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Autore: SimmyLu    30/09/2009    7 recensioni
Mosca, Monastero Vorkof. Yuri Ivanov si trova costretto a richiedere l'aiuto di Kai Hiwatari, a causa di problemi economici riguardanti proprio il monastero che si è trasformato in un ricovero per gli orfani e i ragazzi senza fissa dimora della capitale russa. Ma non è solo questo problema che toglie il sonno a Yuri, il ragazzo presenta i sintomi di ferite più gravi e profonde che scavano nell'anima e nel cuore, fino a portare alla luce segreti mai rivelati. Il giovane russo è l'origine di misteriosi e inspiegabili fenomeni e l'unico che sembra poterlo capire è proprio Kai. Fra paure, incubi, ricordi del passato e un'infanzia dimenticata, cadono silenziose le piume rosse della fenice sul bianco lucente della neve moscovita.
[ Personaggi: Yuri, Kai, Boris, Sergej, Vorkof, altri ]
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’AMORE BIANCO


… di SimmyLu …


Capitolo DICIANNOVESIMO: PROPOSTA





«Fammi posto.»
La voce di Kai giunse prevedibile.
Yuri si voltò su un fianco, trattenendo un mezzo sorriso imbarazzato che nascondeva una scintilla di soddisfazione: «Credevo...»
«...che non me lo ricordassi, lo so.» concluse l'amico sedendogli accanto, poi aggiunse con ironia, «Sbaglio o sei grande abbastanza per dormire da solo?»
«Non pensavo che te ne saresti ricordato e non ero certo che saresti venuto. È passato un sacco di tempo.» divagò Yuri.
Il giovane russo aveva raggiunto la stanza di Kai e aveva lasciato una coperta sul suo letto.
L'aveva fatto tante volte da bambino, quando gli incubi gli apparivano troppo reali e la presenza del ragazzino giapponese era l'unica in grado di allontanarli.
Come un fuoco che lo difendesse dalle tenebre e dal gelo.
Rimasero in silenzio per qualche minuto.
Kai era una sagoma indistinta di fronte a lui e lo guardava dall'alto coi suoi occhi dai minacciosi riflessi violacei.
«Allora, di cosa vuoi parlare?» chiese Hiwatari con atteggiamento indifferente e superficiale.
«Come fai a sapere che voglio parlarti?»
Yuri cercò di mantenere un tono neutro per dimostrare di avere il controllo della situazione.
Se voleva estorcere a Kai la verità avrebbe dovuto batterlo in astuzia e indurlo a parlare.
Il giapponese però non rispose.
Yuri si convinse di aver sentito il suo sorriso allargarsi sulle sue labbra.
Un suono sottile e impercettibile che disegnava uno schema conosciuto.
Si rese immediatamente conto che quella sarebbe stata una tattica inconcludente.
Non si poteva battere Kai in un gioco in cui era maestro.
Yuri cambiò immediatamente registro e decise di affrontare l'argomento con più decisione.
«Hai fatto quelle telefonate?»
«Sì.» rispose tranquillamente il giapponese.
Yuri fu colpito dalla sua sincerità e dal fatto che Kai non gliene avesse parlato prima.
Decise di non arrabbiarsi per così poco.
«E allora?» chiese.
L'urgenza con cui Yuri aveva posto la domanda rivelava tutto il suo nervosismo e la drammatica aspettativa in cui si agitava la sua unica speranza.
Kai si prese del tempo prima di rispondere, soppesando accuratamente le parole.
«Tu cosa pensi?»
«Cosa vuoi dire?» chiese il russo, colto alla sprovvista.
«Perché tieni tanto a questo posto? Perché non pensi a te stesso e ti crei un futuro con la tua ragazza... come si chiama?»
«Irina. Non è la mia ragazza. Non sono fatti tuoi.» rispose tagliente Yuri, «Stai cambiando argomento.»
«Relativamente...» indugiò Hiwatari, «Com'è?»
«Cosa?»
«Essere innamorati.»
Yuri lo fissò nel buio, non sapendo se essere ora davvero in collera o meno.
Kai lo stava allontanando dal punto focale del loro discorso riuscendo al contempo a metterlo in imbarazzo.
«Mi stai prendendo in giro?»
Kai sogghignò: «Scusa, volevo fare una domanda ad effetto.»
«Sei irritante.»
«Voglio sapere com'è fatta la ragazza che ti ha rubato il cuore. È divertente.» scherzò Kai.
