Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Anshiko    30/04/2005    15 recensioni
La protagonista è una ragazza come tante altre, a cui un incontro strano cambierà la vita... Ma siamo sicuri che non sarà lei a cambiare la vita a lui? Mia prima fic "seria" ^^'' Spero vi piaccia... Forse l'idea è un po' sfruttata, ma spero di riuscire a dargli quale tocco originale in più ^^
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«E ora che faccio

 

«E ora che faccio?» Elie si sedette sulla panchina che si trovava all’ingresso del molo. Guardando il mare, pensò che sarebbe stato un posto perfetto per fumare, ma lei non aveva questo vizio.

«Peccato, dovrò iniziare a farlo. Cazzo, che freddo, guarda te se quello stronzo proprio stasera mi doveva fare incazzare…» Il pensiero di “quello stronzo”, che le diceva che era stufo di aspettare e che tutte le coppie per dimostrarsi il loro amore lo facevano anche dopo solo una settimana, le fece venire un impulso omicida che scaricò su una lattina abbandonata lì vicino. Si accomodò contro lo schienale duro della panchina e si disse di stare calma, tanto avrebbe dovuto aspettare le quattro e mezza prima che suo fratello passasse a prenderla.

«Mezzanotte e mezza. Uff, non ho voglia di rintanarmi in qualche bar per tre ore. Però se sto qui mi potrebbero scambiare per una prostituta. Lo sapevo, non dovevo mettere la gonna, non lo faccio mai!» Si alzò di scatto e prese a camminare lungo il mare. Sapeva che se avesse chiamato sua madre avrebbe dovuto raccontarle che in realtà non era andata ad una festa, ma era stata con un ragazzo e lei non l’avrebbe più fatta uscire per i prossimi dieci anni. Meglio evitare, ci aveva messo quattro giorni per farsi concedere il permesso di stare via fino alle quattro e mezza e ora non voleva fare la figura della scema. In fondo le piaceva camminare di sera da sola, perché la faceva sentire strana, quasi importante.

Elie era una ragazza abbastanza alta, di corporatura normale, anche se prosperosa e tipicamente mediterranea. I capelli erano scuri e ondulati, con una leggera frangetta e lunghi fin sotto le spalle, lasciati di solito sciolti. Gli occhi color ambra avevano l’iride contornata di nero. Nel complesso era carina, non si truccava pesantemente come tante ragazze della sua età e non usciva ogni sera, faceva una vita tranquilla, ma con tutti gli intoppi tipici dell’adolescenza. Aveva molti ragazzi che le ronzavano intorno ed era uscita anche con tanti di loro, ma ogni storia non era mai durata più di due settimane: non lasciava, ma si faceva lasciare in modo da non poter essere rimproverata da nessuno.

«Che bello, mi sembra di essere un boss che passeggia nel suo territorio, mi sento potente!» Con questa sensazione addosso affrettò il passo e assunse un’andatura imponente, sguardo alto e fiero, da vero capo.

«Mm? Non avevo mai notato quella strada. Deve essere proprietà privata, con tutta quell’edera che circonda l’entrata… Potrei dare un’occhiata, il tempo di certo non mi manca e poi voglio proprio vedere dove porta»

Percorso il sentiero buio si ritrovò in un bosco, si sentiva in lontananza il rumore del mare, quindi non doveva essere lontana dal molo, però quel bosco non l’aveva mai visto prima.

«Figo! Ma pensa te quante cose non si conoscono della propria città, fai cento metri in più e ti ritrovi in capo al mondo!» Presa dall’entusiasmo Elie iniziò a guardarsi intorno, in cerca di una casa o qualcosa del genere. I suoi passi erano illuminati solo dalla luce della luna, non erano presenti né lampioni né alcun tipo di luce artificiale. Camminò fino a quando intravide una figura muoversi ai piedi di un albero. D’istinto fece qualche passo indietro e scontrò contro la corteccia di un arbusto.

«Chi sei? Questa è casa tua? No, che dico, come può essere casa tua un bosco… Scusa se ti ho disturbato, ora vado…» Mentre pronunciava queste parole si spostò in avanti per vedere meglio chi avesse di fronte ed i raggi della luna rischiararono la figura dell’uomo. «No, non è un uomo» pensò, «sembra più un ragazzo, ma chissà perché  sta così curvo…»

Il ragazzo si spostò in avanti rivelandosi per intero: aveva i capelli mossi, castani e scompigliati, una maglietta nera attillata e dei pantaloni dello stesso colore, si appoggiava con la mano destra all’albero e con l’altra si teneva il fianco, il quale, dopo un’attenta occhiata, si rivelò sanguinante.

