Carissimi
individui che ancora avete voglia di buttare un po’ di tempo a leggere la
produzione piuttosto scrausa di una ritardataria
cronica (due mesi…un sesto di anno, è un
record personale anche per me, ma se vi può far sentire meglio, devo
restituire tre libri alla biblioteca del mio orribile paesello da tipo due anni
e mezzo. Sono una specie di succube dei fondi provinciali alla cultura, mea culpa), buonasera. Purtroppo causa: a)meravigliosa
vacanza da un mese in Inghilterra, Paese notevolissimo, civilissimo, bellissimo,
con dei rossi stupendi b) vacanza in Grecia per dieci giorni (consiglio a tutti
di visitare Delfi, l’acropoli di Atene, i resti
di Micene e il tempio di Poseidone a Capo Sounio, una volta nella vita) e infine c) depressione da
inizio scuola e fine vacanze, con conseguente blocco della scrittrice scrausa (per quello che scrivo potrei anche darmi una mossa
e non farmi tanti problemi), non ho più potuto aggiornare. E adesso, a
causa del bisogno fisico di guardarmi “into the
wild”, non posso nemmeno rispondere ai vostri bellissimi e come al solito gentilissimi commenti, perché se rispondo
lo voglio fare per bene, evitando di liquidarvi con due righe, visto che tengo
tantissimo alla vostra opinione. Il capitolo 32 è già pronto e lo
metterò domani, e risponderò anche ai commenti vecchi (con allegate
foto dei baldi giovani che mi ispirano quel figo di Benjamin ;) ok Ale? ). Bene, riprendiamo da
dove li avevamo lasciati.
Un bacio a
tutti, mi siete mancati J
Giuls
Mangiavo la mia chimichanga
sulla macchina, i finestrini mezzo abbassati. Mi ero
voluta fermare al messicano: mangiavo lentamente, perché le domande, e
le spiegazioni, sarebbero venute fuori solo una volta che avessi finito. Jasper sembrava più preoccupato che sconvolto, e la
vocazione al pragmatismo mi avrebbe sicuramente mi avrebbe aiutata
ad evitare di pensare a certe altre cose.
Molto
più importanti, e molto più dolorose. Per il momento mangiavo la mia chimichanga
super imbottita cercando di non sporcare la macchina, e basta. Mi sforzavo di
non fare caso a Jasper, che
mi studiava senza alcun riguardo. Mi colse di sorpresa quando
mi rivolse la parola. Eravamo fermi nel parcheggio semi vuoto
di un piccolo centro commerciale, vedevo le macchine sfrecciare sulla
statale lì accanto.
-E così…Benjamin,
eh?-
Feci cenno di sì,
lentamente.
-Non capisco- scosse la
testa, lo sguardo più assente. Ragionava per conto suo e io non centravo
molto. Stavo per finire la chimichanga.
-Nemmeno io, ma è
così-. Mi strinsi nelle spalle, e capii che Jasper
stava facendo qualcosa per farmi stare meglio. Non
sentivo più il bisogno di mettermi a urlare, lo
squarcio era sopportabile. Mi zio mi sorrise. Sicuramente la mia famiglia era atipica, ogni livello della parentela era sfasato
dall’età, dai ruoli e dalle personalità. Ma
era in momenti come quelli che capivo fino in fondo quanto loro fossero
lì per me, ed ero sopraffatta dall’emozione.
-Sei
innamorata?-. Non mi sembrava
innervosito, come pensavo prima, ma solo parecchio stupito.
-Sì- Era molto facile ammetterlo con lui, perché
sapevo che in ogni caso lo aveva già un po’ sentito.
-Mh-
Ci stava pensando su, era parecchio riflessivo. Nel frattempo finii la chimichanga con calma.
-Quindi, volevi che lo
sapessi io, giusto?-
-Chiaro-
-Mh-
Altra pausa, un po’
più breve.
