CAPITOLO 5
“LE COSE SONO CAMBIATE”
Café Des Artistes.
Quale posto migliore? Un tempo letterati, artisti e filosofi si incontravano nei caffè per scambiare teorie ed opinioni. Oggi non è poi così diverso. Cambiano solo gli argomenti di conversazione.
Era quasi mezzanotte.
Eden spinse la porta di vetro e sentì con piacere il suono del campanello.
Fu come fare un tuffo nel passato.
In quel posto aveva passato intere giornate. Era in quel piccolo locale di Brooklyn, nel quartiere bohemien di Dumbo, che lei e gli altri si incontravano. Era lì che scambiavano opinioni con gli altri del mestiere. Era in quel minuscolo caffè che fumavano sigarette e bevevano birra.
Tutti tranne lei almeno.
Eden non beveva mai.
Fece qualche passo con la testa bassa quasi avesse paura di scoprire che quel posto non era più lo stesso.
Con un movimento lento tirò su il viso e lasciò scivolare il cappuccio sulle spalle.
Si guardò intorno.
Le pareti avevano ancora lo stesso colore rosso mattone scuro. I quadri appesi invece forse erano cambiati. Lì per lì non riusciva a ricordare. I tavoli avevano delle tovaglie diverse, mentre la pelle consumata delle poltrone era sempre la stessa.
Sorrise accarezzando il vecchio juke box con lo sguardo.
D12. I love rock 'n roll. Joan Jett and the blackhearts.
Chissà se ho un quarto di dollaro in tasca.
Un rumore improvviso di vetri infranti la fece sussultare. Si voltò di scatto.
“Non posso crederci!”
Grace aveva lasciato cadere a terra la caraffa del caffè e se ne stava impalata con gli occhi spalancati e le mani sulla bocca.
Eden allargò il suo sorriso.
“Allora è vero quello che si dice in giro... Non è possibile che tu sia davvero qui!”
Prima ancora di finire la frase Grace le si era buttata addosso stringendola in un abbraccio incredulo.
Una bella sensazione.
Eden si fermò a guardarla. Grace Kennedy, lunghi capelli neri e una liscissima pelle ambrata che lei le aveva sempre invidiato in segreto. Tutto merito della madre indonesiana. Non credeva che servisse ancora caffè in quel posto.
“Non ci posso credere!”
“E invece eccomi qui.”
“E' vero quello che dicono? Sei scappata dai federali?”
Eden sollevò le spalle
“Ci ho messo un po', ma alla fine ce l'ho fatta.”
Grace si illuminò
“Sono così felice!”
Eden abbassò gli occhi. Lei non sapeva come sentirsi.
“Tutto bene?”
Grace le fece cenno di avvicinarsi al bancone.
Le porse una tazza del suo famoso caffè alla cannella.
“Sì. E' solo che... Devo ancora abituarmi all'idea di essere tornata.”
“E non sei l'unica! Hai idea di quale putiferio si scatenerà appena tutti sapranno che è vero?”
Eden avvertì una fitta allo stomaco. Non riusciva a non sperare che la notizia trapelasse il più lenta possibile.
“Non lo so... In realtà non ho ancora idea di cosa farò.”
Grace annuì
“Se hai bisogno di nasconderti posso aiutarti io.”
“Non voglio metterti nei guai.”
“Non preoccuparti per me.”
Eden girò il cucchiaino nella bevanda fumante. Il piano era iniziato e già le sembrava di non riuscire a starci dentro. Nella sua testa aveva pronte mille domande da sparare a raffica, ma il suo cuore non era ancora pronto a sapere.
Grace balzò in piedi
“Bevi quel caffè. Sarò da te appena avrò cacciato gli ultimi clienti. Immagino che avrai bisogno di parecchi aggiornamenti.”
Grace sfilò via verso i tavoli mentre Eden la seguiva con gli occhi. Non riusciva a non guardarla. Non era cambiata affatto. E lei ricordava ancora perfettamente la sera in cui l'aveva vista la prima volta. Anche se Grace non era il reale motivo per cui quella serata le era rimasta tanto impressa nella memoria.
10 ANNI PRIMA
Quella sera Eden aveva indossato il suo nuovo top, i tacchi alti e l'ultima borsa di Prada. Eppure non si sentiva a suo agio. Quando le sue amiche l'avevano supplicata di andare alla festa a casa di Sam Martins (quaterback della scuola) non aveva potuto rifiutare. Adesso girovagava tra gente ubriaca ed ipereccitata.
