“consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo jorn qu’esper, denan.
Ara vos prec, per aquella valor
que vos condus al som de l’escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor!”
(Dante,Purgatorio, XXVI, 143-147)
E te dico: - Core core!
core mio, turnato io sò
torna maggio e torna ammore,
fa de me chello che vuò!
(Salvatore Di Giacomo, Mario Pasquale Costa, Era de Maggio, 1885)
È in un frammento d’eternità, prima che tutto taccia - stavolta per sempre - ch’avvengono miracoli e prodigi. I Ritornanti sconfiggeranno la Morte.
È proprio dell’uomo rivoltarsi contro le divinità, nella sempiterna lotta tra genitori e figli. Ma anche gl’amanti sfortunati s’incontrano per l’ultimo atto, i pesi e le colpe d’innanzi, in un bilancio sempre in debito, mai in pareggio. core mio, turnato io sò
torna maggio e torna ammore,
fa de me chello che vuò!
(Salvatore Di Giacomo, Mario Pasquale Costa, Era de Maggio, 1885)
Ricordati di me. Ricorda il mio nome, prega, mentre tutto crolla, nell’ultimo, fatale abbraccio; un sussurro di sabbia e sole nell’aria tiepida di maggio. Ricorda quanto m’è costato perderti.
Stavolta non tornerà. Lo sapete entrambi. Eppure lo speri lo stesso ch’abbia torto.
Per la rubrica “Occupiamoci di gente morta e delle loro paturnie”, oggi prendiamo in esame il termine cossirar, che arriva dritto dritto dal provenzale. Come per desio/desiderio, cossirar ha genesi dal latino cum + sidus.
Se volessimo fare un altro passo all’indietro (sì, che lo volete. Non negatelo.), l’indoeuropeo ha *kom < cum che si traduce con “insieme/presso”, mentre sueid/ueid è alla base della parola sidus,-ei, stella, che rimanda tanto al concetto di splendore, brillantezza, chiarore, quanto al concetto di vista (*ueid < ἰδεῖν) che è alla base sia di ιδέα che di εἶδος (aspetto, forma, cosa vista). Considerare, dunque, significa “fissare attentamente gli occhi del cuore su qualcosa, come quando si fissano le stelle”.
No, non ridete: “gli occhi del cuore” sono una trovata di Paolo da Tarso (Efesini 1:18). Non pigliatevela con gli sceneggiatori cani di Boris. Pigliatevela con lui. E buona fortuna.
Considerare e Considérer sono le versioni derivate dal latino per la lingua italiana e quella francese, ma in provenzale facciamo un passo in più rispetto al trittico “riflettere, valutare, ponderare”: in provenzale cossirar fa tutto il giro (della morte. Triplo) e si colora della sofferenza, del rimpianto e del dolore propriamente espresso nella lirica occitanica. È sempre pensiero (che dà per li occhi una dolcezza al core), ma pensiero amoroso (quasi sempre venato di languore e quasi mai piacevole).
È l’alloda che si perde in se stessa e brama fondersi nel sole (Bernart de Ventador).
È un sentimento che scuote il cuore e si intreccia al desiderio (Rimbaut d’Aurenga).
È la consapevolezza dolorosa delle proprie follie terrene (Arnaut Daniel per bocca di Dante).
Rimpianto, quindi. Rimorso, forse. Melanconia, non proprio.
Ma il cossirar spalanca le porte al morire in quel languore e in quella tenerezza che saranno proprie della lirica cortese (uno per tutti, Tristano).
Forse è un filo troppo pretendere che Maskuzzo, in punto di morte, davanti al Muro del Pianto, si voglia fondere nella sua signora come fa l’alloda col sole; ne prendo atto. Ma siate gentili, e chiudete un occhio, per carità!