O Santissima Cleo, da quanto non aggiorno piùùù?? *__* Ok
ok, adesso mi odierete tutti quanti, lo so ^^” E se doveste decidere di farlo,
non vi do torto, perché qui si parla di un ritardo di mesi, nemmeno settimane
^^” Ma vi chiedo umilmente perdonoooo!! °__° Il secondo quadrimestre è
risultato essere + difficile del previsto, e inoltre bisogna anche contare che
da metà marzo in poi sono stata impegnata con la teoria della patente B e crisi
di ispirazione paurose, dovute alla scuola, interrogazioni e casini vari ^^”
Però adesso sono tornatala!! ^0^ Che bellooooo XDD Però mi sembra logico fare
una cosa prima di cominciare… Visto che magari non vi ricordate, a causa di
questo ritardo clamoroso, i capitoli precedenti… ve li andate a rileggere
tuttiiii XDDD No scherzo V.V Vi faccio qui un piccolo riassuntino ^^ Va beh che
sono sadica, ma non fino a questi punti… Peggio V.V
In ogni caso, se ricordate quello che è successo nei
capitoli precedenti, potete risparmiarvelo ^_^
Mailiya e Yuriy, dopo essere usciti dalla casa della
ragazza, si dirigono verso il monastero, consapevoli entrambi della terribile
punizione che spetterà al secondo. Purtroppo le loro supposizioni vengono
confermate da Sergey, il quale avvisa il compagno di squadra delle intenzioni
di Borkov (che tra l’altro ho ancora dubbi su come si scriva sto nome O.o
Ndme). Mailiya non può sopportare tutto questo così, durante la notte che
segue, decide di cercare di salvare l’amico dalla punizione che gli sarebbe
dovuta spettare la mattina seguente. Così deciso, cerca di convincere il monaco
della sua colpevolezza per la finale mondiale persa, in modo da convincerlo a
prendere e punire lei al posto di Yuriy. Riesce nel suo intento, e viene quindi
portata nelle prigioni del monastero da due guardie.
Intanto suo fratello, Olivier, se ne torna in Francia dopo
il breve soggiorno a Mosca per il campionato, senza degnare nemmeno di un
saluto la sorella. I motivi del suo gesto non sono ancora chiari nemmeno a lui
stesso, ma uno dei motivi principali di questa azione è la rabbia mista al
rancore e alla paura di aver visto la sorella ancora con la squadra russa, dopo
aver visto di quale pasta sembrano essere fatti quei ragazzi. Questa decisione
porterà sia lui che la ragazza a soffrire, ma nessuno dei due sembra muovere il
primo passo verso la riappacificazione.
Sempre in quella terribile notte, Yuriy si sveglia di
soprassalto nel suo letto, sconvolto per un incubo e, quando vede che la
ragazza non è più accanto a lui a dormire, si agita senza capire, in realtà, il
motivo. La cerca per i corridoi del monastero, fino a che incontra Boris che
gli indica la direzione presa da Mailiya, che poco prima aveva incontrato,
passando per quello stesso corridoio: con enorme spavento, entrambi si
accorgono troppo tardi che quel corridoio poteva solamente portare all’ufficio
di Borkov.
Boris invita Yuriy a dormire nella sua stanza, come per
cercare di calmare entrambi e successivamente, parlando con il rosso, viene a
conoscenza di una promessa reciproca strinta con la sua compagna il giorno
precedente, appena saputo della punizione: la promessa di non dividersi mai
più, come già si promisero molto tempo indietro, in tenera età. Spaventati per
il gesto inspiegabile di Mailiya insieme alla paura ancora più inspiegabile di
Yuriy che lei potesse non mantenerla ancora una volta, riescono comunque ad
addormentarsi.
La notte passa in fretta, e la mattina dopo Boris si
sveglia molto più presto del solito; camminando poi per i corridoi, trova
Mailiya a terra ricoperta di ferite: se solo si fosse svegliato come ogni
giorno, per lei sarebbe stato troppo tardi, nelle sue condizioni.
Una volta portatala nella sua camera, gli altri ragazzi
della squadra vengono svegliati all’improvviso da un urlo agghiacciante del
loro capitano, che vede l’amica quasi sul punto di morte. Accorrono nella
camera di Boris, dove Mailiya è stesa su un letto sottoposta alle cure di Mark,
anche lui accorso non appena saputo dell’incidente, e il silenzio che cala è a
dir poco inquietante.
