

Quell’inverno era iniziato con un’abbondante nevicata.

Joseph seduto accanto alla sorella giocherellava con un cavallo di pezza  mentre Maddie in ginocchio sul sofà davanti alla grande vetrata, impaziente, fissava un punto in lontananza.

Allora il pensiero andò alla piccola Maria Teresa, unica superstite della famiglia reale. In quei giorni, Francia e Austria avevano negoziato lo scambio di alcuni prigionieri. Le era giunta voce che in quell’occasione, dopo una lunga detenzione disumana, la principessa finalmente fosse stata condotta a Vienna.

Erano trascorsi due anni dalla morte della regina.

Quel carretto malmesso era giunto in Place de la Revolution tra grida, insulti e sputi.

Sofferente  e più magra del solito. I capelli corti ed imbiancati. Maria Antonietta regina di Francia andava verso la morte. Così il paese aveva deciso di dare una svolta alla sua storia. E mentre l’asse lentamente scendeva per essere posizionato , aveva sperato che lei la vedesse, che i loro occhi potessero incrociarsi ancora.

E così era stato. Pochi secondi. Un manciata di granelli di sabbia del tempo concessi affinchè due amiche si potessero salutare per l’ultima volta.

“Vive la France!” – mentre Sanson sollevato il capo mozzato lo mostrava con un certo orgoglio alla folla.

Socchiusi gli occhi, aveva scostato lo sguardo su di un lato –“Andiamo via Andrè …”- mentre una lacrima le attraversava una guancia.

Il suo Andrè. Il suo amico, il suo compagno da sempre, la sua ombra. Suo marito. Il suo essere completa.

Avrebbe fatto presto rientro a casa.

La vita era ripresa con una tranquillità e normalità da lasciarla spesso incredula.

Nonostante tutto, non aveva dubbi sul fatto che, ora come ora, non le mancasse indossare un’uniforme e dare degli ordini. Forse , cresciuti un po’ i suoi figli, avrebbe potuto riprendere i suoi impegni alla caserma di Brest … ma non adesso.

Aveva perso troppo. Della sua vita. Di loro come famiglia. Di Andrè.

Madeleine stampò le manine ed il naso contro il vetro gridando –“Papà … c’è papà!”- agitando le braccia quasi a voler attirare la sua attenzione.

Quando il giovane si trovò a pochi passi da casa, afferrò per mano il fratello andando a pararsi di fronte alla porta battendo entrambe i piedini a terra dalla gioia.

Andrè se li trovò con le braccia tese verso di lui.

“Ehi … uno alla volta”- in tono scherzoso caricando Maddie sulle spalle e prendendo Joseph tra le braccia.

Oscar sorrise incrociando i suoi occhi.

Tutto si era compiuto.

Il destino è fatto dagli uomini, i miracoli da Dio.

Era stata dura. Ma lei … loro, avevano lottato. Fino all’ultimo. L’amore li aveva sempre tenuti uniti e, alla fine, il tempo regalava loro la felicità tanto agognata.

La baciò teneramente le labbra – “ … che meravigliosa accoglienza” – divertito.

Si accinse a chiudere la porta.

Quei fiocchi scendere lievi ed in lontananza le onde infrangersi sulla scogliera.

Diede una mandata e si volse verso la sua famiglia.

La partita era terminata.

Non c’era possibilità di alcun’altra mossa.

Scacco matto.

Lei aveva vinto.

Coraggio, perseveranza e, perché no, anche un briciolo di fortuna l’avevano resa libera.

“Mamma … vieni”- Maddie le elargì uno dei suoi bellissimi sorrisi.

Non aveva bisogno di nient’altro.

Il suo mondo era li.

Questa era la vera felicità.

   
 
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