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Autore: kishal    31/05/2005    2 recensioni
La vita dei Malandrini, ora che un importante membro del loro gruppo li ha dovuti lasciare, anche se per un tempo relativamente breve....
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La vera storia dei Malandrini'
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La Sala Grande di Hogworts non era mai stata così splendida

La Sala Grande di Hogworts non era mai stata così splendida. La volta lasciava passare all’interno la calda luce del sole estivo, e in quella deliziosa luminosità volteggiavano deliziosi amorini, lanciando per aria le loro frecce, che scoppiavano poi in un mare di pagliuzze dorate.

I muri erano stati coperti con grandi veli bianchi, arricchiti da fiori freschi quali rose e gigli, che riempivano la sala di dolce profumo. Altri fiori erano disposti poi, in gigantesche e quanto mai fantastiche composizioni, in ogni angolo della stanza, e la grande porta d’ingresso, completamente spalancata, era stata ricoperta da un gigantesco tendone di un luccicante tessuto bianco, legato ai lati del muro con grandi cordoni d’oro.

Al posto dei soliti quattro filari di banchi, ce n’erano invece due opposti di sedie, occupate da persone vestite molto elegantemente; fra questi stava un lungo tappeto bianco e oro, che conduceva dritto verso quel luogo che, in periodo scolastico, sarebbe stato destinato ai professori: ora invece c’era uno splendido altare di marmo bianco, con un bacino d’oro in mezzo.

Dietro di esso un sacerdote attendeva l’avvento di una sposa alquanto ritardataria per iniziare la sua funzione, lanciando ogni tanto qualche torva occhiata al giovane che gli stava davanti, vestito come un antico patrizio romano di una preziosa tunica bianca e dorata, la cui solennità era però rotta dai capelli che, irti in capo, prendevano le direzioni più disparate, e da quello sguardo da pesce lesso che aveva in volto.

 

“Perché non arriva?!” Chiese James, sempre più nervoso, facendo schioccare rumorosamente le dita mentre guardava sempre più preoccupato davanti a se.

Sirius, al suo fianco, sbuffò. Se lo avesse chiesto ancora una volta, gli avrebbe mollato un ceffone così forte da lasciarlo intontito per almeno una settimana… “E che ne so, magari ha deciso di scappare con un altro…” Rispose, acidissimo.

James si voltò a guardarlo col terrore negli occhi nocciola. “Cosa?!” Chiese, con voce soffocata.

Pochi attimi dopo Sirius si ritrovò con le mani dell’amico chiuse intorno al suo forte collo, mentre gli occhi folli di lui penetravano i suoi.

“Cosa?! Cosa diamine hai detto?! Se sai qualcosa, parla subito!” Disse.

“Ehm… James… penso che Felpato stesse scherzando…” Disse Lunastorta vicino a loro.

Ramoso si voltò a guardarlo, sempre tenendo stretto il collo dell’amico. Piano piano quella luce folle scomparve, e la comprensione prese spazio in lui.

“Ah…” Disse, liberando l’amico e voltandosi di nuovo a guardare là, in fondo, davanti a lui.

Sirius invece sbuffò di nuovo ancora più vistosamente… aveva fatto appello a tutta la sua pazienza (e si era scoperto ad averne davvero tanta…) per non tramortirlo. Ma, poverino, in fondo doveva capirlo, era una giornata molto importante per lui…

“Comunque non è stato uno scherzo divertente.” Disse serio James, voltandosi di nuovo a guardare severamente l’amico.

Sirius gli lanciò uno sguardo infuocato. “Mi hai fatto letteralmente cadere le palle a terra oggi, Ramoso: è da quando siamo arrivati che non fai altro che comportarti come uno stupido idiota.”

“Sirius, usa un linguaggio meno colorito, gli ospiti ci sentono…” Disse Remus, sorridendo ben poco rassicurante ad una vecchia signora che, seduta in prima fila, doveva aver sentito tutto a vedere dal suo viso esterrefatto.

“Sirius, quella è la prozia materna del cognato di Lily! Non mi vorrai far fare brutta figura, vero?!” Gridò James, rivolto al suo migliore amico.

“Me lo dici che c***o te ne sbatte della prozia materna di Vernon Dursley, se non puoi sopportare nemmeno quel c******e di babbano che s’è sposato la sorella della tua ragazza?!”

