Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: mamma Kellina    12/10/2009    8 recensioni
Spesso si ritiene di essere giunti ad un punto in cui le proprie scelte di vita non cambieranno più. Magari però proprio allora accade qualcosa che porta a modificare anche le convinzioni più radicate. E’ proprio ciò che avviene a Chiara ed a Massimo nel corso di una tarda estate che sembrava trascorrere come al solito e che invece li porterà a conoscersi, spingendoli a rivedere molte delle loro passate certezze. Ancora una storia ambientata a Napoli, ma questa volta ai nostri giorni. Ritengo che la forma letteraria che ho scelto – quella cioè del diario – vi consentirà di seguire da vicino i miei protagonisti ed i molti personaggi di contorno. Accompagnarli nella loro consueta attività quotidianità, tra il lavoro e il tempo libero, quasi come se fossero due normalissimi vostri amici, forse riuscirà a renderveli più veri. Naturalmente non lo sono, anzi, ogni riferimento a persone e cose esistenti è puramente casuale…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

9 SETTEMBRE domenica

 

Caterina bussò con discrezione ed entrò solo quando senti il figlio dire “avanti”. Avrebbe dovuto trovarlo a prepararsi per la partenza della sera, ma la valigia era aperta sul letto con un po’ di cose dentro e lui stava fumando mentre guardava pensieroso il giardino dalla finestra aperta con  ancora addosso il pantalone del pigiama e una canottiera.

Quando si voltò a guardarla, gli lesse subito l’inquietudine negli occhi di solito sempre così chiari e luminosi. Quella mattina al contrario sembravano quasi scuri tanto erano cupi. Pensò:  “Chissà se questo suo aspetto così attraente non sia stato piuttosto un danno. In fondo le ragazze se lo sono sempre conteso vedendolo più come una preda di cui vantarsi  piuttosto che come un essere umano con tutte le sue debolezze da accettare ed amare. D’altronde lui, data la facilità con cui trovava compagnia femminile, non è mai maturato davvero. I fratelli, alla sua età, erano già sistemati e tranquilli”.

- Ti ho portato la biancheria pulita. Dovresti mettere in valigia qualcosa di più pesante però, si va incontro all’autunno, oramai – gli disse invece senza far trasparire i propri pensieri.

- Giacomo mi ha detto che a Napoli fa ancora caldo e poi faccio sempre in tempo a portarmi qualcosa quando vengo il prossimo week end – la rassicurò il figlio prendendole la biancheria dalle mani  - Grazie, mi dispiace darti tanto fastidio - si scusò.

- Ma  quale fastidio! Ora che ve ne siete andati tutti e siamo rimasti solo papà ed io, non ho più quasi nulla da fare. E poi, finché non ti trovi una moglie, toccherà a me farlo, non è così?

- Allora ti toccherà ancora per molto.

Si era espresso con un tono così malinconico che Caterina ritenne di dover indagare sul perché di tanta tristezza. Si sedette sul letto e gli chiese, non senza  una certa timidezza:

-  Non hai fatto pace con Daniela ieri? Perché è con lei che sei uscito, no?

Massimo le si sedette accanto e spense la sigaretta in un posacenere sul comodino.

- Sì, ma ieri ho trovato finalmente la forza di lasciarla. Non potevo più continuare così, le voglio molto bene, ma lei merita molto più di quanto non possa darle io.

La mamma sospirò.

- Lo so, è una cara ragazza, ma in realtà ho sempre pensato che non eravate fatti l’uno per l’altra. Lei è autoritaria e tu sei irascibile. Certe volte, nel sentirvi litigare per niente,  credevo che vi sareste sbranati – osservò. Subito, come se si fosse pentita di quella uscita, battendosi le dita sulle labbra come a volersi autopunire, aggiunse: - Boccaccia mia statti zitta! Così, se poi fate di nuovo pace, ci faccio la figura della suocera acida.

- No, non ti preoccupare – sorrise il giovane rassicurandola – non c’è questo pericolo. Te l’ho detto, finalmente è finita.

- Dovresti sentirti liberato allora, perché stai così?

Lui, con gli occhi bassi, non le rispose.

- È per quella ragazza di Napoli? – osò chiedergli un po’ titubante avendo paura di innervosirlo. Invece il figlio, sempre tenendo gli occhi bassi, annuì.

- Ma perché ha voluto troncare? Non me l’hai mai detto. Forse davvero voleva solo divertirsi e basta?

- No, in un primo momento ha finto che fosse così, poi lo ha ammesso che è perché vuole qualcosa di serio – le rispose sottolineando con ironia la parola “serio”.

- Serio in che senso?

