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Autore: Hypnotic Poison    23/09/2009    6 recensioni
Raccolta di 22 one-shot ispirate da altrettante domande che ho letto su una maglietta. Pairing vario. Le fic non hanno collegamenti tra di loro.
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Chad Danforth/Taylor McKessie, Gabriella Montez/Troy Bolton
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Who won

Who won?

 

 

 

 

“Gabriella, andiamo, non ti sembra di aver fatto la bambina abbastanza?”

 

“No.”

 

Taylor McKessie sospirò affranta, scostandosi la frangetta dalla fronte: “Tesoro, fare così non ti servirà a niente.”

 

“Non m’interessa.”

 

“Stai cominciando a far innervosire anche me.”

 

“Bene.”

 

Taylor incrociò le braccia al petto, imitando la posizione della sua migliore amica: appollaiata su una poltrona, braccia conserte, gambe incrociate ed il broncio.

 

“Ti stia comportando come Sharpay.”

 

“Evviva.”

 

“Mi vuoi spiegare qual è il problema?”

 

Gabriella non aprì bocca, si limitò a spostare lo sguardo verso un ragazzo alto e muscoloso alla sua destra.

 

La sua amica si accigliò: “Che c’entra Chad adesso?”

 

“Non è Chad. È il lavoro di Chad.”

 

Il suddetto alzò un sopracciglio: “Oh, capisco. È perché, stranamente, il mio lavoro è lo stesso di T…”

 

“Non azzardarti a pronunciare quel nome!” scattò la mora, alzando minacciosamente l’indice.

 

Chad sembrò ripiegarsi su se stesso: “Va bene, va bene, scusa.”

 

Gabriella ritornò al suo stato precedente: “Odio quello stupido lavoro. Odio quello stupido campo. Odio quella stupida palla arancione. Odio quella stupida uniforme che sempre puzza e che sempre devo lavare. Odio il basket, odio i Lakers, e soprattutto odio lui.”

 

“Gabby,” il ricciolino si chinò verso di lei, ma sempre mantenendo una distanza che considerava sicura “Questa partita per noi è molto importante. Devi capirci.”

 

La mora gli lanciò uno sguardo di fuoco: “E’ più importante di me e di Taylor, Chad?”

 

“Non tirare in mezzo me,” l’avvisò la sua amica “Io ci vado, alla partita.”

 

L’altra si sistemò meglio in poltrona: “Beh, io me ne starò qui. A leggere qualcosa, a rilassarmi, e non accenderò la televisione, perché a me non interessa.”

 

Chad e Taylor si guardarono, increduli e inermi.

 

“E’ uno stupido egoista,” la sentirono sibilare “Così impara. Non ci vado alla sua grande partita, ecco. Non me ne frega niente. Può fare il campione quanto vuole, ma a me non interessa.”

 

“Dolcezza, non è il modo migliore per risolvere i problemi. Sono sicura che se tu venissi con noi…” provò Taylor, ma fu subito interrotta: “Se venissi con voi alla partita, non farei altro che dargliela vinta! E siccome non voglio, rimango qui. Visto che lui non si interessa di me, io non mi interesso di lui.”

 

Chad sospirò: “Dio, Gabby, ha soltanto saltato un pranzo! E non è nemmeno colpa sua, il coach ci ha tenuto in palestra fino a tardi per stasera e…”

 

“Avrebbe dovuto dire al coach che la sua fidanzata, fidanzata e sottolineo fidanzata, lo stava aspettando in uno dei ristoranti più cari di Los Angeles, la cui prenotazione era fermata da ben due mesi! E lui lo sapeva che ho sempre voluto andarci!” sbraitò Gabriella.

 

“Non fare come Sharpay, Montez,” la riprese il ragazzo “Anzi, a proposito, perché non ci vai con lei in quel ristorante? Scommetto che ti farebbero entrare non appena vedrebbero lo scintillio della Regina di Ghiaccio.”

 

Gabriella gli scoccò un’occhiataccia: “Chad, capisco che il tuo spirito maschile stia cercando in tutti i modi di difendere il tuo amico, ma tanto non funzionerà.”

 

Taylor si corrucciò: “Da quando sei diventata così permalosa?”

 

Il suo ragazzo fece una smorfia da saputello: “Da quando il coach ha intensificato gli allenamenti.”

 

Le due donne lo guardarono, curiose: “E quindi?”

 

Il cestista scrollò le spalle: “E quindi Troy è troppo stanco alla sera per…” ma non riuscì a finire la frase, perché una delle ballerine di Gabriella si schiantò contro la sua testa “Ahia! Fa male quella!”