-Vuoi raccontarmi?- Era facile scambiarlo per la voce della mia coscienza: si
mimetizzava con la tappezzeria dell’auto, acquattato e tranquillo, e la
sua strana esortazione inespressa mi spingeva a parlare. Semplice e indolore,
per niente subdolo se si considerava che ero io ad aver ricercato la
situazione.
-Oggi ho fatto l’amore
con Benjamin-
-Mh-. Un po’ lo spiazzai, ma non più del
previsto. Dopotutto, aveva ragione lui: quelle non erano cose che si addicevano
alla piccola Renesmee. Si guardò attorno
evitando accuratamente il mio sguardo.
-E credo che in qualche modo
noi ora siamo, come potrei spiegare…-
-Una coppia?-, disse
giungendomi in aiuto, con un’espressione sospettosa e incredula dipinta
sul volto.
-Non ne sono sicura ma credo
di sì. Quando uno dei due ti propone di passare la vita con l’altro è una coppia?-. Non era sarcasmo, è che ero sinceramente bisognosa di conferme.
-Generalmente sì,
credo. Se l’altro è d’accordo, ovviamente.-
-Bè, diciamo che è
successo questo-
-Mh. Interessante-
Gli lasciai il suo tempo per
pensarci su, e vidi che era abbastanza lucido, e ringraziai il cielo per la sua
freddezza. Ormai non pioveva più da un pezzo, ma era rimasta una tale
umidità che il vetro dell’auto si stava appannando per conto suo. Che schifo.
-Nessy, ti rendi conto che sei in una gran brutta
situazione?-
Il responso era
arrivato anche prima del previsto.
-Lo so-. Tenni gli occhi
bassi, come quando da bambina venivo rimproverata, e
ammettevo di avere torto.
-E ci sono anche altre
problematiche che dovremmo analizzare…-
-Che problematiche?-
-…tutti
insieme-
Mi guardò con una
certa durezza, con l’autorità che solo la responsabilità
poteva conferirgli. Decisi di starmene un po’ zitta, per una buona volta.
Dopotutto mi serviva un consiglio, era meglio
lasciarlo parlare.
-Ma in ogni caso, credimi Ness: non penso che tu abbia sbagliato-
-Davvero?- Stupefacente.
-Ti capisco-. Riuscì
anche a sorridermi, ne rimasi sorpresa. Era sicuramente il mio zio preferito.
Mi ero divertita troppo quando mi aveva insegnato ad
andare in moto. Si era divertito anche lui.
-E come
fai, scusa?-
-L’amore è importante- si strinse nelle spalle
–E se sei legato a una persona, non
c’è ragione che tenga-. Mi guardò di sbieco –Non hai molta scelta, se ami veramente-.
Mi uscì una risatina
nervosa, l’educazione sentimentale di Jasper
sembrava un riassunto di appunti universitari degli
anni sessanta. Ci rimase un po’ male.
-Cos’è, non ti fidi?-
-Ma no,
certo che mi fido-
-E tutti ti direbbero queste
stesse cose, se potessero-
-Perché
non possono, giusto?-
-Torniamo a casa e
parliamone-
Ero molto tranquilla, e non
solo grazie alla sua capacità: naturalmente riusciva a farmi sentire
più tranquilla, era molto rassicurante il suo approccio sicuro, pratico
e riflessivo. O almeno lo era per me.
-Jazz, davvero tu non credi
che io sia una…una stronza?- Non sapevo bene
come classificarmi,
quel punto. Scoppiò a ridere.
-Forse un po’. Ma
è l’amore, cosa ci vuoi fare-
-Jacob non reagirà così, vero?-
-No- Continuò ad essere
molto tranquillo e molto pacato.
