Storia
di Hogwarts
Era
tardi. Non sapeva con certezza che ore fossero, ma
l’oscurità che si era pian
piano addensata fuori dalla finestra glielo poteva facilmente
suggerire. Sbuffò
leggermente, voltando l’ennesima pagina del grande volume che
aveva davanti e
così facendo rompendo per un breve istante il silenzio
caratteristico della
biblioteca. Normalmente a quell’ora la si sarebbe potuta
trovare comodamente
seduta su una delle poltrone della sala comune di Grifondoro a
chiacchierare
con la sua piccola compagnia di amici davanti al caminetto acceso o,
più
probabilmente, impegnata con un altro dei suoi volumi enciclopedici.
Come lo
era al momento, del resto. Ma ultimamente aveva preferito disertare
quell’ambiente fatto di calore e chiacchiere per ritirarsi in
quel luogo di
Hogwarts che era stato suo fin dal primo anno. La luce delle lampade
era
soffusa e quasi sonnacchiosa, mentre gli alti scaffali stracolmi di
libri di
ogni genere incombevano su di lei come alti grattacieli. Il silenzio
era
talmente radicato che pareva che tutto attorno a lei fosse in attesa di
qualcosa con il fiato sospeso. E lei adorava quel silenzio, forse
perché era
l’unica cosa che le permetteva di concentrarsi a fondo sui
suoi libri e tenere
a debita distanza la mente da altre faccende. E in quel periodo erano
parecchie
le faccende a cui non desiderava pensare.
Hermione
alzò un attimo gli occhi dal suo tomo di Trasfigurazione e,
dopo essersi
passata una mano tra i capelli ricci cercando di riscuotersi dal
torpore che
minacciava di farla crollare lì seduta stante, diede una
veloce occhiata
attorno a sé. Ma il suo sguardo non incontrò
nessuno, soltanto file di libri
interrotte qua e là da lunghi tavoli sulla cui superficie
lucida si rifletteva
in piccole chiazze la luce aranciata delle lampade da lettura. Anche
Madama
Pince, la bibliotecaria, sembrava essersi volatilizzata. Probabilmente
a
quell’ora la maggior parte degli studenti di Grifondoro
doveva aver raggiunto i
propri dormitori e quindi il pericolo di incrociare una certa coppia di
persone
andava scemando. Ma prima di abbandonarsi a un sonno ristoratore senza
incubi
nel suo letto, pensò, avrebbe finito il capitolo. Faceva
sempre così: si
sovraccaricava di lavoro più del solito e seguiva ritmi di
studio che avrebbero
messo in crisi chiunque pur di abbandonarsi la sera a un sonno
immediato e
magari senza sogni. Questo e altro per non pensarci. Così
ritornò al secondo
capoverso e riprese ad arrovellarsi su un problema riguardante gli
incantesimi
non verbali.
A
occhi esterni Hermione Granger sarebbe potuta apparire la studentessa
modello
di sempre, che magari aveva raddoppiato le sessioni di studio per
affrontare al
meglio i M.A.G.O. che avrebbe dovuto affrontare l’anno
successivo. Ma chi la
conosceva bene poteva affermare con certezza che quello non era
semplice
stacanovismo, bensì la causa di tutto ciò poteva
essere ricondotta a una
precisa persona. O a due, per meglio dire. Hermione sapeva benissimo
che
l’unico posto in cui non si sarebbe potuta imbattere in Ron e
Lavanda
attorcigliati l’uno all’altra a mo’ di
meduse era la biblioteca. E Harry non
era stato di certo l’unico ad accorgersi dell’aura
negativa che circondava la
ragazza dalle ultime due settimane a questa parte, come dei tagli su
mani e
braccia che Ron esibiva dopo l’attacco dei canarini e che non
pareva volessero
accennare a scomparire. Così Hermione, invece di mettersi il
cuore in pace e
accettare che il suo migliore-amico-ma-qualcosa-di-più
avesse una fidanzata
oppure spaccare il naso a Lavanda con un cazzotto ben assestato, aveva
preferito la neutralità. Faceva finta che fosse tutto a
posto, ma, come tutti
gli uomini dovrebbero sapere, quando una donna dice che va tutto bene
in realtà
intende l’opposto contrario. Quindi non le rimaneva che
rodersi nel suo intimo,
lasciando rare volte, quando era sopraffatta dal pensiero di Ron e
Lavanda, che
alcune lacrime amare le arrossassero gli occhi. Ormai per Hermione non
era un
mistero che quello che provava per il rosso andava ben oltre la
semplice
amicizia e anche altri vicini a lei l’avevano inteso. Ma non
Ron.
