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SETTEMBRE domenica
Caterina
bussò con discrezione ed entrò
solo quando senti il figlio dire “avanti”. Avrebbe
dovuto trovarlo a prepararsi
per la partenza della sera, ma la valigia era aperta sul letto con un
po’ di
cose dentro e lui stava fumando mentre guardava pensieroso il giardino
dalla
finestra aperta con ancora
addosso il
pantalone del pigiama e una canottiera.
Quando
si voltò a guardarla, gli lesse
subito l’inquietudine negli occhi di solito sempre
così chiari e luminosi. Quella
mattina al contrario sembravano quasi scuri tanto erano cupi.
Pensò: “Chissà
se questo suo aspetto così attraente
non sia stato piuttosto un danno. In fondo le ragazze se lo sono sempre
conteso
vedendolo più come una preda di cui vantarsi piuttosto che come un essere
umano con tutte
le sue debolezze da accettare ed amare. D’altronde lui,
data la facilità con
cui trovava compagnia femminile, non è mai maturato davvero.
I fratelli, alla
sua età, erano già sistemati e
tranquilli”.
-
Ti ho portato la biancheria pulita.
Dovresti mettere in valigia qualcosa di più pesante
però, si va incontro
all’autunno, oramai – gli disse invece senza far
trasparire i propri pensieri.
-
Giacomo mi ha detto che a Napoli fa
ancora caldo e poi faccio sempre in tempo a portarmi qualcosa quando
vengo il prossimo
week end – la rassicurò il figlio prendendole la
biancheria dalle mani -
Grazie, mi dispiace darti tanto fastidio - si
scusò.
-
Ma
quale fastidio! Ora che ve ne siete andati tutti e siamo
rimasti solo
papà ed io, non ho più quasi nulla da fare. E
poi, finché non ti trovi una
moglie, toccherà a me farlo, non è
così?
-
Allora ti toccherà ancora per molto.
Si
era espresso con un tono così malinconico
che Caterina ritenne di dover indagare sul perché di tanta
tristezza. Si
sedette sul letto e gli chiese, non senza una
certa timidezza:
-
Non hai fatto pace
con Daniela ieri? Perché è
con lei che sei uscito, no?
Massimo
le si sedette accanto e spense
la sigaretta in un posacenere sul comodino.
-
Sì, ma ieri ho trovato finalmente la
forza di lasciarla. Non potevo più continuare
così, le voglio molto bene, ma
lei merita molto più di quanto non possa darle io.
La
mamma sospirò.
-
Lo so, è una cara ragazza, ma in
realtà ho sempre pensato che non eravate fatti
l’uno per l’altra. Lei è
autoritaria e tu sei irascibile. Certe volte, nel sentirvi litigare per
niente, credevo che
vi sareste sbranati –
osservò. Subito, come se si fosse pentita di quella uscita,
battendosi le dita
sulle labbra come a volersi autopunire, aggiunse: - Boccaccia mia
statti zitta!
Così, se poi fate di nuovo pace, ci faccio la figura della
suocera acida.
-
No, non ti preoccupare – sorrise il
giovane rassicurandola – non c’è questo
pericolo. Te l’ho detto, finalmente è
finita.
-
Dovresti sentirti liberato allora,
perché stai così?
Lui,
con gli occhi bassi, non le
rispose.
-
È per quella ragazza di Napoli? – osò
chiedergli un po’ titubante avendo paura di innervosirlo.
Invece il figlio, sempre
tenendo gli occhi bassi, annuì.
-
Ma perché ha voluto troncare? Non me
l’hai mai detto. Forse davvero voleva solo divertirsi e basta?
-
No, in un primo momento ha finto che
fosse così, poi lo ha ammesso che è
perché vuole qualcosa di serio – le rispose
sottolineando con ironia la parola “serio”.
-
Serio in che senso?
-
Nel senso di fidanzamento e
matrimonio. Insomma tutti quegli impegni che ho sempre detestato. Ma
non è
tanto per questo, è il fatto che per il momento pensare
già a certe cose mi
sembrerebbe più una forzatura che altro.
-
E non hai capito perché lo vuole?
All’espressione
interrogativa apparsagli
sul viso, la mamma si spiegò meglio:
-
Sì, perché ci sono solo tre
spiegazioni per un simile desiderio: la prima è che sia una
di quelle ragazze
vanesie le quali desiderano il matrimonio per fare la festa, indossare
il
vestito di sartoria, farsi invidiare dalle amiche…
-
No, no, questo lo
escludo: è una ragazza così
semplice e schiva!