- Nel senso di fidanzamento e matrimonio. Insomma tutti quegli impegni che ho sempre detestato. Ma non è tanto per questo, è il fatto che per il momento pensare già a certe cose mi sembrerebbe più una forzatura che altro.

- E non hai capito perché lo vuole?

All’espressione interrogativa apparsagli sul viso, la mamma si spiegò meglio:

- Sì, perché ci sono solo tre spiegazioni per un simile desiderio: la prima è che sia una di quelle ragazze vanesie le quali desiderano il matrimonio per fare la festa, indossare il vestito di sartoria, farsi invidiare dalle amiche…

- No, no,  questo lo escludo: è una ragazza così semplice e schiva!

- Allora la seconda ipotesi è che sia scema. Solo una scema può pensare al matrimonio, oggi come oggi, come a qualcosa di stabile. Cavolo, voi giovani siete capaci di buttare tutto all’aria senza nemmeno pensarci due volte persino se ci sono dei figli!

- Che ne so,  forse è davvero scema – sorrise lui, piuttosto mesto.

- La terza è che ha sofferto troppo ed ha paura di soffrire ancora.

Questa volta Massimo alzò gli occhi e guardò la madre colpito dal suo formidabile intuito.

- In effetti è uscita da poco da una storia che deve averle tolto ogni stima in se stessa e negli uomini. E poi è molto fragile. Sai, ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale quando aveva poco più di vent’anni – le spiegò.

- Povera figlia! – si commosse Caterina. Però, sicura di aver imbroccato la strada giusta, proseguì decisa - Tu gliel’hai mai detto che l’ami?

- Mamma, le dichiarazioni d’amore si usavano all’epoca tua, oggi non ce n’è più bisogno.

- Davvero? Allora come fa a saperlo?

- Dovrebbe intuirlo, non ti pare?

- E da cosa?  Dal fatto che esci con lei e che ci vai a letto?

Lui non rispose.

- Diglielo. Se davvero ti vuole bene anche lei, vedrai che non ti chiederà di più, almeno per ora. E dopo, e che diamine, hai già 36 anni, non mi pare normale voler continuare ancora a fare solo il farfallone!

- Già, perché a te invece sembra normale che uno di quasi quarant’anni, con tutto quello che c’è nel mondo: fame, guerre, terrorismo, recessione economica, stia qui a confidare le sue pene d’amore alla mamma come se fosse un quindicenne foruncoloso!

Lo aveva detto sorridendo ed accarezzandole i capelli grigi, ma la madre capì che quello era il segnale che le confidenze erano finite.

- Certo, se può servire a fare un po’ di chiarezza in questa zucca vuota – scherzò e gli batté le nocche sulla testa – Anche a questo servono le brave mamme.

- Non è vero, le brave mamme servono solo a preparare i pranzetti saporiti ai figlioletti affamati – le rispose.

Caterina continuò sullo stesso tono:

-  Infatti, vedrai che belle tagliatelle al ragù ti ha preparato mammina tua!

 

**

 

Roberta ed il marito l’avevano accolta con il solito caloroso affetto. D’altronde le due ragazze erano amiche sin dall’infanzia perché anche i rispettivi genitori si conoscevano sin dalla giovinezza. In pratica erano cresciute insieme soprattutto dopo la separazione del padre e della madre di Roberta, avvenuta quando lei aveva appena dodici anni. Da allora aveva cominciato a passare interi periodi a casa loro perché, benché i genitori la viziassero moltissimo per farsi perdonare le continue assenze, le mancava molto una famiglia normale ed  i Corradini  avevano tanto affetto anche per lei.

Più tardi, prima che la tragedia la colpisse, Chiara si era iscritta ad una scuola di restauro  e l’aveva raggiunta a Roma dove lei stava frequentando una prestigiosa università privata. Avevano vissuto da sole per un periodo in un grazioso   appartamentino in centro messo a disposizione del padre di Roberta. Erano state davvero bene insieme, ma quando i genitori erano morti, lei era tornata a Napoli mentre  l’amica aveva finito gli studi, era entrata in una grande banca, aveva sposato Paolo e dopo qualche anno aveva avuto anche un bellissimo bambino.

Si volevano bene e non si erano mai perse di vista nonostante l’enorme differenza di carattere che  c’era tra  loro. Chiara infatti era timida, indecisa, un po’ nevrotica ma sempre grata dell’affetto degli altri. Roberta invece era una persona energica e sicura di sé a cui piaceva prendere a morsi la vita e che si riteneva in diritto di avere tutto quanto le piacesse.

