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Autore: Mystery Anakin    24/09/2009    4 recensioni
Quando la vita sembra averti tolto tutto, è proprio allora che bisogna avere la forza di ricominciare e ritrovare da qualche parte la speranza...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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And if I say I love you 4 corretto
Capitolo 4
La fine di ogni cosa

Distesa sul mio letto contemplavo il soffitto assorta. Chi ero io? Non lo sapevo più. Non sentivo più nessuna sensazione. Ero come vuota dentro di me. La camera era buia, solo uno spiraglio di luce entrava dalla mia finestra.
Meglio, il buio era confortante.
Il buio sapeva soccorrerti quando ne avevi bisogno. Sembrava che ti aiutasse ad annullare i pensieri. Perchè era questo ciò che volevo. Abbandonarmi a me stessa e non pensare più per il resto della mia vita. Ma questo era un desiderio irrazionale e lo sapevo. Il buio poteva anche darmi l'impressione di non esistere, ma non poteva evitare che la mia mente con insistenza m'imponesse ciò che volevo dimenticare.
Tutto era accaduto l'altra sera. Quando Sam era riapparso...
"Sam!" esclamai vedendolo.
Non sapevo bene che reazione avere. Il mio primo impulso era quello di riabbracciarlo. Ma ad un tratto mi ricordai di mia cugina e con un tono tra l'arrabbiato e il preoccupato dissi: "Dove sei stato?"
Lo guardai meglio: aveva un paio di bermuda sfilacciate e il resto del corpo era scoperto.
"Leah, devo parlarti" esordì con un tono sofferente.
"V-vieni, andiamo in garage, non voglio che i miei ti trovino ora e in queste condizioni" dissi.
Esitai, poi, non potendo più resistere, gli presi la mano e lo trascinai verso il garage affianco alla casa. Mi accorsi subito che qualcosa non andava, Sam non ricambiava la mia stretta.
Aprii la serranda del garage, e ci infilammo dentro. Accesi la lampadina. Dentro era davvero un putiferio, tutto era in disordine. Vecchi giocattoli di quando io e mio fratello eravamo piccoli erano ammassati su uno scaffale, cianfrusaglie di ogni genere, vecchi mobili, tutto era sparso qua e là o impilato a formare una colonna pericolante.
Mi sedetti sulla prima base rigida che trovai: un vecchio comodino, mentre Sam si appoggiò alla parete.
Per un po' regnò il silenzio, poi fu lui a parlare per primo.
"La ragazza che era con te..."
"Emily!" dissi "E' in ospedale, è stata colpita da quel lupo"
Lui guardò in basso, con aria davvero sofferente.
"Mi...dispiace..."mormorò.
Non sapevo come comportarmi. Non avevo mai visto Sam con quell'espressione. Quando alzò gli occhi, notai anche qualcos'altro. Sembrava che cercasse qualcosa, ma cosa? Una moto di rabbia mi assalì all'improvviso. Era la mia mente che non trovava un senso al suo comportamento. Ed era quando qualcosa mi sfuggiva, che sentivo la rabbia e l'esigenza di riportare le cose al loro ordine nella mia testa.
"Ma tu dove sei finito? Sei sparito all'improvviso" chiesi cercando di controllare il mio tono.
Lui fece ancora quell'espressione sofferente e disse: "Io...sono uscito dalla grotta, solo non sapevo che voi foste ancora dentro, pensavo che mi steste seguendo. Quando mi sono voltato per vedere se eravate dietro di me, sono scivolato e ho sbattuto la testa"
Ciò, lo aveva detto tutto d'un fiato, quasi fosse un discorso ripetuto più e più volte. Avevo il forte sospetto che non fosse la verità. Ma Sam non mi aveva mai mentito, o almeno il Sam che conoscevo.
"E ora? Non hai nessuna fasciatura, un cerotto, qualcosa?"
"No, mi è rimasto solo un bernoccolo, per fortuna" rispose, ma senza guardarmi.
La cosa non mi convinceva affatto. Del resto probabilmente non c'era nessun'altra spiegazione.
"Sam" dissi avvicinandomi a lui "ma cosa è successo? Possibile che io non possa saperlo?"
