Lo so, sono stata molto
assente!
Purtroppo non ho molto tempo per scrivere e
postare, ma comunque faccio quello che mi è possibile!
Vi ringrazio di nuovo per le recensioni, e credo
che dal prossimo capitolo comincerò a rispondere ad ognuno.
Allora, ecco il nuovo capitolo! Noterete subito
che ho un po’ cambiato il mio modo di scrivere, perché quando l’ho scritto, era passato molto tempo da quelli precedenti, e le mie idee
sul come evolvere questa storia si sono rivoluzionate.
Buona lettura! ;)
Capitolo
3 – Breathe
Era così arrabbiato con se
stesso, che sarebbe stato capace di distruggere qualcosa.
Ma l’aveva già fatto, e se
ne rese conto troppo tardi.
E correva, senza una meta ben precisa, e qualche
volta si fermava per osservare tutta quella distruzione. Tutto quello che aveva
causato era lì.
Sono bastati 5 anni, per
fare tutto ciò.
E ormai era solo. Nessuno con cui
confrontarsi, nessuno con cui parlare, nessuno da salvare, nessuno da amare.
Figlio mio, l’unico modo
per abbracciare del tutto il tuo destino, è rinunciare ad ogni cosa che lega te
stesso con l’umanità delle persone.
Così freddo. Senza pietà.
La città era rivestita da
un alone d’arancio/rosso carminio, che dava un senso di mistero, e di paura.
C’era ancora il fumo. Il
cielo ormai era diventato grigio, e il sole cominciava a non vedersi più da
diversi giorni.
Quanti
ricordi affioravano nella sua mente, tormentandolo.
Una voce soffocata si
sentiva da sotto un cumulo di macerie. Così spenta. “Aiutami. Un’ultima
volta.”.
I suoi occhi verdi erano
diventati bui. Quasi commossi nel vedere quell’uomo morire,
senza neanche provare a tirarlo fuori, nonostante poteva farlo subito. Era così facile fisicamente, ma dentro di lui la forza non esisteva
più da molto tempo ormai.
Sono rimasto solo. Non sono più nessuno.
[n.d: cominciate da qui ad ascoltare la canzone ‘The
Funeral’ dei Band Of Horses qui] Strinse i denti e i pugni,
e corse via più veloce che mai, verso la cima di
quello che restava del posto in cui 5 anni prima ha vissuto i momenti più belli
della sua vecchia vita. Il Daily Planet. Si inginocchiò sbattendo violentemente contro il
cemento. Cominciò a piovere forte, e la pioggia evidenziò la cenere che era
rimasta dopo l’esplosione. Ne prese un pugno,
stringendolo sempre di più, graffiandosi il palmo della mano con le sue stesse
dita. Cominciò ad uscire sangue
da essa. Lasciò cadere delicatamente la cenere ormai
fradicia, e quel rosso cominciò a mischiarsi con l’acqua piovana che inondava
il terrazzo. Restò in ginocchio per
molto tempo, facendosi bagnare da quel temporale che sembrava non finire mai.
Il suo viso era sempre più cupo, quasi a scomparire nell’ombra dell’oscurità
che si era formata. Infine si alzò stringendo i
pugni, e si avvicinò sempre di più sull’orlo della cima. Clark, tu lo puoi fare!
Il mondo ha bisogno di te! Su, su, e sempre più in alto! Non era
riuscito a salvare l’umanità, figuriamoci se stesso. Calpestato dai suoi stessi
peccati. Guardava il vuoto sotto di
lui, stringendo sempre di più i denti. E si avvicinò ancora di più, fino a toccare l’aria
con un piede. Il suo cappotto bagnato
ondeggiava nonostante l’acquazzone, e Una piccola debolezza, si
presentò dopo tantissimo tempo. Stava piangendo. Anche se non si vedeva dato la pioggia. Si mise una mano tra i
capelli, e la riportò subito in basso. Dopodiché allargò le braccia come se
fossero delle ali, con lo sguardo rivolto al cielo. E
come se qualcuno l’avesse spinto, si lanciò. E quello che mi merito.. è questo. Clark Kent è morto. “No! Lois si svegliò nel suo
letto, confusa e spaventata. Quello che aveva sognato
era davvero un incubo. Il terrore l’assaliva sempre di più. “Lois, va tutto bene. Sono
qui” si girò non appena sentì quella voce. I suoi
occhi la guardavano dolcemente, come ogni volta che i loro sguardi si incontravano. Voleva abbracciarlo,
poggiare la sua testa sul suo petto per sentire il suo
cuore, assicurandosi che stesse davvero bene. Ma
sarebbe stata una reazione debole da parte sua. Infondo era
stato solo un incubo. “Clark, cos’è successo..” i pensieri di prima si
facevano sempre più bui, ma non riusciva ancora a dimenticare quello che aveva
sognato. “Dovrei chiederti la stessa
cosa” rispose lui, sorridendo, un po’ spaventato. “Ti ho trovato stirata per
