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Autore: Torica    07/10/2009    4 recensioni
STAR TREK-VOYAGER A volte ci vuole poco per distruggere qualcosa... per far diventare una mancanza della tua vita la tua più grande benedizione... per capire che avere tra le mani la vita di centinaia di persone non è poi un grande privilegio... AMBIENTATO alla fine dell'episodio 'LA CRUNA DELL'AGO'
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Kim, Kathryn Janeway, Tuvok
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[STAR TREK – VOYAGER]

Salve a tutti! Questa FF è interamente dedicata a Leo, mio dolce e inseparabile compagno di fantascienza J

Spero che vi piaccia.

E’ una riflessione dei personaggi (Nello specifico Harry Kim che adoro XD, B’Elanna Torres e il Capitano Janeway) ambientata alla fine dell’episodio della prima stagione ‘La cruna dell’ago’ dopo che Tuvok rivela che il Romulano non è riuscito a portare i loro messaggi alle famiglie.

 

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'Trasporto completato Capitano. Tutto finito'

Il capitano Janeway si prese un secondo per ricomporsi dopo la delusione di una mancata possibilità di tornare a casa

'Capitano'

Il capo della sicurezza Tuvok fermò il capitano poco prima che potesse uscire dalla stanza.

'Non potevo parlare prima finché il nostro ospite era presente, ho chiesto alla banca dati del computer informazioni su un romulano di nome Telek’mor'

'E allora?'

'Purtroppo Telek’mor è morto nel 2367'

'Sarebbe morto quattro anni fa' mormorò la donna sconvolta

'Esattamente. Quindi senza poter trasmettere i nostri messaggi'

 

***

 

A volte ci vuole poco per distruggere qualcosa, un gesto, un espressione del volto, una parola un minimo cambiamento d’orbita che distrugge un delicato equilibrio frutto di anni di trasformazione ed evoluzione.

Nel caso di Harry Kim, bastarono quelle sette parole per distruggerlo completamente, per svuotarlo.

Perché nonostante possa sembrare una semplice frase fatta, era proprio il vuoto quello che il guardiamarina provava in quel momento, come quando sali le scale al buio e credi che ci sia ancora uno scalino: per un attimo il tuo piede cade nel vuoto e pian piano la sorpresa iniziale lascia il posto ad uno spiacevole stordimento.

Sentì la mano di B’Elanna sulla spalla, avrebbe voluto ringraziarla per quel sincero tentativo di conforto, che considerando la sua parte Klingon era più unico che raro, per le parole che stava sprecando per dare un po’ di speranza a lui e all’equipaggio, farle un cenno, dirle qualcosa.

Avrebbe voluto fare una cosa qualsiasi, ma tutto in quel momento aveva assunto il tono freddo con cui il vulcaniano aveva pronunciato quelle parole, persino il gesto gentile della Klingon.

Il suo primo pensiero fu per i suoi genitori, prima che lui fosse riuscito a tornare a casa sarebbero morti entrambi. Non avrebbe potuto salutarli, non avrebbe nemmeno saputo della loro morte.

E in quel momento il ragazzo realizzò che probabilmente tutto l’equipaggio della nave sarebbe morto prima di raggiungere la Terra, e così tutte le persone a loro care... anche Libby, la sua fidanzata.. l’avrebbe dimenticato si sarebbe innamorata di un altro. Che senso ha, in fondo, passare la vita ad aspettare una persona che sai che non tornerà?

Già. Che senso ha?

 

***

 

E’ buffo come a volte ti senti improvvisamente fortunato, quando una mancanza della tua vita diventa una benedizione, quando il tuo più grande difetto, la tua peggiore pecca diventa il tuo più grande pregio.

 “I miei genitori saranno in ansia... li chiamavo tutte settimane... non sono mai stati senza mie notizie così a lungo”

Quando Harry le aveva espresso le sue preoccupazioni, mentre cercavano di riconfigurare il generatore di segnali in modo da riuscire a mettersi in contatto con il romulano, B’Elanna aveva invidiato quella sua frustrazione, quella sua speranza disperata di riuscire a mettersi in contatto con la sua famiglia, con i suoi amici.

Lei non aveva nessuno al di fuori di quella nave. Non aveva amici, non aveva parenti... o meglio, non aveva amici o parenti che si preoccupassero per lei. Tutte le persone a cui teneva e che stimava, con cui aveva condiviso esperienze, per cui aveva rischiato la vita, tutte le persone che si fossero mai preoccupate per la giovane Klingon in quel momento si trovavano con lei, sulla Voyager.

 Cosa avrebbe potuto chiedere di più, in fondo?

Niente. Ma in cuor suo B’Elanna invidiava profondamente quel giovane ragazzo in pensiero per la famiglia, preoccupato di non poter più tornare a casa; perché lui aveva qualcuno da cui tornare.

Eppure in quel momento, mentre poggiava una mano sulla spalla di Harry e cercava improbabili ipotesi per rincuorarlo, si sentì la donna più fortunata dell’universo.

 

***

 

Spesso capita di chiedersi come ci si debba sentire ad essere privilegiati, ad essere un gradino più in alto degli altri e poter decidere di fare ciò che si vuole e che si ritiene più opportuno, e ci si perde in fantasie e sogni di gloria e potere dai risvolti vittoriosi.

Ma la verità è che il potere e il comando portano grandi responsabilità e ti pongono davanti ad ardue scelte e situazioni a cui solo tu puoi porre rimedio. Ti obbligano a pensare prima agli altri che a te stesso, perché ogni singola decisione che prenderai, ogni singola cosa che farai avrà delle ripercussioni sui tuoi sottoposti, sui tuoi seguaci, sul tuo equipaggio.

E fermandoci un secondo a pensare, forse realizzeremo che avere tra le mani le vite di decine di persone che si fidano ciecamente di te non è poi un privilegio così invidiabile. Naturalmente riuscire a salvare una persona, un membro del tuo equipaggio, è sempre una sensazione fantastica che ti fa capire che sei qualcuno e che ti meriti l’alto grado che ricopri. Ma quando perdi qualcuno, anche se sei cosciente che non avresti potuto fare nulla per salvarlo, il senso di colpa diventa opprimente perché sai che tuo malgrado quell’anima resterà per sempre sulla tua coscienza. E ti rendi conto che nonostante i tuoi ‘privilegi’, il tuo potere e la tua gloria, tu non sei onnipotente, non puoi fare tutto, non puoi impedire la morte e non puoi manipolare la vita.

Ma per il tuo equipaggio è questo che devi essere. Onnipotente, forte, impassibile. Un punto d’appoggio solido e onnipresente.

E questo il comandante Janeway lo sa bene. Per questo sa che non può lasciarsi andare quando il suo ufficiale le comunica che anche la loro ultima speranza di comunicare con la terra è andata persa. Deve essere forte e sorridere all’ignoto per prima in modo che gli altri possano attingere il coraggio da lei.

Non deve soffermarsi a pensare a casa sua, alla sua famiglia, a tutte le persone care che ha lasciato sul quel pianeta ora così lontano.

Deve essere un bravo capitano.

Ciò nonostante si concede un attimo di commozione, un attimo di debolezza.

Perché nonostante tutto, un bravo capitano è pur sempre prima di tutto un essere umano. 

 

 

 

 

 

Grazie a tutti per la lettura. Le recensioni e le critiche sono ben accette ma anche solo la lettura è apprezzatissima : )

Un bacio a tutti gli appassionati del genere <3

  
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