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Autore: vegeta4e    06/05/2024    0 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XXX

Passarono poco più di dieci giorni da quando gli avevano sparato e la ferita stava iniziando a dargli meno noie del solito. Il medico aveva tolto i punti a Taylor proprio il giorno prima, ma aveva raccomandato al detective di non sospendere assolutamente la cura di pillole che gli aveva prescritto. Mac, in giro per la città nel suo giorno libero, sospirò più sollevato creando una piccola nuvola di condensa, fermandosi per qualche secondo davanti all’enorme albero di Natale che addobbava il complesso del Rockefeller Center, tra la 50esima e la 5a. Sorrise pensando involontariamente alle parole che Stella gli aveva detto qualche settimana prima: “non c’è niente come il Natale a New York”.
Aveva ragione. Anche se il detective sentiva sempre un peso all’altezza dello stomaco da quando aveva parlato con Flack, non poteva negare a se stesso che ovunque posasse lo sguardo, nonostante non vedesse visi familiari, sentiva uno strano calore nel petto. La città pareva trasformata in quel periodo dell’anno, e a Mac sembrava realmente di vedere più bontà negli occhi degli sconosciuti. Ogni volta, però, sorrideva amaramente dandosi mentalmente dello stupido. Razionalmente sapeva benissimo che non era la neve, l’atmosfera natalizia o una festa che aveva lo scopo di far girare l’economia a cambiare le persone. Eppure, ogni tanto, gli piaceva pensare che tutti gli addobbi e l'aria di festa che si respirava potessero influenzare positivamente gli animi di tutti.
All’ennesimo semaforo rosso per i pedoni diede un’occhiata all’orologio da polso per assicurarsi di non essere in ritardo. Constatò di non esserlo, ma nonostante questo fu uno dei primi ad attraversare le strisce pedonali quando scattò il verde.
Peyton lo stava aspettando a mezzo isolato da lì, all’angolo tra la 42esima e la 5a, sicuramente infreddolita dato che quella notte aveva nevicato parecchio. Le strade erano pulite, ma i marciapiedi erano totalmente imbiancati. La vide ferma all’angolo di fronte a lui, divisi dall’ultimo attraversamento pedonale. Sorrise notando che lei non l’avesse visto tra la folla.
- Ciao. - La salutò quando la raggiunse.
Lei si girò. - Eccoti. - Gli sorrise dolcemente, dandogli poi un bacio e prendendolo sottobraccio.
- Allora? La valigia è pronta? - Chiese mentre iniziarono ad incamminarsi lungo il marciapiede innevato.
- Praticamente sì. Devo solo aggiungere le ultime cose, ma lo farò poco prima di chiuderla. -
Mac annuì. - Alla fine sono stato obbligato a farla anche io. - Iniziò. - È incredibile, ho uno strano rapporto con quella città. -
Lei lo guardò sorpresa, fermandosi. - Verrai anche tu? -
Si fermò anche il detective, girandosi indietro per guardarla. - Non potevo di certo farti andare da sola dopo la notizia che mi hai dato. -
- Guarda che non devi preoccuparti, andrà tutto bene. -
- Ormai ho comprato il biglietto. - Replicò.
Ripresero a camminare. - Mi era parso di capire che non avessi tanta voglia di vedere Londra. -
Lui esitò qualche secondo. - Sono io che associo brutti ricordi a Londra, ma non è poi così male. -
- Sei carino a fare questo sacrificio per me. - Sorrise, sbilanciandosi poi di lato per lasciargli un bacio sulla guancia.
- Non è un sacrificio. - Si girò a lanciarle un’occhiata. - Londra non ha colpe, dopotutto è solo una città. -
Lei sorrise, decidendo di cambiare discorso. - Chissà come reagiranno i miei alla notizia… -
- Non sanno ancora nulla? -
- No. Sanno solamente di noi due, ma ho pensato che sarebbe stato meglio dirgli a voce del bambino. -
Mac concordò, anche se faceva ancora una fatica immensa nell’abituarsi all’idea.
- Reed lo sa? - Domandò ancora Peyton.
- Non ancora, non ho avuto modo di vederlo ultimamente. Lo farò appena possibile. -
Lei fece per rispondere, quando poco più avanti, la voce di una donna attirò l’attenzione di tutti.
- Al ladro! Fermatelo! Mi ha rubato la borsa! - Per deformazione professionale, Mac aguzzò la vista per scorgere il ladro tra la folla. Non faticò molto, complice la fortuna che scelse di far scappare l’uomo proprio nella sua direzione. Taylor attese di averlo vicino prima di afferrarlo con entrambe le mani per la giacca e buttarlo per terra.
