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Autore: BaschVR    05/10/2009    1 recensioni
La città, quella mattina, appariva vuota, silente, libera. Aveva nevicato per tutta la notte, e il bianco aveva ricoperto ogni cosa. Il pallido sole invernale era sorto, eppure Midgar era rimasta dormiente. Tutto appariva ovattato in quell’onirica visione, quasi irreale. L’unico rumore che Tseng sentiva era il tonfo dei suoi passi sulla neve. Era un rumore leggero, quasi impercettibile, eppure era l’unico che probabilmente la città stesse udendo. Un rumore ritmico e costante.
Dedicata a tutti coloro che amano questo pairing e, naturalmente, alla nostra inimitabile Zia Polly.
2^ classificata allo Tserith Contest indetto da Valy_Chan
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Altro Personaggio, Reno, Tseng
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Espiazione

 

Prologo: Passi sulla neve

 

La città, quella mattina, appariva vuota, silente, libera. Aveva nevicato per tutta la notte, e il bianco aveva ricoperto ogni cosa.
Il pallido sole invernale era sorto, eppure Midgar era rimasta dormiente. Tutto appariva ovattato in quell’onirica visione, quasi irreale.
L’unico rumore che Tseng sentiva era il tonfo dei suoi passi sulla neve. Era un rumore leggero, quasi impercettibile, eppure era l’unico che probabilmente la città stesse udendo. Un rumore ritmico e costante.
Il Turk rabbrividì, mentre una gelida folata di vento lo trapassava da parte a parte. Istintivamente, si strinse nella giacca nera che aveva indosso e ricontrollò, per l’ennesima volta, le direttive della missione.
Era a causa di quell’orribile tempaccio che adesso si trovava lì, ad arrancare per le strade deserte di una fredda e solitaria Midgar. Quando il Presidente ShinRa aveva visto le prime avvisaglie di una tempesta di neve nell’aria, l’aveva mandato a chiamare, insistendo perché agisse all’alba, quando la neve sarebbe stata ancora alta e nessuno lo avrebbe disturbato nel compiere il suo dovere.
In verità, la missione non era nulla di eccessivamente complesso: doveva solo fermare un traffico di Materie illegali che aveva luogo nei più oscuri vicoli della città. Spiare, uccidere, occultare. Sempre la solita storia.
Nonostante le sue resistenze, il Presidente ShinRa aveva insistito affinché lavorasse in coppia con un altro Turk. Reno, per la precisione.
Inutile dire quanto quella scelta fosse stata gradita da Tseng. Il solo pensiero del continuo ciarlare del ragazzo aveva riacceso la sua emicrania, ma si era limitato ad annuire, preferendo non discutere gli ordini che gli venivano assegnati.
Tuttavia, l’unico suono che sentiva erano, ancora una volta, i suoi passi sulla neve. I due avevano preferito dividersi, per poi incontrarsi appena qualche isolato prima della zona malfamata della città.
A Tseng quel tempo piaceva. La neve copriva ogni cosa, ogni dolore, ogni emozione. Restava solo la tranquillità, la quiete dopo la tempesta che aveva infuriato la notte. Era bello poter guardare la città e vederla senza pensieri, libera dalla schiavitù del dolore e della sofferenza. Faceva bene all’anima.
Stava ancora contemplando l’assoluto silenzio che regnava nel viale in cui si era appena immesso, quando, dietro di sé, un altro leggero tonfo si unì al rumore dei suoi passi. Tseng si fermò, ascoltando quel suono che si univa all’ululare del vento.
“Non dovevamo dividerci, Reno?” chiese, e si stupì di come la sua voce rimbombasse tra le strade vuote, fino a raggiungere ogni angolo del viale.
I passi continuarono, finché una mano non gli si posò sulle spalle. Qualche fiocco di neve cadde dal cielo, preannunciando una nuova nevicata.