«Non è divertente, è invadente. Buona notte!» ringhiò Yuri voltandosi pesantemente sul materasso e dando le spalle al suo enigmatico interlocutore.
Il giapponese rimase fermo, accanto a lui, senza aggiungere nient'altro.
Yuri capì che la risposta alla sua domanda era fra le righe sottili del suo silenzio.
«Non sei riuscito a concludere nulla, è così?»
Kai sospirò.
«Una società che ha rischiato e perso grosse somme di denaro con il progetto Borg e che ha cercato in tutti i modi di insabbiare le notizie a riguardo nonché distruggere ogni prova della collaborazione con Vladimir Vorkof, secondo te... come potrebbe mai impiegare dei capitali in quella che, di fatto, è ciò che rimane della stessa sede? Un certo tipo di persone comincerebbe a porsi delle domande e in qualche modo la verità verrebbe a galla. La compagnia Hiwatari non sarebbe affatto contenta di veder associato il suo nome a quello di un terrorista russo come Vorkof. In breve tempo si perderebbe credibilità, gli investitori svanirebbero, le quotazioni crollerebbero e l'azienda fallirebbe in men che non si dica.»
Yuri si sentì schiacciato dal peso della logica di quella spiegazione.
Contò i battiti del suo cuore e si impose di ragionare, di trovare una soluzione.
Non poteva abbandonarsi alle emozioni.
«Non ci avevo pensato.» confessò candidamente, «A dire il vero, io mi ero rivolto a te... a livello personale.»
Kai scoppiò in una sommessa risata: «Di quanti soldi credi che io disponga? E poi per quale motivo dovrei impegnare un patrimonio personale in un progetto senza garanzie che potrebbe fallire da un momento all'altro?»
Il ragazzo dai capelli rossi ringraziò la notte perché nell'oscurità riusciva a celare l'espressione sofferente e sconvolta del suo viso. Kai lo aveva costretto in un angolo, in una trappola da cui era impossibile uscire.
Perché era venuto a Mosca pur sapendo che non avrebbe potuto aiutarli in nessun modo? Stava nuovamente mentendo?
«Per me.» disse.
«Come?»
«Sono io la tua garanzia!» esplose Yuri mettendosi a sedere, «Io, Boris, Sergej e tutti i ragazzi che vivono qui. Questa è la garanzia!»
I loro occhi si incontrarono.
Ciechi.
«Saresti disposto a qualunque cosa per salvare questo posto, vero?»
Le parole di Kai erano lente e pesanti sulle sue labbra.
Yuri rimase in silenzio, sentendosi in balia della propria sventatezza.
Respirò a fondo, in attesa.
Kai cominciò a ridere all'improvvisò cogliendo il russo di sorpresa con quella reazione inaspettata.
«Sei così dolce che potrei anche darti un bacio!» ridacchiò il giapponese.
«Tu sei fuori di testa!» abbaiò Yuri.
Kai si prese un momento e riconquistò la calma, «Perché invece... non mi chiedi del beyblade. Ti sei confessato con me apertamente, ma non hai domandato nulla... proprio tu che ne avresti il diritto.»
Yuri si ritrovò di fronte ad un bivio, esattamente dove Kai voleva condurlo.
Desiderava due cose differenti, ma era convinto che Kai fosse disposto a trattare per una soltanto.
Una sola scelta disponibile.
«La cosa più importante adesso è il monastero.» dichiarò.
«Potrebbe ucciderti.»
Yuri abbassò lo sguardo.
Era spaventato, ma non poteva cedere.
«Mi sta rifiutando. L'ho avvertito. Forse è...»
«No, non è così.» rivelò Kai.
«E allora che sta succedendo?»
«Non lo so.»
«Stai mentendo!»
«Sei libero di non credermi, ma è evidente che non puoi continuare in questo modo.»
Kai aveva ragione.
Il suo corpo non avrebbe sopportato a lungo quella mancanza di equilibrio.
Nemmeno la sua anima.
Qualsiasi cosa stesse succedendo al suo beyblade... l'avrebbe trascinato nel baratro.
«Vuoi salvare questo posto, Yuri?»
«Smettila di cambiare continuamente argomento!»
«Vuoi davvero salvarlo?»
«Sì.»
Era la sua decisione.
La sua scelta.
«C'è una cosa che voglio che tu faccia.»
«Va bene.»
«Non hai sentito di che si tratta.»
