No,
carissime Arte e Vale,
Chiara non è in dolce attesa, sta solo soffrendo molto e per
questo le sono
ricominciati i disturbi nervosi di cui ha già sofferto in
passato. Anche
Massimo però si sta arrovellando molto. A modo suo sta
veramente male, tanto che
lui, per il passato sempre allegro e solare, questa
volta non riesce a controllare la propria
rabbia persino con le persone a cui vuole più bene (Chiara
compresa).
Come mi ha fatto notare CriCri, entrambi
continuano a sbagliare perché si sono arroccati nelle
reciproche posizioni,
convinti di non poter agire diversamente. Ma se è vero,
così come si dice, che
la vera saggezza nasce solo dalla sofferenza, allora lasciamoli ancora
un po’a tormentarsi,
questi due testoni. Se lo
meritano, visto che non vogliono imparare ad abbandonare i propri
preconcetti
rischiando in questo modo di allontanarsi definitivamente.
Eccovi quindi un nuovo capitolo dove li lascerò a macerarsi
un bel po’. A
proposito, consentitemi di dedicarlo alla mia amica Nicoletta la quale,
anche
se non commenta, so che mi sta seguendo. Lei, più di ogni
altra, riuscirà a ritrovare
in queste mie fantasie sprazzi
di vita
vissuta…
Un bacio
a quelle che mi
recensiscono (tesori miei!) a chi mi segue e a chi mi legge
semplicemente. Mi
state facendo tutte un vero regalo!
6
SETTEMBRE giovedì
Invece
il giorno successivo non fu tranquillo,
anzi, si
scatenò l’inferno. A prima
mattina Raimondi fece una riunione e parlò a tutti gli
impiegati di Amministrazione
del grande impegno
che li attendeva. Bisognava
organizzare un incontro in grande stile, fare le convocazioni,
prenotare gli
alberghi, i voli per coloro che venivano da fuori città,
scegliere le sale
adatte, predisporre le colazioni di lavoro e preparare tutto il
materiale
occorrente ai formatori ed agli ispettori.
-
In fondo – concluse – non è la prima
volta che facciamo una simile esperienza e conto sulla
professionalità di voi
tutti per fare una splendida figura con il Consiglio di Amministrazione.
Quando
rientrarono nella loro stanza,
Federica commentò con le colleghe:
-
Belle parole, però il grosso della
fatica tocca a noi tre. Diamoci da fare, ragazze.
-
Chissà se in tutto questo non c’è una
nota positiva: forse tornerà quel formatore venuto lo scorso
novembre, quel
Gabriele. Non ti farebbe piacere, Chiara? –
osservò Rossana.
Alludeva
a qualcosa che invece fece
rabbrividire l’amica la quale preferì non pensare
nemmeno a quest’altra funesta
probabilità e si mise a lavorare di buzzo buono.
**
La
confusione però fu tremenda. I
telefoni squillavano all’impazzata; i colleghi convocati da
tutta l’Italia
meridionale cominciarono a tempestarle di domande a cui non potevano
ancora
rispondere; i contatti da prendere erano tanti e tutta
l’Amministrazione era in
subbuglio. Come al solito nella baraonda Chiara perdeva la bussola e
cominciò
ad agitarsi con la relativa conseguenza di commettere un mucchio di
sbadataggini: mandò una e-mail a persone sbagliate,
inviò una lettera senza gli
allegati e stette molto tempo a contattare una sala congressi prima di
rendersi
conto che aveva chiuso l’anno precedente. Prima di colazione
era già distrutta
e preoccupata perché quando temeva di sbagliare lo faceva
ancora di più.
Il
pomeriggio fu ancora più tragico.
Raimondi aveva chiesto dei dati all’Ufficio
Contabilità sui costi sostenuti
nell’ultima, analoga manifestazione. Il collega Ragni li
consegnò a Chiara
verso le quattro mentre lei stava a telefono cercando di spostare un
viaggio
già prenotato per un direttore di succursale di Catania.
Poco
dopo il capo si affacciò nella
stanza e le chiese di portaglieli perché doveva comunicarli
all’Organizzazione
di Milano. La ragazza incominciò a cercarli sulla scrivania
ingombra di
scartoffie senza trovarli. Provò allora
nei raccoglitori presi per ultimi, nei cassetti, sotto la
scrivania, nel
cestino della cartastraccia, ma niente! Innervosita,
riguardò di nuovo tutti i
fogli davanti a lei mentre si sentiva la voce irritata di Raimondi che
nella
stanza affianco urlava: “Chiaraaaaaa! ‘Sti
benedetti dati, me li porti o no che
sono già a telefono?”.
Guardò
ancora nel cestino della
cartastraccia, ancora per terra, ancora nei cassetti … non
li trovò. In cerca
di soccorso, lanciò uno sguardo disperato alle colleghe
entrambe occupatissime
a telefono.
Di
nuovo la voce del capo urlò:”
Chiaraaaa!”.
A
quel punto crollò.
Appoggiata
alla scrivania, abbandonò il
capo sulle braccia e scoppiò in singhiozzi.
A
tale scena sia Federica che Rossana
troncarono le conversazioni telefoniche e corsero verso di lei.
-
Ma cosa è successo? – le chiesero
insieme.
E
lei, tra i singhiozzi, confidò:
-
I dati che mi ha portato Ragni, non
li trovo più, non li trovo più!