terra in salone, e mi sono davvero preoccupato… è da 14 ore che non apri un
occhio” in effetti aveva davvero la faccia di qualcuno
consumato dal sonno. “Non dovevi preoccuparti per me Smallville, sarei stata
bene da sola” si rese conto di aver detto una stupidaggine, infatti
lui non fece a meno di scoppiare a ridere, “Non credo che il pavimento sia un
buon posto per riposare” tentò di alzare la schiena per parlare meglio, ma un
giramento di testa si fece sentire. Clark
l’aiuto a sollevarsi, tenendola per la vita e sollevandola delicatamente. Si scambiarono un lungo sguardo, che fu interrotto
dalla voce preoccupata di Chloe. “Lois!” corse da lei abbracciandola, e lei non
potè fare a meno che provare un po’ di dolore ma
comunque era felicissima di vedere sua cugina dopo un po’ di tempo. Si
staccarono dall’abbraccio, con Clark che guardava contento ma
allo stesso tempo triste per l’interruzione di un momento che poteva anche mutarsi
in qualcosa di più. “Io sinceramente non so
cosa possa essere accaduto, ricordo che mi trovavo di là per scrivere qualcosa,
quando…. Non ricordo. E ti metterai a ridere quando ti
dirò cosa ho sognato prima che tu mi svegliassi.” Lui le sorrise. La sua vista era completamente incollata ai suoi occhi, non riusciva a
distogliere lo sguardo. Chloe non fece a meno che notarlo, così tossì leggermente, “Cos’hai sognato
di tanto buffo?” A cuor suo però, Lois
sapeva benissimo che era un incubo. “Era buio. Non ricordo bene se era giorno o
notte. Ma comunque c’era Metropolis distrutta, e
l’unica persona che era viva… eri tu, Clark. Ma
sentivo che il tuo cuore non lo era. Eri vestito di nero, con una S luminosa
sul petto, e…” Sia Chloe che Clark si misero in allarme
al sentire delle parole di Lois. E se quello che aveva
sognato fosse stato quello che ha visto nel futuro? Ma
non può essere. Lois non ricordava nulla. Scacciarono entrambi il
pensiero e continuarono ad ascoltare Lois, che aveva preso un respiro profondo
prima di ricominciare a narrare. “E correvi alla
velocità della luce verso la cima dell’ormai distrutto Daily Planet. Ha
cominciato a piovere, e tu ti sei inginocchiato. Stavi piangendo, quando ti sei
alzato di colpo e hai cominciato a correre verso l’orlo del terrazzo, e lì…. Ti
sei buttato.” Gli occhi di Lois si fecero un po’
lucidi, e tirò su con il naso. “Tranquilla, era solo un
incubo. Però hai molta fantasia” Clark le rispose,
anche se quel pensiero di un mondo distrutto sembrava così reale. Chloe invece, cercava di
capire al meglio di che cosa stesse parlando la
cugina. ‘E se lui avesse causato davvero la
fine del mondo?’ scacciò subito quel pensiero. “Adesso devo
andare Lois, ci vediamo stasera. Prenditene cura Clark, mi raccomando!”
Gli diede un colpetto alla spalla sinistra in segno di attenzione.
Si erano intesi entrambi. Il tempo che Clark salutò
Chloe, Lois si alzò dal letto un po’ barcollante, “che diavolo fai?” domandò
lui preoccupato. “Mi riprendo” sapeva che convincere una come Lois Lane significava fare i salti mortali, così lasciò perdere. Seguì Lois in cucina, “Ti rendi conto? Come può una mente
come la mia sognarti nei panni di Blur?” Clark le sorrise, “Già. Eri davvero
fuori strada” tutte quelle volte che cercava qualsiasi scusa per evitare che
lei venisse a conoscenza del suo segreto, era davvero
difficile riuscirci. “E comunque…”
Lois s’interruppe. Aveva cercato di rompere il silenzio, ma non sapeva cosa
dire. Clark le versò l’acqua
gentilmente, e lei sbuffò a braccia conserte, “E comunque
se il tuo cervello si è riattivato possiamo tornare al Daily Planet. Ma questa
volta guido io” lei lo guardò con uno sguardo seccato, ma l’espressione
sorridente di Clark la fece cedere, e scoppiò in una risata silenziosa che comunque si notava molto. “Per questa volta hai vinto, ma la
prossima…” tossì leggermente “La prossima la vinco io”
Gli diede un colpetto alla spalla destra, e andò in bagno per sistemarsi un
po’. A quel punto prese la giacca, tornò da Clark e,
“Accendi i motori, Smallville” entrambi uscirono dall’appartamento per tornare
a lavoro. Qualcuno però stava
osservando il tutto. Alia uscì fuori e il suo corpo fu illuminato dalla luce
del corridoio ancora accesa. “Avrei davvero desiderato che fossero rimasti così
anche più avanti” detto questo, quando la luce si spense, lei già non c’era.