 

La mora assunse un’espressione omicida: “Ringrazia che mi sono tolta i tacchi, e credimi, non li avrei indirizzati alla tua testa.”

 

La sua amica scosse la testa, lanciando un’occhiata all’orologio che portava al polso: “Chad, dobbiamo andare prima che il tuo coach cominci a chiamare come un pazzo. Gabby, sei sicura che non vuoi venire? Guarda che dopo lo rimpiangerai.”

 

Ma lei alzò un dito: “Gabriella Montez non rimpiange mai niente.”

 

Chad si alzò dal divano bianco, afferrando il suo borsone e roteando gli occhi: “Seriamente, Gabriella, smetti di passare tutto quel tempo con Sharpay.”

 

Taylor le baciò una guancia: “Ti chiamo negli intervalli, d’accordo?”

 

Gabriella fece spallucce: “Ti ho detto che non m’interessa sapere. Fosse per me, dovrebbero perdere.”

 

Il ricciolino, che stava già avviandosi fuori dalla porta, sbuffò: “Farò finta di non averti sentita.”

 

La sua ragazza sospirò: “Ciao Gabby, a dopo.”

 

Dopo il suono della porta che si chiudeva, scese il silenzio nell’appartamento. Gabriella sbuffò arrabbiata, sempre seduta nella stessa posizione. L’idea che, forse, i suoi due migliori amici potessero avere ragione non le sfiorava nemmeno la mente.

 

Era fissa nella sua convinzione.

 

Borbottò qualche imprecazione in spagnolo che aveva sentito spesso da suo nonno, fissando con aria truce l’orologio appeso al muro.

 

Mancavano poco meno di due ore a quella partita così importante, e lui era uscito già da un’ora, dopo la loro litigata.

 

Tempo dieci minuti, ed erano sopraggiunti Chad e Taylor per cercare di risolvere la situazione.

 

Ma quella volta, lei era stata irremovibile. Lui -le veniva il nervoso solo a pronunciare il suo nome- si era dimostrato egocentrico, egoista e troppo fissato con il basket, quindi lei, per vendetta, non sarebbe andata alla sua grande partita.

 

-Perché a me del basket non me ne frega niente, in fondo,- pensò con aria decisa –Sono soltanto degli spilungoni che corrono dietro ad una palla. Giusto?-

 

Giusto?

 

Sospirò, scostandosi una ciocca di boccoli corvini dal viso, e sciogliendo le membra ormai intirizzite per il poco movimento.

 

All’improvviso, un ronzio eccitato la avvisò che qualcuno la stava cercando al cellulare.

 

Afferrò il telefono e rispose: “Pronto?”

 

“Hai cambiato idea? Giro la macchina e vengo a prenderti.”

 

Chiuse gli occhi, contando mentalmente fino a dieci: “Tay, non ho cambiato idea. Voglio stare a casa, non me ne frega niente.”

 

Sentì la sua migliore amica ridacchiare: “Le bugie hanno il naso lungo, Gabby.”

 

“Non sono in vena di ripassare le favole Disney, Taylor. È Kelsie quella incinta, non io.”

 

“Va bene, va bene. Chiama appena decidi che hai bisogno di un passaggio per raggiungerci.”

 

“Puoi aspettare la prossima glaciazione!” ma Taylor aveva già riagganciato.

 

Le venne voglia di lanciare il cellulare contro il muro, ma poi pensò che non sarebbe servito a niente. Le venne anche voglia di chiamare Sharpay e chiederle di andare a fare shopping selvaggio, ma poi realizzò che avrebbe soltanto esaurito tutto il credito della sua carta solo per voglia di sfogarsi, comprando cose inutili che non avrebbe mai messo.

 

Così, decise che l’unico modo per sfogare il suo nervosismo era gridare.

 

L’urlo rimbalzò tra le pareti dell’appartamento vuoto, risuonando in una debole eco. Anche quel tentativo era fallito.

 

“Resisti, Gabriella, resisti. Non arrenderti!”

 

Oh bene, adesso parlava pure da sola.

 

 

###

 

 

Una sirena suonò la pausa del primo tempo, ed i giocatori si accalcarono verso gli spogliatoi, asciugandosi con gli asciugamani o tirandosi addosso bottigliette d’acqua.

 

Troy Bolton, playmaker e stella emergente dei Lakers, lanciò un’occhiata ai posti a bordo campo, dove di solito sedevano due brunette di sua conoscenza.