Intanto
il capo aveva dovuto dire al
suo interlocutore di non essere ancora pronto. Mortificato per la
brutta
figura, stava urlando nella stanza accanto che non si poteva fidare di
nessuno,
che doveva fare tutto lui, che Chiara era un’imbranata
cronica…
Quest’ultima
intanto singhiozzava
sempre più sconvolta.
In
quel momento riapparve sull’uscio
Ragni il quale, accortosi di quanto stava succedendo, spiegò:
-
Ma ce li ho ancora io! Li ho riportati
un attimo di là perché dovevo fare una
correzione. Mi dispiace, gliel’ho anche
detto a Chiara, ma forse era a telefono e non mi ha sentito –
aggiunse allo
sguardo di rimprovero lanciatogli dalle due colleghe.
Federica
gli strappò di mano la
cartellina azzurra e si affrettò ad andarla a portare al
capo sbraitante.
Intanto Ragni, che era un gran brav’uomo, mortificato di vedere la ragazza
piangere in quel modo
per colpa sua, le fece una carezza sui capelli con tenerezza paterna.
-
Dai figliola, ti prego, non piangere
così, mi fai sentire in colpa! – la
consolò.
Quella
carezza affettuosa fu come un
balsamo per la povera Chiara che alzò il visino inondato di
lacrime e gli fece
un sorrisetto rassicurante come a volergli dire che non ce
l’aveva con lui.
Dopo,
quando fu tornata
un po’ più calma, per toglierla dalla
confusione Federica le chiese di andare a fare delle fotocopie. Grata
di
potersi allontanare per un po’, la ragazza andò
nella stanza della fotocopiatrice.
Purtroppo quella non era la sua giornata perché non solo la
macchina s’inceppò
continuamente, ma finì per farle perdere anche
l’ordine degli originali e così,
quando era già passato da un bel po’
l’orario di uscita, dovette rientrare in
ufficio e chiedere aiuto alle colleghe per rimettere le copie a posto.
**
Massimo
aveva fatto il sostenuto ma aveva
molta professionalità e sapeva che l’impegno a cui
andavano incontro non era di
poco conto. Non voleva fare brutta figura e nonostante fosse in ferie,
andò a
Milano a trovare i colleghi ispettori che già avevano fatto
quel tipo di
esperienza per le filiali dell’Italia del nord.
I
contatti furono molto proficui e nel
pomeriggio, come gli era stato consigliato, si recò anche
all’Ufficio
Formazione per concordare gli interventi da preparare.
Il
responsabile era un omone grande e
grosso molto gioviale il quale si mise subito a sua disposizione
informandosi
sulle modalità e sui luoghi degli incontri programmati.
Quando seppe che si
sarebbero svolti a Napoli, commentò rivolto ad un
collaboratore seduto alla
scrivania accanto:
-
Allora ci mandiamo Gabriele, che ne
dici Gino?
-
No, Fabio, non glielo puoi fare,
quello non si è ancora ripreso! – gli rispose
quest’ultimo ridendo.
-
E cos’è che lo ha tanto sconvolto, se
è lecito sapere? Non dico che Napoli sia Ginevra ma non
è nemmeno la Tanzania!
– commentò Massimo, divertito.
-
No, non è questo. È che quando è
stato lì lo scorso novembre si è preso una brutta
scuffia per una collega. Come
si chiamava, Clara mi pare, no? – domandò
all’altro.
Massimo
si sentì rimescolare. Possibile
che …
-
No, mi pare fosse una certa Chiara.
Lavora in Amministrazione.
Poverino,
risparmialo, saresti crudele a rimandare
lui!
-
Ehi, ehi, qui stiamo parlando di
lavoro! Gabriele conosce già la città e
l’ambiente ed è la persona più adatta
per collaborare con Rossi e Corona.
Ma
quest’ultimo non lo stava nemmeno
più a sentire. In fretta troncò la conversazione
aggiornandosi all’indomani e
se ne andò diritto verso il suo albergo.
Il
viso accigliato, l’animo in
subbuglio, non poteva credere ad una combinazione del genere. Intanto
era
proprio così: altre ragazze di nome Chiara, a Napoli e in
Amministrazione, non
ce n’erano. Doveva essere proprio lei.
Hai
capito la santarellina? Quella che
lo aveva accusato di avere una ragazza in ogni porto. A quanto pareva
anche lei
non se li faceva scappare quelli di passaggio!
La
gelosia provata in quel momento lo
faceva star male. Non sopportava l’idea che solo pochi mesi
prima Chiara avesse
potuto stare con un altro ed anche se la cosa era finita, era furibondo
lo
stesso perché non glielo aveva detto, limitandosi a
raccontargli l’infelice
storia dell’uomo che l’aveva tradita. Aveva una
gran voglia di telefonarle e
cantargliene quattro, ma si conosceva bene e sapeva che avrebbe potuto
farle
anche molto male. In fondo era meglio ignorarla un’ipocrita
così, lasciarla
perdere, come d'altronde aveva già deciso di fare da un
pezzo.
**
Fu
una gran fortuna che avesse preso
quella decisione perché nello stato in cui era,
la ragazza non avrebbe mai potuto sopportare parole dure
da parte
dell’uomo amato.
Triste
e frustata per le cose successe
in ufficio, dovette ricorrere ad un sonnifero per riposare e questa era
una
cosa che non le piaceva affatto perché per un po’
aveva creduto di aver
superato la necessità di ricorrere a simili rimedi per trovar pace.