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Autore: Abigail93    03/10/2009    1 recensioni
«Ti odio!» esclamai, finalmente consapevole di averglielo detto in faccia. Mi guardò perplesso e sorpreso della mia reazione e si avvicinò a me.«Mi odi?» «Si esatto!» «Ma non mi conosci!» «Appunto per questo.» sbottai. Vi presento un mio racconto, ovviamente con i personaggi di Twilght. Bella costretta a trasferirsi vorrebbe tanto tornare indietro nella sua vera casa, dai suoi vecchi amici... ma quando ha la possibilità di fare tutto ciò, cambia idea. Perchè?... spero vi piaccia. Un bacione.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bella

Erano passati tanti anni da quando Alexia ed io avevamo litigato ei adesso mi ritrovavo a finire  le ultime due ore di scuola di un martedì di novembre, mentre chiacchieravo allegramente  con la mia compagna di banco, Elisa, riguardo il week-end. Avevamo in programma, insieme agli altri, di andare a fare un giro alle terme e alla sera andare al cinema a vederci l’ultimo film in circolazione. Nel pomeriggio invece ci trovavamo al solito parchetto, che ormai era nostro, per divertirci finchè il tempo ce lo permetteva.

Passata la lezione di Diritto ed Economia ci avviammo a quella di Informatica. Il quarto anno era così una pacchia che non vedevo l’ora che finisse, era tutto troppo monotono e troppo complicato, anche se non avevo problemi con le materie perché la mia media superava il sette, ma le cose erano difficili da capire e il più delle volte mi veniva il mal di testa. Sbuffando guardai Elisa e sperai che la lezione terminò da li a due minuti per scappare a casa a mangiare e poi uscire con gli amici.

Per fortuna la campanella suonò e corsi fuori dall’istituto salutando tutti velocemente per correre a prendere il pullman, come al solito era in anticipo. Travolsi Michele e Jonny. Presi il pullman per un pelo e salendo mi accomodai nell’unico posto vuoto in mezzo a due suore. Ecco proprio qui dovevo capitare! Pensai alzando gli occhi al cielo. Cercai di non pensarci tirando fuori l’Mp3 e ascoltando un po’ di musica.

Tornai a casa, convinta che tutto andasse per il meglio. Gli amici, la famiglia….. Il ragazzo no!. Mancava un mese e mezzo prima delle vacanze natalizie e avevo deciso di sfruttarli tutto per il meglio, prima di partire ed andare a trovare Marie, mia nonna, nella sua grande villa, in un piccolo paesino sperduto..

I miei genitori avevano deciso di portarmi li nelle vacanze invernali e estive, da quando mio nonno era morto e aveva lasciato da sola Marie. Mi dispiaceva per lei, ma non mi piaceva quel posto. Era deprimente.

Svoltai l’angolo ed entrai nel lungo vialetto di casa mia, aprii il grosso cancello e richiudendolo ridiedi un occhiata alla strada, era abitudine ormai.

Attraversai il cortile, entrai in casa e corsi subito su in cameretta per cambiarmi.

Scelsi qualcosa di comodo, tanto ero con amici, poi tornai giù a mangiare, guardai la tv e quando finii andai su a lavarmi i denti.

Salutai i miei genitori, presi le chiavi e uscii, percorsi il vialetto il più veloce possibile, e rallentai quando mi trovai davanti alla chiesa. Andai sul retro e aprii il cancello, camminai sulla stradina sterrata e mi fermai fino a quando non mi sedetti sull’erba di fianco a Daniel,Elvira e Lorenzo. 

«Ciao» mi salutarono sorridendo e ritornando a fissare Michele e Zacky, che facevano i soliti deficienti.

Contraccambiai con un sorriso, e guardai Michele. Mi guardò anche lui e mi sorrise, finchè Zak non lo richiamò all’attenzione prendendolo in giro. Risi e mi alzai per andare ad abbracciare Elisa che era appena arrivata, guardò me e poi Michele e sospirò. Salutò gli altri e si sedette sull’erba.

  «Allora, io direi che….. Il gatto mangia la mela, che si trova sul tavolo!» iniziai, ma cominciai a ridere subito dalle facce che fecero gli altri.

  «Bella! Ancora con questo gatto!...Ricorda che l’ospedale è proprio quello dietro il supermarket, e non ti preoccupare se arrivano degli uomini e ti mettono una giacca bianca con delle cinture!» mi prese in giro Daniel.

Gli feci il solletico e poi iniziai a correre, ma non riuscii andare molto lontano siccome Michele mi prese per un braccio e mi tirò a se. Restai abbracciata a lui per non so quanto tempo, sentivo il suo sguardo addosso e il suo profumo, ma non riuscivo ad alzare la testa, poi Daniel arrivò a farmi il solletico e mi tocco scappare da lui. Passammo il pomeriggio a rincorrerci e a prenderci in giro, era cosi bello stare con loro che ormai nulla poteva dividerci….Almeno cosi credevo!.

