I personaggi di Harry non mi
appartengono e il loro uso non è a scopo di lucro.
Life
Capitolo
due versione 2.0
La
fuga
[…]Era una semplice busta con scritto sopra “Tanti auguri”, il cui
contenuto sembrava mettere a dura prova la resistenza della busta.
Con crescente curiosità lo aprì, ciò che scivolò
fuori lo lascio senza fiato come se qualcuno gli avesse appena tirato un pugno
allo stomaco.
Si alzò di scatto come se la sedia fosse stata
percorsa da una scarica di corrente elettrica, spaventando ulteriormente i
Dursley che lo guardavano con gli occhi sbarrati. Rimase in piedi con il
respiro affannato per un po’, improvvisamente una strana luce attraversò le
iridi verdi di Harry, fu qualcosa di fulmineo di cui nessuno si accorse.
Senza dire una parola si voltò
e tornò in camera sua.
***
Harry salì le scale di corsa ed entrò in
camera sua sbattendo la porta, era furioso.
Rabbia e dolore scorrevano nelle sue vene
come lava bollenta, la busta ancora stretta
convulsamente nella sua mano.
< ”Perché Silente
mi ha mandato questo?” > domandò Harry a se stesso.
< “Perché? Non ero
abbastanza il dolore di ogni istante della sua vita? Maledizione
a lui!” >.
Sentiva in quel momento di detestare il
preside.
Dovettero passare parecchi minuti prima che
in lui tornasse un minimo di autocontrollo.
Si
sedette sul letto e con mano tremante estrasse nuovamente il contenuto della
busta, diverse fotografie scivolarono nelle sue mani.
Se gli
avessero domandato in quel momento se una foto poteva uccidere, avrebbe
risposto di sì.
In quelle
immagini facce in movimento gli sorridevano felici, erano i ricordi del Natale
passato a Grimmuald place.
Sirius
che beveva allegramente, aveva il viso sereno, le tracce del periodo passato ad
Azkaban non erano scomparse ma si erano decisamente
attenuate.
Persino
il pensiero di Voldemort in quel breve momento passato con i suoi amici l’anno
prima sembrava quasi un brutto sogno.
In
un’altra foto Harry e il suo padrino erano abbracciati, insieme a Lupin e a
Thonks.
Una
nuova stampa mostrava tutti i membri della famiglia Weasley che gioivano
circondando il capofamiglia coperto di graffi e bende che stava
seduto al centro.
Il
povero signor Arthur poco prima di quel Natale fu attaccato da Voldemort, finì
al San Mungo in gravi condizioni e dopo aver spaventato a morte tutti, si era
lentamente ripreso.
Quelle
immagini in movimento non facevano altro che ricordargli cosa aveva perso per
sempre, tutto quello che aveva provato nel sentirsi insieme con una vera
famiglia, un tempo passato che non sarebbe mai ritornato.
< Sono stato
felice lì, se solo Sirius non fosse scivolato oltre quel maledettissimo velo! > Si accorse solo in quel momento che le
lacrime gli bagnavo il viso.
“Sirius non doveva essere lì maledizione, non
doveva!” urlò Harry spaventando Edvige.
“E’ stata tutta colpa mia, soltanto colpa mia” continuò tra i singhiozzi.
Passò
così più di un ora fino a quando Harry gridò ad alta voce un...
“Basta piangere. E’ il momento di prendere il
mano la mia vita”
continuò parlando con se stesso e la sua civetta.
Continuando
a fissare quel pezzo
di carta si rese conto che quel magico momento non si sarebbe mai più ripetuto,
la vita dell’ultimo dei Black si era spezzata per sempre, ed era inutile
continuare a sperare che le cose fossero diverse dalla realtà.
Per
l'ennesima volta aveva procurato dolore.
Per
l'ennesima volta era solo colpa sua.
Rimise
le foto nella busta inviatagli dal preside, non le avrebbe più guardate fino a
quando non sarebbe stato capace di nascondere agli altri il suo dolore.
Aveva
preso una decisione, Silente ne era indirettamente responsabile, quello che gli
aveva mandato era servito per fare chiarezza dentro di lui.
Seduto
sul suo letto al numero quattro di Privet Drive, Harry aveva appena preso una
decisione difficile, ma era certo che sarebbe andato fino in fondo.
Aveva
molte cose da organizzare se voleva sistemare tutto per procedere la notte
stessa.
Con
molta cura prese a riordinare le sue cose, mise sul letto quelle che riteneva di prima
necessità e
rispose le altre nel baule.