Poche parole intercorrono tra Yuriy e Mailiya, ma dense di
emozioni e significato. Yuriy non accetta il suo gesto, sebbene compiuto per
salvare lui, la incolpa di non voler mantenere la loro promessa; ma tutto
questo sembra non scoraggiare Mailiya come la consapevolezza che quel suo
sacrificio sarebbe potuto andare a vuoto, visto che Borkov sembrava aver capito
il suo piccolo piano e si ostinava a volere Yuriy per la sua punizione; ma
soprattutto, niente la scoraggia fino a che il rosso ammette di non voler più
vivere senza di lei. Presa da un attacco di agitazione per questa affermazione,
la ragazza perde i sensi.
Yuriy, in preda alla rabbia più estrema, vuole vendicarsi
al suo dittatore. Gli spara, ma sfortunatamente non riesce ad ucciderlo. Sia
Mailiya che Borkov vengono quindi portati all’ospedale da due ambulanze.
Mentre Mailiya è in sala operatoria, il capitano viene
interrogato dal Dott Ashinova per il suo strano e quasi psicopatico
comportamento nei confronti di Borkov e cerca di farlo render conto di aver
commesso un tentato omicidio; nonostante tutto, Yuriy rimane convinto della sua
azione. Alla fine il primario, dopo aver visto le lacrime e la disperazione del
ragazzo, decide di arrendersi e di diventare più umano, riuscendo in fondo a
capire la ragione che aveva spinto il rosso ad un’azione così folle: Borkov non
era famoso solo come presunto allenatore. Decide così di aiutarlo.
Dopo il breve interrogatorio subito, Yuri si avvia verso la
sala d’aspetto della sala operatoria dove incontra i suoi amici, ma la notizia
che gli giunge non è di certo delle migliori: Mailiya è in coma.
Il padre della ragazza e il fratello vengono subito
avvisati: il secondo, alla stravolgente notizia, si fa cogliere da un terribile
capogiro e sviene, ma non per questo rinuncia ad un ennesimo viaggio a Mosca per
vedere la sorella. Il padre di Mailiya lascia invece notizia di un suo arrivo
entro pochi giorni.
I ragazzi sembrano essere presi da un crollo psicologico; Yuriy è all’apparenza un essere senza vita: occhi spenti e sguardo assente, confuso e spaventato allo stesso tempo: la notizia che anche Olivier sarebbe presto arrivato non faceva che metterlo sempre più in agitazione e nervosismo, in quanto sapeva dell’odio che egli provava nei suoi confronti. I sensi di colpa non mancano, anche da parte di Boris, che è sempre più convinto che avrebbe potuto impedire l’accaduto. A differenza di Yuriy, però, mostra questo senso di colpa e tristezza sotto forma di rabbia e quasi isteria.
Dopo aver litigato con Sergey, esce dalla stanza d’ospedale
dove tutti i ragazzi sono riuniti e nella quale è ospitata Mailiya per
dirigersi verso il bagno, dove sarebbe stato un po’ da solo. Ma appena prima di
uscire da quest’ultimo, il suo sguardo viene catturato da una strana figura dai
capelli verdi, che sta in piedi proprio davanti alla porta della stanza dove
giace Mailiya.
Incuriosito ma allo stesso tempo consapevole di chi sia, si
avvicina in silenzio..
Fine ^^ Da notare
come la mia capacità riassuntiva skazzo sia davvero incredibile =3..
E ora, buona lettura ^0^
^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^
UNREAL PANIC
Avvicinò tremando una mano alla porta bianca alla quale era
accanto, ormai da diversi secondi. Cosa fare? Aprirla..? Oppure non aprirla?
Stare lì a fissarla, per la paura di trovarvi cose per niente gradite ai suoi
giovani occhi? Non lo sapeva.. Ma doveva decidersi!
Si voltò lentamente dalla parte opposta: vide, dietro di
lui, che c’era un’altra camera.. una delle ultime due, in una delle quali
poteva esserci sua sorella, stesa su un letto.. Forse, in fondo, sarebbe stato
addirittura meglio sbagliare camera: se solo era svenuto alla tremenda notizia,
non osava nemmeno immaginarsi come sarebbe stato vederla dal vero.. capire che
quella notizia poteva essere davvero così concreta, nonostante la sua
stranezza.
Purtroppo per lui, però, non avrebbe potuto commettere
alcun errore. Guardò con sguardo fuggitivo l’interno della stanza dietro alla
sua schiena: la porta era aperta, cosicché si potesse benissimo vedere il suo
interno. Fece più attenzione e vide una donna sulla cinquantina quasi
completamente coperta da un lenzuolo, con una flebo attaccata al braccio,
mentre una donna molto più giovane, probabilmente la figlia, le stava accanto e
le parlava con dolcezza. Esse erano le uniche persone presenti in quella
camera.. le uniche.. e sua sorella non era lì.