Il mio tono aveva una nota di disperazione, che però non volevo dare a vedere.
"Mi dispiace, Leah..." rispose.
Aveva ancora quello sguardo sfuggente: avrei voluto tanto sapere cos'era che lo tormentava. Volevo avvicinarmi a lui, abbracciarlo, fargli sentire tutto il mio amore, assicurargli che anche stavolta gli sarei stata vicina, se solo lui mi avesse detto cosa stava succedendo. Sentivo che però non potevo farlo, perchè era come se un muro si fosse posto tra noi, come una barriera segreta. E quella barriera era il segreto che non voleva rivelarmi, ma allo stesso tempo il suo atteggiamento freddo nei miei confronti, come se io non fossi più nulla per lui.
No. Come potevo pensarlo? Non poteva essere così.
Nel tentativo disperato di convincermi di ciò mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Non ricambiò la stretta, e questo mi ferì profondamente.
"Sam..." mormorai " Io vorrei che tutto tornasse normale tra noi. Tutto quello che è successo ci ha allontanati, ma io non posso stare senza di te. Dimmi la verità, ti sei immischiato in qualche giro criminale?"
"No" rispose secco.
"C'è qualcuno che ti ricatta? Ti prego rispondi! Non riesco a sopportare questo silenzio!" continuai.
"Ora basta" sbottò e mi allontanò da sé.
"Cosa fai?" chiesi sbalordita.
"Leah, dimentica quello che c'è stato tra noi. Io non sono il più Sam che ricordavi" spiegò.
Rimasi in silenzio un secondo. Cosa stava dicendo?
"Ma cosa dici?"
"Sì, sì è così! Io sono diverso! Non posso dirti quanto e come, perchè è un segreto! Ma devo svolgere una missione, e noi non possiamo stare insieme!" gridò.
"Perchè?" esclamai sconvolta.
"Perchè deve essere così!"
"No, mi rifiuto! Questo discorso l'ho già sentito e ti avevo già detto che non ti avrei abbandonato" gridai disperata.
"Ed hai visto come è andata!"
"E' stato un incidente!" gridai.
"No che non lo era!"
Ma cosa stava dicendo? Era impazzito? Non capivo! Era assurdo, non poteva lasciarmi così. Non avrebbe fatto il coraggioso con me, io gli sarei stata accanto. E lui, conoscendomi, sapeva che non l'avrebbe scampata tanto facilmente.
"Io non ti lascerò solo, perchè...io ti amo Sam" dissi questa volta con calma.
Lui volse lo sguardo da un'altra parte. Perchè non rispondeva?
"Guardami" gli ordinai.
Lui mi guardò.
E già quello sguardo diceva parecchie cose. Era duro, ma allo stesso tempo sofferente, come di chi stava per dire qualcosa di molto importante, ma aveva paura delle conseguenze.
Io stessa temevo, chissà perchè, quella domanda che stavo per fargli. Era come se il mio inconscio sapesse già la risposta, ma la allontanasse.
"Tu mi ami, Sam?"
Una domanda, semplice, pronunciata come se ne pronunciano tante, ma con implicazioni troppo grandi per poter essere considerata come le altre.
Sam mi guardò negli occhi e quello sguardo non l'avrei dimenticato per tutta la vita. Portava con sé tutta l'inesorabilità di ciò che stava per dire.
"No, non più. Mi dispiace, Leah" disse, e uscì dal garage.
Rimasi lì immobile come una statua. Non so per quanto tempo, forse ore, giorni. L'unica cosa di cui ero consapevole erano le stesse parole, che mi rimbombavano nella testa.
"No, non più. Mi dispiace, Leah".

Sentii un vuoto allo stomaco a quel ricordo. No, non dovevo ricordare. Il buio, dovevo trovare il buio, solo così sarei stata bene. Solo così non avrei ripensato a tutto.
Ma era impossibile non pensare, non ricordare.
L'oscurità stessa della camera mi facilitava nel ripresentarmi quei ricordi.
Eppure come ne potevo fare a meno?
La luce del sole, i colori, tutto avrebbe avuto il sapore di una felicità che non mi apparteneva.
E soprattutto, tutto mi ricordava lui.