Era convinto
di possedere meno roba, se ne rese conto proprio mentre passava a rassegna
tutti i suoi averi, per lo più era roba di scuola: libri, piume, divise e
accessori vari.
Sul
letto alla fine non erano rimaste molte cose “necessarie” ma adesso doveva risolvere
il problema di Edvige, la sua civetta bianca: un'amica fedele, oltre che il
primo regalo di compleanno della sua vita.
Era
indubbiamente uno splendido esemplare, proprio per questo se individuata
era facilmente riconoscibile .
Non
poteva di certo lasciarla ai Dursley perché era sicuro che l'avrebbero
lasciata morire di fame, e non poteva nemmeno liberarla perché conoscendola
lo avrebbe seguito comunque.
Un bel
problema.
Decise
di rimandare la decisione finale a quando gli fosse venuta in mente una soluzione
migliore.
Prese
un vecchio zaino notevolmente logoro, un regalo dei Dursley per il suo ottavo
compleanno. Un sorriso ironico gli si dipinse sul volto a quel ricordo. Harry a
quel tempo portava i suoi libri di scuola a mano perché non aveva uno zaino in
cui metterli, così Petunia decise di dargliene uno di quelli che il suo amato
figlioletto non usava più. Duddley non appena seppe che stava per andare a
Harry lo ridusse volontariamente quasi a brandelli, inutile dire che i suoi zii
fecero poi finta che era sempre stato così.
Abbandonando
i bei ricordi d’infanzia prese e riempirlo: Il mantello dell’invisibilità era
la prima cosa da portarsi dietro, un prezioso alleato in caso di pericolo.
Un
paio di cambi completi erano necessari e non poteva mancare la sua fedele
bacchetta, anche se doveva cercare di non usarla per non essere scoperto dal
ministero.
Una
parte del cibo della signora Weasley e dell’acqua che avrebbe preso più tardi
in cucina. Se voleva viaggiare leggero non occorreva
altro.
Rimase
fermo qualche minuto a pensare sul da farsi, e dopo aver guardato nel baule finì per portare con se anche: il libro di Hermione,
il boccino d'oro, l’album che gli aveva regalo Hagrid al termine del primo anno
e la busta con le foto.
Avere
con sé i regali era un modo sciocco per sentire vicino
i suoi amici.
Avrebbe
voluto portare con sé anche la sua Fierebolt cui teneva moltissimo, ma dovette
rinunciarci.
Camminare
per strada con una scopa sotto braccio attirava troppo l'attenzione, cosa che
invece doveva assolutamente evitare.
Trasse
infine un profondo respiro rimaneva ancora il problema della sua civetta.
Dopo
averci a lungo riflettuto decise che la cosa migliore era portarla con sé.
Le
avrebbe ordinato di volare sempre ad alta quota durante gran
parte del giorno, e di riunirsi a lui solo la notte: poi se le cose non
funzionavano l'avrebbe mandata a Ron.
Dopo
aver ultimato i bagagli e aver deciso un piano d’azione per allontanarsi, si
lasciò cadere sfinito sul letto.
Desiderava
ardentemente riposare, aveva passato tutto il tempo a ordinare e organizzare.
Peccato
però che il tempo stringesse e doveva fare ancora alcune cose.
Presto
il sole calò portando con sé anche il momento della pasto serale, che se avesse
potuto Harry avrebbe volentieri saltato.
Si
sentiva teso e preoccupato, era durante la cena che aveva deciso di gettare le
basi che gli sarebbero servite per potersi
allontanare. I Dursley erano una parte fondamentale del piano che aveva deciso
di seguire, se avesse fallito con loro, le cose si sarebbero complicate.
Fece
un profondo respiro e si avviò verso il salotto, dove trovò quasi la stessa
scena del pranzo.
Petunia
era intenta a preparare il tavolo con una nuova tovaglia immacolata.
Vernon
guardava la tv sputando giudizi su quanto fossero inferiori gli altri.
Duddley
giocava con un videogioco comprato poche ore prima (quello regalatogli il
giorno precedente, aveva chissà come deciso di saltare dalla finestra del primo
piano).
Il
fatto che lui fosse presente o assente era la stessa identica cosa, ma quella sera per Harry era fondamentale che le cose
cambiassero, doveva attirare l'attenzione su di se e questo non gli piaceva per
niente.
Doveva
solo attendere l'occasione propizia, che dieci minuti dopo gli venne servita su un piatto d’argento.