Tornò di scatto, quasi come spaventato, come se qualcuno lo
avesse chiamato, a fissare la porta davanti a sé.. Bianca pensò.. era tutto
bianco all’interno di quel posto.. Così bianco e.. e vuoto.. si, quel colore
dava l’impressione di un qualcosa di vuoto, senza anima.. Come le persone che
vi stavano dentro. Aveva da sempre adorato il bianco, ma in quel momento lo
stava odiando con tutto sé stesso.
Stava divagando con i pensieri, senza nemmeno
accorgersene.. Stava ritto, davanti a quella porta, senza dire o fare niente..
senza avere il coraggio di afferrare quella maniglia giallastra e premere per
aprire.. Senza guardare nient’altro che quello che gli stava dritto davanti
agli occhi, come se gli fosse stato messo un paraocchi, che gli impediva di
vedere ai lati.
Si passò una mano sulla fronte, per metà sotto il suo
solito cappellino blu, e constatò che stava sudando, nonostante la temperatura
piuttosto bassa che c’era nell’ospedale. Constatò che quello non era normale
sudore.. caldo.. quello era freddo..
Fece un passo avanti: ormai solo pochi centimetri lo
separavano da quella che sarebbe stata una terribile visione. Deglutì a forza,
poggiando la solita mano tremante sulla maniglia in fronte a lui.. Fece per
premere, ma sembrò mancargli la forza per farlo fino in fondo, nonostante in
quel momento fosse sicuro di volerlo.. o forse no?
Ora il suo sguardo era fisso su quella maniglia.. Ora il
suo cervello sembrava essersi spento, insieme a tutti i suoi sensi, tanto che
non sentì nemmeno dei passi avvicinarsi a lui.
Era completamente isolato dal mondo, tutto quello che gli
stava intorno in quegli stanti non contava, fino a che una mano sulla sua
spalla sinistra lo fece sobbalzare, riportandolo bruscamente alla realtà.
Non si era nemmeno accorto che qualcuno si fosse avvicinato
a lui.. non aveva sentito niente, non un minimo rumore, assorto com’era nella
sua terribile paura.
Alzò lo sguardo, dritto davanti a lui, senza voltarsi, ma
limitandosi ancora a fissare il candore di quella porta maledetta. La presa di
quella mano era piuttosto forte, e stringeva la sua esile spalla con decisione
e fermezza. Stette per girarsi, per vedere chi mai avesse potuto afferrarlo
così forte, di scatto, quando il suo atto fu interrotto da una voce:
-Che fai? Speri che non aprendo ora quello che è successo
si possa mai cancellare? Quel che è fatto è fatto.. Lei sta dentro,
indipendentemente da quello che farai tu ora! Non puoi scappare..-xxx
Sobbalzò un’ennesima volta.. Quella voce.. gli era parso di
averla già sentita da qualche parte, anche se esattamente non ricordava dove.
Era una voce che aveva un qualcosa di ironico nel suo tono.. Sembrava aspra, ma
allo stesso tempo molto profonda e scura..
Si girò lentamente, fino a che i suoi occhi non si
spalancarono nel tutto nel vedere la persona che stava al suo fianco. Avrebbe
dovuto immaginarselo che lui fosse stato lì, ma chissà come mai, la sua
presenza riuscì a stupirlo molto e forse anche un po’ a spaventarlo. Non
sarebbe mai stato pronto in realtà a trovarsi in un faccia a faccia con loro..
e anche con lui..
-Tu sei.. Boris..-OLIVIER
Il russo sogghignò tristemente, abbassando lo sguardo..
-Togli immediatamente quello sguardo spaurito dai tuoi
occhi..-BORIS
Non poteva sopportare che lo guardasse in quella maniera,
come se avesse avuto paura di lui.. come se fosse stata la cosa più spregevole
e che mai avrebbe voluto vedere in quel mondo. Tutto quello non faceva altro
che provocargli molta rabbia dentro.
Passati alcuni istanti, tornò a fissare il francesino negli
occhi: inutile, quello sguardo perplesso e ora forse anche un po’ nervoso e
irato non lo avrebbe mai abbandonato. Ce l’aveva forse con lui?? Si,
probabilmente sì, come ce l’aveva sempre avuta con tutti loro.. Ora quell’odio
stava aumentando, lui lo sapeva bene.. Quel piccolo ragazzino li stava odiando
con tutto sé stesso, senza nemmeno sapere cosa c’era in fondo a quella
situazione, come in fondo a tutti loro..