Ogni singolo angolo della mia casa, ogni strada di questa città, persino ogni persona.
Era come se ogni cosa portasse una parte di lui con sé.
Ed io non potevo sopportarlo.
Così come non potevo sopportare quelle parole, che ritornavano costantemente.
Ma non era finita lì.

Quella notte non avevo dormito. Avevo dato la buonanotte a tutti con il sorriso, come sempre, e mi ero chiusa in camera. Una volta lì, mi ero seduta sul letto e mi tenevo la testa tra le mani. Non poteva essere vero quello che aveva detto. Sicuramente l'aveva detto solo per allontanarmi, per far sì che non fossi coinvolta in quello che gli stava succedendo. Eppure, quando lo aveva detto sembrava davvero convinto. L'espressione degli occhi era inequivocabile. Ma come, come poteva pensare che Sam, non...non riuscivo neanche a dirlo. Era impossibile. Lui stesso mi aveva giurato di amarmi per sempre. Toccai il ciondolo che avevo al collo. Al ricordo di quella sera e di come tutto era diverso mi vennero le lacrime agli occhi che subito ricacciai indietro. No, non dovevo piangere. Non sarebbe servito a nulla. Dovevo far luce su questa storia, perchè non si potevano gettare al vento tre anni insieme per nulla. Se c'era qualcosa, doveva essere davvero importante e io l’avrei scoperto. A tutti i costi.
Passai tutta la notte insonne a rimuginare su  questi pensieri. Il mattino dopo, in compenso, mi sentivo a pezzi. La testa mi girava e avevo due grossi borse sotto gli occhi. Scesi le scale di casa lentamente. Appena fui giù, mi sentii cadere qualcosa addosso.
"Weeeee Leaaaaah!"
"Seth!" esclamai.
Mio fratello, pestifero ragazzino di nove anni, era stato in colonia per un mese. E per quel mese avevo goduto della pace più assoluta in casa. Ora, a quanto pareva, avrei dovuto scordarmi il silenzio che regnava in casa da un po'. Però, a parte quello, un po' ero contenta di vederlo. Seth era un ragazzino allegro, capace di infondere un po' di buonumore persino in me che in quel momento di buono non sentivo nulla dentro di me.
"Che hai? Sembri un fantasma!" commentò notando la mia espressione.
"Mmm, ho dormito maluccio" risposi. Poi cercai di cambiare discorso. "Come è andata in colonia?"
"Oh, benissimo!" cominciò a dire entusiasta.
Si perse per circa mezzora a raccontare tutto quello che aveva fatto. Io lo ascoltavo a tratti facendo ogni tanto qualche commento, ma intanto i miei pensieri viaggiavano altrove, lontani, perdendosi nei dolorosi ricordi dell'altra sera e in tutte le preoccupazioni di quei giorni. Completamente distratta, versai il caffé sulla tavola, anziché nella tazza.
"Oh no!" esclamai.
Dopo svariati tentativi di non distrarmi, riuscii a finire la colazione incolume. Mio fratello aveva terminato il suo racconto ed era andato in camera sua. Io stavo sparecchiando la tavola, quando mia madre mi fermò e disse: "Leah, cos'hai? Ti vedo strana..."
"Strana?" domandai con voce poco convincente.
"Sì, sei distratta, non ti ho mai visto così. E' successo qualcosa?" chiese con fare indagatore
"No, è tutto a posto mamma. Sarò solo un po' stanca" risposi.
Mia madre mi guardò poco convinta, ma, dal fatto che non pose più domande, capii che non aveva intenzione di indagare oltre. Forse aveva capito che avevo un problema e che volevo tenerlo per me.
Cercando in tutti i modi di cambiare discorso, le chiesi: "A Seth non avete detto ancora nulla?"
"Abbiamo solo accennato qualcosa. Ma non sa né del lupo, né che tua cugina rischia di perdere la vista" spiegò un po' rattristata dall'argomento.
Non ero propriamente d'accordo con quel modo di fare, ma non avevo la forza di ribattere. Non ero d'accordo sul fatto di nascondere a Seth la verità. In fondo non era così piccolo e le cose le capiva benissimo. Anzi, sarebbe stato meglio per lui sapere tutta la verità.