Tornai a casa distrutta, Michele si era offerto di accompagnarmi, non riuscivo a camminare e mi reggevo a lui, continuavo a ridere, ma smisi quando mi fermai davanti alla veranda di casa, non volevo farlo entrare sapendo che c’erano i miei. Così mi staccai e mi misi davanti a lui. Ogni tanto tiravo occhiate dietro di me.

  «Mi sono diverta tantissimo!» esclamai sorridendo.

  «Anche io! E non vedo l’ora che venga sabato. Fino a venerdì non ci sono a scuola.» spiegò spostandosi in avanti.

Annuii malinconicamente e sospirai all’idea di doverlo rivedere sabato e non prima. Notò la mia espressione e si avvicinò ad abbracciarmi, finalmente alzai la testa per guardarlo, e restai colpita da come si vedevano i suoi occhi azzurri al buio. Era incredibilmente carino, ma un po’ troppo buffone. Avvicinò la testa di più alla mia e si abbassò leggermente per baciarmi. E fu li che iniziò il mio incubo peggiore. Ci allontanammo quasi subito, lui però mi teneva sempre stretta, perché dentro casa mia c’era qualcuno che gridava. Classico!

Sentii mia madre,Renèe, urlare contro mio padre, non era una novità, ma questa volta era…diverso. Ascoltai attentamente, cercando di capire ogni singola parola, così ci avvicinammo di più alla porta.

  «Sono stufo di vivere così.» urlò Charlie, mio padre.

  «Perché pensi che per me sia meglio?» domandò Renèe piangendo.

  «Non mi interessa niente di quello che è meglio per te!... Io voglio vivere!». Lo sentii scendere le scale e avvicinarsi alla porta, e ci allontanammo un po’.

  «Benissimo…» rispose lei «Allora me ne vado!Così vivi la tua vita…Come se non lo avessi fatto.» concluse.

Mi venne una fitta allo stomaco. No! Pensai… No non poteva essere. Non adesso. No Mamma no!. Gli occhi iniziarono a bruciare, mentre lo stomaco si lamentava.

Guardai Michele, che mi fissava con sguardo di comprensione e tristezza.

  «È meglio che vado! Ci vediamo sabato, Bella.» mi salutò con un bacio sulla guancia e si girò per andarsene.

  «Ciao!» lo salutai con voce tremante e un po’ roca.

Entrai in casa, sbattendo la porta e furiosa salii le scale, non riuscii a dire niente, apparte gridare dietro a loro in tutti i modi, ma Renèe mi disse di stare zitta e di preparare la mia borsa. Nonostante le mie proteste. Ma continuai lo stesso.

  «IO NON PARTO!» urlai di nuovo.

  «Isabella…PIANTALA!» disse furiosa Renèe.

  «TI RENDI CONTO CHE MI ROVINI LA VITA? IO HO TUTTI GLI AMICI QUI… NON POSSO STARE SEMPRE HAI TUOI COMODI.» urlai più arrabbiata di lei.

  «ISABELLA MARIE SWAN!» urlò «ORA!...vedi di stare un po’ zitta! Sarà anche colpa mia, ma io qui con tuo padre NON TI LASCIO!.. LUI.. vuole vivere la sua vita. Perciò lo lasceremo in pace. Mi dispiace che perderai i tuoi amici, ma avrai tutto il tempo che vuoi per vederli. QUINDI!» urlò ancora, senza voce ormai e piangendo. «PREPARA QUELLA BORSA E PER UNA VOLTA TANTO…  CHIUDI QUELLA STRA MALEDETTA BOCCA!» e si chiuse in camera degli ospiti, sbattendo la porta. Io tornai nella mia camera, piangendo.

 

*

 

Non avevano intenzione di divorziare, per il momento, ma notai, la sera, che tutti e due si erano tolti la fede all’anulare della mano sinistra, dopo venticinque anni di matrimonio. Non riuscivo ancora a credere che davvero, mia mamma se ne andava da mio padre. E soprattutto che io dovevo andare via con lei. 

Il giorno dopo Renèe aveva già deciso dove andare ad abitare, solo per un paio di mesi finchè la questione non si risolveva, nel piccolo paesino sperduto da mia nonna. Avevo accettato la questione malvolentieri, sia per andare ad abitare li da mia nonna e sia perché non volevo lasciare i miei amici, ma lei aveva detto che i soldi non bastavano per una nuova casa, almeno finchè non trovava lavoro, e non voleva lasciare Marie da sola.