 

Purtroppo, quel giorno ne vide solo una, dalla pelle nera e l’aria affranta, che scosse la testa e le spalle nella sua direzione.

 

Troy sorrise triste ed entrò nel cubicolo degli spogliatoi con un sospiro.

 

Chad lo raggiunse e gli mise un braccio attorno alle spalle: “Che ci vuoi fare, amico. Le donne sono fatte così. Non sai quante volte Taylor si è arrabbiata con me perché ho saltato qualche appuntamento o ho dimenticato qualche assurda ricorrenza.”

 

Il suo migliore amico lo guardò critico: “Ti eri dimenticato il vostro quinto anniversario, Chad. È logico che Tay non ti abbia parlato per tre giorni.”

 

“No che non è logico! E poi comunque ho rimediato subito!”

 

“Regalandole una palla da basket autografata dai ragazzi della squadra.”

 

Il ricciolino alzò un sopracciglio: “Non sai quanto varrà quella palla, tra poco.”

 

Troy sospirò e si accasciò su una panchina dello spogliatoio: “E’ che, tecnicamente, non è stata colpa mia! Ho cercato di spiegare al coach dell’appuntamento, ma lo sai che non vuole sentire ragioni…”

 

“Bolton!” abbaiò in quel momento l’allenatore “Ti sembra questo il modo di giocare? Avevo detto tiri da fuori area! Stai giocando come mia nonna!”

 

“Lo perdoni, coach,” ghignò Chad “Problemi di donne.”

 

Una vena pulsante comparve sulla fronte dell’uomo: “Ho messo bene in chiaro che i vostri problemi di cuore non mi interessano. Quindi o giocate come si deve, oppure finite in panchina per il resto della stagione. D’accordo?”

 

“D’accordo coach.” fu la risposta unica di tutta la squadra.

 

Si alzarono e si riavviarono verso il campo da gioco, nel silenzio della concentrazione.

 

“Bolton,” Troy si girò al richiamo del suo allenatore, che gli fece l’occhiolino “Regala un mazzo di fiori alla tua donna. Vedrai che le passa.”

 

 

###

 

 

Gabriella lanciò un’occhiata nervosa all’orologio al polso. La partita avrebbe ormai dovuto essere finita. Non che a lei importasse, certo.

 

Sbuffò, facendo svolazzare un ricciolo sfuggito allo chignon. Era seduta nel buio del salotto, sul divano color crema, a fissare lo schermo nero della televisione. Il telecomando era sul tavolino in vetro davanti a lei, ma si era ripromessa che non l’avrebbe toccato e così sarebbe stato.

 

Guardò di nuovo l’orologio; sì, decisamente la partita era finita. Anche includendo il gioco in overtime.

 

E allora lui dove cavolo era finito?

 

Le dava fastidio non sapere dove potesse essere; ma solo perché non sapeva di quanta ‘libertà’ avrebbe ancora potuto godere, naturalmente.

 

Aveva passato un pomeriggio tutto dedicato a se stessa, concedendosi un bagno caldo e una manicure. Era riuscita perfino a declinare con cortesia tutte le chiamate che Taylor le aveva fatto per convincerla a raggiungerla allo stadio.

 

Prese il bicchiere di vino bianco che le stava davanti e ne bevve un sorso. A quell’ora di solito trasmettevano il suo telefilm preferito… ma se accendendo fosse incappata in un canale sportivo e avesse saputo quello che non voleva sapere? Meglio non rischiare. In fondo, oramai conosceva le avventure di Carrie e le sue amiche a memoria.

 

Finalmente, sentì le chiavi girare nella toppa. Accese in fretta la luce e agguantò una rivista abbandonata sul pavimento, giusto per fingersi impegnata, e si risedette proprio mentre lui entrava in casa e lanciava il borsone per terra.

 

“Ciao.” le disse entrando in salotto.

 

“Ciao.” replicò lei, senza staccare lo sguardo dalle pagine.

 

“Non sei venuta alla partita.”

 

“No.”

 

“Quindi sei ancora arrabbiata?”

 

“Sì.”

 

“Quindi presumo che non ti interessi sapere chi ha vinto?”

 

“No.”

 

“Bene.”

 

“Bene.”

 

Lo spiò con la coda dell’occhio mentre saliva le scale, togliendosi la maglietta e accartocciandola tra le mani. Di solito riusciva a capire, dal suo comportamento, com’era andata una partita.