-Vorrei che lo facesse. Ma
vorrei anche che mi prendesse a schiaffi-
-Comprensibile-, ci penso un po’ su, tamburellando le dita sul
volante. – Se la passassi liscia non sarebbe
giusto. Sei una persona molto onesta, Renesmee,
quando ti ci metti.-
-E’ un complimento?-
-Prendila così-
Mi resi conto che avevo uno
strano tono di voce: biascicavo velocemente parole che solo una piccola parte
del mio cervello elaborava. Era una strana sensazione
asfissiante, sentivo l’aria troppo pesante. Non mi sembrava che
l’aria fosse così pesante, mentre ero con Benjamin.
Forse Benjamin era così strabiliante da farmi
respirare ossigeno puro. Era un ragionamento idiota ma
l’aria che respiravo in quel momento mi sembrava troppo grezza per essere
la stessa di un’ora prima.
-Cosa stai
provando?-. interruppe i miei pensieri, mi voltai e
notai che si era un po’ rabbuiato. Confondersi lo infastidiva
terribilmente.
-Non so
cosa, di preciso-, ammisi.
-A cosa pensavi?-, mi
sembrava un po’ più curioso e un po’ meno scoraggiato:
perlomeno, se non capiva era perché non capivo
nemmeno io.
-A quanto
è pesante l’aria-
-Non ci avevo mai fatto caso-
-Io ci ho fatto
caso adesso. Prima mi sembrava più leggera-
-Prima quando?-
-Con Benjamin-
Era bello parlare. Jasper non era esattamente quella che si chiama
“migliore amica”, ma taceva e ascoltava. E
non giudicava. Non avevo paura se non venivo
giudicata.
-E’ come respirare la prima volta-.
Rimasi un
po’interdetta, la gente doveva
piantarla subito di togliermi le parole di bocca. Era esattamente,
precisamente, la sensazione che non riuscivo a
cogliere.
-Come lo sai?- Sapevo che dovevo avere un’espressione poco
intelligente, in quel momento. Sorrise e mi rivolse uno sguardo enigmatico.
-Conosco la situazione-
Ovviamente la conosceva, ma
non mi era venuto in mente che quella cosa che legava Jasper
a Alice potesse essere minimamente simile a quella
provavamo io e Benjamin. Pensavo fosse unica.
-Non ci avevo pensato-. Rise, probabilmente della mia faccia sconvolta.
Pensavo che niente potesse
essere così arrogante e sfrontato come ciò che avevo provato per Benjamin, pensavo fosse una
creatura nuova, dalla forza fresca e vigorosa. Non riuscivo
nemmeno a classificarla come “amore”, non mi sembrava
potesse essere solo quello. Quella che provavo io, e che sentivo provava lui,
era più una specie di ansia di possedere,
un’angosciosa ricerca dell’altro, che non si spegneva mai. In qualsiasi momento, anche nel più profondamente appagante,
c’era qualcosa di terribilmente ansioso nell’aria. Forse era
la paura del tempo, paura che il tempo finisse, che non fosse
abbastanza. Totalmente irragionevole per una creatura
immortale, e allo stesso tempo affascinante oltre ogni limite.
-Nessy, posso farti una domanda?- Di nuovo interruppe i miei pensieri, ma non me ne preoccupai.
-Dimmi-
-Come lo dirai a Jacob?-
Fu come ricevere un pugno
nello stomaco, mi ripiegai leggermente su me stessa. Ma
me lo meritavo e, come aveva detto Jasper, se mi ci
mettevo ero una persona giusta, fino a sfiorare il masochismo. Avevo sempre
sentito addosso il peso delle responsabilità,
per quanto io tentassi di disfarmene.
-Non ne ho
idea- Mi mancava l’aria, mi mancava sempre di più. Le
tonalità dei colori erano più scure, gli odori
erano più spiacevoli. Ossigeno.
-Hai già
scelto- Non era una domanda,
ovviamente. Jasper mi permetteva di andare oltre
tutte quelle cazzate che avrebbero dovuto spiegare la
mia scelta. E poi, cosa avrei potuto dirgli, come
avrei potuto giustificarmi? Se avessi trovato delle
valide motivazioni, non mi sarei certamente sentita come mi sentivo.