James parve rifletterci per un po’. Poi disse, mostrando uno degli sguardi più torvi che riuscì a fare: “Nulla! Però è una questione di principio!”

“E quale principio sarebbe?”

James aprì e richiuse più volte la bocca, senza che alcun suono ne uscisse fuori. Poi però, irritato dall’espressione beffarda che stava assumendo il volto dell’amico, si incupì ancora di più e disse: “Sono nervoso, ok?! Mi pare normale, è la prima volta che mi sposo!”

Sirius rise, facendo scivolare così gran parte della tensione che l’amico gli aveva trasmesso col suo nervosismo. Anche James, sentendolo ridere, parve tranquillizzarsi un poco, e il broncio che teneva scomparve lentamente, lasciando spazio ad un espressione di completa innocenza e a due occhi scintillanti per l’emozione.

“Sirius, Remus: io mi sto sposando!” Disse poi, guardando alternativamente gli amici negli occhi.

Remus trattenne a stento una risata. “Lo sappiamo James!” Disse, guardando pieno di dolcezza l’amico.

“E se lei non venisse? E se avesse cambiato idea?! E se…” Non finì la frase.

 

Una figura era apparsa là, all’ingresso di quel grande portale, e guardava con uno splendido sorriso davanti a se, dritta verso lui, incurante degli sguardi ammirati di tutte quelle persone che si erano volte subito verso lei.

Guardava solo lui.

 

Fu come se il cervello del ragazzo si fosse bloccato, fermando così anche tutte le funzioni principali del proprio corpo: come respirare ad esempio… e anche il battito cardiaco diventò pericolosamente anomalo…

 

Appena il sistema nervoso ritornò dalle sue ferie, James si mise a boccheggiare, e le guance gli si colorarono di rosso mentre il sangue riprendeva a pulsare: continuò però a tenere fissi gli occhi sulla ragazza, che ora stava avanzando lentamente nella sala, con lo sguardo sicuro e radioso sempre su di lui.

 

Divina.

 

Indossava un abito di pizzo bianco privo di spalline, perfettamente aderente alla sua esile figura. Il petto era coperto da un prezioso collare di filigrana d’oro finemente decorata, assai simile a quello delle antiche principesse celtiche, e i capelli, ricci e rossi, erano tenuti in alto da un’elaborata acconciatura.

E poi, nelle mani, candide come la neve… teneva un giglio. Il suo fiore. Il fiore da cui Lily aveva preso nome. Così bello, puro, innocente… eppure dall’aspetto così dolcemente selvaggio, così vigorosamente delicato.

 

Quando lei, accompagnata dal padre, giunse al suo fianco, tutta la paura che prima James aveva, scomparve subito.

Si sorrisero a vicenda.

Poi James gli porse una mano, e Lilian la prese.

 

Arrivarono davanti all’altare, e s’inginocchiarono, mentre il prete, dopo essersi schiarito la voce ancora irritato per il ritardo, iniziò a recitare la messa di matrimonio.

 

Sirius e Remus seguirono la cerimonia con attenzione, un sorriso lieto sulle loro labbra.

 

Felicità.

Da quanto oramai non la provavano?

Quell’evento era il più meraviglioso che potesse capitare.

Il coronamento di un grande amore rappresentava la speranza nel futuro.

A guardare quei due, si sarebbe anche potuto pensare che niente avrebbe mai potuto fargli del male… niente avrebbe potuto dividerli, talmente grande era la forza dell’amore che li univa. Si poteva percepire, quasi era tangibile.

I loro cuori, le loro anime, sarebbero state sempre unite, anche quando i loro corpi sarebbero stati distrutti dalla morte.

E il loro amore sarebbe stato così grande da distruggere qualunque male avesse la malaugurata idea di andargli contro.

 

 

 

La cerimonia era stata preparata ad Hogworts perché era il luogo più sicuro: dopo l’affronto che avevano fatto a Voldemort, era quasi una certezza che lui decidesse di rovinare il più bel giorno della loro vita.

E così Silente, molto gentilmente, dato che la loro vecchia scuola era così silenziosa e spoglia in estate, aveva offerto quella che si poteva considerare essere la sua casa e il suo regno per un così bel fine.