-Quanto ho sempre odiato le persone come te che giudicano
senza prima conoscere!-BORIS
Non poté fare a meno di rendere evidente la sua rabbia per
l’atteggiamento di Olivier. Era sempre stato molto sincero, e lo sarebbe stato
anche in quel momento, anche se con una punta di astio in più per quel
ragazzino.
Lo sentì e vide deglutire a forza: non stava facendo altro
che spaventarlo, più di quello che era, ma non poteva non ammettere che la cosa
gli faceva anche piacere.. Lui li stava odiando, odiando tutti, e in cambio di
certo non avrebbe mai potuto dargli rose e fiori.
Improvvisamente il silenzio calò tra i due; l’espressione
corrucciata di Olivier fece capire a Boris che stava esagerando, in tutto: nel
suo comportamento, nel suo sguardo nervoso e disgustato.. e anche nella sua
presa, che si stava facendo sempre più forte.
Lanciò un’occhiata alla sua mano, che ancora stava tenendo
in una presa ormai letale la spalla del ragazzino in fronte a lui, prima di
levarla con poca gentilezza. Lo vide sbilanciarsi un attimo, durante il quale
il russo non tolse mai lo sguardo su di lui, e poi lo vide fremere, abbassando
lo sguardo. Lo stava davvero impaurendo.. Ma forse, non era completamente il
suo comportamento a terrorizzarlo, anzi: capì che quel piccoletto era
spaventato a morte già di suo, per la terribile situazione, e
quell’atteggiamento che stava avendo nei suoi confronti sarebbe stato la goccia
che avrebbe fatto traboccare il vaso. In fondo, forse stava agendo con troppa
rabbia e nervosismo nei suoi confronti: Olivier non era altro che un povero
ragazzino impaurito e indifeso, che non sapeva più che pensare..
Lo vide alzare le spalle lentamente, e allo stesso tempo
abbassare lo sguardo, in evidente segno di paura. Stava cercando di nascondersi
in sé stesso, stava cercando un’ipotetica via di fuga a quella situazione, ma
senza successo.. Sapeva che non ci sarebbe mai stata nessun’uscita.. Non voleva
guardare Boris negli occhi, perché si, lui gli faceva paura.. Quel suo sguardo
lo faceva tremare.. E il solo pensiero che sua sorella potesse avere a che fare
con certi elementi, non faceva che farlo star peggio. Ma come poteva trovarsi
bene lei con certa gente?? Lei non era come loro..!
Un rumore lo risvegliò, ancora una volta. Alzò di poco lo
sguardo, e vide che Boris, ormai infastidito da quel silenzio assurdo, aveva
premuto la maniglia della porta che stava in fronte a lui.. essa, ora, poteva
dirsi aperta: sarebbe bastato anche una sola folata di vento per aprirla.
Olivier la guardò, mentre ancora una volta le parole del
russo gli fecero da sottofondo:
-Avanti, è ora di guardare in
faccia la realtà! Non puoi scappare!Non puoi attendere oltre..-BORIS
Aveva ragione.. Non poteva
attendere oltre, doveva darsi una mossa e affrontare la dura realtà,
guardandola in faccia una volta per tutte.. ma non riusciva.. Perché??
-Dannazione, fatti forza!! Che
persona sei??-BORIS
Olivier fremette, un po’ per il
tono pieno di ira usato da Boris verso di lui, un po’ per il vero senso delle
parole. Che persona era lui? Un codardo.. un povero bambino senza coraggio..
Era uno schifo, lo era da sempre stato! Sua sorella era sempre stata il suo
appoggio, la persona che lo aveva sempre difeso e lo aveva da sempre aiutato ad
essere qualcuno..! Lui, da solo, che persona poteva mai essere? Un bambino
viziato ed egoista.. un bambino.. si, solo un bambino..
-Adesso basta..-BORIS
Con una frase detta tra i denti,
Boris allungò una mano verso il centro della porta, dandole poi un colpo netto,
che la fece sbattere contro il muro interno: quanto non sopportava il
comportamento di quel francesino!