- Cazzo! - L’uomo cadde di schiena sul marciapiede, venendo poi preso dalle braccia e girato a pancia in giù con la faccia nella neve sporca. In meno di cinque secondi si ritrovò ammanettato e, mentre tossiva, si sentì sollevare di peso. Una volta in piedi per poco non cadde addosso a Mac, che prontamente lo mise stabile sui suoi piedi.
- Auguri di buon Natale. - Disse il detective Taylor. - Sei riuscito a beccare un poliziotto tra tutta questa gente. -
- Che culo… - Borbottò l’uomo alzando gli occhi al cielo.
Peyton, nel frattempo, aveva raccolto da terra la borsa della signora derubata, mentre la gente intorno si era fermata per guardare la scena.
- L’avete fermato! - La donna arrivò correndo a piccoli passi per non scivolare sulla leggera patina di ghiaccio e, vedendo il ladro ammanettato, capì di essere di fronte alle forze dell’ordine.
- Oh, agente, lei è un angelo! - Poi guardò Peyton che, gentilmente, le stava porgendo la borsa. - Grazie mille, signorina. E tu! Stronzo! - Si avvicinò pericolosamente al tizio ammanettato dandogli una borsettata sulla spalla.
- Ehi! Basta così! - Intervenne Mac facendo allontanare la signora. Poi si diede una rapida occhiata in giro sperando di scorgere tra la folla una pattuglia in servizio, ma con disappunto vide solamente gente impegnata negli ultimi acquisti di Natale.
- Avanti, cammina. - Disse spingendo in avanti l’uomo. Taylor pensò che probabilmente nell’isolato successivo avrebbe trovato dei colleghi, o almeno era quello che si augurava.
- Stavo facendo acquisti natalizi! - Tentò la strada dell’ironia, ma con Mac si rivelò solamente un buco nell’acqua.
- Non ti serviranno nella cella del dipartimento. -
L’uomo sbuffò, notando solo in quel momento che accanto al detective stava camminando anche Peyton. Pensò che probabilmente fossero colleghi. Le lanciò un’occhiata palesemente interessata, cosa che non sfuggì a Mac dato che lo stava scortando.
- Ehi, ciao zuccherino! - Commentò poi a voce alta.
- Mi correggo: cammina in silenzio. - Ribadì il detective venendo, però, totalmente ignorato.
- Bambola, se riesco ad uscire domani ci vediamo? Non ti derubo, promesso. -
Mac lo strattonò, infastidito. - Ho detto in silenzio! -

- Ahia! -
Peyton non trattenne un sorriso di fronte alla reazione del detective.
- Temo di doverti deludere. - Replicò lei alle squallide avances dell’uomo.
La presa di Mac Taylor si strinse sui polsi già ammanettati dell’uomo, mentre con passo spedito lo indirizzava lungo il marciapiede alla ricerca di un paio di agenti. Sconsolato, stava già per mettere mano alla tasca della giacca di pelle per prendere il cellulare e chiedere una pattuglia, ma scorse due agenti in divisa una cinquantina di metri più avanti.
- Detective Taylor. - Disse mostrando il distintivo quando li raggiunse. - Scortatelo in centrale, accusa di tentato furto. -
- Ma certo. - Rispose uno dei due, afferrando poi l’uomo per un braccio. Mac si riprese le manette, sostituite prontamente da quelle del collega.

Quando lui e Peyton rientrarono a casa di Mac un paio d’ore dopo, il cellulare di Taylor trillò per un sms proprio mentre girava la chiave nella serratura. L’altra mano impegnata a tenere un sacchetto con le prime compere per il nascituro. Una volta entrato posò gli acquisti sul tavolo, mentre lei chiudeva la porta con la catenella di sicurezza. Solo allora Mac prese il telefono per vedere chi fosse, sperando non si trattasse di qualche omicidio. Era Reed.
“Ciao, Mac! Credo che ci sia un hacker in circolazione, non riesco più ad accedere al mio blog e, come se non bastasse, la Bank of America ha segnalato un furto di non so quanti milioni dal conto dei clienti”.
Lo lesse un paio di volte per capacitarsi, poi si lasciò sfuggire una risata scettica.
- Stiamo scherzando… -
“Magari è un problema del tuo blog e il fatto della banca è scollegato” gli rispose non dando realmente importanza alla notizia. Il cellulare trillò dopo pochi secondi.