Girando tra le mille stanze della villa di Sam miracolosamente le sembrò di aver trovato un'oasi di pace. Da quella stanza infondo al corridoio non arrivava nessuna musica assordante. Si avvicinò sperando di non trovare l'ennesima coppia intenta a fare sesso selvaggio sulla prima superficie utile.
“Eden!”
La voce cinguettante di Lauren attraversò il corridoio e la bloccò sui suoi passi
“Dove stai andando?”
In men che non si dica l'aveva raggiunta. Eden indicò distrattamente la stanza davanti a lei
“Cercavo solo un posto tranquillo. Questa musica mi sta facendo venire il mal di testa.”
Lauren la ammonì con lo sguardo
“Dovresti farti una birra!”
Eden scosse la testa e si avvicinò alla porta socchiusa. Quella stanza non era vuota come sperava. C'era un intero gruppo di ragazzi e ragazze intenti a conversare animatamente.
Eden aggrottò le sopracciglia.
Lauren sbirciò da dietro di lei e sfoderò un'espressione di disgusto
“Branco di falliti.”
“Come? Li conosci?”
Lauren alzò un sopracciglio
“Certo che no!”
“Hai detto che sono un branco di falliti!”
Lauren indicò dentro la stanza
“Vedi quella ragazza con i capelli neri?”
“Quella che sembra indiana?”
Lauren annuì
“Quella è Grace Kennedy. E' di Brooklyn. So chi è perché qualche mese fa ha fatto un colloquio di lavoro come cameriera nell'hotel di papà. Dicono che sia fuori di testa.”
“Fuori di testa?”
“Di certo ha degli strani interessi. Stregoneria, esoterismo, roba così. Io le starei lontana se fossi in te...”
Eden smise di ascoltarla allungando lo sguardo verso la sconosciuta fuori di testa. Quelle poche parole l'avevano resa improvvisamente interessante.
“...Non capisco nemmeno che ci faccia qui con i suoi amici! Dovrebbero restarsene a Brooklyn!”
Lauren si ravvivò i capelli color rame con le mani
“Torniamo di là?”
Eden guardò di nuovo la sua amica
“Va pure. Io faccio un salto alla toilette e ti raggiungo.”
“Allora ci vediamo tra un'ora. La fila per il bagno è infinita!”
Eden sorrise ma non si mosse mentre Lauren ancheggiava lontano da lei. Lentamente rivolse di nuovo gli occhi dentro quella stanza. Stregoneria? Esoterismo? Chissà se era vero.
In quel momento Grace alzò gli occhi ed incrociò i suoi.
Si guardarono per un solo secondo prima che Eden indietreggiasse bruscamente.
Voglio andare a casa.
Eden decise che avrebbe preso un taxi e poi avrebbe mandato un messaggio a Lauren per avvertirla. Si avviò scansando gente verso la stanza dei genitori di Sam al piano di sopra, dove sperava di ritrovare in fretta nel mucchio il suo giubbetto. Possibilmente senza vomito o altre sostanza organiche spalmate sopra.
Aprì la porta con naturalezza ma dovette bloccarsi sulla soglia.
Si morse il labbro per l'insolita situazione.
Davanti a quella faccia lui sembrò quasi divertito.
“Chi si rivede! La ragazza invisibile.”
Eden sollevò un sopracciglio facendo cenno al suo braccio, infilato fino al gomito nella borsa gucci di Polly Trice, la capo cheerleader.
Davis ne tirò fuori dei contanti e se li infilò in tasca con disinvoltura.
Mollò la borsa e dedicò tutta la sua attenzione ad Eden.
Scorrendola con lo sguardo non trattenne un'espressione di chiaro apprezzamento.
Eden sentì il cuore arrivarle in gola in un momento. Sentì che un sorriso a dir poco inopportuno si stava impossessando di lei.
“Stai pensando a un modo per comprare il mio silenzio?”
Davis la fulminò con uno sguardo sicuro e dannatamente sensuale.
“Dovrei?”
Il sangue di Eden sembrò iniziare a scorrere controcorrente, abbandonando tutte le sue parti del suo corpo per poi farle esplodere la testa. Si appoggiò allo stipite della porta.