Fatto questo, gli diede uno
spintone, cercando di essere il più leggero possibile, e lo mandò dentro la
stanza, ripetendo ancora una volta a bassa la voce le stesse parole di poco
prima:
-Affronta la realtà,
ragazzino!-BORIS
Ormai era troppo tardi.. Ormai
era fatta.. Olivier era dentro quella maledetta stanza, che sapeva quasi di
morte.. Ora, non gli rimaneva che alzare lo sguardo.. Semplice no? Pochi
comandi per il suo flebile cervello: alzare lo sguardo.. e guardare in
avanti..
E lo fece, anche se con molta
paura, molta più di prima. Le sue gambe tremavano, ogni parte del suo corpo
fremeva. Boris gli si avvicinò ancora di più: ormai Olivier poteva sentire la
sua inquietante presenza proprio dietro le sue spalle, che ora, a differenza di
poco prima, riusciva a trasmettergli solo un grande imbarazzo.
Quella sensazione, nonostante
tutto, non durò molto…
Non appena riuscì a mettere a
fuoco quello che i suoi occhi si sentivano in obbligo di vedere, tutto cessò..
Entrò nel suo ufficio sbattendo
la porta. Si sedette alla sua scrivania, per poi passarsi una mano tra i
capelli sudaticci. Non era un’impresa facile quella che avrebbe dovuto
compiere; tirare fuori dai guai quel ragazzino con prove così concrete non era
da tutti i giorni, specialmente per un dottore. Certi compiti sarebbero dovuti
spettare alla polizia, che di certo però non sarebbe riuscito a convincere per
distruggere le prove e denunciare i pilastri portanti dell’organizzazione! Non
si era mai sentita una cosa del genere! Alla polizia non importava nulla dei
fatti personali, importava solo dell’oggettivo, come era giusto che fosse: la
cassetta mostrava quel ragazzo con in mano una pistola dalla quale poi era
partito un colpo diretto al monaco, ne più ne meno, e purtroppo era questo che
importava alla legge.
Ma lui non se la sentiva di
mettere nei guai Yuriy, in fondo lui non se lo meritava. Quel sentimento di
protezione era alquanto strano, e mai prima di allora si era proposto per un
compito del genere! Non sapeva perché, ma quel ragazzo gli aveva comunicato
qualcosa di indescrivibile, a tal punto che non riusciva a frenare l’istinto di
aiutarlo, come meglio poteva. Forse erano stati quegl’occhi supplichevoli e
pieni di lacrime, forse la sua anima distrutta dal dolore.. O forse
semplicemente la conoscenza di certi elementi della mafia. Probabilmente, in
realtà, stava prendendo le difese di quel rosso anche per un secondo fine,
ovvero mettere fine una volta per tutte ai terribili maltrattamenti che
avvenivano in quel monastero, e dei quali più volte lui era stato testimone.
Era consapevole che quella volta Borkov aveva raggiunto il limite..
Di certo non si sarebbe aspettato
però di riuscire a mettere in galera dei criminali tanto astuti: se mai ci
erano riuscite le forze dell’ordine, mai sarebbe riuscito lui! Un semplice
dottore non sarebbe stato uno dei migliori detective o commissari! Era una
questione troppo grande per lui. Quanto meno, però, avrebbe aiutato Yuriy a non
essere una vittima di quanto era successo, sapendo bene chi, per primo, aveva
la colpa di quel terribile incidente. Inutile, non si poteva spiegare: lui
semplicemente non se la sentiva di abbandonarlo, e avrebbe fatto qualunque cosa
per poterlo proteggere!
Pensò per qualche istante con le
braccia conserte appoggiate alla sua scrivania, prima di afferrare la cornetta
del telefono alla sua sinistra. Pochi secondi, poi una voce rispose all’altro
capo. Poche, le parole del dottor Ashinova:
-fate venire immediatamente nel
mio ufficio i cinque responsabili del reparto C. E’ urgente!-DOTTO ASHINOVA
Dopo di ché, riappese.
Ancora non aveva nulla in mente,
ma qualcosa avrebbe trovato, a tutti i costi.
Tutti gli sguardi erano puntati
su di lui, un piccolo essere spaventato e pietrificato. Chi lo guardava con
curiosità, chi con sorpresa, nonostante si fosse aspettato, prima o poi, di
trovarlo lì in quella stanza. Chi, da dietro, lo rimirava con sguardo serio e
chi, seduto al lato di un letto, con un semplice ma allo stesso tempo
terrorizzante sguardo assente.
Sapeva che prima o poi sarebbe
arrivato, ma mai si sarebbe immaginato di trovarselo davanti ai propri occhi
così presto. A pensarci bene, era la prima volta che lo poteva vedere così da
vicino; c’era proprio da dirlo: quel francesino aveva da sempre visibilmente
evitato di avvicinarsi troppo a loro, specialmente a lui. A quanto pareva, gli
doveva fare parecchio schifo come persona..