 

L’acqua della doccia cominciò a scrosciare al piano di sopra. Se avevano perso, Troy sarebbe stato intrattabile per tutto il resto della settimana. Se, al contrario, avevano vinto, Troy avrebbe incominciato a festeggiare come un bambino.

 

Però, quella sera lei non aveva colto nessun atteggiamento particolare; soltanto la freddezza con cui si erano parlati.

 

Sospirò, passandosi una mano tra i boccoli corvini. Per una volta, non avrebbe ceduto.

 

 

###

 

 

“Cioè mi stai dicendo che sono tre giorni che non gli parli, e ancora non hai saputo il risultato della partita?” Gabriella annuì alla domanda della sua migliore amica, che sbarrò gli occhi e scosse la testa “Non ci posso credere. Non… non riesco nemmeno a capire come abbiate fatto!”

 

La mora fece spallucce: “Siamo stati incredibilmente bravi ad evitarci. Sabato io sono andata in palestra, domenica lui si è visto con Chad, ed oggi siamo entrambi fuori. E non ho mai acceso la TV, né comprato un giornale.”

 

Taylor le scoccò un’occhiataccia: “Scusa se te lo dico, ma Chad ha ragione: tu passi davvero troppo tempo con Sharpay. Ti sembra una cosa normale questa?”

 

“Finchè non mi chiederà scusa, io continuerò così.”

 

“In realtà, credo che anche tu gli debba delle scuse, Gabby.”

 

Lei sgranò gli occhi: “E perché?”

 

Taylor sbuffò: “Come perché? Litighi per una sciocchezza, non vai alla partita che deciderà le sorti del campionato, e perdipiù non gli chiedi nemmeno com’è andata, e non gli parli per tre giorni? Sì, decisamente credo di sì.”

 

Gabriella incrociò le braccia, appoggiandosi allo schienale della sedia: “Ti detesto quando fai così.”

 

La sua amica sorrise: “Solo perché sai che ho ragione. Perché stasera non gli prepari una bella cenetta, solo tu e lui?”

 

“Perché così non farei altro che dargliela vinta!” ma all’occhiata di fuoco che ricevette, si corresse “Va bene, d’accordo. Vedrò che posso fare.”

 

“Non sforzarti troppo, mi raccomando.”

 

Gabriella le fece la linguaccia per quella battuta, poi guardò fuori dalla vetrata del caffè in cui erano sedute, e sobbalzò: “Oddio. Stanno venendo qui! Che ci fanno qui?”

 

Taylor si strinse nelle spalle: “Io e Chad volevamo pranzare insieme. Troy era con lui al campetto da basket, evidentemente non voleva lasciarlo solo.”

 

La sua migliore amica la guardò in cagnesco: “Grazie davvero.”

 

“Oh, figurati.” trillò divertita l’altra, salutando con una mano il suo ragazzo per farsi vedere.

 

“Ehilà, bellezze!” esclamò il riccioluto giocatore di basket, nascosto dietro un grande paio di occhiali “Tutto bene?”

 

“Benissimo!” gli rispose la sua ragazza, alzandosi e dandogli un bacio “Io e Gabby abbiamo fatto un po’ di shopping.”

 

La diretta interessata fece un sorriso tirato, evitando di guardare il suo fidanzato, in piedi accanto a lei.

 

“Che novità,” ghignò Chad “Gabby, vuoi mangiare un boccone con noi?”

 

Gabriella scosse la testa: “No, grazie, vado a casa. Ho un sacco… di cose da fare.”

 

“Ti accompagno.” sentenziò Troy.

 

Lei continuò ad evitare il suo sguardo: “Non c’è n’è bisogno, grazie. Prenderò la metropolitana.”

 

Il ragazzo alzò un sopracciglio: “Ho la macchina qui dietro, e carica come sei di buste non ci entri nemmeno in metro. Andiamo, ti accompagno.”

 

Ciaociao ragazzi.” ridacchiò Chad, avvolgendo con un braccio le spalle di Taylor.

 

Troy e Gabriella camminarono fino all’auto in silenzio; lui l’aiutò a caricare i sacchetti del suo shopping sul sedile posteriore, ma anche quando salirono, non si scambiarono una parola.

 

Nel silenzio iniziarono il loro ritorno verso casa, finchè il ragazzo non accese la radio. La sua fidanzata lo guardò con la coda dell’occhio: sembrava rilassato, canticchiava a voce bassa la canzone che veniva trasmessa.