"A proposito" continuò la mamma "Oggi vado in ospedale, vuoi venire con me?"
"Ok" risposi.
Con tutto quello che era successo la sera precedente, avevo quasi dimenticato Emily, e questo mi faceva sentire in colpa. Mi sentivo un'egoista, ma in fondo ciò che mi era successo mi preoccupava tantissimo. Non ancora riuscivo a credere a quello che aveva detto Sam, per me era impossibile. Perciò il proposito che mi occupava ora era di ritrovare Sam e convincerlo non solo a dirmi la verità, ma aiutarlo anche, qualunque fosse il suo problema.
Sentendo dentro una maggiore risolutezza, dissi a mia madre che mi andavo a preparare, così dopo saremmo passati in ospedale da Emily. Mi lavai, mi vestii. Guardandomi allo specchio della mia stanza, assunsi un'aria risoluta, quasi l'immagine volesse convincere la persona reale a non arrendersi.
Cercando di assumere un'espressione normale, seguii mia madre in ospedale.
Emily era seduta sul letto della sua camera, ed era apparentemente normale. Però mi accorsi che, nonostante il sorriso che mostrava, c'era una sorta di inquietudine sul suo viso. Inquietudine che era ben visibile nei momenti in cui nessuno la guardava.
"Ciao, Leah!" esclamò con un sorriso vedendomi entrare nella stanza.
"Ciao", sorrisi anch'io, "Come ti senti oggi?"
"Abbastanza bene, certo, è parecchio strano vedere con un solo occhio, ma mi ci abituerò" rispose con un sorriso amaro.
"Ma che dici? Fra non molto toglierai le bende" ribattei.
"Sì, ma...non so se vedrò..." disse a occhi bassi.
"Certo che vedrai!" esclamai con tono sicuro, anche se una parte di me era poco convinta di ciò.
Questo, insieme al pensiero che la cicatrice indubbiamente sarebbe rimasta, aumentò il mio senso di colpa. Evidentemente Emily si accorse che stavo male per questo, e si affrettò a cambiare discorso.
Si fece ora di pranzo, e andammo a prendere qualcosa al bar dell'ospedale. Non avevo molta fame. Dentro di me sentivo l'impazienza crescere. Dov'era Sam in quel momento? E se stava intraprendendo un pazzia a mia insaputa? Come facevo a sapere dove fosse?
Al bar presi solo un panino, che però non mangiai tutto. Non ce la facevo, lo stomaco mi si era chiuso. Lasciai il panino dov'era e mi alzai dal tavolo del bar dicendo che andavo a farmi un giro. Camminai per il corridoio pensando. I pensieri erano sempre gli stessi, che mi tormentavano incessantemente.
Senza neanche accorgermene, feci la strada fino alla stanza di Emily. Quando mi trovai di fronte alla porta della sua camera, mi riscossi. Non sapevo perchè fossi tornata lì. Forse per abitudine, chissà. Mi chiesi se Emily non stesse dormendo. Poi sentii delle voci provenire dall'interno. Aprii la porta e li vidi.
C'era Emily seduta sul suo letto e Sam, vicino a lei che la teneva per mano. La scena mi sembrava così assurda, che sul momento pensai fosse uno scherzo della mia immaginazione.
Emily si era messa una mano sulla bocca, spaventata. Sam mi guardò allarmato.
"Leah!" esclamò Emily.
"Cosa significa?" chiesi, con voce tremante.
"Leah, era questo che volevo dirti l'altro giorno. Io ed Emily...è difficile da spiegare...." disse Sam.
Emily non mi guardava, ma era chiaro che aveva le lacrime agli occhi.
Dentro di me sentivo una feroce battaglia tra emozioni contrastanti. Stupore, umiliazione, gelosia, disperazione.
Guardai Sam. Aspettava una mia reazione, agitato. Vedevo in fondo ai suoi occhi una traccia di senso di colpa. Ma allo stesso tempo non potevo non notare che la persona davanti a me non era Sam. Era molto diversa e solo in quel momento me ne accorsi.
"N-non c'è problema. Ho capito tutto" dissi seccamente e scappai da quella stanza in lacrime.

