La
Sala Grande di Hogworts non era mai stata così splendida. La volta lasciava
passare all’interno la calda luce del sole estivo, e in quella deliziosa
luminosità volteggiavano deliziosi amorini, lanciando per aria le loro frecce,
che scoppiavano poi in un mare di pagliuzze dorate.
I
muri erano stati coperti con grandi veli bianchi, arricchiti da fiori freschi
quali rose e gigli, che riempivano la sala di dolce profumo. Altri fiori erano
disposti poi, in gigantesche e quanto mai fantastiche composizioni, in ogni
angolo della stanza, e la grande porta d’ingresso, completamente spalancata,
era stata ricoperta da un gigantesco tendone di un luccicante tessuto bianco,
legato ai lati del muro con grandi cordoni d’oro.
Al
posto dei soliti quattro filari di banchi, ce n’erano invece due opposti di
sedie, occupate da persone vestite molto elegantemente; fra questi stava un
lungo tappeto bianco e oro, che conduceva dritto verso quel luogo che, in
periodo scolastico, sarebbe stato destinato ai professori: ora invece c’era uno
splendido altare di marmo bianco, con un bacino d’oro in mezzo.
Dietro di esso un sacerdote attendeva l’avvento di
una sposa alquanto ritardataria per iniziare la sua funzione, lanciando ogni
tanto qualche torva occhiata al giovane che gli stava davanti, vestito come un
antico patrizio romano di una preziosa tunica bianca e dorata, la cui solennità
era però rotta dai capelli che, irti in capo, prendevano le direzioni più
disparate, e da quello sguardo da pesce lesso che aveva in volto.
“Perché
non arriva?!” Chiese James, sempre più nervoso, facendo schioccare
rumorosamente le dita mentre guardava sempre più preoccupato davanti a se.
Sirius,
al suo fianco, sbuffò. Se lo avesse chiesto ancora una volta, gli avrebbe
mollato un ceffone così forte da lasciarlo intontito per almeno una settimana…
“E che ne so, magari ha deciso di scappare con un altro…” Rispose, acidissimo.
James
si voltò a guardarlo col terrore negli occhi nocciola. “Cosa?!” Chiese,
con voce soffocata.
Pochi
attimi dopo Sirius si ritrovò con le mani dell’amico chiuse intorno al suo
forte collo, mentre gli occhi folli di lui penetravano i suoi.
“Cosa?!
Cosa diamine hai detto?! Se sai qualcosa, parla subito!” Disse.
“Ehm…
James… penso che Felpato stesse scherzando…” Disse Lunastorta vicino a loro.
Ramoso
si voltò a guardarlo, sempre tenendo stretto il collo dell’amico. Piano piano
quella luce folle scomparve, e la comprensione prese spazio in lui.
“Ah…”
Disse, liberando l’amico e voltandosi di nuovo a guardare là, in fondo, davanti
a lui.
Sirius
invece sbuffò di nuovo ancora più vistosamente… aveva fatto appello a tutta la
sua pazienza (e si era scoperto ad averne davvero tanta…) per non tramortirlo.
Ma, poverino, in fondo doveva capirlo, era una giornata molto importante per
lui…
“Comunque
non è stato uno scherzo divertente.” Disse serio James, voltandosi di nuovo a
guardare severamente l’amico.
Sirius
gli lanciò uno sguardo infuocato. “Mi hai fatto letteralmente cadere le palle a
terra oggi, Ramoso: è da quando siamo arrivati che non fai altro che
comportarti come uno stupido idiota.”
“Sirius,
usa un linguaggio meno colorito, gli ospiti ci sentono…” Disse Remus,
sorridendo ben poco rassicurante ad una vecchia signora che, seduta in prima
fila, doveva aver sentito tutto a vedere dal suo viso esterrefatto.
“Sirius,
quella è la prozia materna del cognato di Lily! Non mi vorrai far fare brutta
figura, vero?!” Gridò James, rivolto al suo migliore amico.
“Me
lo dici che c***o te ne sbatte della prozia materna di Vernon Dursley, se non
puoi sopportare nemmeno quel c******e di babbano che s’è sposato la sorella
della tua ragazza?!”
James
parve rifletterci per un po’. Poi disse, mostrando uno degli sguardi più torvi
che riuscì a fare: “Nulla! Però è una questione di principio!”