Ultimata la cerimonia, la festa si era spostata in giardino, dove c’era stato un lauto banchetto preparato dagli elfi domestici di Hogworts.

Avevano mangiato, avevano brindato, avevano riso e avevano scherzato… quel giorno era stato meraviglioso per molte persone.

Serviva qualche diversivo per spezzare la tensione dovuta a quel periodo di guerra.

 

Remus si guardò intorno, sempre sorridente. Non era più abituato a vedere tante face allegre. A parte Tonks… lei, cascasse il mondo, riusciva sempre ad ilarizzare tutto. Ed ora infatti era lì, divertendosi come una pazza a fare spaventare Vernon Dursley, ed insieme a lui Petunia Evans, la sorella di Lily, cambiando in continuazione faccia.

Vernon stava mettendocela tutta per sopportare quelle obbrobriosità che gli si erano proposte alla vista, ma, a dire dal colore grigiastro che il suo volto aveva assunto, la magia non gli doveva piacere molto…

 

Lunastorta trattenne a stento una risata quando Tonks, che probabilmente non sapeva più cosa inventarsi, era rimasta per un attimo a fissare con aria corrucciata il viso del suo ‘nemico’, per poi trasformarsi completamente in qualcosa… no, vabbé, qualcuno… che fece fare all’uomo un vero e proprio ruzzolone giù dalla sua sedia.

E sì, vedere la sua stessa faccia così improvvisamente lo doveva aver terrorizzato… poverino, era comprensibile: chi avrebbe reagito in modo differente?!

 

Se ne andò lentamente dalla zona banchetti, dirigendosi verso il lago.

Ormai i parenti avevano preso a chiacchierare armoniosamente tra loro, gli Auror stavano parlando di future missioni, Sirius era scomparso e così anche Lily e James: non che si sentisse a disagio a stare fra loro, però aveva voglia di sgranchirsi le gambe… e di pensare.

Probabilmente questo stesso motivo aveva indotto Sirius ad allontanarsi… conoscendolo, e avendo visto il suo sguardo durante la cerimonia, ora era in qualche luogo solitario a pensare alla sua Solaria.

E come poteva dargli torto?

Lui ora stava pensando alla sua lei.

O a quello che, per lo meno, fino a poco tempo fa lo era.

La sua lei. Che strano modo di definirla… così melodioso, così armonioso, così dolce… come era stato il rapporto che li aveva uniti.

 

Narcissa…

 

Non la rivedeva da quel giorno terribile. Il giorno in cui aveva scoperto tutto, in cui si era reso conto del marciume che aveva colto pure lei.

Per amore, è vero… per amore si era fatta inghiottire dal male che la circondava. Senza pensare che però, così facendo, l’amore si sarebbe trasformato in qualcos’altro. In qualcosa di meno puro e di più empio.

Vendetta…

E con essa non aveva portato dolore solo a se stesa, ma anche a lui…

 

Sospirò, guardando il sole che velocemente stava intraprendendo il suo cammino calante.

Chissà come stava ora…

Aveva saputo che era incinta, e che il bambino sarebbe nato in inverno, verso gennaio.

 

Deglutì. Gli esperti dicevano che quello sarebbe stato uno degli inverni più freddi degli ultimi cinquant’anni.

Una stagione adatta a fare nascere un Malfoy modello, insomma. Fredda, insopportabilmente fredda, mortalmente fredda… così gelante da fare divenire il cuore un pezzo di ghiaccio duro e brillante come un diamante.

 

 

Un sasso percorse la superficie del lago, rimbalzando su di essa per infinite volte.

 

 

Remus, distolto dai suoi pensieri, si voltò a guardare il responsabile di tale azione.

Sulla riva, le gambe poggiate sull’acqua tiepida, c’era una fanciulla.

Aveva corti capelli neri, tagliati a caschetto, e quando si voltò incrociando i suoi occhi, si accorse che erano azzurri come il mare, così innocenti e profondi, così dolci, che Remus non poté fare a meno di sorridere a tale semplicità.

La giovane donna sorrise a sua volta, abbassando lo sguardo e arrossendo.

 

Lentamente, Lunastorta si avvicinò a lei, sedendosi infine poco distante dal suo fianco.