-
Allora la seconda ipotesi è che sia
scema. Solo una scema può pensare al matrimonio, oggi come
oggi, come a
qualcosa di stabile. Cavolo, voi giovani siete capaci di buttare tutto
all’aria
senza nemmeno pensarci due volte persino se ci sono dei figli!
-
Che ne so, forse
è davvero scema – sorrise lui, piuttosto
mesto.
-
La terza è che ha sofferto troppo ed
ha paura di soffrire ancora.
Questa
volta Massimo alzò gli occhi e
guardò la madre colpito dal suo formidabile intuito.
-
In effetti è uscita da poco da una
storia che deve averle tolto ogni stima in se stessa e negli uomini. E
poi è
molto fragile. Sai, ha perso entrambi i genitori in un incidente
stradale
quando aveva poco più di vent’anni – le
spiegò.
-
Povera figlia! – si commosse Caterina.
Però, sicura di aver imbroccato la strada giusta,
proseguì decisa - Tu
gliel’hai mai detto che l’ami?
-
Mamma, le dichiarazioni d’amore si
usavano all’epoca tua, oggi non ce n’è
più bisogno.
-
Davvero? Allora come fa a saperlo?
-
Dovrebbe intuirlo, non ti pare?
-
E da cosa? Dal
fatto che esci con lei e che ci vai a
letto?
Lui
non rispose.
-
Diglielo. Se davvero ti vuole bene
anche lei, vedrai che non ti chiederà di più,
almeno per ora. E dopo, e che
diamine, hai già 36 anni, non mi pare normale voler
continuare ancora a fare
solo il farfallone!
-
Già, perché a te invece sembra
normale che uno di quasi quarant’anni, con tutto quello che
c’è nel mondo:
fame, guerre, terrorismo, recessione economica, stia qui a confidare le
sue
pene d’amore alla mamma come se fosse un quindicenne
foruncoloso!
Lo
aveva detto sorridendo ed
accarezzandole i capelli grigi, ma la madre capì che quello
era il segnale che
le confidenze erano finite.
-
Certo, se può servire a fare un po’
di chiarezza in questa zucca vuota – scherzò e gli
batté le nocche sulla testa
– Anche a questo servono le brave mamme.
-
Non è vero, le brave mamme servono
solo a preparare i pranzetti saporiti ai figlioletti affamati
– le rispose.
Caterina
continuò sullo stesso tono:
-
Infatti, vedrai che belle tagliatelle al ragù
ti ha preparato mammina
tua!
**
Roberta
ed il marito l’avevano accolta
con il solito caloroso affetto. D’altronde le due ragazze
erano amiche sin
dall’infanzia perché anche i rispettivi genitori
si conoscevano sin dalla
giovinezza. In pratica erano cresciute insieme soprattutto dopo la
separazione
del padre e della madre di Roberta, avvenuta quando lei aveva appena
dodici
anni. Da allora aveva cominciato a passare interi periodi a casa loro
perché, benché
i genitori la viziassero moltissimo per farsi perdonare le continue
assenze, le
mancava molto una famiglia normale ed i
Corradini avevano
tanto affetto anche
per lei.
Più
tardi, prima che la tragedia la
colpisse, Chiara si era iscritta ad una scuola di restauro e l’aveva
raggiunta a Roma dove lei stava
frequentando una prestigiosa università privata. Avevano
vissuto da sole per un
periodo in un grazioso appartamentino
in centro messo a disposizione del padre di Roberta. Erano state
davvero bene
insieme, ma quando i genitori erano morti, lei era tornata a Napoli
mentre l’amica
aveva finito gli studi, era entrata
in una grande banca, aveva sposato Paolo e dopo qualche anno aveva
avuto anche
un bellissimo bambino.
Si
volevano bene e non si erano mai
perse di vista nonostante l’enorme differenza di carattere
che c’era
tra loro. Chiara
infatti era timida, indecisa, un
po’ nevrotica ma sempre grata dell’affetto degli
altri. Roberta invece era una persona
energica e sicura di sé a cui piaceva prendere a morsi la
vita e che si
riteneva in diritto di avere tutto quanto le piacesse.
Stavano
passando giornate serene in
compagnia ed il piccolo Andrea era il più felice di tutti
perché adorava la
“zia” Chiara. Quest’ultima aveva sperato
di poter trascorrere anche una
tranquilla domenica sera in casa a giocare con lui però
dovette rassegnarsi ad
andare ad una festa, cosa che già detestava moltissimo fare,
ma ancora di più ora
che non si era portata nemmeno un vestito adatto. Quello regalatole dal
cognato
e dalla sorella l’aveva lasciato a casa per non sciuparlo ed
in valigia aveva
messo soltanto l’abitino indossato ad Ischia che
già non era un granché, ma ora
aveva anche una bretella aggiustata alla meglio per il brusco
trattamento a cui
lo aveva sottoposto Massimo.