“Visto che quella borsa era di Polly, e visto che la odio profondamente, puoi stare tranquillo. Non dirò niente.”
Lui sfoderò un sorriso a metà dei suoi. Eden si trattenne dal guardare. Si avvicinò alla pila di cappotti.
Frugando appena un po' tirò fuori il suo giubbetto di pelle. Apparentemente intatto. Lo infilò e cercò di rimboccare la porta.
“Aspetta.”
Lui la pietrificò sulla soglia con quello che era stato solo una specie di sussurro.
Le si avvicinò
“Andiamo fuori.”
Eden sentì che stava arrossendo.
“Venire fuori con te?”
Come fosse un gioco di prestigio Davis tirò fuori una sigaretta dal nulla e gliela sventolò davanti.
“Ti devo una sigaretta no?”
------
Nel giardino la situazione era decisamente più calma. Davis raggiunse una panchina in un angolo semibuio e si sedette tirando fuori l'accendino. Eden prese posto lasciando più spazio possibile tra loro.
“Non credevo fossi il tipo che va a queste feste.”
Esordì lui dopo aver respirato un po' di fumo
“Potrei dire lo stesso.”
Davis di nuovo sfoderò un mezzo sorriso.
“Credo di aver già sciolto il tuo dubbio.”
Rispose riferendosi a come l'aveva colto in flagrante. Eden sentì che si stava innervosendo. Quel ragazzo sembrava divertirsi costantemente alle sue spalle.
“Anch'io ho risolto il tuo allora. Come ti ho già detto qualche giorno fa tu non sai niente di me.”
Eden respirò il fumo amaro di quella sigaretta mentre Davis sembrò esitare per qualche secondo
“Non per essere ripetitivo, ma come ti ho già detto anch'io, so molte più cose di te di quanto pensi.”
Stavolta fu Eden a sorridere
“Davvero?”
“Mm mm.”
Convinta di coglierlo in fallo Eden si sollevò sulla panchina e lo guardò
“Per esempio?”
Davis sputò un cerchio di fumo mentre guardando nel vuoto sembrava pensare. Come se dovesse inventare al volo qualcosa da dire.
“Per esempio... So che frequenti il club del libro e che il tuo preferito è “Cime tempestose” di Emily Bronte... So che tutti i venerdì salti l'ora di educazione fisica con un certificato medico falso per una tendinite che non hai... E so che tua madre guida una mercedes e che probabilmente è una stronza. O almeno ha la faccia da stronza.”
Eden spalancò la bocca non sapendo se essere lusingata o spaventata
“Mi hai spiata?!”
Lui sollevò le spalle con un'espressione innocente in faccia
“Ti ho solo guardata.”
Il cuore di Eden iniziò a pompare a vuoto tanto andava veloce. Non riusciva a capire. E soprattutto non poteva accettare che quel ragazzo le smuovesse le interiora.
Scosse la testa riportando gli occhi in avanti.
“C'è solo un'ultima cosa che voglio sapere.”
Continuò lui
“Il tuo nome.”
Eden rimase stupita
“Sai tutte queste cose e non sai il mio nome?”
Lui sorrise
“Più che altro mi piacerebbe sentirlo da te.”
Deglutendo il sapore di fumo Eden prese coraggio ed allungò una mano cercando di farla tremare il meno possibile
“Eden Spencer.”
Lui le strinse la mano, dolce e deciso allo stesso tempo. Una strana scossa elettrica attraversò Eden dal bassoventre fino alla punta dei capelli.
“Lo so, è un nome stupido.”
Ribatté senza che lui avesse proferito parola. Cercava disperatamente un modo per smorzare la tensione.
“Io credo che ti addica.”
“Il paradiso terrestre?”
“Il peccato originale.”
Il tono di voce basso che accompagnava quella leggera allusione fu l'ennesimo colpo al suo autocontrollo.
“Posso farti una domanda?”
Chiese immediatamente Eden cambiando argomento
“Spara. Non ho niente da nascondere!”
Di nuovo lo guardò
“Perché vieni alla Dwight?”
Lui sollevò le sopracciglia
“Voglio dire...”
Riprese lei, ma Davis la interruppe
“Ho capito cosa vuoi dire. Perché frequento una scuola per ricchi e figli di papà se non sono né ricco né figlio di papà?”