Avvicinandosi, aveva notato anche il suo strano abbigliamento: indossava una sorta di lunga casacca, in un tessuto sicuramente molto prezioso, pieno di ricami e dai riflessi dell’arcobaleno, stretto al fianco da una delicata corda di seta.

 

“Ciao.” Disse Remus.

“Ciao…” Rispose lei, senza voltarsi a guardarlo.

Remus capì subito di averla messa in imbarazzo, doveva essere molto timida. “Disturbo?!”

“O… no!” Si affrettò a rispondere lei, scotendo la testa e lanciandogli di sfuggita uno sguardo rassicurante.

“Sei una parente di Lily?!” Chiese Remus. Magari la sua titubanza era dovuta al suo timore verso il mondo magico, essendo una babbana.

“Lily?!” Chiese lei, voltandosi e mostrando uno sguardo di disappunto. Poi parve capire, e scosse la testa. “Oh, no… sono qui per caso…. Sono… un’amica di una sua amica….”

“Oh, ho capito. Ed ora lei non c’è e tu sei rimasta sola.”

La ragazza fece sì col capo.

“Più o meno quello che è successo a me: e così sono venuto qui, al lago. Ti è piaciuta la cerimonia?”

“Non l’ho vista…Non ero in sala!”

“Oh, ho capito… Comunque, io sono Remus Lupin!” Disse l’uomo, porgendole la mano. Lei la guardò un poco titubante, poi allungò la sua e la strinse con ben poca decisione, interrompendo il lieve contatto molto frettolosamente.

“E tu… come ti chiami?” Chiese Remus, un po’ spiazzato dall’atteggiamento della ragazza.

“Gardenia.” Disse.

“Gardenia?”

“Gardenia… del Lago.” (n.d.a. è più carino Gardeny By the Lake?!)

 

Remus, impercettibilmente, corrugò la fronte. Quel cognome… l’aveva già sentito… ricordava Ruf, il professore di storia della magia, pronunciarlo… ma durante quale lezione? Si ricordava solo che il racconto del professore relativo a quella parola lo aveva fatto vibrare di curiosità. Ma anche di rabbia. Perché? Qual’era il mistero?!

 

“Mi è sembrato di aver già sentito il tuo cognome…” Disse Remus. In fondo, non gli pareva di intraprendere un discorso troppo impertinente.

La ragazza si voltò a guardarlo, con il suo sguardo semplice che ora esprimeva diniego. “No, non penso. E’ assai improbabile.” Disse, con un amaro sorriso sulle grandi labbra. 

 

Remus studiò meglio il suo volto. Era grazioso, semplice come il suo sguardo, dolce e timido. Il viso era lungo, il naso piccolo e leggermente schiacciato, le labbra grandi a cuore, gli occhi a mandorla di un intenso azzurro pastello.

La fronte era coperta da una folta frangia nera, che però lasciava intravedere l’ombra di un disegno. Un tatuaggio forse? O un gioiello?

No, un tatuaggio… sembravano due ali di perle nere…

 

Assomigliava a qualcuno. Sì, assomigliava a qualcuno, ma lui non riusciva a capire chi.

“Scusa la mia sfrontatezza” Disse, quando la ragazza, accortasi di essere da lui studiata, si voltò, sistemando di nuovo la frangia per nascondere il suo segreto ”ma mi ricordi qualcuno.”

A quelle parole lei si voltò di nuovo a guardarlo, sorridente. “E’ possibile.” Disse poi.

 

Remus era sempre più confuso.

Chi era costei?

 

 

 

 

Sirius era fuggito poco dopo il banchetto.

Gli doleva comportarsi in quel modo, ma non avrebbe resistito oltre a fare l’ipocrita con i suoi amici. Non avrebbe resistito oltre a sorridere (o addirittura ridere), fare battute, chiacchierare allegramente con chiunque come se nulla fosse… quando invece il suo cuore aveva iniziato un lento declino non appena, durante la cerimonia, aveva visto l’incontro degli sguardi fra Lily e James.

 

E così ora era lì, sulla cima di quel colle boscoso, da cui poteva vedere lo splendido spettacolo del castello di Hogworts illuminato dal sole che a breve sarebbe calato.