Alla
fine, seccata, richiuse il libro con uno schiocco deciso, per poi
infilarlo nella
borsa insieme agli altri. Mentre faticava per incastrare il poderoso
tomo al
suo posto, la sua attenzione cadde su un altro libro dalla copertina
scura. Le
sue mani si bloccarono a mezz’aria come pietrificate, mentre
il cervello
riconosceva il libro. Si trattava dell’ultima edizione
aggiornata e riveduta di
Storia di Hogwarts e, appena
Hermione
ne scorse il titolo dorato sul dorso, la vista le si appannò
e gli occhi le
divennero lucidi. Era strano che fosse ancora lì,
pensò deglutendo per cercare
di calmarsi. Era più che sicura di aver tolto dalla propria
vista tutto ciò che
potesse ricordarle lui. Eppure le pagine che emanavano ancora il lieve
odore
d’inchiostro della carta stampata di recente erano proprio
lì davanti a lei.
Non l’aveva più aperto da quel fatidico giorno
della vittoria di Quidditch, ma
ricordava benissimo di quando l’aveva acquistato.
«Ron!
Sei sempre il solito!».
Un
ragazzo alto ed allampanato, la cui chioma rosso fuoco dava sicuramente
nell’occhio, alzò con cautela lo sguardo dal
pavimento e dal disastro che aveva
appena combinato, per puntarlo sulla ragazza che gli stava di fronte.
«Non
è stata colpa mia! Erano… erano in
bilico!».
Hermione,
le braccia conserte sul petto e un’espressione austera molto
simile a quella
della professoressa McGranitt dipinta in volto, sollevò un
sopraciglio e gli
restituì lo sguardo con una nota di perplessità.
«Sì
e diciamo pure che ci sei andato direttamente a sbattere
contro…».
Ron
sbuffò, ricacciandosi in gola la replica acida che gli era
salita
spontaneamente alle labbra, e si chinò a raccogliere i libri
che aveva appena
fatto cadere: tanto lo sapeva benissimo che discutere con Hermione non
l’avrebbe portato da nessuna parte.
«E
poi non si fa tutto questa confusione in una libreria». Con
quest’ultima frase
la ragazza si dileguò dietro ad uno scaffale, lasciando
l’amico lì da solo a rimettere
a posto.
Ron
era ormai rassegnato da tempo al carattere puntiglioso e spesso
esasperante di
Hermione, anzi, credeva di esserlo sempre stato. Anche una semplice
commissione
come quella di acquistare i libri per il nuovo anno scolastico nella
solita
libreria de Il Ghirigoro a Diagon
Alley insieme a Hermione non era sinonimo di un pomeriggio rilassante.
Però,
come alla sua goffaggine del resto, c’era abituato e, non
appena ebbe finito di
riordinare la pila di libri e fatto un breve cenno di scuse al
proprietario, si
affrettò a raggiungere la ragazza. Come si sarebbe dovuto
aspettare, la trovò
nella religiosa contemplazione di uno scaffale a mezza altezza che
ospitava
libri del tipo che non sarebbero di certo mai passati sotto il naso del
rosso.
Grossi volumi polverosi dai titoli complicati, che trattavano di
branche della
magia alle quali solo un individuo ligio alla cultura come Hermione
avrebbe
potuto interessarsi. Ma che per il povero Weasley parlavano ostrogoto.
Ron
rimase in silenzio al suo fianco per qualche minuto, mentre Hermione
esaminava
l’intero scaffale con notevole interesse e concentrazione,
sussurrando i titoli
dei libri e lasciando scorrere un dito sulla loro costa. E Ron si
chiese cosa
diavolo stava mai cercando, mentre reprimeva a stento uno sbadiglio:
non ne
poteva più di quel luogo ovattato che odorava di pergamena.
«Allora?»
si decise a sbottare alle fine, consapevole del fatto che se non fosse
intervenuto avrebbe passato tutto il suo sesto anno di scuola in quella
libreria.