“E
quale principio sarebbe?”
James
aprì e richiuse più volte la bocca, senza che alcun suono ne uscisse fuori. Poi
però, irritato dall’espressione beffarda che stava assumendo il volto
dell’amico, si incupì ancora di più e disse: “Sono nervoso, ok?! Mi pare
normale, è la prima volta che mi sposo!”
Sirius
rise, facendo scivolare così gran parte della tensione che l’amico gli aveva
trasmesso col suo nervosismo. Anche James, sentendolo ridere, parve
tranquillizzarsi un poco, e il broncio che teneva scomparve lentamente,
lasciando spazio ad un espressione di completa innocenza e a due occhi
scintillanti per l’emozione.
“Sirius,
Remus: io mi sto sposando!” Disse poi, guardando alternativamente gli amici
negli occhi.
Remus
trattenne a stento una risata. “Lo sappiamo James!” Disse, guardando pieno di
dolcezza l’amico.
“E
se lei non venisse? E se avesse cambiato idea?! E se…” Non finì la frase.
Una
figura era apparsa là, all’ingresso di quel grande portale, e guardava con uno
splendido sorriso davanti a se, dritta verso lui, incurante degli sguardi
ammirati di tutte quelle persone che si erano volte subito verso lei.
Guardava
solo lui.
Fu
come se il cervello del ragazzo si fosse bloccato, fermando così anche tutte le
funzioni principali del proprio corpo: come respirare ad esempio… e anche il
battito cardiaco diventò pericolosamente anomalo…
Appena
il sistema nervoso ritornò dalle sue ferie, James si mise a boccheggiare, e le
guance gli si colorarono di rosso mentre il sangue riprendeva a pulsare:
continuò però a tenere fissi gli occhi sulla ragazza, che ora stava avanzando
lentamente nella sala, con lo sguardo sicuro e radioso sempre su di lui.
Divina.
Indossava un abito di pizzo bianco privo di spalline, perfettamente aderente alla sua esile figura. Il petto era coperto da un prezioso collare di filigrana d’oro finemente decorata, assai simile a quello delle antiche principesse celtiche, e i capelli, ricci e rossi, erano tenuti in alto da un’elaborata acconciatura.
E poi, nelle mani, candide come la neve… teneva un
giglio. Il suo fiore. Il fiore da cui Lily aveva preso nome. Così bello, puro,
innocente… eppure dall’aspetto così dolcemente selvaggio, così vigorosamente
delicato.
Quando lei, accompagnata dal padre, giunse al suo
fianco, tutta la paura che prima James aveva, scomparve subito.
Si sorrisero a vicenda.
Poi James gli porse una mano, e Lilian la prese.
Arrivarono davanti
all’altare, e s’inginocchiarono, mentre il prete, dopo essersi schiarito la
voce ancora irritato per il ritardo, iniziò a recitare la messa di matrimonio.
Sirius e Remus seguirono la cerimonia con
attenzione, un sorriso lieto sulle loro labbra.
Felicità.
Da quanto oramai non la provavano?
Quell’evento era il più meraviglioso che potesse
capitare.
Il coronamento di un grande amore rappresentava la
speranza nel futuro.
A guardare quei due, si sarebbe anche potuto pensare
che niente avrebbe mai potuto fargli del male… niente avrebbe potuto dividerli,
talmente grande era la forza dell’amore che li univa. Si poteva percepire,
quasi era tangibile.
I loro cuori, le loro anime, sarebbero state sempre
unite, anche quando i loro corpi sarebbero stati distrutti dalla morte.
E il loro amore sarebbe stato così grande da
distruggere qualunque male avesse la malaugurata idea di andargli contro.
La cerimonia era stata preparata ad Hogworts perché
era il luogo più sicuro: dopo l’affronto che avevano fatto a Voldemort, era
quasi una certezza che lui decidesse di rovinare il più bel giorno della loro
vita.
E così Silente, molto gentilmente, dato che la loro
vecchia scuola era così silenziosa e spoglia in estate, aveva offerto quella
che si poteva considerare essere la sua casa e il suo regno per un così bel
fine.