 

Solaria, dove sei?! Solaria… non ce la faccio più, non ce la faccio più… più… io…

Solaria non riesco più a resistere senza di te. Sto per impazzire.

Era già difficile così com’era: mi alzo dal letto e tu non sei lì, al mio fianco, che dormi tranquilla o che mi guardi furbescamente pronta a fare una delle tue solite birbonate… Durante la giornata non incontro il tuo sguardo, non sento la tua allegra risata, non vedo il tuo malizioso sorriso…

Già, il tuo malizioso sorriso… quanto mi manca.

E quanto mi manchi prima di andare a letto, quanto mi manca il tuo morbido corpo fra le mie braccia, i tuoi capelli che ricadono pittorici sulla pelle dorata del tuo petto…

Merlino! Come faccio a pensare cose del genere, sembro uno di quegli idioti pappamolle babbani che non fanno altro che scrivere banali poesie sull’amore….

Ma tu mi hai reso così! Tu mi hai fatto del tutto rimbecillire…

 

Era già difficile prima… era già difficile, ma sapevo che così era giusto.

Ora però, non ce la faccio più.

Vorrei che ci fossimo stati noi su quell’altare.

Vorrei essere stato io a guardarti con quegli occhi felici, e tu a rispondermi nello stesso modo.

Vorrei che fossi stata tu ad entrare da quella porta, coperta in quel meraviglioso abito.

Vorrei averti atteso io su quell’altare, pieno di timore ma allo stesso tempo felice per ciò che di lì a poco sarebbe accaduto.

 

Vorrei sposarti, Solaria… vorrei farti divenire mia moglie, amarti per tutto il resto della mia vita e creare una famiglia con te.

 

Ma…

Ma non posso.

 

Perché non potrò amarti mai per tutto il resto della mia vita. Appena tu te ne andrai, io non mi ricorderò nemmeno della tua esistenza.

A che servirebbe dunque sposarci? O creare una famiglia? O… avere dei figli?

A niente… niente niente niente niente…

Sarebbe tutta una grandissima, stupida, menzogna. Un’illusione.

C***o!

Perché?! Perché?! Perché deve essere così? Perché non posso averti?! Pensò Sirius, colpendo con furore il fusto di un giovane albero davanti a lui, che vibrò, facendogli cadere qualche fogliolina secca addosso.

 

 

 

“Perché sono tornata solo ora.”

 

 

 

Sirius rimase immobile, il pugno che si trascinava con forza sul tronco, togliendo la pelle staccata dal forte colpo.

 

Aveva sentito davvero quelle parole? Aveva sentito davvero quelle parole? Le aveva udite realmente? Erano state pronunciate sul serio? Erano state dette da quella voce davvero? Si stava sognando tutto? Di chi era la presenza che sentiva poco distante da lui? Era pazzo?! Era pazzo?!

Sì, era pazzo.

E non si voleva voltare a guardare.

Perché lui era pazzo… e si era inventato tutto.

Il cuore gli faceva troppo male. No… no…

Non poteva essere… non poteva…

 

Il cuore… il cuore gli faceva male… e i polmoni gli producevano dolore mentre respirava.

 

 

Si voltò, molto lentamente, lo sguardo sconvolto.

E il pugno si strinse ancora di più quando la vide.

 

Era una donna.

Bellissima.

Divina.

I suoi capelli erano… biondi, dolcemente dorati, come il miele.

La sua pelle color nocciola.

I suoi occhi erano pura ambra.

 

Un raggio di sole. Bella, calda, avvenente, fascinosa, amabile, ridente, gioiosa, vitale come il sole.

 

Solaria per definizione. E per nome.

 

Era lei?

 

La vide, scioccato ancora dalle emozioni che provava, correre verso di lui e abbracciarlo con forza.

 

Era lei.

 

La strinse forte, ridendo e piangendo assieme, accarezzandole il corpo fasciato da quello stretto bustino e i capelli, sciolti docilmente sulle sue spalle.

E lei fece lo stesso… piangeva e rideva assieme… piangeva e rideva…

 

Eros: invincibile belva dolce-amara. Saffo lo disse. E dopo così tanti secoli, noi continuiamo a confermare la veridicità di queste parole e la realtà di quell’ossimoro. 

