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Autore: kannuki    29/05/2005    6 recensioni
Aveva la faccia da bravo ragazzo ed era carino con la sua aria pulita. Sarebbe piaciuto tanto alla nonna
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io le osservo, le osservo sempre, quando i specchiamo nelle vetrine e tirano indietro i capelli, sorridendo vagamente alla pro

Io le osservo, le osservo sempre, quando si specchiano nelle vetrine e tirano indietro i capelli, sorridendo vagamente alla propria immagine riflessa.

Le osservo e studio i loro punti segreti, quelli che nessuno pensano che guardi mai.

 

No, io guardo…guardo tutto, niente mi sfugge o si cela al mio occhio.

Uno solo, l’altro l’ho perso.

Una piccola dimenticanza, una sbadataggine da poco. Non si lasciano le cose in giro, ricordatevelo.

 

Io guardo… la piega del ginocchio e la cicatrice sbiadita che quella rossa naturale si è procurata da piccola, lo smalto scheggiato dell’unghia della grassona accanto a me, una virgola bianca sulla superficie smaltata da qualche giorno. È facile accorgersene: la vernice non è più brillante ma ha dei sottili taglietti provocati dall’urto con oggetti quotidiani.

Osservo il rivolo di sudore che scende lungo la tempia pallida della studentessa sull’autobus, infilandosi fra i capelli  senza che se ne accorga; la ricrescita scura di una bionda ossigenata con le cuffie alle orecchie che non ha avuto tempo di schiarire di nuovo i suoi poveri capelli secchi e spogli come un fiore appassito nel deserto.

La vena che corre dietro il polpaccio nudo e senza calze della signora elegante che mi taglia la strada e si scusa con un sorriso vuoto, innervosita dal caldo soffocante che la fa boccheggiare e scostare i capelli corti dal collo. Alcune si sventolano con una rivista, altre con un ventaglio o usano quelle piccole ventoline a batteria che portano sempre dentro la borsetta, anche quando le batterie sono esaurite.

 

Cosa darei per averne una, adesso.

 

Osservo le macchie sulla pelle che tradiscono l’età.

Le mani.

Le mani sono le prime ad invecchiare; se vuoi conoscere l’età di una persona, guardale le dita: lunghe o corte, tozze, dalle unghie curate o mangiucchiate. La pelle si secca, avvizzisce nelle donne di una certa età che tentano di nasconderle con guanti e creme, come le gentildonne del Sud di una volta.   

 

Anche io una volta ero così …così bella, bella da spezzare cuori e da dannare l’anima per un mio bacio.

E ora? Sono sbiadita e pallida, attenuata come la corta luce invernale.

 

Io, giovane e falsamente emancipata, una zingara che incedeva danzando, libera come il cielo, inafferrabile, disincantata quanto bastava per mandare al diavolo tutto e tutti e beffarsi della vita.

 

“Niente dura per sempre”

 

Ti ricordi, nonna? Quante volte me l’hai detto, quante volte hai cercato di fermarmi nei miei bagordi notturni che non approvavi?

 

“Devi crescere, Pam, ti rovinerai se continui in questo modo”

 

Un bacio, un abbraccio con la promessa di stare attenta,  menzognera come la pirite dorata.

 

Ricordi il vostro incontro? Era sotto il lampione e aspettava. Non sapevi chi, se uomo o donna… per te era solo uno sconosciuto che attendeva, le mani in tasca, l’espressione vacua e annoiata di uno che forse è stato bidonato.

“Scusa, hai da accendere?”

Scusa vecchia e scontata ma sempre efficace.

“Mi dispiace, non fumo”

 

Ti ricordi quello che hai fatto? Hai preso lo zippo dalla tasca e l’hai accesa sotto i suoi occhi, una luce divertita che t’incendiava lo sguardo davanti alla sua espressione di piacevole stupore. 

E ammirazione.

“Almeno bevi?”

Lui ti aveva osservato ancora un po’ da capo a piedi; forse pensava che lo stessi prendendo in giro. “Si…qualche volta” aveva risposto sulla difensiva.

