Abbassò
nuovamente lo sguardo su ciò che teneva in mano: la sua vecchia
spada era appoggiata sui suoi palmi, bella e lucente come sempre, la lama ancora tagliente ritirata nel suo fodero di pelle nera. Il
tempo non sembrava nemmeno essere passato per lei; la fissò a
lungo, con aria
grave, stringendo l'impugnatura fino a che le nocche non erano
completamente pallide e la mano tremante. Josephine non capiva quella
reazione: tutto avrebbe pensato, ma mai una di quel tipo, pensava gli
avrebbe fatto piacere riaverla tra le mani, ma non sembrava essere
così. gli diede una carezza e gli domandò il
perché della sua espressione. Lui
la guardò tristemente.
“Non posso
tenere l’arma che ti ha uccisa.” Disse seriamente, gli occhi verdi e profondi
puntati sulla punta della lama. Lei sorrise sollevata; gli prese il viso tra le mani e lo rivolse
verso lei.
“Non mi ha
uccisa, amore. Mi ha fatto rivivere.” Lo corresse dolcemente. L’uomo distolse lo
sguardo e lo fissò in un punto non precisato oltre la testa della giovane.
“L’ultima
volta che ho visto questa lama così lucente,” disse
l’uomo senza guardarla. “è
stata la sera della mia morte…da quel momento, è
appartenuta a Jones che non ha fatto altro che utilizzarla in modo
crudele.” Abbassò lo sguardo e incontrò due occhi
grigio-perla. “Me l’hai tenuta nascosta per così
tanto tempo?” domandò. Lei
annuì, aggiungendo di essersene presa molta cura, pulendola in
ogni occasione che le capitava. Lui
sospirò, poi scosse la testa sorridendo.
“Cosa c’è?”
domandò Josephine.
“C’è che ti
amo, Josephine.” Lei rise.
“Sciocchino!”
esclamò dandogli un buffetto sulla guancia.
“Wow! Che
bella!” esclamò una terza vocina dietro di loro: il piccolo Will si era
avvicinato alla coppia e guardava la spada che l'uomo teneva in mano con occhi adoranti. James sorrise e
si piegò sulle ginocchia arrivando alla sua stessa altezza.
“Sai chi l’ha
fabbricata questa bella lama?” domandò al ragazzino; lui scosse la testa e
James sorrise. “Me la fece tuo padre per una occasione molto importante.” Il viso del bambino si illuminò.
“Davvero?”
esclamò il bambino affascinato da quella rivelazione.
“Se non ci
credi, andiamo a chiederlo al diretto interessato.” Lo prese per mano e lo
portò dai suoi genitori, che chiacchieravano allegramente col nonno.
“Ecco il mio
nipotino!” esclamò Sputafuco appena lo vide e lo prese in braccio mentre
quest’ultimo rideva felica. Elizabeth osservò la spada con stupore.
“Ma quella
è…” non finì la frase che James annuì. Il piccolo Will, poi, si girò verso il
padre.
“Padre,” lo
chiamò. “l’hai fabbricata tu quella spada?” domandò. Will Turner annuì
sorridendo. “La voglio anche io!” esclamò il bambino. “Me la fabbrichi come
quella di James?” suo padre lo prese dalle braccia del padre lo strinse a sé.
“Due spade
non sono mai uguali; c’è sempre qualche sottile differenza, che quindi le rende
diverse.” Il bambinò aveva l’aria molto delusa da quella risposta. James, al
vedere la sua espressione mutare, si intenerì: guardò Josephine che gli si
attaccò al braccio, poi il bambino.
“Ehi, Will.”
Lo chiamò. Il bambino lo guardò tristemente. “Che ne dici di tenerla tu
questa?” gli propose ammiccando alla spada. Questi si aprì in un enorme
sorriso.
“Davvero?
Posso?” domandò eccitato. James guardò Will e Elizabeth i quali, alzando le
spalle, annuirono.
“Certo che
si. Ora è tua.” Disse consegnandogliela. Il bambino, estasiato, la impugnò con
delicatezza, ma suo padre lo bloccò.
“La
puoi
tenere, ma a condizione che tu non la prenda mai in mano fino a che non
avrai raggiunto un'età adatta. Oggi è
un’eccezione.” Commentò. Il bambino annuì con
energia e cominciò a saltellare
per il ponte impugnando la spada e mostrandola a chiunque incrociasse
il suo cammino come se fosse un enorme tesoro di immenso valore,
suscitando le risate divertite di tutti i presenti, ciurma compresa.
“Guarda che,
quando tornerò, voglio vederla ancora intatta.” Gli gridò scherzosamente dietro
James.
“Ma certo, signore!” esclamò continuando a ridere e saltare da una parte all’altra. Ciò che rimaneva del pomeriggio lo trascorsero insieme a bordo dell’Olandese poi, verso l’ora del tramonto, Sputafuoco li accompagnò a riva in barca: Danielle Allen li stava aspettando al porto con una borsa piena dei libri preferiti della figlia, alcuni cambi e oggetti utili. Jo abbracciò stretta la madre, augurandole una buona continuazione e promettendole di ritrovarla tra dieci anni. A quelle parole, la madre era scoppiata in lacrime.
"Ora mi lasci anche tu, figlia mia, e io cosa farò? Tuo padre non c'è più e io sono sola..." Jo non riuscì a trattenere le lacrime e nscose il viso nell'icavo della spalla della madre.
"Aspettami, mamma. Tornerò presto, te lo prometto..." Si separarono e Jo passò a salutare Elizabeth. Le due amiche si guardarono un attimo, poi sorrisero e si abbracciarono.
