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SETTEMBRE sabato
Benché
in quel periodo avesse il viso
un po’ sciupato, Chiara era sempre molto graziosa. Quella
mattina indossava gli
stessi jeans e la stessa maglietta che aveva messo il giorno di
Ferragosto
quando era andata
con Massimo al Museo
Archeologico. Portava i capelli trattenuti da un cerchietto ed i
riccioli neri
le facevano una graziosa cornice intorno al volto dove spiccavano gli
occhi
scuri.
Quando
entrò nello scompartimento del
treno per Roma, due giovanotti seduti
in
attesa che il convoglio partisse, le lanciarono subito
un’occhiata e poi si
affrettarono ad aiutarla a mettere la valigia sulla reticella. Uno di
loro,
quello più carino, le cedette anche il posto accanto al
finestrino. La ragazza
fu grata di tutte quelle gentilezze ma non desiderava dare corda e
così, appena
si fu seduta, infilò un paio di occhiali da sole e si
immerse nella lettura di
un libro. Per un po’ i due tentarono ancora una
conversazione, poi si misero a
parlare tra loro ed infine, quando il treno partì, uscirono
addirittura dal
vagone lasciandola sola.
Soltanto
a questo punto Chiara sollevò
lo sguardo e si chiese se per caso non fosse stata troppo scortese.
Purtroppo
non poteva farci niente, nello stato d’animo in cui era
l’intero universo
maschile avrebbe potuto anche ridursi ad un solo individuo: Massimo.
Non
riusciva a fare a meno di pensare a
lui, qualsiasi cosa facesse. Lo amava moltissimo. Più ci
pensava e più lo
trovava meraviglioso e si chiedeva come avrebbe fatto a rinunciarci per
sempre.
Era sicura che il suo aspetto fisico non fosse stato un fattore
rilevante né
tanto meno la sua posizione in azienda perché anche Gabriele
era stato altrettanto
piacente ed aveva una buona posizione economica. Nonostante
ciò, per lui non
aveva provato la minima attrazione. Rammentava gli sforzi che aveva
dovuto fare
per allontanarlo quando si era resa conto che le poche volte in cui
erano
usciti insieme fossero bastate a farlo innamorare. Altrettanto bene
rammentava
i commenti delle colleghe: “ma tu sei pazza, non lo vedi che
è un bel ragazzo,
ha intenzioni serie, ma come fa a non piacerti!”. Avevano
ragione, Gabriele in
teoria era tutto quanto una donna potesse desiderare eppure non era
scattata in
lei quell’identica malia che invece l’aveva
imprigionata a Massimo sin dal
primo momento.
-
“Certo è una cosa strana l’amore
–
rifletteva tra di sé mentre guardava il paesaggio scorrere
fuori dal finestrino
- l’ho fatto soffrire, così come sto facendo
soffrire ora Mario” – poi, ricordando
il senso di fastidio che le avevano dato le profferte amorose dei due
uomini,
pensò ancora – “È crudele, lo
so, ma non ci posso fare niente se per loro non
sento nulla. Forse anche Massimo si comporterebbe così con
me se gli dicessi
che mi sono innamorata perdutamente di lui. L’amore
è solo una maledetta ruota
che gira all’impazzata, meglio farne a meno!
**
Quella
mattina Massimo stava
trafficando in garage con la sua moto quando
la madre gli portò il cordless dicendogli
semplicemente: “ È Daniela”.
L’uomo
rimase per un attimo interdetto,
poi si pulì le mani con uno straccio e prendendo il
telefono, rispose po’
titubante perché non riusciva ad immaginare in che stato
d’animo potesse essere
la sua ex ragazza.
-
Stronzone! – gli fece invece questa tutta
allegra – È mai possibile che me lo debba dire
Sandra da Parigi che sei a
Bologna da una settimana? Non potevi alzare il ditino e farmi una
telefonata?
-
Veramente mi pareva di ricordare che
tu mi avessi mandato a quel paese – replicò, un
po’ sollevato perché non si
profilavano tempeste.
-
È vero, ma sono disposta a perdonarti
se mi porti a cena nel ristorante più elegante e costoso
della città.
Al
silenzio di lui aggiunse con un tono
assai ironico:
- Wow, che entusiasmo!
-
No, scema, non è questo, volentieri
ti porto a cena fuori, solo…
-
Solo?
-
Non mi va di andare in un posto
troppo elegante. Sto già tutta la settimana incravattato e
vestito come un
pinguino, perlomeno il sabato sera vorrei stare in libertà.
Ci verresti da
Arturo?
-
E va bene, lì si mangia bene. Vuol
dire che mi
abbufferò come una maialina
e rinuncerò all’eleganza. Ci vediamo alle nove
sotto casa mia. Ciao – concluse
rapida per non dargli il tempo di ripensarci.