L’ultima traditrice. Un boia.
L’unico motivo concreto
per cui avevo deciso di essere una traditrice era che
quando ero con Benjamin nell’aria c’era
molto più ossigeno.
-Non lo avevo previsto, Jazz-
-Lo so. Non è colpa di
nessuno-
-Vorrei non aver bisogno di
nessuno per vivere-
-Impossibile-
L’aria si era fatta
irrespirabile. Dopo il primo respiro, i miei polmoni non riuscivano più
a riadattarsi all’aria di sempre. Avevo bisogno di ossigeno
puro.
-Ascoltami Nes. Torniamo a casa e parliamone, con tutti. E’ la
cosa più ragionevole, ed è il momento che tu sappia…delle
cose-
-Lo so-
-Sono cose importanti-
-Lo so-
Jasper avviò il motore e ci muovemmo, e io ero
perfettamente certa che stessi per capire ogni cosa a fondo. Non era rimasto
altro da scoprire, dentro e fuori di me. Era come essere
esposti al vento. Ma non riuscivo a respirare, non
ancora.
Avevo bisogno di ossigeno puro.
Stavamo solo tornando a casa,
cercavo di rassicurarmi in silenzio, mentre Jasper
guidava, a velocità piuttosto moderata. Probabilmente aveva capito che
non morivo dalla voglia di tornare là. Non ci eravamo
quasi più rivolti parola, l’unica cosa che gli chiesi fu se sapeva
quando Jacob sarebbe tornato. Mi rispose che non ne aveva idea, e io ne fui felice, perché di colpo il
mio appuntamento con la scelta mi sembrò più irreale di quanto
era giusto che fosse. Cercai di concentrarmi sulle canzoni, ma era la
compilation di Alice, ed erano tutte troppo incasinate
e rumorose per riuscire a prendermi. Mia zia aveva dei gusti musicali
particolari, dai suoni della natura ai Korn. E non era quello che mi serviva.
Cercavo di capire cosa dovessi dire, una volta che fossi arrivata. Speravo almeno
di poter parlare di persona, senza che mio padre leggesse niente nella mia testa. Volevo parlare con i miei genitori, mi sembrava
ovvio e giusto: ancora non sapevo come avrei fatto, ma un modo lo avrei
trovato.
-Jasper, dimmi una cosa-
-Sì-
-Come pensi che reagiranno?-
-Edward e Bella?- Li chiamò con i loro nomi, nemmeno
io con gli altri ero abituata a chiamarli “mamma” e
“papà”, mi sembrava molto irreale. Feci
cenno di sì, mio zio mi guardò distrattamente, perso nelle
sue considerazioni.
-Ci sono altri fattori da
considerare. Ma forse saranno comunque…delusi-
-Sono una stronza-
-Credo che sia anche per Jacob-, non sembrava che mi avesse
ascoltata.
-Lo so. Ma
non potevo fare altro, mi capisci?- Sentivo io stessa l’ansia profonda
della mia voce: volevo solo essere rassicurata, avrei pagato oro pur di essere
consolata. Anche solo a parole, in quel momento poco
importava. Ero sempre stata troppo sensibile alle apparenze.
-Anche io lo so, ma non sono tuo padre. Credo che un padre
cerchi sempre il meglio per i suoi figli-
-Benjamin è il meglio, sei libero di non credermi, ma le
cose stanno così-, sbottai. Mi sentii
improvvisamente offesa: nessuno poteva dire una parola contro di lui, non in
mia presenza.
-Ci sono molti fattori da
considerare-
I fattori. Al
diavolo tutto il casino che poteva esserci dietro. Se anche fosse stato
un assassino, a quel punto cosa sarebbe potuto
cambiare? Benjamin mi aveva mostrato il meglio di
sé, lo sapevo, ed era solo per me.
Questo ormai non me lo sarei mai più potuto
scordare.