Ultimata la cerimonia, la festa si era spostata in
giardino, dove c’era stato un lauto banchetto preparato dagli elfi domestici di
Hogworts.
Avevano mangiato, avevano brindato, avevano riso e
avevano scherzato… quel giorno era stato meraviglioso per molte persone.
Serviva qualche diversivo per spezzare la tensione
dovuta a quel periodo di guerra.
Remus si guardò intorno, sempre sorridente. Non era
più abituato a vedere tante face allegre. A parte Tonks… lei, cascasse il mondo,
riusciva sempre ad ilarizzare tutto. Ed ora infatti era lì, divertendosi come
una pazza a fare spaventare Vernon Dursley, ed insieme a lui Petunia Evans, la
sorella di Lily, cambiando in continuazione faccia.
Vernon stava mettendocela tutta per sopportare
quelle obbrobriosità che gli si erano proposte alla vista, ma, a dire dal
colore grigiastro che il suo volto aveva assunto, la magia non gli doveva
piacere molto…
Lunastorta trattenne a stento una risata quando
Tonks, che probabilmente non sapeva più cosa inventarsi, era rimasta per un
attimo a fissare con aria corrucciata il viso del suo ‘nemico’, per poi
trasformarsi completamente in qualcosa… no, vabbé, qualcuno… che fece fare
all’uomo un vero e proprio ruzzolone giù dalla sua sedia.
E sì, vedere la sua stessa faccia così
improvvisamente lo doveva aver terrorizzato… poverino, era comprensibile: chi
avrebbe reagito in modo differente?!
Se ne andò lentamente dalla zona banchetti,
dirigendosi verso il lago.
Ormai i parenti avevano preso a chiacchierare
armoniosamente tra loro, gli Auror stavano parlando di future missioni, Sirius
era scomparso e così anche Lily e James: non che si sentisse a disagio a stare
fra loro, però aveva voglia di sgranchirsi le gambe… e di pensare.
Probabilmente questo stesso motivo aveva indotto
Sirius ad allontanarsi… conoscendolo, e avendo visto il suo sguardo durante la
cerimonia, ora era in qualche luogo solitario a pensare alla sua Solaria.
E come poteva dargli torto?
Lui ora stava pensando alla sua lei.
O a quello che, per lo meno, fino a poco tempo fa lo
era.
La sua lei. Che strano modo di definirla… così
melodioso, così armonioso, così dolce… come era stato il rapporto che li aveva
uniti.
Narcissa…
Non la rivedeva da quel giorno terribile. Il giorno
in cui aveva scoperto tutto, in cui si era reso conto del marciume che aveva
colto pure lei.
Per amore, è vero… per amore si era fatta
inghiottire dal male che la circondava. Senza pensare che però, così facendo,
l’amore si sarebbe trasformato in qualcos’altro. In qualcosa di meno puro e di
più empio.
Vendetta…
E con essa non aveva portato dolore solo a se stesa,
ma anche a lui…
Sospirò, guardando il sole che velocemente stava
intraprendendo il suo cammino calante.
Chissà come stava ora…
Aveva saputo che era incinta, e che il bambino
sarebbe nato in inverno, verso gennaio.
Deglutì. Gli esperti dicevano che quello sarebbe
stato uno degli inverni più freddi degli ultimi cinquant’anni.
Una stagione adatta a fare nascere un Malfoy
modello, insomma. Fredda, insopportabilmente fredda, mortalmente fredda… così
gelante da fare divenire il cuore un pezzo di ghiaccio duro e brillante come un
diamante.
Un sasso percorse la superficie del lago,
rimbalzando su di essa per infinite volte.
Remus, distolto dai suoi pensieri, si voltò a
guardare il responsabile di tale azione.
Sulla riva, le gambe poggiate sull’acqua tiepida,
c’era una fanciulla.
Aveva corti capelli neri, tagliati a caschetto, e
quando si voltò incrociando i suoi occhi, si accorse che erano azzurri come il
mare, così innocenti e profondi, così dolci, che Remus non poté fare a meno di
sorridere a tale semplicità.
La giovane donna sorrise a sua volta, abbassando lo
sguardo e arrossendo.
Lentamente, Lunastorta si avvicinò a lei, sedendosi
infine poco distante dal suo fianco.
