Che ore erano? L’una. Non capisco… Perché se n’era andata? Di certo non
poteva seguirlo, poi le stava anche un po' antipatico, ma… Non sembrava
cattivo, anzi aveva visto in lui qualcosa… Era anche carino! Che
andava a pensare… Si sentiva una miserabile, che parlava da sola, camminando
sul lungo mare senza una meta… “Ma sì, me ne tornerò sulla panchina e
dimenticherò tutto. Che me frega a me! Quello era un
matto, ferito da un cacciatore di demoni, sì, ma dove siamo,
a Buffy?!”
Un leggero vento iniziò a soffiare. Elie si
fermò a guardare le onde del mare appoggiata alla
ringhiera. Sospirò e mille pensieri iniziarono a passarle per la testa.
«Hei ciao!» si girò e vide due uomini sulla
trentina che si avvicinarono. «Ecco ci mancavano due che ci provano…»
pensò.
«Come mai sei da sola? Una ragazza carina come te
non dovrebbe girare di notte per il molo. Potresti incontrare brutte persone. Se vuoi ti facciamo compagnia noi!» il più alto si appoggiò
alla ringhiera vicino a lei, mentre l’altro la guardava. «Non sono sola, sto
andando dal mio ragazzo, mi aspetta più giù» disse “Già, potrei incontrare brutte
persone proprio come voi…” pensò subito dopo.
«Il tuo ragazzo non è intelligente, se io stessi
con te non ti lascerei mai…» replicò il più basso. «Il mio amico ha ragione.
Secondo me poi a te non piace manco tanto quello, vero?» l’altro le si avvicinò ancora di più.
«E invece ti sbagli. Sono solo andata a
salutare un’amica e ora torno da lui che ce n’andiamo a casa. Se volete scusarmi…» salutò i due e iniziò a camminare, sperando
che non la seguissero. Mancavano ancora tre ore e mezza prima che suo
fratello venisse a prenderla, se poi si contavano le ore di ritardo che lui
puntualmente aveva… Purtroppo i due uomini la seguirono e la raggiunsero,
mettendosi al suo fianco, uno da una parte e l’altro dall’altra. «Per ogni evenienza
ti accompagniamo noi. “Cazzo…” si disse tra sé «Non
mi sembra il caso, il mio ragazzo è molto geloso e non vorrei
che fraintendesse, sapete lui è cintura marrone di karatè e fra pochi mesi sarà
cintura nera!» purtroppo il risultato che ottenne non fu quello sperato, gli
uomini si misero a ridere e continuarono a seguirla.
«Sentite, non voglio che mi seguite. Smettetela e andatevene» aveva
trovato il coraggio ed era riuscita a dirgli ciò che voleva.
«E se non volessimo? Scommetto che non c’è
nessun ragazzo… Dai dicci quanto vuoi, sei così carina!» pronunciando queste
parole il ragazzo più alto le si mise davanti e
l’afferrò per il braccio bloccandola.
«No, non voglio niente! Lasciatemi!» le parole le uscirono con un tono
più spaventato di quel che avrebbe voluto. Si stava rendendo conto che non
sarebbe riuscita a fare molto da sola. A quell’ora di
notte non c’era neanche un’anima a cui chiedere aiuto.
«Non avere paura, non vogliamo farti del male! Basta che non urli e
vedrai che andremmo d’accordo» l’uomo le mise il braccio dietro al collo e la
spinse contro di se, ma lei riuscì a scansarsi e iniziò a camminare. Non
correva, camminava, dapprima senza sapere che fare, ma poi si accorse di dove
stava andando. “La panchina? E perché? Certo, prima
volevo andarci, ma ora con quei due… Aiuto… Qualcuno
mi AIUTI!!!” dentro di sé quelle parole urlarono con tutta la forza che aveva
in corpo, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono. Intanto i due si erano
fermati e si dissero qualcosa. Non erano italiani, Elie pensò ad albanesi o qualcosa del genere, ma avrebbero potuto essere anche italiani, a lei non importava,
né nei casi normali né soprattutto ora.
«Dai fermati! Guarda che hai capito male, non
vogliamo farti del male» si erano di nuovo portati al suo fianco, la seguivano
di nuovo.
«La panchina!» arrivata si sedette, forse sarebbe stato meglio non
farlo, ma non riusciva più a capire che stava facendo. Si rese conto dopo che
aveva sbagliato. Anche gi uomini si sedettero e il più
alto, il più impavido, le mise una mano sul ginocchio «Vedo che hai capito,
finalmente ti sei fermata»
«No, l’ho fatto perché questa è la mia panchina, ANDATEVENE!» sperò di
essere stata convincente ma si accorse che l’uomo stava ancora parlando. Aveva
solo pensato di dirlo, ma non l’aveva fatto.
«Quanti anni hai?» gli chiese quello che
sembrava più tranquillo.
