Capitolo
n° 15
“ Cari bambini di tutto il mondo ”
Il richiamo insistente di una
voce femminile mi solleva dal mondo dei ricordi, riportandomi nella realtà . La luna sferza nel cielo indomita,
illuminando la stanza ricolma di ombre danzanti. Il fresco sorriso di Ginevra
mi accoglie felice non appena apro gli occhi, scostandomi di dosso le lenzuola
bianche e scoprendo il mio torso libero dalla solita camicia. Un lieve rossore
si propaga sul suo viso. Punto gli occhi ai suoi, studiandone
le iridi rosse di fuoco contornate dalle
folte ciglia lunge e ricurve.
“ Pensavo che non ti saresti
più svegliato “
Un venticello leggero e
sfuggevole filtra dalla porta semiaperta, rinfrescando la mia pelle accaldata, scompigliandomi
malamente i capelli corvini.
Scosto maggiormente le
coperte, cercando di alzarmi ma un forte capogiro mi inchioda
a letto. Ancora stanco per l’allenamento sostenuto, mi butto
di peso sul cuscino, portandomi dietro Ginevra e facendole poggiare il capo sul
mio bianco torace. Il contatto delle nostre
pelli sembra scatenare una serie di scintille e scosse elettriche che mi rianima il corpo, sottraendolo dal torpore che lo aveva
invaso.
Nuovo rossore si disperde su
tutto il viso mentre le labbra carnose emettono un urlo strozzato ed
imbarazzato.
I suoi occhi, vagano
frenetici su tutta la stanza, facendo attenzione ad evitare i miei nella vana
ricerca di un’ancora di salvezza. Ma non può sfuggire, le mani la trattengono
con forza contro il mio corpo ridotto anch’esso ad un fascio di nervi, ma non mi importa; voglio godere della sua presenza. Allento la
presa sulle spalle non appena percepisco le sue membra rilassarsi contro le mie
ed il respiro assumere un andamento regolare. Posso distinguere il frenetico
ticchettio dei nostri cuori unirsi in una danza frenetica e sensuale.
Resto in
ascolto del coinvolgente ritmo, sfiorando con la mano destra il braccio
scoperto della ragazza e percorrendolo in un’unica carezza.
“ Mentre ti allenavi,
Gabriele mi ha fatto fare una cosa strana..” irrompe infine lei, soffiandomi alito caldo sul collo e
procurandomi una serie di brividi freddi che corrono lungo tutta la schiena.
“ E come è
andata? “ domando curioso, alzandole il viso con una mano e
guardandola molto intensamente. La sento trattenere il respiro.
“ Sono riuscita solamente a
creare un debole schermo di luce.. ma ancora non ho
capito tanto bene come funziona la cosa.. “ risponde debole con la voce
incrinata.
“ Non male per una neonata,
complimenti! “ la rincuoro, stringendola più saldamente nelle braccia. Lei incastona
la testa nell’incavo del collo, poggiandosi completamente su di me e
sfiorandomi lievemente il dorso della mano.
“ Feria stava insegnando alla
piccola Saphira la stessa cosa, ma la luce che ha
sprigionato aveva una tonalità così scura.. ” cantilena
smorzando sempre di più il tono della voce, fino a divenire un indistinguibile
sussurro fusosi col silenzio.
“ Si, ho chiesto io a Feria
di insegnarglielo. In realtà lei, è una custode degli umani..
“ rispondo annuendo con il capo ed osservando il riflesso dei nostri corpi
avvinghiati sullo specchio infondo alla stanza. Esseri semplicemente
perfetti ed unici nel nostro genere; vite complementari che si sostengono a
vicenda, colmando l’uno il vuoto dell’altro. Questo è quel che penso
nello scrutare la nostra pelle ora fusa in una unica
grandiosa creatura.
“ I custodi degli umani sono
quegli angeli che, innamoratisi degli uomini e del loro mondo, hanno deciso di
proteggerli dagli attacchi demoniaci innalzando imbattibili barriere. Ora,
desidero che Saphira impari bene a proteggere se
stessa ed a controllare il suo potere, conoscendone anche gli aspetti più
remoti ed umani. Perchè, seppur demoniaco, il nostro
potere ha avuto origine dal bene stesso e pertanto, nel profondo di ognuno di
noi risiede un carattere giusto…” spiego calmo alla ragazza che rapita, segue
il muoversi delle mie labbra con occhi apparentemente febbricitanti.
“ Parlami
di Saphira “ esclama improvvisamente issandosi su un
gomito e guardandomi intensamente.
Leggo curiosità e voglia di conoscere in quelle iridi scarlatte. Mi avvicino a
lei, attratto dalla sua figura, sfioro con impazienza la chioma lucente di
capelli ed alzandomi un poco, annullo le distanze tra noi con un bacio.