«Non importa.» disse Yuri coraggiosamente.
Kai rimase immobile per un tempo infinito.
«Voglio che tu vanga in Giappone con me.»
Yuri spalancò gli occhi.
«Che cosa?!»
«Solo per un breve periodo.»
«Non posso farlo! Non posso lasciare Mosca!»
«Hai appena detto che non ti importava quale fosse la condizione.»
«Non pensavo che mi avresti chiesto di lasciare la Russia, di abbandonare il monastero!»
«Ci sono Boris e Sergej... o non li ritieni in grado di cavarsela senza di te?»
Yuri non replicò.
«Non preoccuparti, non devi rispondere subito.»
«Perché dovrei venire in Giappone?»
«Perché mi serve qualcuno che conosca a fondo tutte le problematiche di questo posto e che sia in grado di esporle.»
«Stai cercando di dirmi che c'è un altro modo per ottenere i finanziamenti?»
«Può darsi.»
«Voglio saperlo.»
«Devi fidarti di me.»
Il russo serrò le labbra.
Era riuscito a sapere cosa Kai volesse in cambio per investire nel monastero, ma l'ago della bilancia del potere pendeva solo in favore del giapponese.
Hiwatari avrebbe ottenuto in ogni caso quello che voleva: la sua partenza.
Yuri aveva solo una pallida speranza su cui fare affidamento.
Inoltre, la proposta di Kai pareva non avere alcun senso.
Cosa avrebbe ottenuto portandolo in Giappone con sé?
Non riusciva a trovare una risposta.
«Pensaci.» disse l'amico, interrompendo i suoi pensieri, «Nel peggiore dei casi avrai fatto solo un viaggio. Non hai nulla da perdere.»
Si distese accanto a lui.
La discussione era finita.
Il cervello di Yuri lavorava freneticamente.
Nessuno dei due disse nulla fino a quando Kai incrociò le braccia dietro la testa e, guardando il soffitto, cominciò a canticchiare.
«Una stufa accesa... che gioia una stufa...»
«Cosa stai dicendo?»
«Quella canzone... Pechka*.» sillabò pensieroso Kai.
«Canzone...?»
«Sì. Non mi ricordo come continua.»
La neve cadeva, fitta.
A Yuri sembrò di poterla sentire sulla pelle.
«Che gioia una stufa...» cominciò a cantare piano, «Che gioia una stufa, in una notte di neve. Accendiamola, raccontiamo qualcosa. C'era una volta, tanto tempo fa, una stufa accesa...»
«Sì, è questa.» confermò Kai dopo qualche istante, sorrideva tenendo gli occhi chiusi, «Ma non ricordavo che fossi così bravo a cantare.» lo punzecchiò ironicamente.
«Vai al diavolo!» gli disse Yuri tornando a dargli le spalle, sdraiato su un fianco.
Neve, vento e ancora neve.
Un momento ancora, poi solo il sibilare del vento.
Solo la neve.
«Kai, la tua domanda di prima... non era uno scherzo, vero?»
«Quale?»
«Davvero non ti sei mai innamorato?»
«No.» rispose, «Ma ti ho fatto quella domanda per prendermi gioco di te.»
Yuri colse in lui una sofferenza ricca di rabbia e desolazione.
Non aggiunse altro.
La palpebre divennero pesanti.
Neve, vento e ancora neve.
Il treno in corsa si allontanava rumoroso.
Un momento ancora, poi solo il sibilare del vento.
Solo la neve.
Solo il freddo, il dolore.
Binari deserti e nulla all'orizzonte.
Tutto era come allora, avvolto nel gelo.
Un grido straziante avvolto di freddo pungente.
Solo il freddo, il dolore.
Binari deserti e nulla all'orizzonte.
«Ti capita ancora?» chiese Kai, interrompendo ancora il silenzio.
Yuri rabbrividì appena.
«Di cosa parli?» chiese ostentando indifferenza.
«Del vero motivo per cui sono qui adesso.»
Kai aspettò la risposta senza porre di nuovo la domanda.
Il russo sentì il petto come pressato da una forza invisibile.
«Sì. Succede... a volte.» disse con un fil di voce, «Non mi libererò mai da quell'incubo.»
«Dormi.» sussurrò Kai con gentilezza e dolcezza inaspettata, «Io sono qui.»





FINE DICIANNOVESIMO CAPITOLO, continua...

(*)Pechka: "stufa" in russo.

N.d.A: Purtroppo non mi ricordo da dove avevo preso le strofe di questa nenia russa. È quello che accade quando si rispolverano appunti vecchi di tre anni...

Beyblade © Takao Aoki
   
 
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