In
effetti Massimo era rimasto un po’
confuso. Che diamine, aveva fatto il tira e molla tutta la settimana
decidendo
che era meglio non vedersi con lei per poi capitolare in meno di cinque
minuti.
Adesso correva il rischio di dover ricominciare tutto da capo! Era
stato uno
stupido, ma cercò di giustificarsi ai suoi stessi occhi
dicendosi che un sabato
sera trascorso in solitudine o a casa davanti alla TV, non sarebbe
stato il
toccasana per il suo umore già così nero.
**
Alle
nove era già sotto il palazzo
della ragazza, appoggiato alla Toyota della sorella e
l’aspettava fumando una
sigaretta. Com’era nelle sue intenzioni, si era vestito in
modo del tutto
casual ma i capelli color miele apparivano
morbidi e lucenti e la barba, appena una spolverata sul
viso, gli faceva
risaltare ancora di più lo splendore degli occhi.
Mentre
si avvicinava alla macchina, Daniela
lo osservò da lontano e si disse
che qualche
corno poteva
benissimo sopportarlo pur di tenersi un uomo così. Appena
gli fu vicino, gli
stampò un bacione sulla bocca che lui ricambiò
con affetto.
-
Sai, ti guardavo mentre ti avvicinavi
e mi chiedevo perché non hai fatto la top model invece che
l’infermiera. Sei
così bella! - le disse, galante come sapeva
essere quando ci si metteva.
-
Forse perché sono una sadica e
preferisco infilare aghi e fare clisteri piuttosto che sfilare sulle
passerelle. Ti consiglio di stare molto attento con me! – gli
rispose lei scherzando,
però era
stata contenta del complimento che
aveva sentito sincero.
Massimo
finse di rabbrividire
all’ipotesi di un trattamento esclusivo, poi la
portò da Arturo dove si
mangiava davvero molto bene. Nel notare che lei gli faceva concorrenza
nello
spazzolarsi il cibo, pensò: “Finalmente, una che
non spilluzzica come un
uccellino.”
Parlarono
del più e del meno, ma in
realtà fu quasi sempre la ragazza a tenere la conversazione.
Purtroppo Daniela
era uno di quei tipi sempre in lotta con il mondo e con il prossimo,
non le
andava mai bene niente: i colleghi, il proprietario del suo
appartamento, i
pazienti, gli amici e persino quel povero cameriere che li stava
servendo al
tavolo che provvedeva a richiamare di continuo con tono autoritario.
Non era
facile del tutto rilassarsi insieme a lei, questo Massimo lo sapeva
bene ed il suo
pensiero andò a Chiara, invece così dolce e
timida. Come l’aveva definita
Dario? Ah sì! Un laghetto alpino…
-
A cosa stai pensando? – gli chiese la
ragazza insospettita dal suo sguardo assente.
-
Niente, ti stavo ascoltando – si
affrettò a risponderle.
-
Davvero? E che stavo dicendo? – lo
interrogò.
-
Stavi parlando della tua collega
che...
-
Questo l’ho detto prima! Lo vedi che
non mi stavi ascoltando? – lo rimbrottò con una
vocetta acuta.
-
Va bene, mi sono distratto un attimo!
Vuoi farne una tragedia per caso? – protestò lui,
irritato.
Come
succedeva spesso tra loro, avrebbero
potuto anche rovinarsi la serata per una cosa del genere
perché Daniela non
sopportava neanche un istante di perdere il controllo della situazione.
Questa
volta però la donna sapeva che
una mossa falsa avrebbe potuto compromettere tutta la sua operazione di
recupero e così si affrettò a sorridergli e a
cambiare argomento.
-
Sai, ho incontrato Nando e Giorgia.
Stanno già organizzando il prossimo viaggio in Australia a
febbraio o a marzo.
Mi hanno chiesto se ci andremo anche noi.
L’attenzione
del giovane fu subito
catturata da quella prospettiva.
-
Spero tu abbia detto di sì,
naturalmente – le disse.
-
Che ne sapevo io se tu
eri disponibile! Per
quanto mi riguarda, dovrò fare i conti
con le mie finanze.
-
Questo non è
certo un problema. Se vorrai venire, ti
aiuterò io per le spese.
Non
ci teneva ai soldi e viaggiare con
gli amici era il suo vero, unico hobby per cui volentieri aiutava chi
tra loro
non aveva la sua stessa disponibilità economica. Lo avrebbe
fatto anche con la
ragazza, pur non sentendosi in qualche modo vincolato ad instaurare di
nuovo un
rapporto amoroso per questo. Lei invece la prese come una promessa di
riallacciare la loro relazione e ne fu contentissima tanto da diventare
per
tutto il resto della serata dolce come non lo era mai stata.