“Ho trovato il furfante, sono in una strada secondaria non molto lontano da qui” esclamò Reno con la sua solita giovalità, indicandogli una stradina laterale a qualche decina di metri da loro. “Ti dirò la verità, mi è solo sembrato un grosso bestione senza cer…”
“Reno!” lo ammonì Tseng.
“Va bene, va bene, un po’ più di serietà nelle missioni” sospirò esasperato il rosso, anticipando i moniti dell’altro.
“Fa silenzio, dobbiamo agire in fretta” rispose Tseng “Portami dai due”.
Reno si zittì e fece strada attraverso un buio e maleodorante vicolo.
Il Turk moro ascoltò il lieve calpestio dei passi dell’altro confondersi con il silenzio della città. Istintivamente infilò una mano sotto la giacca invernale e strinse forte il calcio della pistola, pronto ad estrarla in caso di necessità. Sarebbe stato un lavoro veloce, rapido e indolore. Beh, indolore per lui e per Reno.
Non si avvertiva nessun rumore provenire dal fondo del vicolo.
“Sei sicuro che questa sia la strada giusta?” chiese Tseng, dubitando della memoria di Reno.
“Fidati, non avrei alcun interesse a perdere tempo!” gli bisbigliò l’altro di rimando. “Anch’io non vedo l’ora che questa missione finisca, mi si è ghiacciato anche il…”
“Si, ho capito” lo interruppe Tseng, impedendogli di continuare l’imbarazzante frase.
“Sei perspicace, eh?” chiese Reno, lanciandogli un’occhiata di complicità.
“Sssh, non senti nulla?” sussurrò l’altro, prendendo la pistola in mano e guardandosi in giro, circospetto.
“Oh, andiamo, non evitare le mie domande! Tutti sanno della tua infatuazione per Elena! Quand’è che ti deciderai a chiederle di uscire?”
“Vuoi stare zit…? Ehi, un momento! Io non ho nessuna infatuazione per Elena!” esclamò Tseng contrariato.
“Tanto meglio, così posso provarci io!” rispose Reno con un’alzata di spalle.
“Fai pure” sussurrò il Turk, senza nemmeno prestargli attenzione. Aveva questioni più importanti a cui pensare. Aveva sentito uno scricchiolio, seguito da un tonfo sordo, provenire dalla fine del vicolo, ancora immerso nell’oscurità.
“Eddai, amico, non c’è gusto così!” esclamò Reno, cingendogli le spalle con un braccio. “Voglio qualcuno con cui battermi per il cuore di una ragazza!”
“E io voglio qualcuno che non rompa continuamente durante le missioni” commentò ironicamente Tseng, senza perdere la concentrazione. “Ma come vedi, nessuno ha mai quello che vuole!”
Un altro scricchiolio, vicino a loro. Tseng volse di scatto la testa alle loro spalle, ma non c’era nulla, ad eccezione della pallida neve che copriva la città.
“Vuoi farmi credere che non c’è nessuna che ti faccia battere forte il cuore? Neanche Cissnei?” chiese ancora Reno, riprendendo a camminare verso la fine del vicolo.
“Cissnei è poco più che una bambina, potrebbe andare bene per te!” sbottò Tseng, togliendo la sicura dall’arma che teneva tra le mani.
“Ma no, ho appena detto che devo provarci con Elen…”      
“Attento!” esclamò l’altro Turk improvvisamente, spingendolo verso il freddo asfalto coperto di neve del vicolo. Aveva avvertito un movimento, con la coda dell’occhio, lieve, quasi impercettibile, nell’oscurità davanti a loro; poi un leggero sibilo, che alle sue orecchie era apparso amplificato dal silenzio della città. Senza neanche pensare, aveva spinto Reno a terra con sé. Un attimo dopo, un proiettile era passato appena sopra le loro teste.
“Merda!” esclamò Reno, estraendo la sua pistola dalla cinghia che teneva in vita, sotto la giacca.