Eri bella e lo spaventavi… succedeva spesso, non c’era niente di cui gioire.

“Allora andiamo”

 

Forse pensava che fossi un’accompagnatrice in cerca di clienti  perché non si era mosso dal lampione e ti aveva guardato un’altra volta, soppesando i vestiti e i gioielli un po’ vistosi che portavi alle dita e alle orecchie.

 

Aveva la faccia da bravo ragazzo; era carino con la sua aria pulita. Sarebbe piaciuto tanto alla nonna.

“Non sono una prostituta...sono solo molto sfacciata”

Lui aveva sorriso a quella battuta e aveva staccato la schiena indolenzita dal lampione verde. La smorfia che aveva fatto toccandosi il dorso, te ne aveva dato la conferma.

“Non pensavo fossi una di quelle… non mi è mai capitato di venir abbordato per strada”

 

Tu l’avevi guardato con la tua aria stupida da donna matura, sorridendo della sua ingenuità. “Ti hanno piantato, eh?”

“Eh, già”

 

Vi eravate fermati nel tuo locale preferito, la tana di tante storie cominciate e finite nell’arco di una notte. Quanto ti eri divertita a mostrare alla gente la tua nuova conquista?

Ti aveva fatto piacere osservare le donne che gravitavano attorno a voi come falene attorno alla luce perché lui era un gran bel ragazzo.

La scommessa l’avevi persa, per una volta non eri stata tu la più veloce ad afferrare l’occasione.

Per fortuna.

 

Non sapevi neanche il suo nome, ma era gentile, i modi decisi e un sorriso che forse forse, se non fossi stata così diabolica, ti avrebbe potuto affascinare.

“Come ti chiami?”

Un po’all’antica, il ragazzo.

“I nomi sono per le lapidi” avevi risposto con la tua battuta ad effetto che li imbambolava tutti.

“Ho capito..

Lui si era alzato tirando appena indietro la sedia ed era scivolato in piedi con leggerezza, come se non fosse materiale. “Ci vediamo”

 

Di solito non reagivano così. Ma nessuno di quelli aveva la sua faccia da bravo ragazzo.

Non ti sono mai piaciuti i tipi troppo carini, ti fanno pensare  che forse stai sbagliando, che forse c’è altro modo di condurre le cose.

Per questo l’hai richiamato.

“Mi chiamo Pam 

Lui si era fermato guardandoti negli occhi, due riflettori scuri che facevano uno strano effetto perchè scendevano troppo facilmente dentro di te.

Con aria finalmente soddisfatta, lui si era riseduto e ti aveva allungato la mano. Mano forte, stretta decisa.

Sarebbe piaciuto tanto alla nonna.

Virgil…e non ridere”

“Non rido” avevi mormorato stringendogli la mano e trattenendola per un attimo di troppo nella sua. Poi avevi guardato la sua camicia bourdeax un po’ fuori moda e avevi cominciato a sorridere.

 

Bizzarro, no? Virgilio che conduce Dante nelle profondità dell’Inferno fino a riveder le stelle.

Avrebbe funzionato anche con me?

 

Faceva caldo nel locale e a lui davano fastidio le sigarette che avevi continuato a fumare una appresso all’altra in preda ad uno strano nervosismo.

Ti ricordi? Eri andata nel bagno per sciacquarti la bocca e masticare un po’ di gomme, mentre ti rimettevi il rossetto cercando di non fare un pasticcio.

Ti eri contemplata nello specchio schizzato dalle gocce d’acqua per qualche minuto, circondata da altre ragazze che come te si preparavano ad un’eventuale svolta della serata e avevi chiuso gli occhi, cercando di scacciare l’immagine di quelle pupille nere che ti stavano traghettando oltre il purgatorio che ti eri autoimposta fin da ragazzina come punizione per qualcosa che non avevi fatto.

E poi avevi pensato…e se fosse andato via mentre tu spendevi minuti preziosi a psicoanalizzarti?

