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Autore: mamma Kellina    09/10/2009    7 recensioni
Spesso si ritiene di essere giunti ad un punto in cui le proprie scelte di vita non cambieranno più. Magari però proprio allora accade qualcosa che porta a modificare anche le convinzioni più radicate. E’ proprio ciò che avviene a Chiara ed a Massimo nel corso di una tarda estate che sembrava trascorrere come al solito e che invece li porterà a conoscersi, spingendoli a rivedere molte delle loro passate certezze. Ancora una storia ambientata a Napoli, ma questa volta ai nostri giorni. Ritengo che la forma letteraria che ho scelto – quella cioè del diario – vi consentirà di seguire da vicino i miei protagonisti ed i molti personaggi di contorno. Accompagnarli nella loro consueta attività quotidianità, tra il lavoro e il tempo libero, quasi come se fossero due normalissimi vostri amici, forse riuscirà a renderveli più veri. Naturalmente non lo sono, anzi, ogni riferimento a persone e cose esistenti è puramente casuale…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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No, carissime Arte e Vale, Chiara non è in dolce attesa, sta solo soffrendo molto e per questo le sono ricominciati i disturbi nervosi di cui ha già sofferto in passato. Anche Massimo però si sta arrovellando molto. A modo suo sta veramente male, tanto che lui, per il passato sempre allegro e solare,  questa volta non riesce a controllare la propria rabbia persino con le persone a cui vuole più bene (Chiara compresa).
Come mi ha fatto notare CriCri,  entrambi continuano a sbagliare perché si sono arroccati nelle reciproche posizioni, convinti di non poter agire diversamente. Ma se è vero, così come si dice, che la vera saggezza nasce solo dalla sofferenza, allora lasciamoli ancora un po’a  tormentarsi, questi due testoni. Se lo meritano, visto che non vogliono imparare ad abbandonare i propri preconcetti rischiando in questo modo di allontanarsi definitivamente.
Eccovi quindi un nuovo capitolo dove li lascerò a macerarsi un bel po’. A proposito, consentitemi di dedicarlo alla mia amica Nicoletta la quale, anche se non commenta, so che mi sta seguendo. Lei, più di ogni altra, riuscirà a ritrovare in queste mie fantasie  sprazzi di vita vissuta…

Un bacio a quelle che mi recensiscono (tesori miei!) a chi mi segue e a chi mi legge semplicemente. Mi state facendo tutte un vero regalo!

 


6 SETTEMBRE giovedì

 

Invece il giorno successivo non fu tranquillo, anzi,  si scatenò l’inferno. A prima mattina Raimondi fece una riunione e parlò a tutti gli impiegati di Amministrazione del  grande impegno che li attendeva. Bisognava organizzare un incontro in grande stile, fare le convocazioni, prenotare gli alberghi, i voli per coloro che venivano da fuori città, scegliere le sale adatte, predisporre le colazioni di lavoro e preparare tutto il materiale occorrente ai formatori ed agli ispettori.

- In fondo – concluse – non è la prima volta che facciamo una simile esperienza e conto sulla professionalità di voi tutti per fare una splendida figura con il Consiglio di Amministrazione.

Quando rientrarono nella loro stanza, Federica commentò con le colleghe:

- Belle parole, però il grosso della fatica tocca a noi tre. Diamoci da fare, ragazze.

- Chissà se in tutto questo non c’è una nota positiva: forse tornerà quel formatore venuto lo scorso novembre, quel Gabriele. Non ti farebbe piacere, Chiara? – osservò Rossana.

Alludeva a qualcosa che invece fece rabbrividire l’amica la quale preferì non pensare nemmeno a quest’altra funesta probabilità e si mise a lavorare di buzzo buono.

 

**

 

La confusione però fu tremenda. I telefoni squillavano all’impazzata; i colleghi convocati da tutta l’Italia meridionale cominciarono a tempestarle di domande a cui non potevano ancora rispondere; i contatti da prendere erano tanti e tutta l’Amministrazione era in subbuglio. Come al solito nella baraonda Chiara perdeva la bussola e cominciò ad agitarsi con la relativa conseguenza di commettere un mucchio di sbadataggini: mandò una e-mail a persone sbagliate, inviò una lettera senza gli allegati e stette molto tempo a contattare una sala congressi prima di rendersi conto che aveva chiuso l’anno precedente. Prima di colazione era già distrutta e preoccupata perché quando temeva di sbagliare lo faceva ancora di più.

Il pomeriggio fu ancora più tragico. Raimondi aveva chiesto dei dati all’Ufficio Contabilità sui costi sostenuti nell’ultima, analoga manifestazione. Il collega Ragni li consegnò a Chiara verso le quattro mentre lei stava a telefono cercando di spostare un viaggio già prenotato per un direttore di succursale di Catania.

Poco dopo il capo si affacciò nella stanza e le chiese di portaglieli perché doveva comunicarli all’Organizzazione di Milano. La ragazza incominciò a cercarli sulla scrivania ingombra di scartoffie senza trovarli. Provò allora  nei raccoglitori presi per ultimi, nei cassetti, sotto la scrivania, nel cestino della cartastraccia, ma niente! Innervosita, riguardò di nuovo tutti i fogli davanti a lei mentre si sentiva la voce irritata di Raimondi che nella stanza affianco urlava: “Chiaraaaaaa! ‘Sti benedetti dati, me li porti o no che sono già a telefono?”.

Guardò ancora nel cestino della cartastraccia, ancora per terra, ancora nei cassetti … non li trovò. In cerca di soccorso, lanciò uno sguardo disperato alle colleghe entrambe occupatissime a telefono.

Di nuovo la voce del capo urlò:” Chiaraaaa!”.