Ma
Hermione, ovviamente, parve infastidita da quel suo intervento, che in
effetti
pareva aver rotto quella specie di equilibrio e di stasi che regna in
tutti i
luoghi popolati da libri. Gettò su di lui uno sguardo molto
eloquente che gli ingiungeva
di stare zitto.
«Si
può sapere cosa diavolo stai cercando?»
continuò il ragazzo nonostante tutto.
«Abbiamo già preso tutti i libri per la scuola
ormai…».
«Certo»
gli concesse Hermione con un sorrisetto e come se stesse parlando con
un
ingenuo bambino. «Ma me ne serve un altro che non
c’è nell’elenco».
Ron
alzò gli occhi al cielo: c’era
d’aspettarselo. In fondo cos’era Hermione senza
il suo solito quintale e mezzo di carta rilegata e stampata?
«E
quale libro, di grazia?».
La
ragazza parve per un attimo colpita da quella domanda: di solito Ron
non si era
mai interessato a quel genere di cose. Un’espressione
perplessa doveva aver
preso possesso del suo volto, visto che Ron, forse per rispondere alla
sua
domanda implicita, continuò: «Così ti
aiuto a cercarlo, ergo ci mettiamo
meno tempo, ergo
andiamo subito al negozio di Fred e George».
Finì
di parlare cercando di assumere una nota brillante che avrebbe forse
fatto
impallidire la logica razionale della riccia, che alla fine si arrese.
«Storia di Hogwarts».
«Che?».
«Storia di Hogwarts… Hai capito
bene».
Il
rosso rimase per un attimo interdetto. «Ma non
l’hai già letto tipo
milleduecento volte?».
Hermione
scosse il capo e corrucciò le labbra nel vano tentativo di
trattenere una
risatina che stava per “c’avrei giurato che
l’avresti detto”.
«La
nuova edizione. Aggiornata e riveduta».
Ron
rimase per un attimo a bocca semiaperta, credendo a stento alle sue
orecchie:
insomma, era come se lui avesse chiesto a sua madre di rifargli per
Natale lo
stesso maglione color melanzana di qualche anno prima ma con ricamata
una
piccola R sul petto. Ne aveva già uno, cosa se ne faceva di
un altro
praticamente identico? Mah, valle a capire le donne…
«Aaaah.
Certo, l’edizione aggiornata. Ovvio».
E
si allontanò tra gli scaffali con passo svogliato e alla
ricerca del fatidico
libro, giungendo alla conclusione che non avrebbe mai capito il
perché di
quell’inutile acquisto come non avrebbe mai inteso cosa
frullava di solito per
la testa della sua migliore amica.
Precisamente
venticinque minuti dopo il nostro sfortunato eroe era ancora alla
ricerca del
tomo perduto tra scaffali e scaffali di libri che cercavano di trarlo
in
inganno con le loro copertine sgargianti e i titoli scritti a lettere
elaborate. Ma alla fine dopo lungo vagare, informandosi di tanto in
tanto sulle
ricerche di Hermione e chiedendosi nel suo intimo se non avessero fatto
meglio
a chiedere al commesso, il libro gli apparve sotto al naso come una
visione
paradisiaca. Rilesse il titolo più di una volta e, in
effetti, la parola Hogwarts era
preceduta da Storia e, guarda un
po’, sotto in
piccolo c’era pure scritto qualcosa del tipo nuova
edizione. Quando si dice fortuna! Ehm,
sì… peccato che
l’oggetto della sua ricerca si trovasse sullo scaffale
più alto, ben aldilà
della sua portata.
«Hermione!
L’ho trovato».
In
un batter d’occhio la ragazza fu al suo fianco in uno
svolazzare di capelli
ricciuti e con gli occhi che le brillavano di gioia a stento repressa.
«Bravo,
Ron! Bravo, bravo!» esclamò saltellando e con gli
occhi incollati allo scaffale
più alto.
«Ehm,
sì, grazie… Ma come…?».
E
Ron allungò un braccio per indicare l’altezza a
cui si trovava il libro in
questione. Hermione, senza aggiungere una parola di più,
sparì e tornò subito
dopo con una piccola scaletta pieghevole recuperata chissà
dove.
