Io
le osservo, le osservo sempre, quando si specchiano nelle vetrine e tirano
indietro i capelli, sorridendo vagamente alla propria immagine riflessa.
Le
osservo e studio i loro punti segreti, quelli che nessuno pensano che guardi
mai.
No,
io guardo…guardo tutto, niente mi sfugge o si cela al mio occhio.
Uno
solo, l’altro l’ho perso.
Una
piccola dimenticanza, una sbadataggine da poco. Non si lasciano
le cose in giro, ricordatevelo.
Io
guardo… la piega del ginocchio e la cicatrice sbiadita che quella rossa
naturale si è procurata da piccola, lo smalto scheggiato dell’unghia della
grassona accanto a me, una virgola bianca sulla superficie smaltata da qualche
giorno. È facile accorgersene: la vernice non è più brillante ma ha dei sottili
taglietti provocati dall’urto con oggetti quotidiani.
Osservo
il rivolo di sudore che scende lungo la tempia pallida della studentessa
sull’autobus, infilandosi fra i capelli senza che se ne accorga;
la ricrescita scura di una bionda ossigenata con le cuffie alle orecchie che
non ha avuto tempo di schiarire di nuovo i suoi poveri capelli secchi e spogli come
un fiore appassito nel deserto.
La
vena che corre dietro il polpaccio nudo e senza calze della signora elegante
che mi taglia la strada e si scusa con un sorriso vuoto, innervosita dal caldo
soffocante che la fa boccheggiare e scostare i capelli corti dal collo. Alcune
si sventolano con una rivista, altre con un ventaglio o usano quelle piccole
ventoline a batteria che portano sempre dentro la borsetta, anche quando le
batterie sono esaurite.
Cosa darei per averne una, adesso.
Osservo
le macchie sulla pelle che tradiscono l’età.
Le
mani.
Le
mani sono le prime ad invecchiare; se vuoi conoscere l’età di una persona,
guardale le dita: lunghe o corte, tozze, dalle unghie curate o mangiucchiate.
La pelle si secca, avvizzisce nelle donne di una certa età che tentano di
nasconderle con guanti e creme, come le gentildonne del Sud di una volta.
Anche io una volta ero così …così bella, bella da
spezzare cuori e da dannare l’anima per un mio bacio.
E ora? Sono sbiadita e pallida, attenuata come la corta luce
invernale.
Io,
giovane e falsamente emancipata, una zingara che incedeva danzando, libera come
il cielo, inafferrabile, disincantata quanto bastava per mandare al diavolo
tutto e tutti e beffarsi della vita.
“Niente dura per
sempre”
Ti
ricordi, nonna? Quante volte me l’hai detto, quante volte hai cercato di
fermarmi nei miei bagordi notturni che non approvavi?
“Devi
crescere, Pam, ti rovinerai se continui in questo modo”
Un bacio, un abbraccio con la promessa di stare
attenta, menzognera come la pirite
dorata.
Ricordi
il vostro incontro? Era sotto il lampione e aspettava. Non sapevi chi, se uomo
o donna… per te era solo uno sconosciuto che attendeva, le mani in tasca,
l’espressione vacua e annoiata di uno che forse è stato bidonato.
“Scusa,
hai da accendere?”
Scusa
vecchia e scontata ma sempre efficace.
“Mi
dispiace, non fumo”
Ti
ricordi quello che hai fatto? Hai preso lo zippo dalla tasca e l’hai accesa
sotto i suoi occhi, una luce divertita che t’incendiava lo sguardo davanti alla
sua espressione di piacevole stupore.
E ammirazione.
“Almeno
bevi?”
Lui
ti aveva osservato ancora un po’ da capo a piedi; forse pensava che lo stessi
prendendo in giro. “Si…qualche volta” aveva risposto sulla difensiva.
Eri
bella e lo spaventavi… succedeva spesso, non c’era niente di cui gioire.