«Sedici» rispose piano. «Che bell’età,
io facevo il matto a sedici anni» mentre il basso parlava calmo, l’altro la
guardava e pian piano la sua mano saliva attraverso le gambe serrate. “Sto qui basso è più simpatico dell’altro… La sua mano. Sale!
Che cazzo faccio? Io sono
forte, ho sempre odiato quelle che alla tv si lamentavano di essere state
violentate, in fondo era solo sesso! Pensavo che
magari sarebbe stata una bella cosa se lui fosse stato carino… E ora che cazzo faccio?! Sono scema?
Riprenditi stupida!” la fiamma di vita che prima si era spenta, dopo aver
lasciato quel ragazzo nel bosco, improvvisamente si riaccese, più forte di
prima. Lo sguardo che prima era rimasto basso si alzò «Senti, ti ho già detto
che ho il ragazzo. Tieni a posto le mani o ti castro!» Elie
si alzò di scatto e gli sputò in faccia tutta il suo rancore con innata
violenza e quello alto, che non aveva apprezzato, le diede uno schiaffo. «No,
fermati» disse l’uomo più gentile, ma non fece in tempo a bloccarlo che l’altro
l’aveva già colpita di nuovo, tenendola per il braccio in modo che non potesse
schivarlo, cosa che probabilmente non avrebbe fatto comunque.
«Sapete, non dovreste farlo qui in mezzo al molo, potrebbe
passare qualcuno e fermarvi» al suono di quella voce Elie
si voltò indietro e vide il ragazzo del bosco appoggiato alla ringhiera davanti
alla panchina con le mani in tasca e la sigaretta in bocca, il fumo che saliva
leggero gli faceva socchiudere gli occhi come un gangster della tv.
«Che cosa vuoi tu? Vattene se non vuoi
problemi!»
«Problemi? Potrei dirvi la stessa cosa. Qui quelli che vogliono
problemi siete voi» aspirò lentamente e fece dei piccoli cerchi con il fumo,
cosa che fece infuriare l’uomo alto che scaraventò la ragazza sulla panchina e
si diresse verso di lui.
«Non fategli male…» disse loro piano, notando la pozza di sangue che si
era di nuovo formata ai piedi del ragazzo come nel bosco. Non lo dava a vedere,
ma stava soffrendo, stava morendo.
Prima che l’uomo gli fosse abbastanza vicino
si bloccò di scattò, sentendo qualcosa di strano alle mani, ma appena le guardò
non vide nulla. Qualcosa o qualcuno gliele aveva mozzate.
Si mise ad urlare agitando in aria le braccia gettando il sangue dappertutto.
In pochi secondi sia lui che il suo amico erano
spariti dalla strada.
«E' sempre una goduria vedere come scappano impauriti e doloranti. Come
va? Io… non tanto bene…» dette queste parole il ragazzo cadde in ginocchio
allargando la macchia di sangue.
Elie, che era rimasta a bocca aperta davanti alla visione del mozzamento
delle mani e al suono delle parole del ragazzo si
riprese e piano gli si avvicinò. Anche se un po' le
faceva paura per quello che aveva fatto all’uomo, non poteva lasciarlo lì di
nuovo, non dopo che l’aveva aiutata.
«Che devo fare? Dimmelo, hai detto che devi
avere una parte della mia vita, vuol dire che morirò prima del tempo o cosa?»
«Non c’è tempo, ti ho sentita quando hai chiesto aiuto
e sono venuto a salvarti, ma spiegarti in cosa consiste il patto sarebbe troppo
lungo, non mi pari neanche troppo intelligente da capire tutto subito al volo.
Ah ah ah… Coff Coff! Vedi,
è tardi…» vedendolo sputare sangue per terra lo sollevò leggermente, ma
lui si scostò e si sedette per terra. «Dai, ti aiuto
io, appoggiati a me»
«Certo che non avrei mai pensato che mi sarei ridotto così, proprio io…
Non doveva succedere, non a me…» portandosi la mano alla fronte iniziò a
ridere.
«Non m’interessa, facciamolo e basta. Prima guarisciti e poi mi
spiegherai cosa abbiamo combinato! Fallo ora!!!»
«Ma poi non potrai tornare indietro…» ribatté
lui
«E' uguale, semmai dopo avrò l’occasione di poterti uccidere con le mie
mani!»
il ragazzo smise di sogghignare e alzò lo sguardo serio, guardandola
negli occhi disse «No, non potrai farlo» lasciandola senza parole.
Prese la mano destra di Elie
e fece comparire dal nulla un pugnale, con il quale le incise il polso
facendogli scappare un urlo di dolore ed il sangue iniziò a scorrere lungo la
mano, al che lui avvicinò la mano al suo fianco lasciando che il sangue si
mescolasse, fuori e dentro la ferita.
Una luce fulgente e improvvisa si scatenò
abbagliando Elie, che fu scaraventata contro la
panchina da una forza invisibile, perdendo i sensi.