«Ci
stanno apposta, se tu non l’avessi
notato…».
Ron
rispose al suo sussurro con un sorriso sbilenco: era sempre la solita
So-Tutto-Io.
In
men che si dica l’oggetto dei desideri di Hermione fu tra le
mani del ragazzo e
già il rosso si avviava trionfante verso la discesa dalla
scaletta sbilenca.
Finalmente ne aveva fatta una giusta, pensò raggiante.
Finalmente la goffaggine
di Ron Weasley l’aveva abbandonato per un attimo e finalmente
per una buona
volta Hermione non avrebbe avuto niente di cui rimproverarlo. Anzi,
avrebbe
dovuto venerarlo, inginocchiandosi a pregare davanti a un altarino
appositamente
dedicato a lui. E mentre pensava a queste cose con il brio della gloria
che
minacciava di dargli alla testa e sentendosi orgoglioso più
del dovuto per
essersi fatto bello agli occhi di Hermione, mise il piede
sull’ultimo scalino.
Non l’avesse mai fatto…
«Miseriacc…!».
Non
fece in tempo a completare quell’imprecazione, che un tonfo
sordo,
preannunciato da un sinistro scricchiolio, fece rintronare tutti i
presenti. E
a quel colpo ne seguirono innumerevoli altri in rapida successione,
mentre
l’intera libreria si svuotava velocemente del suo contenuto
per riversarlo a
terra come una pioggia torrenziale di proiettili. Il fracasso fu tale
che il
debole urletto di sorpresa di Hermione si colse a stento.
Probabilmente, si
disse lei, un libro particolarmente pesante doveva esserle piombato
direttamente sulla testa, perché, mentre il rumore si
spegneva d’un tratto, un
forte giramento di testa le impedì di distinguere
l’alto dal basso. Sentiva
soltanto il fruscio della carta attorno a sé e un peso
opprimente sulla schiena
e sulle gambe. E… sì, anche qualcosa di morbido e
caldo sotto di lei. Un
attimo: qualcosa di morbido e caldo?!? Si riscosse di colpo, mentre il
suo cervello allarmato scacciava via l’intontimento iniziale.
Sbarrò gli occhi
con il fiato corto, ben consapevole di che cosa si sarebbe trovata
davanti. E
non si sbagliava.
«OmioDio!».
All’esclamazione
metà allarmata e metà sorpresa di Hermione anche
Ron riprese velocemente
coscienza della situazione e, non appena si rese conto di dove era,
diventò immediatamente
scarlatto. Come Hermione del resto, rimasta talmente di stucco che non
solo il
suo cuore pareva essersi dimenticato per strada qualche battito ma
anche le sue
gambe e braccia si erano come pietrificate. Tutto questo non a torto.
Quando il
piede di Ron aveva avuto l’ardire di sostare
sull’ultimo scalino, quello più
scricchiolante, quello forse per dispetto aveva deciso di spezzarsi,
catapultando il ragazzo a terra. E non solo: nel vano tentativo di non
capitombolare a terra Ron si era aggrappato a uno degli scaffali, il
quale però
non aveva retto il suo peso, inclinandosi e rovesciando sui due
malcapitati una
frotta di libri. Perciò Ron era caduto… ed
Hermione su di lui. Così che non
solo la ragazza si trovava comodamente distesa sul corpo dolorante
dell’amico,
ma la distanza tra i loro volti si era di parecchio accorciata, tanto
che
Hermione poteva benissimo sentire il respiro caldo di Ron sul proprio
volto e
il battito accelerato del suo cuore che tambureggiava contro il suo
braccio
ripiegato malamente.
Poi
Ron reagendo spontaneamente e forse nel tentativo di aggiungere un
po’ di
distanza tra loro due, si mosse di scatto, con il battito del cuore che
accelerava ogni secondo di più, facendo affluire altro
sangue alle guance in
fiamme. Ma ottenne l’effetto indesiderato. Tentò
di alzarsi, ma così facendo
diede una testata ad Hermione, che si lasciò sfuggire un
breve gemito di dolore.
