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Autore: liviawood    02/06/2005    0 recensioni
Davvero tutto ciò che rimane del giovane Anakin Skywalker è il corpo fatto di macchine di Darth Fener? Davvero il suo cuore non è più di carne e di sangue ma di metallo?
E chi è quella giovane Jedi che ha fondato una ribellione in seno all'Impero Galattico?
Saranno pronti entrambi per lo scontro finale, lo scontro dell'odio con l'amore?

P.S.: incredibile ma vero, sono tornata. Perdonatemi!!
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anakin, Skywalker/Darth, Vader, Luke, Skywalker, Obi-Wan, Kenobi
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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< Ma chi sono io, in realtà? Sono Darth Fener o Anakin Skywalker? >
Ogni volta che questo pensiero si affacciava alla mente del giovane Sith, veniva respinto rabbiosamente, ma nonostante ciò, era un interrogativo troppo importante per poter essere ignorato.
Soprattutto dopo la tragica scoperta che, oltre ad aver ucciso la donna che amava più di ogni altra cosa aveva anche troncato la vita non ancora iniziata del figlio che lei gli aveva dato, e che aveva portato in grembo per nove mesi.
Era solo, solo in un mondo di ideali distorti, solo in un mondo di cloni, uomini fatti in serie, che non avevano né un padre né una madre, uomini che ubbidivano come macchine agli ordini ricevuti. Prima aveva il conforto della sua piccola e segreta famiglia, le braccia di Padmè che lo stringevano quando aveva paura, le sue mani che lo accarezzavano, la sua bocca che lo baciava o che gli sussurrava parole di conforto, e la presenza morbida e dolce del ventre di lei, sempre più grosso, promessa crescente di una gioia futura che lui aveva distrutto.
Aveva perso la madre, e ora aveva perso anche padre e fratello, incarnati in Obi-Wan. Malgrado quel “ti odio” che aveva urlato più con disperazione che con convinzione tra le lave di Mustafar, voleva bene ad Obi-Wan, un bene che gli faceva male, poiché sapeva che era proibito.
L’Imperatore era il suo maestro; lui lo ammirava e lo temeva, ma non provava affetto nei suoi confronti, anzi. La sua vista gli ispirava odio e rancore, soprattutto al ricordo della strage dei bambini nel tempio Jedi.
No, non poteva permettersi di piangere. Eppure il ricordo era così doloroso.
Quel bambino, quello che gli aveva chiesto aiuto e protezione dai Cloni... gli ricordava troppo il giovane schiavo Anakin Skywalker.

Le fiamme si innalzavano verso il cielo terso dalla pira in cui ardeva il cadavere di Padmè. Ormai era rimasta solo la famiglia con qualche amico, compreso il Senatore Organa con moglie e figlia, che però non appena lo videro si allontanarono.
“Senatore. Date ordine a tutti di allontanarsi”
“Ma è la famiglia, Fener. Hanno diritto a restare qui”
“Ti consiglio di ubbidire, senatore, se no tra poco ci sarà un rogo funebre anche per te. Ora lasciami solo”
Il Senatore, visibilmente impallidito, allontanò la famiglia.
Darth Fener sapeva che non avrebbe potuto resistere un attimo in più.
Cadde in ginocchio ed esplose in singhiozzi convulsi.
“Padmè... Padmè, perdonami... non so perché l’ho fatto... perdonami, anche se non lo merito...”
La sua mano toccò qualcosa di duro e familiare.
Il ciondolo di legno portafortuna che aveva intagliato per lei.
Evidentemente era scivolato dalla pira, ma il fatto che lui l’avesse trovato...
“Padmè... è un segno questo? Mi hai rinnegato? Non volevi niente di me neanche nella morte?”
Una voce si fece strada nella sua mente. La voce di Padmè.
“No, Darth Fener. Non ho rinnegato mio marito, ho rinnegato te. Quel ciondolo è un dono di Anakin Skywalker. Si è salvato dalle fiamme perché anche il mio Annie si è salvato dalle fiamme. In te c’è ancora Anakin. Nel mondo c’è ancora Anakin. Se non vuoi ammetterlo a te stesso... almeno porta con te quel ciondolo... porta con te l’ultimo ricordo di ciò che eri...”
Nella sua mente ci fu un attimo di silenzio.
“Ti amo, Annie”