La
riaccompagnò verso le undici ed
erano già quasi arrivati sotto casa quando lei lo
abbracciò mentre stava ancora
guidando. Gli posò la testa sulla spalla e con una carezza
abbastanza
eloquente, lo invitò maliziosa:
-
Che ne dici di salire da me? Sto
morendo dalla voglia di fare l’amore…
Massimo
pensò a quanto gli piaceva. Era
stata sempre una persona disinibita nelle cose del sesso ed anche
questo aveva
contribuito a farlo legare non poco. Gli venne in mente però
che negli ultimi
tempi aveva sperimentato quanto
potesse
essere ancora più seducente una donna
all’apparenza fredda come il ghiaccio ma
che diventava fiamma incandescente non appena la si toccava.
Però, siccome era
un uomo giovane e dai sani appetiti sessuali, non era certo il tipo da
tirarsi
indietro quando una bella ragazza gli faceva certe proposte.
Così, scacciando
quel ricordo inopportuno e posandole un bacio sulla fronte, le rispose:
-
Incomincia a salire tu, io parcheggio
la macchina e vengo.
Eh, eh,
eh, (risatina
sardonica e malignetta): visto che ormai questa storia più
che ad un romanzo
sta somigliando ad una soap, mi è venuta la tentazione di
fare come nelle più
classiche opere di questo genere: finire sul più bello ed il
resto… alla prossima
puntata! È una
regola questa che
consente di mantenere viva l’attenzione ed assicurarsi che
chi segue continui
a farlo, se non altro per la
curiosità di sapere come va a finire. Ma in considerazione
del fatto che le mie
dolcissime lettrici e le ancora più dolci recesintrici ( a
proposito, a SweetCerry
che si è aggiunta un grazie di cuore) continuano sempre a
seguirmi ed io non
sono poi tanto sadica, ed onde evitare inoltre che le vostre belle
parole di
encomio si trasformino in parolacce, se volete sapere come è
andata a finire la
serata tra Massimo e Daniela, proseguite nella lettura…
Sabato,
ore 23,30
Ci
mise un po’ di tempo a trovare un posto
per l’auto ma quando arrivò davanti
all’uscio di casa si stupì di trovarlo
soltanto accostato. Entrò nell’ingresso buio e si
avvide della tenue luce che
filtrava dalla camera da letto. Sorrise tra sé
perché aveva intuito qualcosa ed
infatti trovò Daniela già a letto, con il
lenzuolo tirato fin quasi sotto il
mento.
-
Ehi, pazzerella – le sussurrò
sedendosi accanto a lei – hai lasciato la porta aperta. E se
invece di me fosse
arrivato un maniaco?
La
ragazza rise.
-
Beh, se fosse stato un bel ragazzo mi
avresti trovato a letto con lui – scherzò, ma poi,
attirandoselo contro, gli
sussurrò – Ma tu sei il più bel ragazzo
che io conosca!
Cominciarono
a baciarsi. Massimo
sentiva l’eccitazione crescere sempre di più ma ad
un tratto, tra un bacio ed
una carezza, lei gli disse, suadente:
-
Devo darti di nuovo le chiavi di casa
così non sarò costretta a lasciare la porta
aperta per farti entrare. D’altra
parte se a dicembre torni a Bologna definitivamente verrai di nuovo a
stare qui
da me, non è vero?
Per
un attimo il giovane rimase interdetto.
Come faceva a dirle proprio in quel momento che non intendeva
riallacciare una
relazione più impegnativa?
Daniela
intanto si era scostata il
lenzuolo e, nuda, gli era apparsa in tutta la sua bellezza. Pur
volendo, non
avrebbe potuto parlare perché quella visione gli aveva
seccato la gola. Era da
tanto che non facevano all’amore e ritornare a sentire quel
bel corpo
longilineo così stretto al suo, lo infiammò. Si
chinò su di lei e pian piano
cominciò a sfiorarle con le labbra la pelle e a carezzarle
il seno piccolo e
sodo.
Doveva
solo lasciarsi andare, non stare
a sentire quella vocina interiore la quale gli diceva che non era
onesto farle
intendere che tra loro non era cambiato nulla. E poi forse davvero non era cambiato niente anche se
ora c’era Chiara.
Ad
un tratto, come in un flash back, si
ricordò di lei e del suo corpo, così diverso,
minuto, morbido, femminile. Risentì
il profumo della sua pelle,il sapore dei suoi baci e senza volere,
all’improvviso, si ritrovò a desiderare una donna
diversa da quella che stava stringendo
tra le braccia.
Fu
come una doccia fredda che spense la
sua voglia perché in un attimo intuì che era lui
ad essere cambiato. Non poteva
far finta di nulla.