Mentre quel ricordo mi tornava in mente, sentii lo stomaco rivoltarsi. Era impossibile ricordarsi tutte le sensazioni che avevo provato in quel momento. Forse più stupore, che spavento. Ero rimasta pietrificata sul momento, incapace di dare un significato a ciò che avevo visto. Allo stesso tempo mi sentivo come se avessero ordito una congiura alle mie spalle. Le domande mi attanagliavano il cervello. Come avevano fatto Sam ed Emily ad incontrarsi, e...(non riuscivo neanche a dire cosa era successo tra loro)? Tutto sfidava le mie leggi spazio-temporali e qualsiasi regola logica. Come aveva fatto Sam a trovare la stanza di Emily? Tutto era confuso e distante. Mi sembrava così incredibile, sembrava uno scherzo. Ma sapevo che non era così.
Perchè era andata così? Volevo scomparire nell'oscurità che mi ero creata, perchè sentivo che la mia esistenza non aveva più senso. Cosa si è senza la persona che si ama? Come si può sopportare di perderla vedendola tra le braccia della persona di cui ti fidavi più di tutte, che per te era come una sorella? Non poteva essere, non potevo accettarlo in nessun modo...

Corsi fuori dall'ospedale, senza sapere neanche io bene dove andare. Sentii una voce che mi chiamava, ero sicura che fosse Sam, ma non volevo parlargli. Di solito ero io più veloce a correre, ma mi sentivo così male, che non diedi il meglio di me, e lui mi raggiunse.
"Leah, fermati!" gridò.
"Va’ via!" urlai.
Cercai di asciugarmi in fretta le lacrime, non volevo che mi vedesse piangere. Ma era più forte di me, ogni lacrima tirava l'altra incessantemente, ignorando la mia volontà che imponeva loro di fermarsi.
"Ascolta, Leah...non è facile per me..." fece Sam.
"Ah, per te non è facile? Non mi sembrava ci fossero molti problemi quando tenevi la mano di mia cugina!" gli urlai contro.
"Certo che li abbiamo avuti, ci sentiamo entrambi in colpa per ciò che è successo!" ribatté lui.
"Solo questo? Non hai neanche minimamente pensato a tutto quello che c'è stato tra noi? Non significa davvero più nulla per te?" urlai infuriata.
Mi accorsi che la gente che passava di lì ci guardava o incuriosita, o preoccupata. Non m'importava, però, volevo solo sfogare tutta la mia rabbia e frustrazione in quel momento.
"So benissimo cosa c'è stato! Ma lasciami spiegare...Tra me e Emily è nato qualcosa di diverso. E' come se fossimo destinati a stare insieme! Io non posso fare a meno di lei e lei di me!" spiegò.
"E con me non era lo stesso? Di me potevi e puoi fare a meno?" chiesi, ma questa volta con un tono di voce più basso.
"Quello che c'è stato tra noi era diverso. Io ero diverso, ma non posso spiegarti di più, Leah. E' un segreto. Tu cerca di capirmi, non incolpare Emily per quello che è successo. In fondo è più colpa mia..."
"Io non capisco assolutamente ciò che stai dicendo! Come puoi buttare al vento una storia di tre anni, per questo non so cosa che tu hai ora?"
Ero fuori di me dalla rabbia. Il dolore per ciò che era successo c'era, ma la rabbia e l'incredulità sovrastavano tutto. I miei pensieri erano offuscati, sentivo il cuore battermi a mille e le mani tremare. Volevo scappare via, correre, scaricare tutta l'adrenalina accumulata. Ma la discussione continuava, accrescendo tutte queste sensazioni sgradevoli.
"E' qualcosa di più grande. E non servono tre anni per capirlo, basta un attimo." spiegò ancora.
"Bene" dissi a denti stretti "Se è questo ciò che credi, sei libero di fare ciò che vuoi. Ora so che evidentemente ero un'illusa: credevo provassi lo stesso per me. Bene. Ora va’ da Emily, ha bisogno di te. Per quanto mi riguarda, non cercatemi. Mai più. Addio, Sam" dissi, e prima che potesse fermarmi corsi via.