Darth Fener entrò a passo cadenzato nelle stanze private dell’Imperatore nel grande Palazzo Imperiale che, ultima beffa ai Jedi, sorgeva sulle rovine del loro Tempio.
“Mio signore”
L’inchino di Fener fu piuttosto forzato.
“Mio giovane apprendista. Sei riuscito a vederla un’ultima volta?”
“No, mio signore. Avevano già cremato il cadavere”
“E il bambino?”
“Non è mai nato”
L’Imperatore distorse il volto in un’espressione di sconcerto.
“Ne sei sicuro?”
“Si, Maestro. Se fosse nato l’avrei percepito”
L’Imperatore lo assalì, in preda all’ira.
“Sei un idiota, Fener! L’hai uccisa, e hai ucciso il tuo erede! Non ti permettere mai più di fare cose simili senza la mia autorizzazione!”
La voce con cui il suo apprendista gli rispose sembrava profondamente ferita.
“Non fate altro che accrescere il mio dolore, Maestro. Non l’avrei mai fatto. Non ero lucido”
La voce di Palpatine divenne suadente.
“Bene, mio apprendista... conserva il tuo dolore per un momento propizio. Fanne tesoro per quando ti servirà rilasciare le tue emozioni. Intanto, torniamo a tuo figlio”
Fener abbassò la testa.
“Il sangue degli Skywalker non si può estinguere. Tu sei nato dalla Forza. Appartieni ad essa, tu e i tuoi eredi. Dovrai avere un altro figlio”
L’apprendista Sith si irrigidì.
“No, Maestro. Non potete chiedermi questo”
A quelle parole l’ira dell’Imperatore esplose.
“Tu! Tu, misero Jedi rinnegato! Non ti permettere di disubbidire ai miei ordini o di contrastare le mie parole! Tu vivi per merito mio, mi sei debitore di tutto ciò che hai o che avrai! Se io lo vorrò, tu avrei tanti figli quanti non puoi neanche immaginare! Ora, allontanati dal mio cospetto”
Con un inchino teso Darth Fener si congedò.
Raggiunse la sua stanza, arredata con mobili spartani ma comodi, come la sua stanza nel Tempio Jedi.
Mandò via le guardie e si tolse il mantello e la corazza. Guardò ancora una volta allo specchio l’apparecchiatura che lo lasciava in vita. La sua pelle era diventata talmente diafana che si vedevano le vene viola sotto le grinze delle cicatrici che gli coprivano petto e ventre. La piccola apparecchiatura che gli consentiva di respirare penetrava con tre uncini di ferro e numerosi tubi nel suo petto, ed era collegata con un piccolo tubo all’apparecchiatura che aveva sotto la maschera; quella macchinetta però poteva toglierla, anche se per non più di ventiquattr’ore.
Si sfilò quindi la maschera e sganciò il dispositivo che aveva in bocca, impacciato nell’utilizzare le protesi anziché le sue vere mani, ormai perdute.
Nessuno, vedendolo, avrebbe riconosciuto in lui il giovane Jedi Anakin Skywalker... gli occhi, semichiusi a causa delle palpebre tumefatte, avevano un malsano colore giallognolo, e sembravano gli occhi di un mostro più che di un umano.
In effetti erano gli occhi di un mostro.
Un mostro che aveva assassinato a sangue freddo decine di bambini che si erano rivolti a lui per chiedergli protezione.
Bambini come era stato lui e come sarebbe potuto essere suo figlio.
Bambini, la cui unica colpa era l’esser stati li in quel momento, l’essersi fidati di quello che fino al giorno prima era stato loro fratello, di quel Jedi ventenne con uno sguardo dolce, sempre pronto alla risata, quel Jedi che aveva sguainato la sua spada laser blu e li aveva trucidati senza pietà.

  
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