Il rosso sentì un fremito
passargli lungo la schiena, mentre Olivier aveva ormai trovato il coraggio di
avanzare verso quel letto. Aveva abbassato la testa, cercando in tal modo di
riuscire ad alleggerire quegli sguardi già diventati troppo pesanti per lui.
Avanzava, senza pensare a niente, in totale soggezione, mentre nessuno aveva
ancora smesso di togliergli gli occhi di dosso, senza un particolare motivo.
Probabilmente stavano solamente cercando di riuscire a conoscere meglio
esteticamente la sua persona, che mai avevano avuto l’occasione di vedere
veramente.
Dopo pochi passi, nel totale
silenzio, arrivò davanti a quel letto. Non pianse, in un primo momento, non
disse niente; il suo viso non lasciava trasparire nessuna emozione, se non un
terribile imbarazzo e una vena ancora crescente di spavento e panico tenuti ben
nascosti. Gli occhi bassi, fissi sulle lenzuola bianche, all’altezza del suo
petto. Non voleva alzare lo sguardo, spostarlo altrove: vedere il volto di sua
sorella e constatare che la realtà non la si poteva più definitivamente
rinnegare, vedere gli occhi di quei ragazzi che da sempre aveva disprezzato e
che di certo c’entravano molto con quello che era accaduto; vedere lui, quel
ragazzo dagli occhi di ghiaccio, proprio di fronte a lui. Aveva paura di
guardarlo in quegli occhi, una paura che poteva definirsi folle. Non sapeva
quello che stava facendo in quel momento con quegli occhi: se lo stesse
scrutando con attenzione, se lo stesse odiando con tutta la sua anima, se lo
stesso fulminando col suo sguardo glaciale.. Non lo sapeva, e probabilmente
avrebbe preferito non saperlo.
Non seppe per quanto tempo rimase
in quella posizione assente, a rimirare il bianco di quelle lenzuola; sapeva
solamente che il silenzio non era cessato: tutti stavano aspettando una sua
reazione, una sua parola.. un suo semplice sguardo, forse consapevoli dello
stato in cui egli si trovava. Non avrebbero ceduto, avrebbero aspettato ancora,
pur di sentire da lui, per primo, un qualcosa che potesse dir loro cosa
veramente stesse provando.
Un tonfo li riportò alla realtà:
Boris, spazientito da quel silenzio, si sedette sul letto libero affianco, con
poca leggerezza, lasciandosi del tutto andare, con la sola intenzione di
provocare più rumore possibile per far risvegliare quel piccolo fifone dal suo
catalessi. Ce l’aveva ancora con lui? Non proprio.. Anzi, a pensarsi cominciava
anche a pentirsi di averlo trattato così male pochi istanti prima.. Era
solamente infastidito da tutta quella situazione, era terribilmente nervoso e
agitato. La realtà era che stava veramente male, anche se non riusciva a darlo
a vedere. Si sa, ognuno reagisce al dolore come è per lui naturale, in modo
proprio… E lui, per tutta la sua vita, aveva sempre reagito al dolore con
nervosismo e cinismo, a volte esagerati. Non piangeva quasi mai, se non nei
casi disperati, ma subito dopo la freddezza si impossessava di lui, senza
nemmeno farlo apposta. Lui non aveva mai cercato di crearsi una maschera di
difesa contro quel dolore, e pochi avevano capito che quel modo di reagire era
semplicemente suo.. era semplicemente naturale per lui. Alcuni, nel vedere le
sue reazioni, pensavano che non fosse nemmeno capace di soffrire; certo, la
realtà non era così, ma si sentiva sicuro che in quel momento quel ragazzino la
stesse pensando come tutta quella gente ignorante.
Il rumore sordo provocato servì.
Olivier, d’istinto, alzò lo sguardo improvvisamente, dritto davanti a sé.. E
finalmente, anche se contro la sua volontà, lo vide veramente in volto. Prima o
poi avrebbe dovuto affrontare quegl’occhi freddi e azzurri.. ma non così
presto!
Quello sguardo vuoto che da
parecchie ore ormai si era impadronito degli occhi di Yuriy sembrò una spada:
lo trafisse con un brivido gelido, al quale lui non poté fare a meno di reagire
indietreggiando di un passo. Ora, quegli occhi azzurro-lilla, erano fissi in
quelli azzurri di Yuriy: lo spavento che si perdeva nel vuoto più assoluto,
senza che quest’ultimo facesse nulla per impedirlo.