Tseng sentiva il suo viso avvampare per il freddo contatto con la neve. Aveva gli occhi chiusi, ed era disteso a terra, inerme, facile bersaglio per chiunque se ne stesse nell’ombra del vicolo ad osservarli.
Poi sentì uno sparo risuonare nell’aria, e si rese conto che Reno aveva cercato di colpire l’aggressore. E poi ancora passi sulla neve.
“Stai bene?” chiese poi una voce vicino a lui.
“Si” rispose Tseng, alzandosi e prendendo la mano che Reno gli stava porgendo. “Dove è andato?”
“Da quella parte” indicò Reno con il dito. Tseng guardò la direzione che gli indicava il Turk dai capelli vermigli, e si sollevò quando vide che il malvivente aveva lasciato le proprie impronte sulle neve, troppo distratto dalla fuga.
“Seguiamole, e in fretta” esclamò indicandole. Reno annuì ed insieme si precipitarono verso la fine del vicolo.
Le impronte andavano verso l’entrata dei Bassifondi; i due Turk intensificarono il passo, pronti a finire il lavoro per cui erano stati convocati in quella fredda mattina invernale.
Camminarono per un po’, oltrepassando lo spoglio Viale Loveless ed avvicinandosi sempre più alla zona più umile della città.
“Che stavo dicendo prima?” chiese d’un tratto Reno, incuriosito.
“Non saprei, fai silenzio e segui le impronte!” esclamò Tseng, ancora una volta senza nemmeno ascoltarlo. Ma perché li avevano accoppiati come partner per le missioni? Che aveva fatto di male?
“No, era qualcosa di importante, ne sono sicuro!” esclamò Reno, con la fronte corrucciata nello sforzo di ricordare.
Tseng sospirò. La prossima volta doveva ricordarsi di portarsi qualcosa contro il mal di testa.
“Ah, ecco! Ti stavo dicendo che volevo provare con Elena, non con Cissnei” esclamò Reno, felice di essersi ricordato di cosa stesse parlando in precedenza. “E mettiamo di lasciare Cissnei per Rude, allora tu potresti uscire con…? Scarlet?”
“Non se ne parla proprio!” gli sbraitò contro Tseng.
“Ok, ok! Calmati però!” si scusò Reno, abbassando lo sguardo alle impronte che seguivano.
“Le orme finiscono qui” constatò Tseng dopo qualche minuto, davanti ad un vicolo maleodorante. Il vicolo appariva completamente sgombro da qualsiasi fiocco di neve: evidentemente i fumi caldi provenienti dalle caldaie delle fabbriche li vicino avevano già sciolto la magia di quel freddo giorno.
“Secondo la nostra planimetria, questo vicolo è una delle strade che conduce ai bassifondi. Tuttavia non sembra essere molto utilizzato…” constatò Reno.
“Meglio, avremo meno possibilità di essere notati” osservò Tseng, immergendosi nella densa oscurità del vicolo. Sembrava di avere oltrepassato la soglia di un altro mondo: da una parte, vi era la Midgar luminosa, splendente, sopita da una lunga e meravigliosa nevicata; dall’altra vi era quel vicolo, e i bassifondi, e qualunque altro luogo che, come quello, era stato abbandonato alla fredda oscurità della Midgar crudele, oscura, simile ad un immenso baratro di disperazione. Tseng capì di aver abbandonato il mondo rassicurante della Midgar innevata già solamente mettendo un piede all’interno del vicolo.
Reno lo seguì, ed insieme si addentrarono per le oscure vie che portavano ai Bassifondi. Il vicolo era umido, sporco, troppo caldo rispetto all’ambiente circostante. I vapori che avevano sciolto la neve adesso invadevano l’aria e le loro menti.
“Vedi nessuno?” chiese il Turk più giovane, scrutando nell’oscurità nebbiosa davanti a loro.
“No” rispose Tseng, aggrottando la fronte. Ma dov’era finito?