“Non hai guardato il telegiornale?”
“Sono tornato a casa ora. Adesso lo guardo”.
Senza dire nulla raggiunse il salotto, prendendo il telecomando appoggiato sul tavolino tra il divano e il televisore. Accese sul canale dove solitamente, a quell’ora, davano il notiziario.
“... -on è successo più di quaranta minuti fa, migliaia di clienti della Bank of America stanno denunciando bonifici partiti dai propri conti correnti. Non si sa ancora chi sia il beneficiario che sta ricevendo il denaro, ogni IBAN è differente dall’altro, ma il direttore assicura che tutti i tecnici sono impegnati per recuperare fino all’ultimo centesimo. Non sappiamo dire se sia un hacker o qualche altro genere di attacco informatico. Per il momento, la somma rubata ammonta a tre milioni e mezzo di dollari… -
Mac ascoltò in silenzio, la mano che stringeva il telecomando ancora a mezz’aria e le labbra dischiuse, come in procinto di dire qualcosa, ma bloccato dallo stupore.
- Peyton, dove hai il conto? - Chiese all’improvviso senza staccare gli occhi dallo schermo. Lei, ancora ignara del disastro finanziario in atto, era in cucina per decidere cosa avrebbero mangiato per pranzo. Si girò verso di lui, vedendolo bloccato davanti la TV.
- Alla Chase Bank, perché? -
- Hanno rubato tre milioni e mezzo di dollari alla Bank of America. Temono sia un hacker. - Posò nuovamente il telecomando sul tavolo per raggiungerla in cucina. - Anche Reed sta avendo problemi con il suo blog, forse è collegato. - Spiegò iniziando a cambiare idea.
Peyton girò le due fettine di carne, già sul fuoco. - Non c’è che dire, non vi annoiate mai qui a New York. - Sorrise nel sentire le mani di Mac abbracciarla da dietro per poi lasciarle un bacio sul collo.
- Vero, ma finché non ci sono cadaveri non sono affari nostri. - Replicò con calma.
- Hai ragione. Tu che banca hai, invece? -
- Anche io la Chase Bank. - In un gesto d’affetto le posò la mano destra sul ventre ancora piatto, facendo una carezza indiretta a quel bambino così inaspettato ma altrettanto atteso. Lei sorrise appoggiando la schiena al petto del detective, chiudendo gli occhi e godendosi il momento di tranquillità.
Il canale della TV cambiò, togliendo il telegiornale in sottofondo e mettendo un altro canale che comunque parlava dei tre milioni e mezzo rubati. Poco importava su quale canale si sintonizzasse, i discorsi delle trasmissioni erano tutti concentrati sul disastro che aveva colpito migliaia di newyorkesi.
Mac si staccò leggermente da Peyton, voltandosi verso il salotto con aria interrogativa.
- … Un cortocircuito? - Ipotizzò lei, troppo razionale come lui per credere che ci fosse qualche alta motivazione dietro.
- In quel caso si sarebbe spenta. - Il detective tornò davanti alla TV, seguito prontamente da lei, non prima di aver messo il fornello al minimo.
Mac non fece in tempo a prendere il telecomando che il canale cambiò ancora, lasciandolo basito.
- Hai detto che parlavano di hacker, come fa a controllare anche i dispositivi come i televisori? -
Taylor scosse piano la testa, gli occhi piantati sullo schermo mentre il canale tornava sul primo notiziario che aveva messo.
- … -oblemi con i dispositivi elettronici, quindi fate attenzione ai vostri computer, cellulari o televisori. - Spiegò la giornalista.
- Magnifico. - Mac si lasciò cadere sul divano dietro di lui, disarmato. - In laboratorio va tutto ad elettricità. -
Peyton sospirò capendo la gravità della situazione. Non era un loro problema quello della banca, ma se tutto ciò che andava ad elettricità era compromesso, i criminali avrebbero avuto carta bianca fino a che questo pazzo fosse rimasto a piede libero. Stranamente, nonostante i problemi dei dispositivi, il cellulare di Mac squillò ancora.
- Taylor. -
- Mac! - La voce di Danny arrivò a fatica, probabilmente per i disturbi del segnale. - Qua al laboratorio è tutto in tilt. -
- Lo so, sto guardando il telegiornale per quel che riesco. La TV sembra impazzita. - Replicò il detective, rassegnato.