Quando
lo prese per indossarlo, il ricordo
improvviso di quella sera le fece sentire come una lingua di fuoco
dentro: come
avrebbe voluto essere con lui in quel momento piuttosto che andare ad
una
pallosissima festa dove non conosceva nessuno! Ma era ospite e doveva
rassegnarsi.
Le
sue più pessimistiche previsioni si
avverarono in pieno. Era un ambiente di gente molto su, ben vestita e
piena di
sé dove non si ritrovava affatto. Trascorse tre ore
sentendosi a disagio ed
annoiandosi a morte.
Dall’angolino
dove si era rifugiata
ebbe modo di osservare l’amica la quale faceva sfacciatamente
la civetta con un
uomo molto affascinante ma già piuttosto maturo. Si
meravigliò della cosa e
guardò Paolo. Lo vide con un bicchiere in mano
sforzarsi di fare conversazione con due signore
elegantissime, ma notò
il suo sguardo piuttosto torvo che non lasciava mai la moglie.
**
Appena
giunto in albergo
dall’aeroporto, Massimo aveva chiesto di Giacomo, ma gli
avevano riferito che
quest’ultimo non era ancora arrivato. Ci era rimasto un
po’ male perché non
erano ancora le undici e la prospettiva di andarsi a chiudere in camera
senza
poter scambiare quattro chiacchiere con nessuno lo seccava alquanto.
Comunque non
aveva altro da fare e così si ritirò.
Si
sentiva di cattivo umore, forse
perché era da troppo tempo che faceva quella vita. Oramai le
domeniche sera
erano un continuo viaggio in aereo ed un continuo ritrovare stanze
d’albergo
fredde e desolate. In fondo anche lui come Giacomo, cominciava ad essere stanco di tanto
squallore, ma il
vuoto che lo aspettava una volta finito quel lavoro, sarebbe stato
ancora più
penoso.
Davvero
a Napoli faceva ancora molto
caldo e dalla finestra aperta entrava solo un filo d’aria ed
il rumore delle
auto giù in strada.
Dopo
aver posato le sue cose, si sdraiò
sul letto a fumare. All’improvviso, seguendo uno dei suoi
soliti impulsi,
afferrò il telefono e compose il numero di casa di Chiara.
Mentre ascoltava gli
squilli, si chiedeva cosa mai avrebbe potuto dirle ed in cuor suo
arrivò a
sperare perfino che non rispondesse. Infatti non rispose. Nonostante
tutto,
abbassando il ricevitore, provò una strana delusione.
Avrebbe potuto chiamarla
anche sul cellulare, ma forse era uscita ed era in compagnia di
qualcuno, per
cui, se già era difficile parlarle per telefono, ancora di
più sarebbe stato
farlo al telefonino. Decise di desistere, tanto l’indomani
l‘avrebbe rivista, e
nel frattempo decidere cosa dirle.
-
“Per prima cosa le devo chiedere
scusa per come mi sono comportato l’altro giorno a
telefono” -
pensò girandosi e rigirandosi nel letto.
Detestava
questo suo modo di farsi
trascinare dalle emozioni, ma era stato sempre così, non
poteva farci niente.
Forse lei con il tempo avrebbe imparato a conoscerlo e ad accettarlo.
Sì, lo
avrebbe fatto: Chiara era una ragazza così buona! Non ne
aveva mai conosciuto
nessuna prima di lei che avesse la sua stessa dolcezza e quella grazia
incantevole.
Solo un breve periodo insieme a lei ed aveva provato cose che non
pensava potessero
esistere e che gli mancavano già.
Gli
veniva in mente quel giorno (erano
passati appena una ventina di giorni o era stato mille anni prima?) che
erano
andati al supermercato, avevano chiacchierato allegramente
mentre cucinava per lui, avevano cenato su
quel terrazzo
incantato ed infine avevano fatto meravigliosamente all’amore.
Uno
struggente rimpianto lo invase al
ricordo della donna che lo invitava a restare a dormire, accoccolandosi tenera tra
le sue braccia.
Quasi avvertiva ancora la sensazione del tepore del suo corpo, del
profumo
della sua pelle vellutata. Allora le aveva baciato il visino che nel
sonno
assomigliava a quello di una bimba ed aveva assaporato la
felicità, ora cercò
di immaginarla di nuovo tra le sue braccia e, stringendo il cuscino,
pian piano,
riuscì ad addormentarsi.