Un bacio
caldo ed incerto, più simile ad un semplice sfiorarsi di labbra. Un bacio asciutto ed avvolgente al tempo stesso. Distinguo il cuore mio e di Ginevra battere fortemente l’uno contro
l’altro, causandomi un lieve capogiro. Stringo fortemente la vita della
ragazza, poggiandomela contro. Inspiro
il buon profumo dei suoi capelli e l’odore dolce della sua pelle. Il bruciore
del suo corpo avvolge il mio, cullandolo nel suo tepore e confondendomi i
sensi.
“ Ho incontrato per la priva
volta Saphira sei mesi fa..
“
A quel tempo, facevo ancora parte della potente stirpe dei
demoni. E a dirla tutta, ero tra i più stimati ed
influenti; uno dei più potenti a dirla tutta. Ma da tempo
ormai, stanco di quella vita e di tutto quel dolore, ero calato in un profondo
sonno. La mie mente si era rifugiata in un mondo
parallelo privo di odori e rumori; il silenzio regnava sovrano in quella culla
di ricordi e promesse.
Ero
cosciente del mio stato, pertanto, ogni tanto tornavo nel mio corpo fisico a controllare la situazione e
per ritrovare Daniel, il mio Padrino e Custode. Difatti in mia assenza, era lui
a vegliare per me il mondo demoniaco assieme a Cassiel
nonché Caino, creduto fino a poco tempo fa mio amico.
Odiavo quella vita, ne ero certo. Quel che prima mi divertiva, ora non faceva
che procurarmi rabbia e disprezzo. Per questo fuggivo sempre dal mio corpo,
rifugiandomi nel mondo ovattato che avevo creato nell’angolo più remoto
dell’universo. Li mi sentivo bene e libero da ogni
cosa; libero di essere me stesso e sfogare ciò che provavo. A proteggermi c’era Daniel, per questo non temevo nulla. Passavo ogni
stramaledetto giorno a comporre frasi e pensieri, sfogando il rancore sito nel
cuore e tutta la delusione provata e subita in passato.
Le urla del mio cuore
sovrastavano ogni altra voce, rendendomi sordo e ceco allo stesso tempo.
Fu questo il motivo per la quale non mi accorsi della cupidigia di Caino; per questo
cedetti a lui parte del mio potere e gli conferii al giusta facoltà di regnare
e guidare le neonate anime dannate. Fu un mio errore a decretare la fine e
l’inizio della catastrofe, un mio dannatissimo errore.
L’abbraccio di Ginevra
diviene improvvisamente più stretto e caldo, trasmettendomi il coraggio
sufficiente per continuare il mio racconto. Gli occhi osservano i riflessi del
passato registrato e custodito negli abissi remoti della mia memoria,
risvegliando sentimenti vissuti e rinnovata delusione. Delusione nei confronti
di una vita mai realmente vissuta, di attimi persi ed
occasioni sfumate e mai recuperate.
In quel mondo isolato e
perduto nel nulla più assoluto, un richiamo riuscì a raggiungermi, sovrastando
le mie urla e penetrandomi nella testa
insistentemente. Un pianto represso risuonava tutto attorno ed un dolore
lacerante si propagava dall’interno del mio torace, mozzandomi il respiro.
Eppure, non era mio quella struggente malinconia, quella devastante tristezza
che impertinente, si insinuava nel mio inconscio
spronandomi ad aprire gli occhi e guardarmi attorno. A chi apparteneva quella
voce ovattata e rotta da singhiozzi e lacrime?
Fu quello il motivo che mi
spinse a tornare nel mondo reale ed a inseguire quella
voce canonica.
Caino, si accorse di questo
mio turbamento, ed fu in quel preciso momento che la
sua voglia di potere e successo trovò sbocco, cospirando in un indegno inganno
giacché non so come, venne a conoscenza di quel richiamo affranta.
D’improvviso, si persero le
tracce di Daniel. Lo cercai ovunque, perlustrai ogni
area del mio dominio ma di lui non trovai alcuna traccia. Disperato e
completamente abbandonato a me stesso, mi rifugiai nella mia stanza, chiudendo
tutte le finestre ed immergendomi nel buoi più assoluto.
Percepivo un’ansia palpabile in ogni cosa, il presentimento dell’approssimarsi
di un evento al di fuori dell’ordinario mi
terrorizzava ed eccitava allo stesso tempo. Trascorsi minuti,
ore e poi giorni in agonia, attendendo impaziente l’avverarsi di quel
qualche cosa che non si decideva ad accadere.