 

Al termine di questa, nell’abitacolo rimbombò la voce del dj: “E adesso passiamo allo sport. Ricordiamo tutti la partita di tre giorni fa in cui i nostri Lakers…”

 

“Perché hai spento?” Gabriella si girò stupita verso il suo fidanzato.

 

Lui la guardò di sfuggita, con un sorriso: “Credevo che non volessi sentir parlare di quella partita.”

 

La mora boccheggiò un paio di volte: “Ehm… sì, infatti.” lo sentì ridacchiare, e si accigliò “Che c’è di tanto divertente?”

 

Troy scosse le spalle: “Niente. È solo che era da un po’ che non tiravi fuori la tua testardaggine.”

 

Lei alzò un sopracciglio: “E questo ti fa ridere?”

 

“Sì, perché so che la stai usando solo per far innervosire me, anche se sai che hai torto. Ma sai anche benissimo che tanto non funziona.”

 

Gabriella ritornò a fissare la strada di fronte a lei: “Questo lo dici tu. Intanto, non ti ho dato la soddisfazione di voler sapere il risultato della partita. Perché a me non interessa.

 

Ridacchiò di nuovo: “Certo, certo.”

 

Finalmente, l’auto venne fermata nel parcheggio del loro palazzo, e Troy le scaricò le buste senza ascoltare le sue proteste.

 

“Guarda che sapevo fare da sola.” brontolò non appena entrarono in ascensore.

 

Lui non rispose, ed entrarono insieme nel loro appartamento. Era palese il fatto che non si fossero parlati per alcuni giorni, notò Gabriella, visto che i vestiti o gli oggetti fuori posto appartenevano esclusivamente al suo fidanzato. Lei certo non si era presa la briga di fargli notare che presto sarebbe rimasto senza magliette e biancheria, se avesse continuato così.

 

“Gabriella?” si girò alla sua voce, con aria scocciata. Era in piedi, appoggiato allo stipite del bagno, con un’aria strana in volto che la fece preoccupare: “Sì?”

 

“Ventidue settembre.”

 

Gabriella si accigliò: “Che… che cosa succede il ventidue settembre?”

 

Troy le si avvicinò: “Ti ricordi cosa ti ho detto quando ho iniziato a giocare per i Lakers, all’inizio della stagione?”

 

Lei deglutì: “Che quando il campionato sarebbe stato vinto noi… noi avremmo fissato la data del nostro matrimonio.”

 

Il suo fidanzato annuì: “Ventidue settembre.”

 

Con la testa che le girava, Gabriella cercò di rimanere in piedi: “Il campionato è già finito?”

 

Troy fece altri tre passi verso di lei: “Con tre partite d’anticipo.”

 

“E chi… chi ha vinto?”

 

La raggiunse, sorridendo trionfante: “Noi. Sia il campionato, sia l’ultima partita.”

 

“Ah.” solo in quel momento si accorse che, puntualmente, si era arresa. Senza neanche accorgersene, troppo presa dall’emozione. “Sei uno stronzo.” esalò.

 

Vide una scintilla di divertimento, la stessa che lo accompagnava da quando aveva sedici anni, brillare nei suoi occhi: “E perché?”

 

“Perché mi hai fregata. Hai giocato sporco e mi hai fatto sapere chi ha vinto anche se sapevi benissimo che io non lo volevo.”

 

Lui ghignò: “Me l’hai chiesto tu.”

 

Gabriella boccheggiò arrabbiata, cercando delle parole pungenti con cui rispondere, ma prima di poter fare qualsiasi cosa, un paio di labbra morbide si posarono sulle sue, annullandole qualunque pensiero di rabbia.

 

Suo malgrado, si ritrovò ad abbandonarsi completamente a quel bacio, realizzando solo che presto si sarebbe sposata con il proprietario di quella bocca maliziosa, di quelle mani forti, di quegli occhi incantevoli, di quegli addominali che tanto la rendevano gelosa delle sue fan.

 

Oh, beh. Se per tutto quello doveva solo lasciarlo vincere qualche volta… poteva anche starci.

 

 

Fine

 

 

 

 

Miracolo, ho finito anche questa fic!! Era ferma da mesi, lo so, ma non sapevo come andare avanti. Poi oggi, in dieci minuti, ho fatto tutto. Spero che soddisfi la vostra sete mentre aspettate tutti gli altri miei lavori così lenti ;)

 

Grazie per aspettarmi sempre, e un altro Buon compleanno alla mia amore Elly Malfoy ^^

 

Hypnotic Poison

 

 

 

   
 
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