- Quindi anche a casa tua ci sono problemi? -
Taylor sospirò. - Ci sono problemi in tutta New York. Evitate di fare analisi se i macchinari non funzionano come dovrebbero. Rischiate solamente di basarvi su dei risultati falsati. -
- Va bene. Dannazione, Adam! Non potevi specializzarti in hackeraggio? - Lo sentì inveire contro l’amico, probabilmente lì vicino.
- Ehi, questo tizio è un genio, sta facendo rimbalzare il segnale su ogni antenna disponibile in città! - Ed eccolo Adam, in sottofondo, probabilmente esaurito e al quinto caffè della mattinata.
Mac sorrise. - Lavorare così è impossibile. Se non riuscite a risolvere, prendetevi la giornata. Sinclair capirà, mi auguro. Rimanete in servizio come agenti. -
- D’accordo, capo. Ci aggiorniamo. - Chiusero entrambi la chiamata.
Il detective fissò ancora la TV, lanciando poi uno sguardo a Peyton. Non che potessero fare molto, non era il loro campo dopotutto.

Il giorno dopo la situazione, per quanto possibile, peggiorò. O semplicemente Mac la percepì decisamente più in prima persona dato che da una mezz’ora abbondante stava lottando inutilmente contro il computer del suo ufficio. Ad ogni click del mouse gli si aprivano pagine a caso sullo schermo, e più cercava di chiuderle, più ne apparivano. Il detective sapeva bene di aver iniziato a combattere una guerra persa in partenza, ma era più forte di lui.
All’ennesima finestra che gli comparve sul desktop, Mac per poco non lanciò il mouse, spazientito da quel fastidioso quanto efficace metodo per impallargli il computer.
- Mac! - La voce di Flack lo fece girare in direzione della porta. - Devi venire a vedere! -
Taylor sospirò, già esausto alle 8:23 AM. - Che altro c’è? -
- Vieni con me, questa cosa giuro che non me la spiego! - Don sembrava seriamente stupito, e notando gli occhi sgranati dell’amico, Mac non poté resistere alla curiosità che, in fondo, lo aveva stuzzicato. Arrendendosi nella lotta contro il computer, il detective lasciò il posto alla sua scrivania e seguì Flack nel garage dove lasciavano i suv del dipartimento.
- È stata segnalata una rapina ad un supermarket tra la 18esima e la 24esima, quindi sono salito in auto per andare sul posto e guarda! - Aprì la portiera dal lato guidatore, sporgendosi poi verso l’interno e accendendo la radio sulla frequenza della polizia. Mac lo guardava con le mani sui fianchi, sentendo gli agenti dare le classiche comunicazioni di servizio. Il detective non fece in tempo a chiedere spiegazioni, che dalla radio arrivarono due scariche. Come se il segnale fosse disturbato, le voci dei colleghi sparirono, e al loro posto partì una canzone.
Taylor guardò Flack, le mani ancora sui fianchi, immobilizzato nel tentativo di capire cosa stesse succedendo.
- Sono i Coldplay? - Chiese Mac, interdetto.
- Sì, sono i Coldplay. Sulla frequenza della polizia. O hanno cambiato lavoro o c’è qualcosa che non va! -
Taylor non trattenne una risata nervosa. Stavano rasentando la soglia del ridicolo.
- È impossibile lavorare in queste condizioni. - Disse passandosi una mano sulla nuca.
- Lo so, ma non possiamo fare nulla. Vieni con me al supermercato? -
- D’accordo. - Sospirò. - Tanto in laboratorio siamo bloccati. - Fece il giro dell’auto salendo accanto a Don che, intanto, aveva messo in moto.
- … Conosci i Coldplay? - Gli chiese Flack all’improvviso, mentre si metteva la cintura. Mac gli riservò un’occhiata contrariata, infastidito dall’insinuazione che lui potesse non conoscere una band tanto famosa.
Don rise divertito, adorava prenderlo in giro.
- I want something just like this! Doo-doo-doo, doo-doo-doo. - Senza vergogna Flack cantò a pieni polmoni mentre usciva dal garage del dipartimento, prendendosi un’altra occhiata da Taylor. Probabilmente l’ultima cosa che il detective si sarebbe aspettato da quella giornata era un concerto di Don nell’auto di servizio. E lui come unico spettatore.
- Flack, per favore… - Disse per fargli capire di smetterla.
- Doo-doo-doo, doo-doo-doo! - Per tutta risposta Don si girò verso di lui, intonando a tempo della canzone e fingendo di avere nella mano destra un microfono invisibile.