“Allora
andiamo”
Forse
pensava che fossi un’accompagnatrice in cerca di clienti perché non si era mosso dal lampione e ti
aveva guardato un’altra volta, soppesando i vestiti e i gioielli un po’ vistosi che portavi alle dita e alle orecchie.
Aveva
la faccia da bravo ragazzo; era carino con la sua aria pulita. Sarebbe piaciuto
tanto alla nonna.
“Non
sono una prostituta...sono solo molto sfacciata”
Lui
aveva sorriso a quella battuta e aveva staccato la schiena indolenzita dal
lampione verde. La smorfia che aveva fatto toccandosi il dorso, te ne aveva dato la conferma.
“Non
pensavo fossi una di quelle… non mi è mai capitato di
venir abbordato per strada”
Tu
l’avevi guardato con la tua aria stupida da donna matura, sorridendo della sua
ingenuità. “Ti hanno piantato, eh?”
“Eh,
già”
Vi
eravate fermati nel tuo locale preferito, la tana di tante storie cominciate e
finite nell’arco di una notte. Quanto ti eri divertita a mostrare alla gente la
tua nuova conquista?
Ti
aveva fatto piacere osservare le donne che gravitavano attorno a voi come
falene attorno alla luce perché lui era un gran bel ragazzo.
La
scommessa l’avevi persa, per una volta non eri stata
tu la più veloce ad afferrare l’occasione.
Per
fortuna.
Non
sapevi neanche il suo nome, ma era gentile, i modi decisi e un sorriso che
forse forse, se non fossi stata così diabolica, ti
avrebbe potuto affascinare.
“Come
ti chiami?”
Un
po’all’antica, il ragazzo.
“I
nomi sono per le lapidi” avevi risposto con la tua battuta ad effetto che li
imbambolava tutti.
“Ho
capito..”
Lui
si era alzato tirando appena indietro la sedia ed era scivolato in piedi con
leggerezza, come se non fosse materiale. “Ci vediamo”
Di
solito non reagivano così. Ma nessuno di quelli aveva
la sua faccia da bravo ragazzo.
Non
ti sono mai piaciuti i tipi troppo carini, ti fanno pensare che forse stai sbagliando, che forse c’è
altro modo di condurre le cose.
Per
questo l’hai richiamato.
“Mi
chiamo Pam”
Lui
si era fermato guardandoti negli occhi, due riflettori scuri che facevano uno
strano effetto perchè scendevano troppo facilmente dentro di te.
Con
aria finalmente soddisfatta, lui si era riseduto e ti aveva allungato la mano.
Mano forte, stretta decisa.
Sarebbe
piaciuto tanto alla nonna.
“Virgil…e non ridere”
“Non
rido” avevi mormorato stringendogli la mano e trattenendola per un attimo di
troppo nella sua. Poi avevi guardato la sua camicia bourdeax
un po’ fuori moda e avevi cominciato a sorridere.
Bizzarro,
no? Virgilio che conduce Dante nelle profondità dell’Inferno
fino a riveder le stelle.
Avrebbe
funzionato anche con me?
Faceva
caldo nel locale e a lui davano fastidio le sigarette che avevi continuato a
fumare una appresso all’altra in preda ad uno strano nervosismo.
Ti
ricordi? Eri andata nel bagno per sciacquarti la bocca e masticare un po’ di
gomme, mentre ti rimettevi il rossetto cercando di non fare un pasticcio.
Ti
eri contemplata nello specchio schizzato dalle gocce d’acqua per qualche minuto,
circondata da altre ragazze che come te si preparavano ad un’eventuale svolta
della serata e avevi chiuso gli occhi, cercando di scacciare l’immagine di
quelle pupille nere che ti stavano traghettando oltre il purgatorio che ti eri autoimposta fin da ragazzina come punizione per qualcosa
che non avevi fatto.
E poi avevi pensato…e se fosse andato via mentre tu
spendevi minuti preziosi a psicoanalizzarti?
Eri
uscita in fretta, stupendoti del calore che sentivi salire alle guance mentre
ti muovevi verso il tavolo perché lui era ancora li, le maniche discretamente
arrotolate per il troppo caldo, gli avambracci abbronzati e coperti da una
leggera peluria castana che avresti voluto accarezzare per sentire l’effetto sotto
i polpastrelli.