Aveva sempre sognato di poter un
giorno avvicinare quel francesino, per potergli parlare.. per poter
tranquillizzarlo. Ora gli era di fronte, ma la situazione non era esattamente
come il rosso avrebbe tanto voluto che fosse. Lo vedeva bene ora: quel nasino
piccolo così uguale a quello della sorella, il colore degli occhi così strano..
Si, in quegli occhi poteva ancora vedere lei, e non voleva fossero spaventati
in quella maniera tanto assurda. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma la sua
mente era totalmente spenta. Avrebbe voluto afferrargli una mano, sorridergli..
ma niente.. Avrebbe solamente voluto smetterla di spaventarlo, cercando di
mutare il suo sguardo in un qualcosa di umano.. ma quel coma in cui era la
compagna sembrava aver preso anche lui. Ora, stava anche cominciando a
spaventarsi. Si, ora aveva ancora più paura di quanto avesse mai pensato di
quel ragazzino; paura del suo giudizio, così importante per lui.. Paura del suo
stesso sguardo terrorizzato, paura delle conseguenze che si sarebbero scaturite
da quella lotta di sguardi.. Paura di ciò che lui potesse pensare. Dio, non
voleva!! Perché non riusciva a reagire?! Ora si stavano trovando ad avere
inconsapevolmente paura l’uno dell’altro…
Nessuno osò ancora fiatare:
l’intera stanza era ora troppo tesa e incantata da quel gioco di sguardi così
vuoto e allo stesso tempo così significativo.
Basta.. era tutto troppo
pesante.. Così ingiusto.. dannatamente sbagliato, un unico grande errore..
Perché?
Lacrime, semplici lacrime amare,
che tornavano a formarsi in due occhi azzurri
che mai avrebbero desiderato farlo ancora.. Lui stava solo piangendo..
Perché..? Per colpa di quel ragazzino.. La situazione stava precipitando.. e
lui non voleva..
Pianse, sempre più forte, senza
mai però distogliere lo sguardo, ancora fisso negli occhi di Olivier, senza mai
asciugarsi una sola lacrima che bagnava il suo viso. Lo fissava, ma non perché
volesse che lui lo vedesse piangere.. Lo fissava semplicemente perché.. non lo
sapeva nemmeno lui.. Ma servì.. servì a vedere che quel ragazzino si irrigidì
prima di botto, e poi si distese un poco, lentamente. Lo stava vedendo
piangere: poteva dire che gli sembrava strano? Si, assolutamente.. Ma forse
stava esagerando..
Non fece in tempo a distendere i
nervi del tutto, per quel che sarebbe riuscito: Yuriy voltò il capo verso la
sua sinistra, verso il volto di Mailiya. Lo scrutò alcuni istanti, come se
volesse invitare il fratello a fare lo stesso, come se volesse che finalmente
la guardasse.. e così fu..
Olivier altrettanto lentamente si
voltò, ancora lievemente sconvolto dallo sguardo e dalle successive lacrime del
russo in fronte a lui.
Quello strano shock non durò a
lungo..
Ora era tutto così chiaro.. Era
tutto reale, seriamente reale.. Era così un terribile incubo, che lo faceva
sentire leggero, solo, in quella fredda stanza..
Gli occhi chiusi in un sonno
pesante.. la pelle rovinata.. quella sua bocca che parecchie volte aveva visto
in una smorfia di tristezza, ma anche di felicità quando lo abbracciava, ora
era totalmente inespressiva..
Lei.. Dio, era solo lei.. solo
sua sorella.. E quel rumore meccanico che andava così lento non era altro che
il suo battito.. Un battito ormai divenuto artificiale.. una macchina in sé…
No.. non era sua sorella…
Il pianto ormai forte di Yuriy lo
distrasse. Di scatto, si voltò con respiro ormai affannato verso di lui: lo
vide chino sulle braccia conserte, il volto nascosto tra di esse. Si voltò
ancora di scatto verso il resto della stanza: gli sguardi ancora fissi su di
lui e sulla sorella. E poi ancora tornò d’improvviso a guardare lei, ansimando
come mai in vita sua aveva fatto. Gli mancava il respiro, non riusciva a
pronunciare alcun suono, i sensi sembravano voler mancare ancora, ma no.. non
doveva!
Panico.. ormai era in panico..
Quella realtà non era la sua.. Quel mondo non era quello in cui era nato e
vissuto fino a quel momento.. Non poteva essere altrimenti! Era una realtà
fasulla, dalla quale presto si sarebbe svegliato!