Non seppi mai se cercò di trattenermi. Non sapevo dove stessi andando. Volevo solo correre. Tutto lo sforzo che impiegavo sembrava prosciugare tutta la rabbia. Non ricordavo di aver mai corso così veloce. Sicuramente la gente mi stava osservando incredula, ma non potevo vederlo perchè i miei occhi erano offuscati dalle lacrime di rabbia e dolore. Nel petto sentivo un dolore lacerante accentuato dallo sforzo della corsa. Ma sapevo che quel dolore non era dovuto all'affaticamento, bensì dal dolore causato dalla perdita di Sam. Non ricordavo di aver mai provato una sofferenza così grande nella mia vita.
Senza neanche accorgermene arrivai alla spiaggia di La Push, lì dove erano accaduti molti degli eventi significativi della mia vita, e dove tutto era iniziato. Sembrava quasi che il mio cuore e la mia mente volessero di proposito farmi soffrire di più ricordando quei momenti. Momenti nei quali ero stata felice con Sam, ma anche momenti terribili, come il ferimento di Emily. Guardai il mere, le onde che, incuranti del dolore umano, continuavano il loro incessante movimento, e desiderai di essere come loro. Non avrei avuto più pensieri, sofferenze, ma avrei compiuto sempre lo stesso movimento, fino alla fine del mondo.
Ma sapevo benissimo che non era possibile, che i miei erano vaneggiamenti, che dovevo affrontare la realtà, per quanto dura fosse. Lo sapevo, ma per la prima volta, la Leah razionale che era in me, non sembrava averla vinta. Benché la ragione mi dicesse di non abbandonarmi al dolore e di affrontarlo, il mio cuore non voleva liberarsi del dolore. Allora seppi, in quel preciso istante, che se non potevo eliminare il dolore, avrei dovuto imparare a conviverci, come una persona malata impara a convivere con il suo dolore fisico. Guardai verso il mare, verso l'orizzonte, dove cielo e acqua si univano, e, stendendomi sulla sabbia morbida, piansi per la prima e ultima volta tutte le mie lacrime.

Mi alzai dal letto, ricordandomi di quella promessa di qualche giorno prima. Mi accorsi che il buio non mi aiutava affatto a dimenticare, anzi, i pensieri erano più nitidi. Mi avvicinai a tentoni alla finestra e spalancai la tenda. La luce del sole mi ferì gli occhi. Il quartiere continuava a muoversi con i suoi abituali ritmi giornalieri, ma la mia vita era cambiata. Sentivo il dolore che mi stringeva il petto, ma dovevo ignorarlo, per quanto fosse possibile. Dovevo cercare di comportarmi normalmente, come se nulla fosse accaduto. Nessuno doveva pensare che stessi soffrendo. I miei genitori si erano accorti che qualcosa non andava in me, ma non avevano capito cosa, e questo era l'importante.
Cercando di ignorare le mani che mi tremavano e le lacrime che minacciavano di cogliermi di sorpresa, mi lavai e mi vestii. Stavo per uscire di casa, quando mio padre entrò.
"Leah" disse con un cenno di saluto.
"Papà, ma non dovresti essere a lavoro oggi?" chiesi con voce roca.
"Ho preso un giorno di permesso. Vado a pesca con Bill e Charlie" spiegò. Poi, guardandomi meglio, aggiunse: "Leah, ma cos'hai? sono un po' di giorni che ti osservo e hai un'aria smorta, sei pallidissima, nonostante la pelle scura"
"Devo avere un po' di febbre forse, non so" risposi.
"Forse allora è meglio se non esci" mi consiglio lui.
"No, ehm, devo fare una cosa importante. E poi voglio sgranchirmi un po' le gambe"
Speravo che non mi contraddicesse e così fu.
"Va bene, ma riguardati" disse con un sorriso.
"Ok"
Avevo la mano sulla maniglia, quando lui aggiunse: "Ah, sono stato in ospedale. Emily sta molto meglio! Fra qualche giorno le toglieranno la benda all'occhio. Ha chiesto di te, dice che vuole parlarti. Ma da quand'è che non vai a trovarla?"
"Ho avuto un po' da fare in questi giorni" mentii.