Quando una sera, i lamenti che fino ad ora avevano lacerato
la mia anima, divennero più forti ed agitati. Mi svegliai dal sonno coperto di
sudore e con la palpitazioni. Urlai anch’io dalla
disperazione ed una opaca luce si sprigionò dal mio
corpo, aprendo un varco nel vuoto. Chiamai Daniel, ma lui non venne. Spinto da
curiosità e voglia di conoscere, mia addentrai nell’ignoto che mi catapultò
sulla terra.
E li
la vidi per la prima volta, una bella bambina dai capelli biondi e la
carnagione chiara piegata su se stessa che
stringeva tremante una bambola priva di testa.
Osservai i suoi occhi
spalancati e colmi di paura; seguii la traiettoria del suo sguardo e vidi una
donna magra nella usa veste sporca e stracciata, un
rosario attorno al collo ed il pugno che stringeva tramante un coltello da
cucina.
Studiai lo sguardo perso
della donna e mi addentrai nella sua coscienza. Rividi un ricordo del suo
passato; scrutai un demone che spietato, violentava con brutalità una povera
suora, violandola nel suo intimo e strappandole ogni brandello di orgoglio e felicità. Vidi una vita segnata dal dolore e
dalla paura, messo in croce dal suo stesso odio nei confronti di quella bambina
troppo simile al mostro che l’aveva messa al mondo. Un mostro
che genera un mostro ancor più terribile nella sua innocenza ed ingenuità.
Una creatura nata da un rapporto maledetto che sfidava la natura stessa.
Una perenne condanna per la
sua mente già provata.
Riuscii con fatica ad uscire
dal mondo dei suoi ricordi, ritornando nella realtà.
Non appena realizzai la lama
muoversi in direzione della piccola incredula, le corsi velocemente incontro e
le feci da scudo con il mio corpo.
La donna priva di senno, mi
osservò e lasciato andare il coltello,
mi sorpassò avvicinandosi all’infante. Si piegò su di lei, le mise il
rosario che teneva al collo nella piccola mano e sfiorandole la guancia con il
palmo bianco ed ancora tremante, le sfiorò con le labbra l’orecchio…
.. mia odiata bambina, sei la
mia condanna…
e tornando sui suoi passi, raccolse nuovamente il coltello
guardando negli occhi sua figlia. Dopodiché si tolse la vita recidendosi
l’arteria sul collo avanti a noi.
La vestaglia consumata si intrise di sangue e per terra i rivoli di sangue formarono
una pozza rossa e densa.
Nuove lacrime bagnarono
quelle guance ormai divenute pallide.
Saphira corse in direzione della madre, sporcandosi
le mani del vermiglio liquido nel chiamarla. Ma
la donna non rispose mai più a quelle invocazioni.
Presi in braccio la piccola demone, consapevole della sua natura ibrida,
deciso a prendermi cura dell’infante.
Fu allora che Caino, uscì dal
suo nascondiglio attorniato da schiere di demoni. Essi, resosi conto del
sentimento benevolo sito nel mio cuore e nella stessa mia anima, mi
ripudiarono, cacciandomi dal loro mondo.
Non che mi importò
tanto, ormai avevo già preso la mia decisione; non volevo più appartenere a
quella famiglia maledetta. Non volevo più sentire dolore né rimpianto; per
questo decisi di badare a quella piccola creatura.
Lei diventò la mia ragione di vita ed io la
sua.
I singhiozzi di Ginevra mi
riscuotono, sottraendomi dai ricordi. Il tremore del suo corpo mi mette in
allarme.
“ Mi dispiace… “ mormora
continuamente nel pieno delle lacrime, singhiozzando e aggrappandosi disperatamente a
me. Le accarezzo il capo, pentito delle parole dette e dai ricordi citati
troppo dolorosi e cruenti per qualsiasi persona.
“ Cari bambini del tutto il
mondo “
Mi volto di scatto verso colei che ha
pronunciato la frase. Il viso indifferente e tranquillo di Saphira
mi prende alla sprovvista. Seguo i passi dell’infante avvicinarsi
silenziosamente al letto, salendo poi sul materasso ed avvicinandosi a me e la
ragazza ancora allacciati. La neodemone poi, ci
avvolge entrambi in un caldo abbraccio, stringendoci l’uno contro l’altro. Intravedo un’unica lacrima
solitaria percorre la sua
guancia.
“ quella raccontata è una
storia molto triste.. “
Nel buio della stanza, il
rumore dei nostri cuori impazziti si fondono all’unisono, creando un’unica melodia scandita
regolarmente dai singhiozzi di Ginevra e dai lamenti di Saphira.
Una nuova alba si apre di fronte a noi, anime ancora immature.