«Che hai fatto? Stai sanguinando!» Elie si avvicinò di qualche passo con la mano pronta a sorreggerlo, ma appena il ragazzo alzò lo sguardo da terra, mostrando i suoi occhi chiari, la ragazza si bloccò. Sentì una scossa elettrica invaderle il corpo, una fiamma gelida che partiva dalle gambe per arrivarle alla testa passando per il cuore. Rimase qualche secondo con lo sguardo perso nei suoi occhi, due perle grigie-azzurre come due tunnel verso l’anima, poi si riprese, ma le mancava il coraggio di avvicinarsi ancora al ragazzo.

«Aiutami…» le disse il ragazzo. La sua voce non era quella di un uomo, ma neanche quella di un ragazzino. «Che voce calda» pensò lei, ma neanche al suono della richiesta del ragazzo riuscì ad avvicinarsi.

«Che aspetti? Non mi dire che hai paura… Non ti mordo mica» Il tono strafottente del ragazzo scosse Elie che avanzò di qualche passo e distolse lo sguardo da quello di lui. Un leggero rossore le invase le guance quando gli fu abbastanza vicino da sentirne il profumo.

«Si può sapere come hai fatto a ridurti così? Hai fatto a botte con qualche ragazzo, che era palesemente più forte di te?» gli chiese senza un vero interesse. Ora, quello che le interessava di più era capire che cosa le succedeva. Era stata sempre una ragazza espansiva, che non si vergognava a parlare con i ragazzi che non conosceva ed in fondo si riteneva abbastanza superiore agli altri da farla comportare da spavalda.

«Non mi pare che t’interessi davvero saperlo» Le sue parole erano pungenti, senza alcun motivo iniziava ad essere in imbarazzo. Lo aiutò a sedersi per terra e vide la pozza di sangue che in pochi minuti s’era formata ai loro piedi.

«Devi andare all’ospedale» gli disse d’impulso. «Rischi di morire dissanguato!» ma subito dopo si pentì di aver pronunciato quelle parole. Lui la guardò con superiorità «Non mi serve l’ospedale. Mi serve il tuo aiuto» le rispose.

«Ma certo, dimmi che devo fare! Posso chiamare qualcuno più esperto di me in queste cose e-»

«No. Tu sei più che adatta» il ragazzo le prese il viso fra le mani lasciandole una striscia di sangue sulla guancia, le avvicinò il volto, ma Elie si rialzò e sbottò arrabbiata «Ma che fai?! Ora me ne vado!» Quindi si girò e prese a camminare verso il sentiero da cui era entrata.

«Guarda che non volevo mica baciarti. Stavo guardando i tuoi occhi»

«Ma a chi vuoi darla a bere?!» gli urlò contro. «Ti credi così importante? Solo perché stai morendo dissanguato non è detto che puoi fare quello che vuoi!» Lui si mise a ridere e lei capì che quello che aveva appena detto non aveva senso, lui stava davvero morendo, non poteva lasciarlo lì.

«Vedo che hai cambiato idea… Ormai sono allo stremo. Devi darmi un po' di te» Questa volta fu lei a ridere, ma appena vide che lui era rimasto serio, smise subito. Gli si avvicinò di nuovo e questa volta lo guardò senza indugio negli occhi esclamando «Ti sei fatto di coca?»

Il ragazzo scosse la testa «Se ti dicessi davvero chi sono non mi crederesti. Voi umani siete tutti così stupidi…»

«Noi umani? Se mi dai anche della stupida come pensi che io ti voglia dare una mano?» Allungò la mano per sfiorargli il fianco ferito, ma lui la bloccò e le disse «Sono stato ferito da un cacciatore di demoni. Naturalmente non in modo serio, ma è passato troppo tempo e non riesco più a resistere. Se mi darai una parte della tua energia vitale in cambio ti darò un po' del mio potere. Voglio fare un patto con te, saremo legati. La cosa non mi attira per niente, ma se stavolta non voglio lasciarci le penne devo farlo. Non sto scherzando»

«Ah ah ah! Credi che io ci caschi? Sei fuori di testa, probabilmente perché hai perso troppo sangue. Ora chiamo un’ambulanza» Estrasse il cellulare e compose il numero, ma prima che qualcuno dall’altra parte potesse rispondere il telefono si fuse diventando plastica sciolta, che le bruciò la mano. «Ma che cazzo?! Brucia, brucia!» Agitò la mano in aria per raffreddarla.

«Mi spiace per il telefono, ma se non mi vuoi aiutare è meglio che tu…» Il ragazzo si accasciò e iniziò a tremare.

«Hei aspetta… Non puoi mica morire! Poi mi sentirei in colpa e-» Le parole le morirono in bocca quando alzò il viso del ragazzo con la mano e vide un’espressione di dolore che non avrebbe mai immaginato. Gli occhi erano spenti e lui, prima così spavaldo e arrogante, ora sembrava una persona completamente diversa, come ad un bambino che ha perso la madre. «Vattene… Stanno venendo a prendermi… Forse è meglio così» Si alzò e scomparve fra gli alberi, barcollando e lasciando sulle foglie secche una scia di sangue rosso vivo.

 

  
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