Vermon
guardava il telegiornale e l’ultima notizia doveva averlo particolarmente
colpito perché si agitava e sbuffava dalla sua poltrona.
“Petunia hai sentito l’ultima notizia? Pare che si siano verificati
strani casi di sparizioni in questi giorni. Sostengono che le persone in
questione si volatilizzano senza lasciare traccia. La maggior
parte sono barboni e senza tetto; ma sai che ti dico meglio così, quegli
inietti servono solo a sporcare i marciapiedi”
Sentenziò zio Vernon soddisfatto per aver espresso la sua opinione.
Harry
che era teso di suo a sentire quelle parole percepì la voglia di fare a suo zio
un incantesimo che si sarebbe ricordato a vita.
La
voce di sua zia interruppe i suoi pensieri
“Secondo la signora
Dorlett, la nostra dirimpettaia: quella che l’anno scorso divorziò, dopo aver
trovato il marito che se la faceva con la segretaria, proprio nella loro camera da letto. Che brutta storia povera
donna” disse la signora Darsley senza prendere
fiato.
Non
esisteva in tutta Privet Drive qualcuna più pettegola e spiona di Petunia,
inutile dire che quella poveretta non era dettata dalla compassione, ma dal
fatto che la storia fosse sulla bocca di tutti.
''Comunque dicevo” continuò la donna
“Che secondo lei, è tutta una messa in scena. Un modo per
dare all’esercito la possibilità di testare nuove armi su dei volontari.
Ovviamente la cosa deve restare segreta perché non ci fanno
una grande figura ad usare della gentaglia.” Terminò soddisfatta Petunia.
Tralasciando
l’assurdità di quanto aveva appena detto sua zia per Harry era arrivato il
momento di entrare in azione.
”Ah ah ah,
davvero ridicole le cose che avete detto” sbottò Harry con un tono di voce abbastanza alto “non avete idea delle stupidaggini che
blaterate”.
Con
mal celata soddisfazione sapeva di aver innescato una bomba, ora doveva solo
accendere la miccia.
Zio
Vernon notevolmente irritato dal comportamento del nipote si alzò in piedi “Come osi ragazzo”, grugnì a labbra
strette.
Duddley
si godeva la scena a dovuta distanza, era un mese che aspettava una cosa del
genere.
Harry imperterrito
continuò non aveva ancora raggiunto il suo scopo.
“Quei poveri babbani sono stati uccisi,
ammazzati per divertimento dai seguaci di Voldemort”.
Affermò con decisione. Non stava di certo
mentendo, una settimana prima nella gazzetta
del profeta vi era un articolo di
tre pagine di quali atroci passatempi erano capaci i mangiamorte: attaccando
appunto poveri vagabondi con terribili maledizioni.
“In casa mia non osare parlare di
queste cose” sibilò
zio Vermon con le labbra tanto strette che quasi non si vedevano.
Harry
guardò lo zio con lo sguardo di quello che sente un bambino dire cose senza
senso “Mentre siamo in argomento, vi
posso rivelare l’ultima notizia? Indovinate un
po’ chi è il
più potente stregone oscuro cerca da anni di fare fuori?”.
Harry
attese pochi secondi e continuò “Ovviamente me, darebbe qualsiasi cosa per
avere il piacere di farmi a pezzi”.
Servirono
parecchi secondi perché il messaggio venisse recepito
dal capo famiglia.
“Questo….. quest…..
significa che averti in casa è pericoloso, lo avevo detto che saresti dovuto
rimanere da quei delinquenti” gridò Vernon che tentava di intimidire Harry,
ma era chiaro che era di gran lunga lui il più spaventato dei due.
< ”Resta calmo, mi
raccomando” >
ripeteva Harry a se stesso.
La
frase di suo zio “significa che averti in casa è pericoloso”, lo aveva ferito, per una
volta suo zio aveva ragione, lui era un pericolo per gli altri.
Dovette
dare fondo a tutto il suo autocontrollo per continuare il discorso che aveva mentalmente
organizzato.
“Per quanto me ne andrei più che
volentieri dentro queste mura sono al sicuro, chiedilo a zia Petunia” rispose con un tono strafottente.
Sua
zia che fino a quel momento non aveva emesso un suono, sentendosi chiamare in
causa per poco non svenne.
Suo
marito la guardava in attesa di una risposta.
Sull’orlo
delle lacrime Petunia con una tonalità di voce appena udibile affermò “Fino al primo settembre il ragazzo deve
restare qui”.
A
Vernon che sperava di potersi finalmente liberare del nipote, le gote divennero
rosse per la rabbia.