 

Eri uscita in fretta, stupendoti del calore che sentivi salire alle guance mentre ti muovevi verso il tavolo perché lui era ancora li, le maniche discretamente arrotolate per il troppo caldo, gli avambracci abbronzati e coperti da una leggera peluria castana che avresti voluto accarezzare per sentire l’effetto sotto i polpastrelli.

 

Aveva alzato gli occhi sorridendoti ed eccola di nuova quella sensazione che t’inchiodava l’anima “Scusami, c’era la fila come al solito.”

 

Sentivi il bisogno di giustificarti anche se lui non ti aveva chiesto nulla.

 

“Facciamo una passeggiata, donna del mistero?”

 

I capelli sottili gli ricadevano in un ciuffo scompigliato e libero dal gel. La luce era ingannevole e il drink che avevi bevuto per una volta non era stato annacquato.

 

Non avevi saputo dirgli di no.

 

Inventasti una vita, delle amicizie un lavoro a suo uso e consumo, stupendoti di quanto fosse facile mentire.

 

“Mi dai il tuo numero?”

“Per farci cosa?”

“Per chiamarti”

 

Virgil…che tesoro che sei. Io sono piena fino all’orlo di dolore cocente e liquido e tu mi chiedi di vederci ancora? “Non è una buona idea”

 

Non ti stupisti dell’occhiata che ti lanciò, prendendoti per matta o qualcos’altro che sa solo Dio.

 

“Buonanotte Pam...se questo è il tuo vero nome”

 

Se ne andò e tu lo seguisti con lo sguardo fino a che non scomparve in fondo alla strada,  inchiodata al marciapiede caldo.

“Si...quello è il mio vero nome...l’unica cosa di vero che c’è in me” mormorasti a bassa voce, tormentando l’anello all’anulare destro piuttosto grande, al limite della volgarità.

 

Virgil, mi verrai a prendere  quando sarò arrivata all’inferno? Io ci conto.

 

Quassù fa fresco…ma dove sto andando non ci sarà più alcuna sensazione.

Dove sto andando non penso che ritroverò la nonna, perché lei era una brava donna che si è guadagnato il paradiso.

 

Comincio a ridere, pensando alla mia anima sporca che vola fino in Cielo e che sbatte contro le Porte chiuse a chiave per l’occasione. Rido per un po’ mentre l’aria gelida mi frusta il viso, affacciata alla balaustra della Statua.

 

Vivi veloce, muori giovane e lascia un bel cadavere: il mio motto è sempre stato questo.

 

Col mio occhio di vetro non ho la percezione della profondità, non sarà accusato nessuno della mia morte: la povera ragazza che è caduta di sotto perché non è stata attenta a dove metteva i piedi.

 

Addio Virgil, spero che mi verrai a prendere una volta arrivata….

 

Pam?”

 

Mi volto al suono di una voce bassa che non sentivo più da tre anni ma che non ho mai dimenticato. “Virgil..”

 

“Ti ricordi ancora di me?”

 

Virgil sorride e mi viene incontro con la sua aria pulita, un po’ più vecchio rispetto a quella sera di tre anni fa. Gli stessi occhi ma l’espressione un po’ più dura…la vita ha fregato anche te?

 

Mi indica la balaustra e il piedi alzato. “Che fai, ti butti di sotto?”

 

Io gli sorrido distratta, guardando il vuoto che si spalanca come una bocca famelica sotto di noi. Riabbasso la gamba e mi volto verso di lui “ci stavo pensando..

 

Lui ride, non c’ha creduto.

“Sempre la solita. Umorismo macabro e voglia di stupire a tutti i costi” mormora sorridendomi come se mi conoscesse da una vita.

Appoggia la schiena alla balaustra, i gomiti spinti in fuori e la testa un po’ inclinata da una parte. Si dondola un po’, guardandomi con un sorriso malizioso  “Perché non rimandi il tuo mezzo suicidio e non mi racconti cosa hai fatto in questi tre anni?”  

 

Allunga la mano verso di me, il sorriso gentile ed ingenuo che si riflette negli occhi non più limpidi come prima.

Ma si, perché no? La Statua sta lì da un centinaio di anni…non ho alcuna fretta, in effetti.

 

  
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