Ma la loro pelle non aderì soltanto sulla fronte. In quello
stesso movimento i
loro nasi si sfiorarono e le labbra di Ron, prima di ritrarsi con uno
scatto
repentino, lambirono qualcosa di umido e caldo. Ora fu il turno di
Hermione di
arrossire violentemente e rimanere con il fiato sospeso. Uno strano
pensiero
piacevole le trapassò la mente: Ron l’aveva quasi
baciata. Sì, per errore e
probabilmente adesso si stava pentendo di quel gesto così
goffo, però… Rimasero
per un attimo a fissarsi l’un l’altra con occhi
sgranati e il fiato mozzo,
mentre le rispettive menti danzavano frullando su quel mezzo accaduto.
E se per
Hermione era stato un mezzo shock, Ron per un nanosecondo
pensò che forse
sarebbe potuto essere pure piacevole. Sentiva nitidamente il suo
profumo dolce
e vagamente speziato e da così vicino i suoi occhi color
cioccolato parevano
emanare una luce diversa e tremendamente nitida, quasi come stelle.
Anche
Hermione pensava la stessa cosa, mentre scrutava la propria espressione
ebete
riflessa negli occhi azzurri del ragazzo. Ma il caos li aveva invasi da
capo a
piedi e non solo non erano in grado di rimettersi in piedi e far finire
quel
momento così imbarazzante, ma non sentirono nemmeno i passi
in avvicinamento
del proprietario del negozio.
«Per
la barba di Merlino! Che disastro!» squittì con
un’espressione truce e
parecchio irritata che preannunciava una brutto epilogo per i due
ragazzi.
Ron
e Hermione volsero lentamente gli occhi verso l’alto e,
quando finalmente si
accorsero del nuovo arrivato, il primo si affrettò a
scrollarsi di dosso
l’amica e ad assumere un’aria sicura di
sé. Intanto Hermione, accanto a lui,
cercava di ridare un tono ai vestiti stropicciati per la caduta e,
anche lei
tutta rossa, fece per nascondersi in un angolo, probabilmente
desiderando di
venire inghiottita dal pavimento.
«Ci
scusi tanto, signore» balbettò Ron che ormai aveva
raggiunto una sfumatura
bordeaux molto carico. «Ma la scala si è rotta
e…».
«Non
voglio sentire scuse!» esclamò ancora
l’altro mago, sempre più impettito.
«Uscite immediatamente da qui prima di combinare qualche
altro guaio! Non
voglio mai più vedervi in questa libreria, parola
mia!».
E
sempre borbottando e lanciando tra i denti un’altra lunga
serie di invettive
contro i due, sfoderò la propria bacchetta e, con un paio di
incantesimi,
aggiustò la scaletta, rimise dritta la libreria e fece
volare di nuovo tutti i
libri al loro posto. Prima che fosse attratto come un ago dalla
calamita
sull’ultimo ripiano, Hermione afferrò il libro
causa di tutto quel trambusto
appena le passò davanti svolazzando a mezz’aria.
«E
questo…? Io…» balbettò lei
evidentemente in imbarazzo all’indirizzo del mago.
Quello,
che si stava già dirigendo verso il bancone tutto alterato
aprendosi un varco
nella numerosa folla che si era riunita sul luogo del misfatto attirata
da quel
rumore infernale, si voltò di scatto verso Hermione, alzando
su di lei
un’occhiata di fuoco. Il cuore di Ron, in uno slancio di
galanteria, si sentì
in dovere di intervenire per difendere quel piccolo pulcino intimorito,
ma alla
fine si disse che era meglio non attaccare altre brighe.
«Prenditelo
pure senza pagare. Mi basta solo che non mettiate mai più
piede qui in tutta la
vostra vita».
Ron
e Hermione si guardarono leggermente perplessi facendo spallucce,
mentre la
ragazza stringeva al petto il suo prezioso libro: di certo quella non
era la
prima regola che infrangevano e probabilmente non sarebbe stata nemmeno
l’ultima. Così, ormai quasi dimentichi dello
spiacevole inconveniente, uscirono
fianco a fianco da Il Ghirigoro,
dirigendosi verso il negozio di scherzi di Fred e George. Ma,
nonostante
entrambi facessero finta di niente, lungo la strana che percorsero in
silenzio
pensarono tutti e due al quasi-bacio di poco prima. Ognuno fu invaso da
una
differente e altrettanto ampio ventaglio di emozioni contrastanti ed
entrambi
si ripromisero di serbare quel racconto così comico nella
parte più interiore
del proprio cuore. E magari un giorno quello sarebbe potuto essere un
argomento
interessante e divertente da raccontare in una serata tra amici.