Poi sentirono una voce. Una voce roca, forte, simile ad un grugnito, sita pochi metri davanti a loro. Istintivamente, Tseng si strinse ancora più forte alla sua arma, facendo aderire la forma della mano al suo calcio.
“Fermi!” aveva detto quella. Un momento dopo, una figura emerse dall’oscurità: era lo stesso uomo che poco prima era fuggito dal loro agguato: basso, dai capelli corvini, con una cicatrice che gli solcava la guancia destra, a ricordo di una grave ferita. Con l’ausilio del braccio sinistro teneva una donna stretta sé, a cui puntava una pistola alla tempia.
“Lasciala stare!” esclamò Reno, osservando la donna che si dibatteva tra le braccia del suo assalitore, alla ricerca di una via di fuga.
“Reno!” esclamò Tseng osservandolo severamente. Più si sarebbero dimostrati interessati alla salute della donna, più l’assalitore l’avrebbe utilizzata come scudo.
“Sai bene che non puoi farcela contro di noi” esclamò Tseng, con la pistola puntata verso l’uomo. Quest’ultimo mise la donna davanti a sé, impedendo al Turk di poterlo colpire.
“Dici?” domandò quello, con il sudore che gli imperlava la fronte, a causa dei fumi della caldaie.
Poi sentirono un urlo provenire da dietro il trafficante. Un attimo dopo, videro una ragazzina che cercava di liberare la madre dalla sua stretta potente. Era una ragazzina esile, sulle soglie dell’adolescenza; i suoi luminosi occhi verdi erano due specchi colmi di determinazione. Tuttavia il suo tentativo non servì a nulla.
“Vattene a casa, ragazzina!” la derise l’uomo, scrollandosela di dosso e facendola cadere sul duro selciato del vicolo.
“Mamma!” urlò quella, guardandola con gli occhi colmi di lacrime.
“Scappa, mettiti al sicuro!” urlò la donna, fuori di sé, cercando di salvarla.
“Hai sentito?” sussurrò Reno, serio, alla bambina. Tseng notò che quest’ultima non doveva essere molto più piccola del Turk, al massimo di uno o due anni. “Penseremo noi a tua madre, tu riparati da qualche parte”.
La ragazzina abbozzò un lieve sorriso fiducioso sul volto, e poi li oltrepassò, per nascondersi dietro un bidone dei rifiuti a pochi metri da loro.
Tseng sentì il bisogno impellente di declassare Reno, ma si limitò a lanciargli una fugace occhiataccia. Lui e la sua stupida bontà d’animo!
“Ehi, sta scappando!” esclamò Reno, cominciando a correre per il vicolo, inseguendo il malvivente che cercava una via di fuga tenendosi ancorato alla donna stretta che aveva preso in ostaggio.
“Mamma!” urlava la bambina dal vicolo.
Il ragazzo sentiva un gran mal di testa, mentre un caos di voci urlavano nella sua mente. Non sapeva cosa fare con quella confusione nella mente…
“Tseng, inseguiamolo!”
“Mamma, mamma!”
“Fatemi ragionare, ve ne prego… aspettatemi…”
“Tseng, sbrigati! “
“MAMMA!”
Poi, la decisione.
 “Reno, spostati da lì!” urlò all’altro.
Prese la pistola in mano.
“Mamma, mamma!”
La puntò.
“Tseng, cosa vuoi fare?!”
Prese la mira, attento a non sbagliare. Ma in cuor suo sapeva già che probabilmente non ce l’avrebbe fatta.
“No, Tseng! E’ troppo pericoloso!”
La mano gli tremava…
“Fermo!”
L’uomo aveva già raggiunto la fine del vicolo. Poteva sentire di nuovo il rumore dei passi sulla neve…
“Mamma!”
Poi, un colpo. Gelido, penetrante. Gli echi dello sparo si addentrarono in lui.
Niente più rumore di passi sulla neve.
Solo un urlo, e tanto, tanto sangue sulla luminosa e silente Midgar.
   
 
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