Affogare.
Non era una novità
per
Angelina, svegliarsi accanto a George e sentire di non dover essere
lì. Era
come se infrangesse il suo spazio, se cercasse di farsi carico di un
dolore che
non era suo, che non sentiva, ma non poteva allontanarsi. Se guardava
allo specchio
Angelina vedeva solo una ragazza, giovane, con tutto il mondo davanti e
si
sentiva in colpa per non riuscire a provare lo stesso dolore che
provava
George, per non riuscire a trovare niente da dire quando, facendo finta
di non
sentire, si allontanava da lui mentre di notte piangeva. Sapeva che non
era
quello il tipo di aiuto di cui George aveva bisogno, ma era
l’unico che lei
poteva dargli, l’unico che lui accettasse…
Aveva provato a parlare
con lui, ma era stato come sbattere contro un muro, lei continuava a
correre,
ma le mattonelle non cedevano, e come poteva se dietro era sorrette da
una
coltre spessa di dolore? George aveva bisogno di aiuto, di un aiuto che
lei non
poteva dargli e sapeva che solo la sua famiglia avrebbe potuto capire,
anche
solo in parte. Sapeva che a George era toccata la sorte peggiore. Suo
fratello,
suo fratello gemello, era morto e lui no, lui si guardava allo specchio
e
vedeva Fred, e lei sapeva che era così perché
George aveva smesso di guardarsi
allo specchio. E lei avrebbe tanto voluto aiutarlo, avrebbe voluto
fargli
alzare la testa e dirgli che non era colpa sua, che lui non poteva
farci niente
e che Fred non avesse voluto che lui si riducesse così, ad
una carcassa umana piena
di alcool e senza una vita, ma non lo diceva mai. Non lo diceva per non
infierire, perché sapeva che George ne era consapevole, lui
che conosceva così
bene suo fratello di sicuro sapeva cosa avrebbe detto Fred e per questo
soffriva ancora di più. Angelina sapeva tutte queste cose ma
non poteva fare altro
che stare zitta, una spettatrice quasi del tutto passiva nella
distruzione di
George…
Doveva reagire, per
George, per se stessa, per loro…
“Angelina ciao. È successo
qualcosa?”
“No…cioè sempre lo stesso.
Posso parlare con voi?”
“Aspetta vado a chiamare
Ginny, più di così non posso
prometterti…”
“Tua madre ancora non si
alza?”
“No, e mio padre sta
sempre con lei… non so più cosa
fare…”
“Ti capisco, ma George si
sta distruggendo. Ha smesso di mangiare e beve e
basta…”
“Non vuole vedersi…”
“È per questo che sono
qui, dobbiamo distoglierlo da questa idea, non è colpa
sua…”
“Nessuno di noi ha la
forza per fare niente…”
“Dovete, anzi dobbiamo,
trovarla. Un'altra perdita non è quello che ci vuole, so che
per voi è
difficile, ma dovete andare avanti.”
“Lo so Angelina, credimi
lo so. Ogni mattina mi alzo e mi dico che questa sarà
diversa, che reagirò e
cercherò di non buttarmi via, per Harry, per
Fred…ma non ce la faccio. Il
dolore è troppo e la paura di affrontarlo anche. So che
dovrei ma non che la
faccio.”
“Io credo che tu sia sulla
buona strada…”
“Grazie.”
“Non l’ho detto per farti
piacere.”
“Credo che dovrei parlare
con George…”
“Gli farebbe piacere e io
te ne sarei grata…”
“Servirà anche a me,
spero…”
“So che non sarà facile,
ma dobbiamo essere forti…”
“Mi piacerebbe tanto
esserlo…”
“Lo sei Ron. Stai cercando
di reagire, di andare avanti, fai quello che sia Fred che Harry si
aspettano da
te perché loro ti conoscevano e tu lo sai.”
“Cerco solo di non
affogare.”
“E ci stai riuscendo, tu
sei quasi in superficie, ti basta un piccolo
aiuto…”
“Hermione…” Un solo
sussurro, la cosa più dolce e commovente al mondo, se solo
lei fosse stata lì
per sentirlo.
“Cosa?”
“Ho bisogno di Hermione.”
“E lei dove è?”
“Se ne è andata…”
“Cosa? Perché?”
“È andata a prendere i
suoi genitori…”
“Ma tornerà?”
“Non lo so, non l’ho
salutata.”
“E come mai?”
Ron tornò alla mattina
della partenza di Hermione. Lei non l’aveva detto a nessuno,
ma lui era
riuscito a sentirlo dalla sua camera.
Stava
sdraiato sul letto, con gli occhi verso il
soffitto e la sentiva allontanarsi senza fare niente. Voleva scendere
ma aveva
paura. Paura di chiederle di restare, paura che lei rifiutasse, paura
di vedere
il dolore nei suoi occhi e di non poter fare niente per consolarla.
Aveva paura
di perdere l’unica cosa che in realtà lo teneva in
vita, l’unica che gli aveva
impedito di puntarsi la bacchetta alla tempia e pronunciare lo stesso
incantesimo che si era portato via Harry e Fred.
“Paura.”
“Lei tornerà!”
“Come fai a saperlo?”
“Conosco Hermione, non ci
abbandonerà mai!”
“Hai ragione!”
Cosa?
Ron
avrebbe riconosciuto
quella voce fra mille, la sua voce. Hermione.
“Hermione!” e per un
secondo nella sua voce ci fu solo gioia. Lei era tornata, era ancora
lì con
lui. E poi il dolore tornò. Mentre la stringeva tra le
braccia e sentiva le sue
lacrime sulla spalla tornò al consapevolezza che erano soli
nel dolore. Ma
stavolta era diverso, si disse Ron, avrebbe cercato di reagire.
L’avrebbe fatto
per lei, per la sua famiglia e per se stesso.
“Li hai trovati?”
“Si…”
E in quel momento il cuore
di Ron sussultò. Era tornata, e sarebbe restata.