Omettendo
qualche particolare, ovviamente.
Hermione
sbatté le palpebre e una lacrima solitaria le
rigò la guancia luccicando. Lentamente
sfilò fuori dalla cartella il libro e prese a sfogliarlo
distrattamente. Ma i
suoi occhi non si soffermavano a lungo sulle scritte e sulle
illustrazioni,
perché oltre a quelle pagine stampate che decantavano la
storia di una delle
scuole di magia più antiche e famose del mondo vedeva molto
più di ciò che
c’era scritto. Attraverso la fine filigrana della pergamena e
le miniature
elaborate all’inizio di ogni capitolo poteva scorgere quella
montagna di libri
sparpagliati attorno a lei e Ron. Attraverso il lieve fruscio delle
pagine
poteva riudire lo scricchiolio della scala che andava in frantumi e il
tonfo
sordo dei libri sul pavimento. Attraverso l’odore
d’inchiostro e pergamena
poteva risentire il profumo di Ron, così caldo ed invitante
come non l’aveva
mai immaginato. Un’altra lacrima sfuggì alle sue
ciglia e, rotolando come
l’altra lungo la guancia, andò a bagnarle le
labbra, lasciando dietro di sé una
scia salata. E si chiese che sapore avessero mai le labbra del suo
migliore
amico e come sarebbe stato se quello fosse stato un bacio in piena
regola. Di
certo le cose sarebbero andate diversamente, pensò.
Probabilmente Ron si
sarebbe accorto che provava qualcosa per lei e altrettanto
probabilmente
Lavanda non avrebbe mai attraversato i binari uniti delle loro vite. Se
quello
fosse stato un vero bacio allora lei in quel momento non sarebbe mai
stata da
sola in biblioteca a piangere su quel libro carico di ricordi
agrodolci. Si
riscosse un attimo, dandosi della scema per stare lì a
piangere come una
stupida ragazzina, e si asciugò in fretta le lacrime.
Raccattò su
sbrigativamente tutti gli altri libri e quaderni sparsi sul tavolo e si
disse
che era ora di finirla con quell’insulsa nostalgia del
passato e tornarsene al
proprio dormitorio, per essere pronta il giorno dopo ad affrontare
un’altra
massacrante giornata di studio.
Ma evidentemente Hermione nella fretta di ridarsi un tono aveva dimenticato qualcosa. Infatti il giorno dopo, seppur suonasse quasi inverosimile, un ragazzo dai capelli rossi ebbe l’ardire di avventurarsi in quella parte della biblioteca, alla ricerca di qualche volume che l’aiutasse in una ricerca di Erbologia, visto che la sua fonte primaria di cultura non era al momento disponibile. E, passando proprio là dove Hermione era stata la sera prima, Ron trovò ancora lì sul tavolo una copia della nuova edizione aggiornata e riveduta di Storia di Hogwarts.
Questa è la mia prima ff su Ron/Hermione, coppia che adoro in assoluto, forse perchè sotto molti aspetti mi sento vicina alla nostra cara So-Tutto-Io. Non considero questo uno dei miei migliori scritti e quasi sicuramente in futuro ne pubblicherò altri di questo tipo tanto per affinare la tecnica. Come avrete già notato la vicenda si svolge verso la metà del sesto anno, subito dopo l'avvento di Ron e Lavanda, mentre il flashback potrebbe essere una specie di missing-moment (anche se è probabile che tempi e situazioni non combacino con il libro) alla fine dell'estate ne "Il principe Mezzosangue". L'idea della libreria è nata dalla passione per i libri che io e Herm abbiamo in comune e poi mi piaceva vedere Ron in azione su un terreno non suo: quindi diciamo che oltre a one-shot romantica è anche un po' comica. Spero di aver reso bene entrambi i personaggi, immedesimandomi al meglio in loro come cerco sempre di fare, oltre di aver reso un po' più piacevoli e dolci dieci minuti della vostra giornata.
E
ovviamente spero anche che le vostre recensioni siano numerose. A
presto!