Duddley,
che già credeva di poter riprendere possesso della sua seconda camera, ci
rimase decisamente male per l’affermazione di sua
madre.
Vermon
che non voleva perdere quel duello verbale con il nipote trovò un escamotage al
problema.
“Se devi stare qui, non ti muoverai
dalla tua camera. Non m’importa cosa
abbiano detto quei vandali dei tuoi amici”
sentenziò alla fine lo Zio.
Era
esattamente quello che Harry voleva ottenere, gli era costata tanta fatica e
sentire chiamare i suoi amici a quel modo lo fece irritare notevolmente.
“Vandali sono le persone che frequenta tuo
figlio” sbottò il nipote in attimo di rabbia mal controllata. Poi si
ricordò che mancava ancora un passaggio al suo discorso e si concentrò su
quello.
“Comunque non occorre che mi portiate
il cibo o l’acqua, i miei amici per il mio compleanno mi hanno mandato
tonnellate di roba”
concluse infuriato dirigendosi verso la sua camera.
Zio
Vernon e Duddley gli continuarono a urlare dietro quando Harry era ormai
sparito alla loro vista, quando arrivò in camera sua, sentiva ancora le voci
concitate dei suoi zii.
Chiuse
la porta e con un sospiro si rese conto che molto probabilmente era l’ultima
volta che li vedeva.
I suoi
parenti erano talmente ottusi e convinti che nulla (a parte lui ovviamente),
poteva nuocere il loro piccolo mondo perfetto che Harry provava quasi pena.
< Quando Voldemort comincerà il suo
progetto di purificazione, allora rimpiangeranno di non avermi dato retta >.
E con
questi pensieri si lasciò cadere sul letto per potersi godere finalmente un po'
di riposo.
Fuori
la luna era alta nel cielo e un leggero venticello spazzava i curati giardini
di Privet Drive, mancavano pochi minuti alle quattro.
Harry
era già sveglio da un pezzo, aveva ricontrollato di aver preso tutto il
necessario, sigillato il proprio baule, e posizionato sul cuscino una lettera
per chi avesse trovato prima o poi la camera vuota.
Fece
uscire Edvige dalla sua gabbia e dopo aver aperto la
finestra la lasciò libera di librarsi nel cielo, l’aria che lo accolse era
fresca e dopo il caldo della giornata era piacevole.
Richiuse
i vetri e dopo aver dato un ultimo occhio in giro
chiuse la porta della sua camera a chiave. Sperava così di scoraggiare un
qualsiasi tentativo da parte dei suoi zii di scoprire che non era più nella
stanza. Scese le scale cercando di fare il meno rumore possibile, il profondo
russare di suo zio e suo cugino giunsero alle sue orecchie, dandogli una
leggera sicurezza in più sul fatto che la casa fosse immersa nel sonno.
Aprì
con delicatezza la porta di casa e con il suo vecchio zaino in spalla
oltrepassò la soglia e richiuse l’uscio dietro di se.
Adesso
era davanti al portico, con la buia notte davanti a se.
Doveva
ammetterlo aveva paura, ma il sapere che questo avrebbe salvato la vita a chi
voleva bene gli diede il coraggio di avviarsi verso le strade deserte di
Londra.
Non
molto tempo dopo Harry era sul nottetempo, si era presentato come un certo
David Theck, sperando che Stan Picchetto non lo riconoscesse.
Non
aveva con sé molti soldi, per cui la prima tappa obbligatoria era la Londra
magica, più precisamente alla Gringott, la banca dei maghi.
***
Alle
ore nove del giorno successivo, un ragazzo usciva da un negozio con indosso una
lunga veste nera.
Calcandosi
il più possibile il cappuccio sugli occhi si avviò tra la folla mattutina di
Diagon Alley, verso una direzione a lui stessa ignota.
Siamo
giunti alla fine del secondo capitolo, d’ora in poi per un po’ di Harry si
parlerà molto, ma si vedrà poco.
Non temete però rimane lui il protagonista. ^_^
A
presto, e non dimenticate di dirmi cosa ne pensate.
Baci
Ringraziamenti
Stupeficium: Speriamo che sia migliorata la storia come dici tu. Ti
ringrazio per il commento che mi hai lasciato, e spero che mi farai sapere cosa
ne pensi man mano che si sviluppa la trama.
83ginny: Grazie per avermi
detto che ti piace, una parte dei capitoli è già pronta, per cui con un po’ di
fortuna la porterò a termine.