Negli ultimi due giorni feci in tempo a salutare tutti gli amici, promettendo a loro che sarei venuta a trovarli molte volte, a patto che ricambiassero. L’unica che mi sarebbe mancata più di tutte, era la mia carissima vicina di banco. Era così divertente stare vicino a lei e parlare ogni minuto riguardo ai nostri libri preferiti e leggerli in classe mentre la prof spiegava. Era insopportabile lasciarla così dopo quasi quattro anni di conoscenza. Ormai era diventata la mia migliore amica e non volevo abbandonarla, ma purtroppo la fortuna non giocava dalla mia parte. Feci fatica a salutare anche gli altri, ma più di tutti Michele, tutte le sere prima del week-and veniva a trovarmi, e non mi lasciava un momento. Piansi tutte le notti.

  «Non so come farò senza di te Bella!» disse Elisa abbracciandomi con le lacrime agli occhi. Non era l’unica.

  «Mi mancherai. Giuro di venirti a trovare tutti i week-end. A Patto che tu…Anzi VOI, ricambiate!» proposi guardandoli tutti uno a uno. Elisa, Michele, Zak, Daniel, Jonny,Elvira e Lory.

  «Non ti lasceremo!» risposero in coro. Ed ecco l’ultimo abbraccio di gruppo! Pensai.

 

*

 

Nel weekend salimmo sulla Audi nera di Renèe, che gli aveva regalato Charlie al loro ventesimo anniversario, e partimmo per Forks.

Il viaggiò silenzioso durò circa quattro ore senza traffico, neanche quando arrivammo in quel paesino sperduto c’era traffico. Ovvio, chi mai voleva andarci. Che tristezza. Sarei sicuramente caduta in depressione dopo neanche due giorni.

Mi sdraiai sul sedile e sospirai pensando a quello che sarebbe successo.

Passammo in mezzo ad una grande via piena di alberi e negozi, fino ad arrivare in una piccola piazza con una Chiesetta e un Cinema. Poi svoltammo a destra e dopo una sola via, arrivammo davanti casa di Marie. Era una grossa villa, con un grande vialetto davanti. Da quanto mi ricordavo, aveva anche un bel giardino dietro. Mio nonno era il direttore della banca dove ora ci lavorava mio padre, era lui il direttore adesso e per questo aveva dovuto lasciare il suo lavoro da poliziotto. 

Renèe parcheggiò davanti al garage e scese dalla macchina. La seguii, da una parte felice di rivedere mia nonna e dall’altra infelice per essere, ormai, confinata in quel posto. Marie apparve tremolante alla finestra, ma dopo qualche secondo la ritrovammo davanti alla porta aperta. Per la sua età era molto agile. Ci salutò con un ampio sorriso sulla bocca e un tenero abbraccio. Ma appena entrammo e ci fece accomodare in salotto, ci squadrò con aria interrogativa e curiosa.

  «Che sorpresa!» esclamò «Sono felice di rivedervi! Qual buon vento vi porta qui?»

Renèe mi guardò con la coda dell’occhio un po’ agitata, e tirando un sospiro si rivolse a Marie.

  «Mamma, non è il momento giusto.» disse, e prima che Marie potesse ribattere aggiunse «Sono sicura che Bella vorrebbe vedere come hai sistemato la sua cameretta.» e si alzò dalla poltrona avviandosi verso la porta di casa.

Marie guardo lei e poi me con un sorriso debole, poi si alzò anche lei e si avvicinò a me.

  «Vieni Marie! Ti faccio vedere.» lei mi chiamava sempre con il mio secondo nome, che era uguale al suo d'altronde. Isabella Marie Swan.

L’accompagnai al piano di sopra, tenendola ben stretta per paura che cadesse, ma era molto più agile di me. Io , già ero un caso ambulante, in confronto ero ancora peggio.

Attraversammo la grande anticamera, finche svoltato l’angolo trovai le tre porte, uno era la mia camera, l’altra il mio bagno personale, come era sempre stato, e l’ultima porta sulla destra era una piccola libreria, aprì la prima a sinistra e mi fece entrare coprendomi gli occhi con la mano ruvida.

  «Pronta?» chiese sogghignando. Annuii.

Tolse la mano e mi guardò. Wooow! Pensai. Le pareti erano lilla, con sfumature bianche. Al posto del pavimento c’era una soffice moquette bianca e in fondo alla parete davanti a me, si trovava il letto a baldacchino tra due finestre. Alla mia sinistra c’era una scrivania, l’armadio lilla era dopo di essa e un grande comò con specchio alla destra del letto. C’erano delle tende lunghe e con colori misti tutti sfumati. Le finestre davano anche sul vialetto. Mi girai e abbracciai mia nonna. Certo magari il lilla era un po’ più da bambina, ma era perfetto per come lo aveva fatto.

  «L’aveva rifatta tutta il nonno, Marie!» disse con voce tremolante al suo ricordo.

Il nonno era morto da, quasi, un anno e io ero venuta a trovare Marie solo al funerale, apparte tutte le estati e vacanze varie prima della morte. Mi dispiaceva non aver passato più tempo con lei dopo la morte.

  
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