Era quasi
l’alba. All’orizzonte iniziava a intravedersi un
lieve chiarore. Alessia si
stava faticosamente facendo strada attraverso le fronde cespugliose
degli alberi
ostili, tenendo saldamente le briglie di Hificles, che la seguiva
qualche passo
dietro di lei. La mente continuava a riportarle dinanzi agli occhi le
immagini
dell’aggressione del mostruoso orso avvenuta alcune ore
prima. Era ancora visibilmente
scossa, ma faceva di tutto per mantenere il controllo. Continuava a
ripetersi
che il difficile doveva ancora venire, e non poteva lasciarsi
impressionare da
quegli ostacoli. Quand’era partita, era ben conscia di
ciò che l’attendeva. Sapeva
che Esterme, tappa obbligata per uscire di nascosto dalla Lirosia, era
un luogo
assai pericoloso.
Alessia
continuava a pensare a quello che aveva fatto: aveva dimostrato di
possedere
una buona capacità di improvvisazione, e se ne compiaceva.
Riconosceva,
tuttavia, che per portare a termine il suo viaggio gliene sarebbe
servito molto
altro ancora.
La ragazza,
in mezzo ai rovi e agli onnipresenti arbusti, si stava avvicinando
sempre più
al cuore della famigerata selva. Erano pochissimi coloro che avevano
raggiunto
quel punto ed avevano fatto ritorno. Alessia si tranquillizzava
pensando che in
nessun caso avrebbe fatto ritorno. Nessuna occhiata alla strada dietro
di sé,
importava solo il cammino ancora lunghissimo e tortuoso che si
stagliava di
fronte.
La luce
filtrava abbondante ora, e la foresta aveva un aspetto un po’
meno inquietante.
Si distrasse momentaneamente a guardare il cielo, che a poco a poco si
stava
rischiarando, e per poco non inciampò, rischiando di
ruzzolare a terra. Quando
alzò nuovamente lo sguardo, vide che nelle vicinanze gli
alberi si diradavano e
vi si poteva intravedere in mezzo un sentiero. Alessia non ne poteva
più del
percorso accidentato su cui aveva proseguito fino a quel momento, e si
affrettò
rumorosamente in direzione del selciato.
Non appena
vi mise piede, capì immediatamente che quel posto era
strano. Rimase sbalordita
dalla sua stranezza, dalla bizzarria che ne pervadeva ogni angolo. Era
entrata
in una zona molto più ampia di quanto avesse previsto.
Osservando gli alberi
che la delimitavano, comprese che essa era quasi perfettamente
circolare; un
cerchio troppo perfetto per essere naturale. Sembrava che i tronchi
fossero
stati piantati lì in modo da circoscrivere un’area
ben precisa.
Per
sicurezza preferì legare le briglie di Hificles a un ramo
nelle vicinanze e
andare da sola in esplorazione. Comprese subito che non era la
singolare recinzione
arborea a costituire la vera stranezza. A quanto vedevano i suoi occhi,
la
radura era coltivata. Apparentemente secondo una disposizione
geometrica, erano
stati piantati cespugli e colture di notevole varietà. Se
non lo avesse visto
con i propri occhi o se qualcuno glielo avesse raccontato, non vi
avrebbe mai
creduto.
RECENSITE, MI RACC!