 

Sirius la scostò un attimo da se, per guardarle meglio negli occhi… continuava a piangere, e lui stava facendo lo stesso.

Tentò di dire qualcosa.

Ma non ci riuscì.

E lei sorrise. Si alzò sui piedini, prese con delicatezza il suo viso fra le mani, e lo costrinse ad abbassarsi fino ad incontrare il suo… fino ad accarezzare le sue labbra. Fino ad unirsi a lei in quel tenero, tanto ambito, primo bacio dopo tanto tempo di separazione.

 

E dopo il primo bacio, ne venne un altro. E dopo quello, un altro ancora. Le carezze sui loro corpi si fecero sempre più intense, più bramose. 

Sirius, con estrema calma, iniziò a calarle il vestito dal corpo, lasciandola poi con un semplice body. Solaria, invece, gli tolse giacca e cravatta, e gli sfilò la camicia, lasciandolo a torso nudo.

 

Com’era bello… quasi non se lo ricordava quanto fosse davvero avvenente. Sirius era l’uomo più meraviglioso che conoscesse, sotto ogni punto di vista.

 

Gli sorrise, passandogli le mani sul petto in una carezza quasi impercettibile. Sirius tremò, ma non osò chiudere gli occhi per assaporare meglio quella sensazione… non voleva correre il rischio che lei non ci fosse più. Voleva continuare a guardarla, eternamente, riempiendosi totalmente della sua bellezza.

 

Fecero l’amore lì, abbracciati dall’erba estiva e dalle foglie dorate che cadevano dai rami, coperti solo dai raggi del sole del tramonto, senza staccare mai lo sguardo l’uno dagli occhi dell’altro.

 

E, quando entrambi ebbero raggiunto l’orgasmo, lui, ancora dentro lei, le sussurrò, accarezzandole il volto sudato:

“Ti amo.”

Lei, birbante, lo fissò col suo sorriso malizioso. “Lo so!” Gli disse poi, ed entrambi scoppiarono a ridere.

“Ti amo anch’io!” Gli disse poi baciandolo di nuovo con dolcezza.

Sirius si sdraiò al suo fianco, tenendosi la testa con un braccio e con l’altro la vita di lei, accoccolata sul suo corpo.

 

“Sei cambiata.” Gli disse lui, sfiorandole i capelli, più biondi di prima, e la pelle, più abbronzata.

“Sono passati quattro anni.” Gli disse lei, con amarezza. “Sei cambiato anche tu. E sono cambiati tutti gli altri. Però non è giusto, siete tutti alti come giganti mentre io sono rimasta una nanerottola!”

“Ma tu sei sempre stata una nanerottola!” Gli disse lui, beffardo.

“Mi dovrei offendere?!”

“No… mi sei sempre piaciuta così come sei.”

“Mmm… non sempre…” Rispose Solaria, sorridendo maliziosa.

“Beh, sai, era difficile trovarti adorabile dopo che mi avevi legati come un salame davanti a tutta la scuola!”

“Macché tutta la scuola, c’era a malapena una cinquantina di studenti su quel vagone!”

“Lasciamo perdere…! Sei come al solito testarda come un mulo!”

“E’ una delle tante cose che abbiamo in comune questa, signor Sirius Black!”

 

“Perché sei tornata?” Le chiese di botto lui, prendendole una mano e stringendogliela con forza.

“Perché ora sono pronta.” Rispose lei, con il solito sorriso sulle labbra.

Lo sguardo di Sirius si oscurò.

Lei gli accarezzò il volto.

“E… perché ora c’è una possibilità che noi possiamo stare assieme.”

 

A quelle parole Sirius quasi sobbalzò, e la trasse ancora più vicina a sé, stringendola al suo petto.

“Davvero?” Chiese, con gli occhi scintillanti di speranza.

“Sì, davvero… o, perlomeno, c’è un’alta possibilità che tu riesca a ricordarti per sempre di me, qualunque cosa mi succeda.”

 

Lui la baciò.

 

“Allora sposami.” Le disse poi, con impeto.

Lei gli portò le braccia al collo, coricandosi sopra di lui ridendo come una matta per la felicità. “Sì!” Gli disse poi, e, ridendo, baciandosi, accarezzandosi, rotolarono per quel verde prato, mentre la luna risplendeva alta nel cielo notturno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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