Avvicinandosi, aveva notato anche il suo strano
abbigliamento: indossava una sorta di lunga casacca, in un tessuto sicuramente
molto prezioso, pieno di ricami e dai riflessi dell’arcobaleno, stretto al
fianco da una delicata corda di seta.
“Ciao.” Disse Remus.
“Ciao…” Rispose lei, senza voltarsi a guardarlo.
Remus capì subito di averla messa in imbarazzo,
doveva essere molto timida. “Disturbo?!”
“O… no!” Si affrettò a rispondere lei, scotendo la
testa e lanciandogli di sfuggita uno sguardo rassicurante.
“Sei una parente di Lily?!” Chiese Remus. Magari la
sua titubanza era dovuta al suo timore verso il mondo magico, essendo una
babbana.
“Lily?!” Chiese lei, voltandosi e mostrando uno
sguardo di disappunto. Poi parve capire, e scosse la testa. “Oh, no… sono qui
per caso…. Sono… un’amica di una sua amica….”
“Oh, ho capito. Ed ora lei non c’è e tu sei rimasta
sola.”
La ragazza fece sì col capo.
“Più o meno quello che è successo a me: e così sono venuto
qui, al lago. Ti è piaciuta la cerimonia?”
“Non l’ho vista…Non ero in sala!”
“Oh, ho capito… Comunque, io sono Remus Lupin!”
Disse l’uomo, porgendole la mano. Lei la guardò un poco titubante, poi allungò
la sua e la strinse con ben poca decisione, interrompendo il lieve contatto
molto frettolosamente.
“E tu… come ti chiami?” Chiese Remus, un po’
spiazzato dall’atteggiamento della ragazza.
“Gardenia.”
Disse.
“Gardenia?”
“Gardenia… del Lago.” (n.d.a. è più carino Gardeny
By the Lake?!)
Remus, impercettibilmente, corrugò la fronte. Quel
cognome… l’aveva già sentito… ricordava Ruf, il professore di storia della
magia, pronunciarlo… ma durante quale lezione? Si ricordava solo che il
racconto del professore relativo a quella parola lo aveva fatto vibrare di
curiosità. Ma anche di rabbia. Perché? Qual’era il mistero?!
“Mi è sembrato di aver già sentito il tuo cognome…”
Disse Remus. In fondo, non gli pareva di intraprendere un discorso troppo
impertinente.
La ragazza si voltò a guardarlo, con il suo sguardo semplice
che ora esprimeva diniego. “No, non penso. E’ assai improbabile.” Disse, con un
amaro sorriso sulle grandi labbra.
Remus studiò meglio il suo volto. Era grazioso,
semplice come il suo sguardo, dolce e timido. Il viso era lungo, il naso
piccolo e leggermente schiacciato, le labbra grandi a cuore, gli occhi a
mandorla di un intenso azzurro pastello.
La fronte era coperta da una folta frangia nera, che
però lasciava intravedere l’ombra di un disegno. Un tatuaggio forse? O un
gioiello?
No, un tatuaggio… sembravano due ali di perle nere…
Assomigliava a qualcuno. Sì, assomigliava a
qualcuno, ma lui non riusciva a capire chi.
“Scusa la mia sfrontatezza” Disse, quando la
ragazza, accortasi di essere da lui studiata, si voltò, sistemando di nuovo la
frangia per nascondere il suo segreto ”ma mi ricordi qualcuno.”
A quelle parole lei si voltò di nuovo a guardarlo,
sorridente. “E’ possibile.” Disse poi.
Remus era sempre più confuso.
Chi era costei?
Sirius era fuggito poco dopo il banchetto.
Gli doleva comportarsi in quel modo, ma non avrebbe
resistito oltre a fare l’ipocrita con i suoi amici. Non avrebbe resistito oltre
a sorridere (o addirittura ridere), fare battute, chiacchierare allegramente
con chiunque come se nulla fosse… quando invece il suo cuore aveva iniziato un
lento declino non appena, durante la cerimonia, aveva visto l’incontro degli
sguardi fra Lily e James.
E così ora era lì, sulla cima di quel colle boscoso,
da cui poteva vedere lo splendido spettacolo del castello di Hogworts
illuminato dal sole che a breve sarebbe calato.
Solaria, dove sei?!