"Ok, allora torna presto mi raccomando"
Come avrei dovuto fare? Evitarla era impossibile, perchè i miei genitori mi avrebbero detto che ero insensibile a non andarla a trovare in ospedale. Uscii di casa e mi fermai un attimo sulla soglia. Emily voleva parlarmi. Ma io non volevo vedere lei. Non volevo sentirmi dare nessuna giustificazione a proposito di ciò che era successo. E se ci fosse stato anche Sam? Sarebbe stata la fine per me. Non volevo assolutamente vederlo, sarei definitivamente crollata.
All'improvviso sentii un peso al collo. Guardai meglio, e mi accorsi di avere ancora il ciondolo che lui mi aveva regalato. Non sapevo perchè, ma quel ciondolo mi faceva sentire ancora peggio. Era il simbolo del nostro legame. Ma bastava forse liberarsene per essere libera io definitivamente? No di certo. Avrei dovuto prima liberare me stessa e poi avrei definitivamente detto addio al ciondolo. Da quel giorno in poi sarebbe diventato il mio fardello e l'avrei portato con me fino a quando non sarei stata libera. E per quanto riguardava l'affrontare Emily, dovevo trovare il coraggio di farlo. Perchè sentivo che dovevo farlo, che quello era uno dei passi necessari per liberarmi del mio fardello.

Salve a tutti! Innanzitutto mi scuso per l'estremo ritardo, ma purtroppo la scuola mi tiene abbastanza impegnata! Comunque, a parte questo, eccomi arrivata al capitolo che molti aspettavano, quello in cui Sam lascia Leah. E' un momento difficile per lei, che la segnarà nel profondo, lasciandole una ferita nell'animo per quanto forte che sia. Tuttavia i segreti per Leah non sono finiti, perché ancora non ha scoperto la natura dell'amore tra Sam ed Emily. Dovrà attendere ancora un po', prima che quest'altra grande scoperta la colpisca nel profondo. Detto questo, passo a ringraziare quanti stanno seguendo questa storia ^^:
Agente 007 Cullen: Ciao! Mi fa piacere conoscere un'altra lettrice della mia storia! ^^ Volevo scusarmi se impiego parecchio tempo nel pubblicare le storie, ma purtroppo sono molto impegnata! Ti chiedo solo un po' di pazienza! Continua a seguirmi e a recensirmi, mi farà molto piacere!
Padme Undomiel: Salve! Innanzi tutto ti ringrazio per le tue recensioni sempre così dettagliate! Sono contenta che la mia storia ti stia appassionando!! :) Spero di non averti delusa con questo capitolo...sappi che le rivelazioni non sono ancora finite, quindi spero non ti sia fatta un giudizio affrettato!! Per il resto, mi dispiace per gli errori dei verbi, ma come sai, sono sempre troppo poco attenta xD. Per il personaggio di Jacob, cercherò di valorizzarlo, ma in questa parte della storia il suo ruolo non è fondamentale, quindi uscirà poco. Più avanti comincerà ad avere un ruolo diverso comunque ;). Infine, aspetto con ansia un tuo nuovo trattato (e spero sia positivo!!). A presto tvttttb
sweetmoon: Ciao! Come ti capisco, anche io ho già tanto da fare con la scuola!! Tu non preoccuparti comunque, recensisci quando puoi. Anzi, ti devo ringraziare per le tue recensioni sempre così gentili :). Scusami tu se ti ho fatto aspettare molto con questo capitolo! Per il prossimo ci vorrà ancora più tempo temo, sono davvero impegnata -.-'!! Bando alla ciance, spero che questo cap. ti sia piaciuto, io ho fatto il possibile, fammi sapere quando puoi! Un bacio e alla prossima ^^
Shine: Zalve truzza! Anche tu, non preoccuparti, recensisci quando puoi, non è un problema per me :). Sono contenta che il terzo cap. ti sia piaciuto, ero molto scettica! Speriamo che apprezzerai anche questo! Aspetto con ansia il tuo commento!! Ziaooo tvtb ^^
Ringrazio anche quanti stanno solo leggendo la storia, spero vi stia piacendo! Mi raccomando se potete RECENSITE, perchè, come ormai ribadisco sempre, per me è di estrema importanza conoscere il vostro parere! Grazie    
Mystery Anakin



  
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