"Mi mancherai, Jo..." mormorò Elizabeth.
"Mi mancherai anche tu, Liz, non sai quanto..." si separarono ed entrambe si asciugarono gli occhi. Poi, Elizabeth iniziò a frugare nella tasca della giubba del marito ed estrasse un libro.
"Ma quello è... è il nostro diario segreto!" Elizabeth sorrise ed annuì.
"Voglio che lo tenga tu, così ti ricordarai dei bei tempi passati insieme quando eravamo bambine." disse semplicemente la ragazza. Jo la ringraziò con un altro abbraccio e strinse la mano a Will.
"Mi ha fatto molto piacere rivederti, Will." Will sorrise.
"E' stato un piacere anche per me, Josephine."
"Ehi!" protestò la voce di James. "Jo lasciala a me, pirata da strapazzo!" esclamò con un sorriso. Will ridacchiò.
"Ha parlato!" poi si avvicinarono e si dettero una pacca sulla spalla e una forte stretta di mano. "Sono stato felice di rivedervi, James." James sorrise.
"Anche io sono stato contento di rivedervi, William, strano ma vero." commentò in risposta James con un ghigno. "A rivederci, William Turner Junior." Il piccolo Will alzò il capo e strinse la mano a James con gli occhi lucidi.
"A rivederci, signor Norrington, e grazie della spada." Jo imitò il marito e salutò Will Junior con una stretta di mano e un "fa' il bravo ometto e controlla tua madre da parte mia", dopodichè James gli scompigliò i capelli con un sorriso, ricambiato.
Anche Sputafuoco salutò il figlio, la nuora e il nipote con uno stretto abbaccio ed un arrivederci. Poi
James, Josephine e Sputafuoco ritornarono alla nave e un raggio di luce verde li investì, portandoli
nel Regno degli Inferi per altri dieci, interminabili anni. Quando si
ritrovarono ad osservare il paesaggio famigliare dei mari dei morti, Jo
sospirò.
“Mi
mancheranno…” mormorò. Il marito l’abbracciò.
“Anche a me.”
Mormorò lui in tutta risposta. Rimasero abbracciati per un tempo indeterminato,
assaporando profondamente uno dei pochi momenti di solitudine che avevano:
sempre circondati dalla ciurma e affaccendati per portare a termine i loro
compiti, i pochi istanti di intimità che avevano erano brevi. Ma durante la
notte rimanevano seduti nella cabina di lei, abbracciati, a parlare e
coccolarsi, finché la stanchezza non li ghermiva li faceva addormentare. Dopo
aver dato disposizione a Sputafuoco, Josephine si rifugiò nella sua cabina e si
distese sull’amaca, chiudendo gli occhi; non si accorse che la porta si apriva e
che James entrava lentamente. Quando sentì una mano sfiorarle il viso, sorrise.
“E’ già
mattina?” domandò.
“E’ appena
tramontato il sole e vuoi già che sia mattina?” le domandò l’uomo prendendola in giro.
Lei rise.
“Solo per sentire la tua mano svegliarmi, James.” Mormorò intrecciando le dita della mano con quelle della sua e accoccolandosi lì vicino. L’uomo cominciò ad accarezzarle i capelli in silenzio. Poi parlò.
"Ti ricordi?" Jo, con gli occhi chiusi, chiese in un mormorio di cosa stesse parlando. James sorrise. "Di quando ci siamo sposati; ricordi?" Jo aprì gli occhi con un sorriso.
"Mi ricordo, sì. Ricordo..." D'improvviso, il suo sguardo si rabbuiò. "... tutto." James portò il viso all'altezza di quello della moglie con un sospiro. Lei scosse la testa, tendando di scacciare i ricordi. "Scusami, James. Ogni volta che ci penso, ho dei sensi di colpa." James le diede un bacio sulla fronte.
"Non devi sentirti in colpa per quello che è successo. Era destino che accadesse e la colpa è di nessuno. Non crucciarti." Jo annuì e fece spazio accanto a sè perchè lui potesse starle accanto; l'uomo si distese e la tenne fra le braccia, il suo capo sul petto, finchè non si addormentò. Ma, nonostante tutti i tentativi, lui non riuscì ad addormentarsi, i ricordi che gli ronzavano in testa, fastidiosamente.
Sospirò.
Buongiorno a tutti!!!!
E' passato un po' di tempo dall'ultimo aggiornamento: scusate, ho iniziato l'università e queste settimane sono state di fuoco. Ma ora finalmente ho aggiunto un nuovo capitolo! Incuriositi? Ho notato che le recensioni sono calate di molto: spero che questa storia non vi stia annoiando o non vi abbia deluso in qualche modo... Con questo capitolo spero di attizzare un po' la curiosità dei miei lettori: ci sono ancora tante cose da raccontare e lo farò per loro :D
Intanto, ringrazio la mia amica QueenLilly per la recensione del capitolo precedente: sono stata terribilmente traumatizzata quando ti ho conosciuta di persona... e gli effetti si vedono :P Mannò!!!! Mi ha fatto piacerissimo conoscerti sul serio e prima o poi ti invierò la cartolina da Nichelino, promesso! Tu inviamene una di Vicenza XD Tra l'altro, risolto per i corsi di spagnolo? Vedi di aggiornare!!!
E dico anche un'altra cosa, ma stavolta a Giulia (vero?): ho scrivi qualcosa, o appena ti vedo ti pelo. Non c'è nulla di cui vergognarsi, mi pare??? :P
Un besito a tutti quanti! Ciao!!!
monipotty