Solaria… non ce la faccio più, non ce la faccio più… più… io…
Solaria non riesco
più a resistere senza di te. Sto per impazzire.
Era già difficile
così com’era: mi alzo dal letto e tu non sei lì, al mio fianco, che dormi
tranquilla o che mi guardi furbescamente pronta a fare una delle tue solite
birbonate… Durante la giornata non incontro il tuo sguardo, non sento la tua
allegra risata, non vedo il tuo malizioso sorriso…
Già, il tuo malizioso
sorriso… quanto mi manca.
E quanto mi manchi
prima di andare a letto, quanto mi manca il tuo morbido corpo fra le mie
braccia, i tuoi capelli che ricadono pittorici sulla pelle dorata del tuo
petto…
Merlino! Come
faccio a pensare cose del genere, sembro uno di quegli idioti pappamolle
babbani che non fanno altro che scrivere banali poesie sull’amore….
Ma tu mi hai reso
così! Tu mi hai fatto del tutto rimbecillire…
Era già difficile
prima… era già difficile, ma sapevo che così era giusto.
Ora però, non ce la
faccio più.
Vorrei che ci
fossimo stati noi su quell’altare.
Vorrei essere stato
io a guardarti con quegli occhi felici, e tu a rispondermi nello stesso modo.
Vorrei che fossi
stata tu ad entrare da quella porta, coperta in quel meraviglioso abito.
Vorrei averti
atteso io su quell’altare, pieno di timore ma allo stesso tempo felice per ciò
che di lì a poco sarebbe accaduto.
Vorrei sposarti,
Solaria… vorrei farti divenire mia moglie, amarti per tutto il resto della mia
vita e creare una famiglia con te.
Ma…
Ma non posso.
Perché non potrò
amarti mai per tutto il resto della mia vita. Appena tu te ne andrai, io non mi
ricorderò nemmeno della tua esistenza.
A che servirebbe
dunque sposarci? O creare una famiglia? O… avere dei figli?
A niente… niente
niente niente niente…
Sarebbe tutta una
grandissima, stupida, menzogna. Un’illusione.
C***o!
Perché?! Perché?!
Perché deve essere così? Perché non posso averti?! Pensò Sirius, colpendo con
furore il fusto di un giovane albero davanti a lui, che vibrò, facendogli
cadere qualche fogliolina secca addosso.
“Perché sono tornata solo ora.”
…
Sirius rimase immobile, il pugno che si trascinava con forza sul tronco, togliendo la pelle staccata dal forte colpo.
Aveva sentito davvero quelle parole? Aveva sentito davvero quelle parole? Le aveva udite realmente? Erano state pronunciate sul serio? Erano state dette da quella voce davvero? Si stava sognando tutto? Di chi era la presenza che sentiva poco distante da lui? Era pazzo?! Era pazzo?!
Sì, era pazzo.
E non si voleva voltare a guardare.
Perché lui era pazzo… e si era inventato tutto.
Il cuore gli faceva troppo male. No… no…
Non poteva essere… non poteva…
Il cuore… il cuore gli faceva male… e i polmoni gli producevano dolore mentre respirava.
Si voltò, molto lentamente, lo sguardo sconvolto.
E il pugno si strinse ancora di più quando la vide.
Era una donna.
Bellissima.
Divina.
I suoi capelli erano… biondi, dolcemente dorati, come il miele.
La sua pelle color nocciola.
I suoi occhi erano pura ambra.
Un raggio di sole. Bella, calda, avvenente, fascinosa, amabile, ridente, gioiosa, vitale come il sole.
Solaria per definizione. E per nome.
Era lei?
La vide, scioccato ancora dalle emozioni che provava, correre verso di lui e abbracciarlo con forza.
Era lei.
La strinse forte, ridendo e piangendo assieme, accarezzandole il corpo fasciato da quello stretto bustino e i capelli, sciolti docilmente sulle sue spalle.
E lei fece lo stesso… piangeva e rideva assieme… piangeva e rideva…
Eros: invincibile belva dolce-amara. Saffo lo disse. E dopo così tanti
secoli, noi continuiamo a confermare la veridicità di queste parole e la realtà
di quell’ossimoro.
Sirius la scostò un attimo da se, per guardarle
meglio negli occhi… continuava a piangere, e lui stava facendo lo stesso.