“Non è proprio quello che avrei detto io.”
Davis continuò a fissare il vuoto
“E' ok, tranquilla, capisco il tuo dubbio... Il fatto è che mia madre era una di buona famiglia, una coi soldi intendo. Solo che poi è morta. E così adesso i miei nonni materni, che tra parentesi non vedo da quasi dieci anni, cercano di lavarsi la coscienza pagandomi la retta della Dwight.”
“Mi dispiace.”
Eden si sentì obbligata a dirlo. Non sapeva nemmeno se credere o no a quello che lui stava dicendo.
“E che mi dici di te?”
Eden ci ripensò un attimo
“Perché vado alla Dwight?”
Davis buttò via il mozzicone spento e cercò una posizione più comoda su quella panchina gelida
“Non proprio. Quello che vorrei sapere è come fa una come te, con i soldi e con un cognome, ad essere fuori posto in una scuola fatta apposta per la gente coi soldi e col cognome altisonante. Insomma, io ho la scusante del ceto sociale, ma tu?”
“Non lo so.”
“Non lo sai?”
Eden si chiese se poteva ricambiare con la stessa moneta quella che le era sembrata sincerità
“Non lo so... Forse è colpa mia. O forse è colpa di mio padre. Mia madre dice che era una specie di artista alcolizzato e sociopatico. Magari sono doti che si ereditano col dna.”
Non l'aveva mai detto a nessuno prima.
Né di suo padre, né delle sua paura di essere come lui.
Stavolta Davis non sorrise.
“Secondo me sei solo finita nel posto sbagliato. Ogni tanto succede nel grande caos universale.”
Eden aggrottò la fronte come se lui avesse detto una frase senza senso
“Dici?”
Davis la sorprese con uno sguardo diverso. Quasi dolce. Che lasciava intravedere tutto un mondo al di là dei suoi occhi.
“Non preoccuparti, è una cosa a cui possiamo rimediare.”
*****
“Hey!”
Grace la riportò alla realtà. Non si era resa conto che aveva chiuso il locale. E nemmeno che le si era seduta accanto.
“Scusa. Stavo solo... pensando.”
“Ci sono parecchi ricordi qui, vero?”
Eden annuì e basta. Ne aveva appena rivissuto uno.
Grace si fece seria di colpo.
“Stai cercando lui?”
Eden si svegliò completamente dai suoi pensieri.
Il piano. L'FBI. Dair.
Scosse la testa e sussurrò
“No.”
Grace sospirò graffiando via una macchia dal bancone
“Non avrei potuto aiutarti comunque. Non vedo da Davis da tantissimo tempo, più o meno da quando tu...”
Grace si interruppe ed Eden riprese fiato
“Non sono più venuti qui?”
Grace scosse piano la testa
“Nemmeno una volta. Non puoi neanche immaginare come le cose siano cambiate. Niente è più stato uguale.”
Eden cercò di ficcare le unghie nel legno del bancone
“Solo Tyler...”
Riprese Grace riattivando la sua attenzione
“...Lui passa ancora da queste parti qualche volta.”
“Come? Non sta più con Davis e con gli altri?”
Grace sospirò di nuovo e le rivolse uno sguardo amaro
“Te l'ho detto Eden. Le cose sono cambiate.”
------
X Meredith91: come sempre grazie mille per la recensione!! Mi aiutate davvero tanto a mantenere viva l'ispirazione!! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e sai, anch'io per il personaggio di Davis ho preso ispirazione dal mio ex e dalla nostra storia... Non che fosse un rapinatore di banche, ma decisamente non era un santo! Ho già letto il primo capitolo della tua storia, ma non ho ancora recensito perchè andavo di fretta e vorrei rileggere la storia per bene, però non mancherò!
X cinzia818 : grazie della recensione e grazie dell'apprezzamento! Io ho scritto tante storie (anche se non le ho pubblicate qui) ma stavolta sto cercando di scrivere in maniera diversa dal mio solito, più semplice e diretta, quindi non sono sempre sicura di quello che faccio. Sono contentissima che questa storia ti piaccia!! Come ho già detto sono sotto esami in questo periodo, ma appena avrò un po' più tempo ho intenzione di leggere sia le tue storie che quelle di Meredith91... Sarò molto felice di contraccambiare!!