Cominciò a piangere, coprendosi
il volto con le mani, abbassando il capo allo stesso momento. Non si mosse: per
qualche istante non poté fare altro che piangere, piangere maledicendo il
mondo, sé stesso.. si, maledicendo sé stesso, ormai era sicuro di quello che
diceva. Piangere, pregare che tutto fosse solo un brutto scherzo, che sua
sorella in realtà stesse bene e lo stesse aspettando da qualche altra parte,
per abbracciarlo e dirgli che non doveva preoccuparsi.. lei era lì con lui..!
Perché si ostinava a rinnegare
ancora la realtà?? Era solo un bambino viziato, era vero!!
Si sentì afferrare ancora per un
braccio: ormai conosceva la presa, una sola volta gli era bastata.. Ma questa
volta non si lasciò condizionare.. Si liberò con uno strattone e uscì dalla
stanza correndo, in preda al dolore.
Boris volse uno sguardo al resto
dei suoi compagni, alzando poi le spalle quasi imbarazzato, per poi tornare a
sedersi. Ora che avrebbero fatto? Come si sarebbero dovuti comportare con lui?
-Forse dovresti andare a
cercarlo..-SERGEY
Boris alzò di scatto la testa
verso il loro amico più anziano. Un istante, e poi scosse il capo:
-No.. no, non spetta a me..-BORIS
Ne era fermamente convinto.
Sergey annuì, seguito da Ivan che in realtà non stava capendo molto della
situazione.
Come se avesse ormai capito,
Yuriy alzò il capo, asciugandosi le lacrime velocemente. Aveva capito quello
che i suoi compagni intendevano: solo una era la persona cui spettava il
compito di andare da quel francesino, tranquillizzarlo, fargli capire che in
realtà poteva stare con loro.. con lui.. perché lui, nonostante tutto l’odio
che egli provava nei suoi confronti, poteva quasi dirgli di.. si, di volerlo
sentire più vicino a lui moralmente..
Si alzò, senza dire una parola, e
a sguardo basso si avviò verso la porta. Non sapeva dove andare, ma di certo
quel ragazzino non sarebbe mai e poi mai uscito al gelo, fuori da
quell’ospedale. Si, in qualche modo poteva già dire di conoscerlo..
Si accasciò a terra, senza mai
togliere le mani dal suo volto, ormai completamente bagnate di lacrime. La sua
testa cominciava a far parecchio male, ma non ci badava molto: ora, la cosa più
importante a cui dar ascolto, era la voce nella mente che gli diceva di non
pensare, di non cercare ne di rinnegare ancora in alcun modo la realtà o di
pensare alla visione di poco prima. Una voce che gli diceva solamente di
piangere, sfogarsi.. di smettere di essere un bambino viziato, di crescere.. di
farsi coraggio, di affrontare tutto faccia a faccia. Una voce che gli suggeriva
anche di essere ottimista, nel pianto.. Cosa alquanto difficile, ma che
occorreva per sopravvivere.
Non pensare ad altro.. a
nient’altro.. e sentire il suo corpo sempre più leggero e freddo, a terra.. sul
pavimento di uno squallido bagno.. Non provare nemmeno a chiedersi come era
finito in quella situazione.. Perché fosse capitato proprio a lui..
Sentire.. sentire un qualcosa
sulla sua spalla.. Qualcosa di estraneo, ma che fu capace di riconoscere solo
poco dopo. Lentamente il pianto si calmò, sorpreso da un qualcosa di fisico. La
sua mente ora doveva essere occupata da quella sorpresa.. e così fece, anche se
molto, molto lentamente..
Allo stesso modo, alcuni istanti
dopo il pianto lasciò istintivamente il posto a singhiozzi forti e spezzati, il
capo si alzò sfuggendo dalla copertura delle mani e Olivier finalmente capì che
quel qualcosa che lo aveva sorpreso non era altro che una mano, che lievemente
lo afferrava e lo stringeva per una spalla.. Una mano ancora sconosciuta..
-Olivier.. io…-
Il ragazzino spalancò gli occhi,
preso da una sorpresa ancora più grande, alla quale però ancora non sapeva come
reagire.. Lui era lì, dietro a lui.. e il suo battito stava ricominciando
improvvisamente ad accelerare.. sempre di più.. e più ancora.. Cosa voleva?
Perché non se ne andava? Perché la sua presenza lo assillava come non mai?
Perché era tutto così surreale..? Perché lui? Perché così tanta paura..?
-Vattene…-OLIVIER