Con
dolcezza, per non ferirla, fermò le
mani di Daniela che già si stavano avviando a slacciargli i
pantaloni.
- Aspetta - le
sussurrò - devo
dirti una cosa.
-
Proprio adesso? Dai, ti prego, ne
parliamo dopo – lo invitò la ragazza e
provò a trarlo di nuovo su di sé.
Però
Massimo non cedette ed ancora una
volta le scostò le mani che gli serravano la nuca.
-
No, aspetta, è importante –
insistette – si tratta di noi, del nostro rapporto.
È cambiato qualcosa ed è
giusto che tu lo sappia.
Due
occhi verdi lo fulminarono con uno
sguardo furente poi Daniela lo allontanò e se ne
scappò nel bagno.
Lui
rimase qualche istante incerto prima
di infilarsi la felpa e tornarsene in salotto dove si accese una
sigaretta in
attesa dell’inevitabile battaglia.
**
Conosceva
bene quella casa, ci aveva
abitato per quasi due anni. Nel guardarsi intorno scoprì
ancora i segni del suo
passaggio: qualche libro che ora faceva da piedistallo ad una lampada
un po’
vecchiotta, la rastrelliera con le sue pipe, la foto incorniciata che
li
ritraeva in gruppo il giorno del
compleanno di suo padre, la stessa che teneva ancora nel
portafoglio,
più per abitudine che per altro.
Si
sentiva confuso e mortificato, ma il
bisogno di chiarezza lo spingeva ad affrontare un discorso che era
necessario
fare. Era strano però che tutta questa onestà
venisse fuori proprio mentre
stava per fare all’amore con Daniela come se, sotto sotto,
gli sembrasse quasi
di tradire Chiara a far sesso con una donna che non fosse lei.
La
ragazza riapparve. Aveva indossato
una t-shirt che però le lasciava ancora le belle gambe
scoperte. Stava fumando
anche lei e gli si sedette accanto sul divano. Per un po’
stette zitta, dopo
però sbottò:
- È tutta colpa
di quella puttana di Napoli,
non è così?
Questa
volta fu lui a lanciarle uno
sguardo adirato perché quell’ insulto lo
infastidiva molto.
-
Non ti permettere di chiamarla così.
Chiara è una brava ragazza e poi non c’entra
niente! Te lo volevo dire da
tanto.
-
Dirmi cosa, se fino a poco più di un
mese fa sembrava filare tutto alla perfezione?
-
Non è vero, Daniela, questo lo sai
bene anche tu, il nostro rapporto non funziona più da tanto
tempo. Ci ho
riflettuto sopra a lungo e non mi sembra giusto continuare
così, soprattutto
per te, in questo modo mi pare di sfruttarti soltanto. Tu sei stata
sempre
pronta a perdonare le mie scappatelle ma ora…
Lei
non lo lasciò finire.
-
Oh, non ti preoccupare, anch’io mi
sono presa le mie belle distrazioni! – gli gettò
in faccia con livore.
Vedendolo
stupito, lo aggredì ancora di
più, alzando la voce:
-
Credevi forse che me la sarei messa
sotto naftalina in attesa delle grazie di sua signoria? Sono giovane,
caro mio,
e tu non la meriti di certo la mia fedeltà!
Massimo
non rispose, ma rimase un
momento a riflettere. Ricordava ancora quello che aveva provato
soltanto il
giorno prima quando il solo pensiero che Gabriele e Chiara avessero
potuto
avere una relazione lo aveva fatto impazzire di gelosia. Come in un
lampo intuì
il perché non gli importasse niente degli amori di Daniela.
-
Lo vedi? Questo non è amore. Non è
possibile che le nostre reciproche infedeltà debbano
lasciarci così
indifferenti. Se soltanto ci amassimo un po’ dovrebbero farci
sentire disperati
ed invece… - le disse calmo.
-
Ma di quale amore vai parlando!?
Amore? Tu? Tu sei
capace di amare solo
te stesso, figuriamoci una donna, anzi mi correggo, una soltanto ami:
quella
santa donna di tua madre!
Il
giovane a questo punto era davvero
infastidito anche perché
lei, come al
solito, stava perdendo il controllo.
Si
alzò per andarsene.
-
Bravo, vattene via – gli urlò dietro
la ragazza stizzita – e non farti vedere mai più!
Ti odio!
Massimo,
molto malinconico, le si
rivolse con sincerità.
-
Mi dispiace che sia dovuta finire
così, credimi!
Per
tutta risposta la sentì urlare:
-
Vattene via, stronzo!
Nel
dirlo gli aveva lanciato contro un
vasetto che solo per un pelo riuscì a schivare e che si
ruppe in mille pezzi
alle sue spalle mentre lasciava quella casa per sempre.