Aveva
alzato gli occhi sorridendoti ed eccola di nuova quella sensazione che t’inchiodava
l’anima “Scusami, c’era la fila come al solito.”
Sentivi
il bisogno di giustificarti anche se lui non ti aveva chiesto nulla.
“Facciamo
una passeggiata, donna del mistero?”
I
capelli sottili gli ricadevano in un ciuffo scompigliato e libero dal gel. La
luce era ingannevole e il drink che avevi bevuto per una volta non era stato
annacquato.
Non
avevi saputo dirgli di no.
Inventasti
una vita, delle amicizie un lavoro a suo uso e consumo, stupendoti di quanto fosse facile mentire.
“Mi
dai il tuo numero?”
“Per
farci cosa?”
“Per
chiamarti”
Virgil…che tesoro che sei. Io
sono piena fino all’orlo di dolore cocente e liquido e tu mi chiedi
di vederci ancora? “Non è una buona idea”
Non
ti stupisti dell’occhiata che ti lanciò, prendendoti per matta o qualcos’altro
che sa solo Dio.
“Buonanotte
Pam...se questo è il tuo vero nome”
Se
ne andò e tu lo seguisti con lo sguardo fino a che non
scomparve in fondo alla strada,
inchiodata al marciapiede caldo.
“Si...quello
è il mio vero nome...l’unica cosa di vero che c’è in me” mormorasti a bassa
voce, tormentando l’anello all’anulare destro piuttosto grande, al limite della volgarità.
Virgil, mi verrai a
prendere quando sarò arrivata
all’inferno? Io ci conto.
Quassù
fa fresco…ma dove sto andando non ci sarà più alcuna sensazione.
Dove sto andando non penso che ritroverò la nonna,
perché lei era una brava donna che si è guadagnato il paradiso.
Comincio a ridere, pensando alla mia anima sporca che vola
fino in Cielo e che sbatte contro le Porte chiuse a chiave per l’occasione. Rido
per un po’ mentre l’aria gelida mi frusta il viso, affacciata alla balaustra
della Statua.
Vivi veloce, muori giovane
e lascia un bel cadavere: il mio motto è sempre stato questo.
Col
mio occhio di vetro non ho la percezione della profondità, non sarà accusato
nessuno della mia morte: la povera ragazza che è caduta di sotto perché non è
stata attenta a dove metteva i piedi.
Addio
Virgil, spero che mi verrai a prendere una volta
arrivata….
”Pam?”
Mi
volto al suono di una voce bassa che non sentivo più da tre anni ma che non ho
mai dimenticato. “Virgil..”
“Ti
ricordi ancora di me?”
Virgil sorride e mi viene incontro con la sua aria
pulita, un po’ più vecchio rispetto a quella sera di
tre anni fa. Gli stessi occhi ma l’espressione un po’ più dura…la vita ha
fregato anche te?
Mi indica la balaustra e il piedi alzato. “Che
fai, ti butti di sotto?”
Io
gli sorrido distratta, guardando il vuoto che si spalanca come una bocca famelica
sotto di noi. Riabbasso la gamba e mi volto verso di lui “ci stavo pensando..”
Lui
ride, non c’ha creduto.
“Sempre
la solita. Umorismo macabro e voglia di stupire a tutti i costi” mormora sorridendomi come se mi conoscesse da una vita.
Appoggia
la schiena alla balaustra, i gomiti spinti in fuori e la testa un po’ inclinata
da una parte. Si dondola un po’, guardandomi con un sorriso malizioso “Perché non rimandi il tuo mezzo suicidio e
non mi racconti cosa hai fatto in questi tre anni?”
Allunga
la mano verso di me, il sorriso gentile ed ingenuo che si riflette negli occhi
non più limpidi come prima.
Ma si, perché no? La Statua sta lì da un centinaio di anni…non ho alcuna fretta, in effetti.