Tentò di dire qualcosa.
Ma non ci riuscì.
E lei sorrise. Si alzò sui piedini, prese con
delicatezza il suo viso fra le mani, e lo costrinse ad abbassarsi fino ad
incontrare il suo… fino ad accarezzare le sue labbra. Fino ad unirsi a lei in
quel tenero, tanto ambito, primo bacio dopo tanto tempo di separazione.
E dopo il primo bacio, ne venne un altro. E dopo
quello, un altro ancora. Le carezze sui loro corpi si fecero sempre più
intense, più bramose.
Sirius, con estrema calma, iniziò a calarle il
vestito dal corpo, lasciandola poi con un semplice body. Solaria, invece, gli
tolse giacca e cravatta, e gli sfilò la camicia, lasciandolo a torso nudo.
Com’era bello… quasi non se lo ricordava quanto fosse
davvero avvenente. Sirius era l’uomo più meraviglioso che conoscesse, sotto
ogni punto di vista.
Gli sorrise, passandogli le mani sul petto in una
carezza quasi impercettibile. Sirius tremò, ma non osò chiudere gli occhi per
assaporare meglio quella sensazione… non voleva correre il rischio che lei non
ci fosse più. Voleva continuare a guardarla, eternamente, riempiendosi
totalmente della sua bellezza.
Fecero l’amore lì, abbracciati dall’erba estiva e
dalle foglie dorate che cadevano dai rami, coperti solo dai raggi del sole del
tramonto, senza staccare mai lo sguardo l’uno dagli occhi dell’altro.
E, quando entrambi ebbero raggiunto l’orgasmo, lui,
ancora dentro lei, le sussurrò, accarezzandole il volto sudato:
“Ti amo.”
Lei, birbante, lo fissò col suo sorriso malizioso.
“Lo so!” Gli disse poi, ed entrambi scoppiarono a ridere.
“Ti amo anch’io!” Gli disse poi baciandolo di nuovo
con dolcezza.
Sirius si sdraiò al suo fianco, tenendosi la testa
con un braccio e con l’altro la vita di lei, accoccolata sul suo corpo.
“Sei cambiata.” Gli disse lui, sfiorandole i
capelli, più biondi di prima, e la pelle, più abbronzata.
“Sono passati quattro anni.” Gli disse lei, con
amarezza. “Sei cambiato anche tu. E sono cambiati tutti gli altri. Però non è
giusto, siete tutti alti come giganti mentre io sono rimasta una nanerottola!”
“Ma tu sei sempre stata una nanerottola!” Gli disse
lui, beffardo.
“Mi dovrei offendere?!”
“No… mi sei sempre piaciuta così come sei.”
“Mmm… non sempre…” Rispose Solaria, sorridendo
maliziosa.
“Beh, sai, era difficile trovarti adorabile dopo che
mi avevi legati come un salame davanti a tutta la scuola!”
“Macché tutta la scuola, c’era a malapena una
cinquantina di studenti su quel vagone!”
“Lasciamo perdere…! Sei come al solito testarda come
un mulo!”
“E’ una delle tante cose che abbiamo in comune
questa, signor Sirius Black!”
“Perché sei tornata?” Le chiese di botto lui,
prendendole una mano e stringendogliela con forza.
“Perché ora sono pronta.” Rispose lei, con il solito
sorriso sulle labbra.
Lo sguardo di Sirius si oscurò.
Lei gli accarezzò il volto.
“E… perché ora c’è una possibilità che noi possiamo
stare assieme.”
A quelle parole Sirius quasi sobbalzò, e la trasse
ancora più vicina a sé, stringendola al suo petto.
“Davvero?” Chiese, con gli occhi scintillanti di
speranza.
“Sì, davvero… o, perlomeno, c’è un’alta possibilità
che tu riesca a ricordarti per sempre di me, qualunque cosa mi succeda.”
Lui la baciò.
“Allora sposami.” Le disse poi, con impeto.
Lei gli portò le braccia al collo, coricandosi sopra
di lui ridendo come una matta per la felicità. “Sì!” Gli disse poi, e, ridendo,
baciandosi, accarezzandosi, rotolarono per quel verde prato, mentre la luna
risplendeva alta nel cielo notturno.