Taylor si passò una mano sulla fronte: non avrebbe sopportato tutta la giornata in quel modo. L’allegria di Don venne bruscamente interrotta da un improvviso cambio di frequenza.
“… -oke,  I'm just a broken-hearted man
I know it makes no sense but what else can I do?
And how can I move on when I'm still in love with you?”
In auto calò il silenzio, mentre le note dei The Script accompagnavano i pensieri di entrambi i detective.
“Come posso andare avanti se ti amo ancora?”. Era una domanda a cui né Flack né Mac sapevano dare una risposta e Taylor, percependo ancora il mattone sullo stomaco, scostò lo sguardo oltre il finestrino alla sua destra per nascondere i pensieri, come se l’amico potesse leggerglieli attraverso gli occhi.
Don cambiò stazione con un dito, dando un colpo secco al pulsante.
- Vediamo se c’è un po’ di Rock’n’roll se proprio dobbiamo ascoltare questa roba… -
“ … -ere stood a log cabin made of earth and wood
Where lived a country boy named Johnny B. Goode
Who never ever learned to read or write so well”
Trovarono qualcosa di un po’ più allegro ed entrambi sembrarono più rilassati mentre le note di Chuck Berry risuonavano nel suv.
Il buonumore datogli dalla canzone non durò molto, infatti la frequenza cambiò ancora, fermandosi sul singolo storico degli Hoobastank.
“... -ve found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
And the reason is you”
Flack spense la radio, deglutendo a vuoto. Il ricordo di Jessica era sempre lì, in un angolo della sua mente, solo in attesa di essere riportato alla luce da qualche subdolo ricordo, come le canzoni che stavano passando in radio.
Mac, a pochi centimetri da lui, stava vivendo la stessa cosa, se non peggio. La guerra interiore che combatteva da giorni si era riaccesa: ammettere di non avere la forza di andare avanti oppure ricominciare da capo grazie a un nuovo motivo?
La frenata lo destò prima che potesse darsi una risposta e dando una rapida occhiata fuori, Taylor vide il supermarket oltre il finestrino. Scesero entrambi in silenzio, ancora feriti dai testi sentiti in radio.
- Polizia di New York, avete chiamato voi per la rapina? - Il primo ad entrare fu Mac, avvicinandosi rapidamente all’uomo dietro al bancone.
- Oh, per fortuna siete arrivati. Sì, sono stato io. - Un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati e dall’aria spaventata accolse i due agenti.
- Sa spiegarci cos’è successo? - Domandò Flack una volta affiancato il collega.
L’uomo sospirò. - Erano in tre, non siamo riusciti a vederli in faccia perché indossavano un passamontagna. Ci hanno puntato le pistole e hanno chiesto i contanti. Poi sono usciti di corsa. -
Mac scosse la testa sentendosi impotente. - Purtroppo le telecamere di sorveglianza sono fuori uso. Ha notato qualcosa di particolare? Qualche accento? -
L’uomo ci pensò qualche secondo. - Sì, due erano americani, il terzo forse aveva un accento ispanico. Probabilmente messicano. - Scrollò le spalle non del tutto convinto.
- Com’erano vestiti? - Domandò ancora Taylor.
- Maglietta e pantaloni della tuta… Decisamente anonimi. Potrebbe essere chiunque. - Replicò l’altro con disappunto.
- Lo capisco. - Disse ancora il detective. - Purtroppo le sto facendo le domande che potrebbero aiutarci a capire chi è stato. Capisce anche lei in che situazione stiamo lavorando. -
Il signore annuì, capendo che il poliziotto di fronte a lui aveva tutta l’intenzione di aiutarlo, ma aveva le mani legate.
- La terremo informato. - Aggiunse prima di uscire. Tornato all’auto trovò Flack impegnato a parlare alla ricetrasmittente, in un ultimo, disperato e inutile tentativo di mettersi in contatto con i colleghi.
- Qui detective Flack, qualcuno mi riceve? - Attese qualche secondo, Mac lo guardava speranzoso. - Qualcuno che non siano i Coldplay. - Specificò ironico, ma nessuno rispose.
Taylor non trattenne un sorriso, salendo poi al posto del passeggero.
- Ricordami perché sono venuto a una rapina senza cadavere? - Sbuffò chiudendo la portiera.
Don mise in moto. - Perché i macchinari del laboratorio sono fuori uso, New York è nel caos e tu non hai niente da fare. -
Mac annuì facendo la sua solita espressione, arrendendosi di fronte alla risposta del collega.

 

To be continued...

   
 
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