Stavano passando giornate serene in compagnia ed il piccolo Andrea era il più felice di tutti perché adorava la “zia” Chiara. Quest’ultima aveva sperato di poter trascorrere anche una tranquilla domenica sera in casa a giocare con lui però dovette rassegnarsi ad andare ad una festa, cosa che già detestava moltissimo fare, ma ancora di più ora che non si era portata nemmeno un vestito adatto. Quello regalatole dal cognato e dalla sorella l’aveva lasciato a casa per non sciuparlo ed in valigia aveva messo soltanto l’abitino indossato ad Ischia che già non era un granché, ma ora aveva anche una bretella aggiustata alla meglio per il brusco trattamento  a cui lo aveva sottoposto Massimo.

Quando lo prese per indossarlo, il ricordo improvviso di quella sera le fece sentire come una lingua di fuoco dentro: come avrebbe voluto essere con lui in quel momento piuttosto che andare ad una pallosissima festa dove non conosceva nessuno! Ma era ospite e doveva rassegnarsi.

Le sue più pessimistiche previsioni si avverarono in pieno. Era un ambiente di gente molto su, ben vestita e piena di sé dove non si ritrovava affatto. Trascorse tre ore sentendosi a disagio ed annoiandosi a morte.

Dall’angolino dove si era rifugiata ebbe modo di osservare l’amica la quale faceva sfacciatamente la civetta con un uomo molto affascinante ma già piuttosto maturo. Si meravigliò della cosa e guardò Paolo. Lo vide con un bicchiere in mano  sforzarsi di fare conversazione con due signore elegantissime, ma notò il suo sguardo piuttosto torvo che non lasciava mai la moglie.

 

**

 

Appena giunto in albergo dall’aeroporto, Massimo aveva chiesto di Giacomo, ma gli avevano riferito che quest’ultimo non era ancora arrivato. Ci era rimasto un po’ male perché non erano ancora le undici e la prospettiva di andarsi a chiudere in camera senza poter scambiare quattro chiacchiere con nessuno lo seccava alquanto. Comunque non aveva altro da fare e così si ritirò.

Si sentiva di cattivo umore, forse perché era da troppo tempo che faceva quella vita. Oramai le domeniche sera erano un continuo viaggio in aereo ed un continuo ritrovare stanze d’albergo fredde e desolate. In fondo anche lui come Giacomo, cominciava  ad essere stanco di tanto squallore, ma il vuoto che lo aspettava una volta finito quel lavoro, sarebbe stato ancora più penoso.

Davvero a Napoli faceva ancora molto caldo e dalla finestra aperta entrava solo un filo d’aria ed il rumore delle auto giù in strada.

Dopo aver posato le sue cose, si sdraiò sul letto a fumare. All’improvviso, seguendo uno dei suoi soliti impulsi, afferrò il telefono e compose il numero di casa di Chiara. Mentre ascoltava gli squilli, si chiedeva cosa mai avrebbe potuto dirle ed in cuor suo arrivò a sperare perfino che non rispondesse. Infatti non rispose. Nonostante tutto, abbassando il ricevitore, provò una strana delusione. Avrebbe potuto chiamarla anche sul cellulare, ma forse era uscita ed era in compagnia di qualcuno, per cui, se già era difficile parlarle per telefono, ancora di più sarebbe stato farlo al telefonino. Decise di desistere, tanto l’indomani l‘avrebbe rivista, e nel frattempo decidere cosa dirle.

- “Per prima cosa le devo chiedere scusa per come mi sono comportato l’altro giorno a telefono”  - pensò girandosi e rigirandosi nel letto.

Detestava questo suo modo di farsi trascinare dalle emozioni, ma era stato sempre così, non poteva farci niente. Forse lei con il tempo avrebbe imparato a conoscerlo e ad accettarlo. Sì, lo avrebbe fatto: Chiara era una ragazza così buona! Non ne aveva mai conosciuto nessuna prima di lei che avesse la sua stessa dolcezza e quella grazia incantevole. Solo un breve periodo insieme a lei ed aveva provato cose che non pensava potessero esistere e che gli mancavano già.

Gli veniva in mente quel giorno (erano passati appena una ventina di giorni o era stato mille anni prima?) che erano andati al supermercato, avevano chiacchierato allegramente   mentre cucinava per lui, avevano cenato su quel terrazzo incantato ed infine avevano fatto meravigliosamente all’amore.

Uno struggente rimpianto lo invase al ricordo della donna che lo invitava a restare a dormire,  accoccolandosi tenera tra le sue braccia. Quasi avvertiva ancora la sensazione del tepore del suo corpo, del profumo della sua pelle vellutata. Allora le aveva baciato il visino che nel sonno assomigliava a quello di una bimba ed aveva assaporato la felicità, ora cercò di immaginarla di nuovo tra le sue braccia e, stringendo il cuscino, pian piano, riuscì ad addormentarsi.  

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: mamma Kellina