A quel punto crollò.

Appoggiata alla scrivania, abbandonò il capo sulle braccia e scoppiò in singhiozzi.

A tale scena sia Federica che Rossana troncarono le conversazioni telefoniche e corsero verso di lei.

-  Ma cosa è successo? – le chiesero insieme.

E lei, tra i singhiozzi, confidò:

- I dati che mi ha portato Ragni, non li trovo più, non li trovo più!

Intanto il capo aveva dovuto dire al suo interlocutore di non essere ancora pronto. Mortificato per la brutta figura, stava urlando nella stanza accanto che non si poteva fidare di nessuno, che doveva fare tutto lui, che Chiara era un’imbranata cronica…

Quest’ultima intanto singhiozzava sempre più sconvolta.

In quel momento riapparve sull’uscio Ragni il quale, accortosi di quanto stava succedendo, spiegò:

- Ma ce li ho ancora io! Li ho riportati un attimo di là perché dovevo fare una correzione. Mi dispiace, gliel’ho anche detto a Chiara, ma forse era a telefono e non mi ha sentito – aggiunse allo sguardo di rimprovero lanciatogli dalle due colleghe.

Federica gli strappò di mano la cartellina azzurra e si affrettò ad andarla a portare al capo sbraitante. Intanto Ragni, che era un gran brav’uomo, mortificato  di vedere la ragazza piangere in quel modo per colpa sua, le fece una carezza sui capelli con tenerezza paterna.

- Dai figliola, ti prego, non piangere così, mi fai sentire in colpa! – la consolò.

Quella carezza affettuosa fu come un balsamo per la povera Chiara che alzò il visino inondato di lacrime e gli fece un sorrisetto rassicurante come a volergli dire che non ce l’aveva con lui.

Dopo, quando fu  tornata un po’ più calma, per toglierla dalla confusione Federica le chiese di andare a fare delle fotocopie. Grata di potersi allontanare per un po’, la ragazza andò nella stanza della fotocopiatrice. Purtroppo quella non era la sua giornata perché non solo la macchina s’inceppò continuamente, ma finì per farle perdere anche l’ordine degli originali e così, quando era già passato da un bel po’ l’orario di uscita, dovette rientrare in ufficio e chiedere aiuto alle colleghe per rimettere le copie a posto.

 

**

 

Massimo aveva fatto il sostenuto ma aveva molta professionalità e sapeva che l’impegno a cui andavano incontro non era di poco conto. Non voleva fare brutta figura e nonostante fosse in ferie, andò a Milano a trovare i colleghi ispettori che già avevano fatto quel tipo di esperienza per le filiali dell’Italia del nord.

I contatti furono molto proficui e nel pomeriggio, come gli era stato consigliato, si recò anche all’Ufficio Formazione per concordare gli interventi da preparare.

Il responsabile era un omone grande e grosso molto gioviale il quale si mise subito a sua disposizione informandosi sulle modalità e sui luoghi degli incontri programmati. Quando seppe che si sarebbero svolti a Napoli, commentò rivolto ad un collaboratore seduto alla scrivania accanto:

- Allora ci mandiamo Gabriele, che ne dici Gino?

- No, Fabio, non glielo puoi fare, quello non si è ancora ripreso! – gli rispose quest’ultimo ridendo.

- E cos’è che lo ha tanto sconvolto, se è lecito sapere? Non dico che Napoli sia Ginevra ma non è nemmeno la Tanzania! – commentò Massimo, divertito.

- No, non è questo. È che quando è stato lì lo scorso novembre si è preso una brutta scuffia per una collega. Come si chiamava, Clara mi pare, no? – domandò all’altro.

Massimo si sentì rimescolare. Possibile che …

- No, mi pare fosse una certa Chiara. Lavora in  Amministrazione. Poverino, risparmialo, saresti crudele a rimandare  lui!

- Ehi, ehi, qui stiamo parlando di lavoro! Gabriele conosce già la città e l’ambiente ed è la persona più adatta per collaborare con  Rossi  e Corona.

Ma quest’ultimo non lo stava nemmeno più a sentire. In fretta troncò la conversazione aggiornandosi all’indomani e se ne andò diritto verso il suo albergo.

Il viso accigliato, l’animo in subbuglio, non poteva credere ad una combinazione del genere. Intanto era proprio così: altre ragazze di nome Chiara, a Napoli e in Amministrazione, non ce n’erano. Doveva essere proprio lei.

Hai capito la santarellina? Quella che lo aveva accusato di avere una ragazza in ogni porto. A quanto pareva anche lei non se li faceva scappare quelli di passaggio!

La gelosia provata in quel momento lo faceva star male. Non sopportava l’idea che solo pochi mesi prima Chiara avesse potuto stare con un altro ed anche se la cosa era finita, era furibondo lo stesso perché non glielo aveva detto, limitandosi a raccontargli l’infelice storia dell’uomo che l’aveva tradita. Aveva una gran voglia di telefonarle e cantargliene quattro, ma si conosceva bene e sapeva che avrebbe potuto farle anche molto male. In fondo era meglio ignorarla un’ipocrita così, lasciarla perdere, come d'altronde aveva già deciso di fare da un pezzo.

 

**

 

Fu una gran fortuna che avesse preso quella decisione perché nello stato in cui era,  la ragazza non avrebbe mai potuto sopportare parole dure da parte dell’uomo amato.

Triste e frustata per le cose successe in ufficio, dovette ricorrere ad un sonnifero per riposare e questa era una cosa che non le piaceva affatto perché per un po’ aveva creduto di aver superato la necessità di ricorrere a simili rimedi per trovar  pace.


   
 
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