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Autore: MeikuccH    13/10/2009    1 recensioni
Un pc non piange. Un pc, secondo gli umani, non potrebbe provare sentimenti. Tutto il contrario.
Un pc triste, a lato di una strada. Gli occhi persi nel vuoto. Quella ero io, finché non arrivò lei. “Vieni con me... avrò bisogno di te...”

La storia di tre pc con un potere particolare a contatto con il mondo reale e...con gli umani.
Una piccola fan fiction tutta dedicata alle mie socie, a cui voglio un mondo di bene. LisettaH, Pinky...questa è tutta per voi ^__^ Socie PawaH!
Ogni commento è gradito ^__^
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo nove – Ultima canzone

 

“Volgi anche solo uno sguardo verso di me, per farmi capire che ancora valgo qualcosa. Un briciolo di quell’importanza che stupidamente ritenevo mia.

Fammi capire che tutto questo non è quello che vuoi.

Non puoi essere più bugiardo di me.”

Il vento soffiava dolcemente dalla finestra mentre la giovane mormorava quelle parole. C’era pace sul suo volto, una serenità che, in qualche modo, aveva fatto sua. Scegliere di andare avanti secondo il suo passo.

“Questo avevo pensato. O meglio, continuavo a pensarlo fino a qualche istante fa. Ma la mia risposta sarà ora diversa: no. Farò a modo mio, senza scappare. E senza il tuo aiuto.”

Aoi sorrise, dolcemente. Dolcemente davvero. “Sei davvero diventata un po’ più forte.”

“Te lo dicevo che ci sarei riuscita.” Il suo sorriso brillò ancora più forte, quasi a contendersi il premio con il sole che, prepotente, cercava di illuminare ogni singolo centimetro appartenente al mondo.

Un piccolo frammento di noi. Dei vecchi noi.

 

“Non potevo lasciarti qui”, questa fu la spiegazione, la risposta alle ripetuta grida della biondina sul fatto che non sarebbe dovuta venire. Meroko aveva risposto con una semplicità spaventosa, superando la serietà che quel momento richiedeva. Fu l’affetto di cui la cantante aveva disperatamente bisogno.

Kin iniziò a ridacchiare; non c’era alcun bisogno di chiedere spiegazioni, sapevano benissimo che la piccola avrebbe presto reso noti i suoi pensieri. “Grazie di avermi reso le cose più semplici, Meroko! Ora siete tutte e due con me.”

“Inutile che mostri tanta felicità, ragazzina presuntuosa. Il fatto che siamo qui non vuol dire che siamo tue. Né tu né il tuo disgustoso schiavetto potete qualcosa contro il nostro potere. Inoltre, Meiko – perché so che lei è qui – potrebbe addirittura amplificarlo.” In realtà, non le avrebbe mai chiesto uno sforzo simile, ridotta com’era.

Dimostrarsi superiore a quella ragazzina che ora la guardava come chi non avrebbe mai accettato una sconfitta le dava un piacere immenso, quasi sinistro. Ma la faceva sentire… estranea da quella che era la Meroko di sempre, non era da lei mostrarsi a quel modo. Per quanto odio provasse verso il genere umano.

“Non osare parlarmi così, macchina!” In uno scatto di rabbia, Kin si portò a pochi centimetri da Meroko, e la spinse contro il muro. Negli istanti che seguirono quel rumore, ci fu solo silenzio. Le due si guardavano con rancore, ma non sembravano avere la volontà necessaria al prossimo passo.

Poi, rumore di passi veloci, la porta che sbatte violentemente contro il muro, altri passi e il suono di uno schiaffo. Tutto era accaduto con una velocità impressionante. Tanto che l’immagine ferma di Yosuke con il braccio ancora in aria e Kin con una mano posata sulla guancia dolorante fu l’unica davvero impressa nelle menti dei presenti. “Adesso basta.”

Giunse anche Meiko, in una corsa veloce ma leggera, e si fermò sulla soglia. “Yosuke, Kin, Pinky, Aoi”, e poi lei, ancora a terra, “…Meroko!” Senza ferite, senza dolore sul volto, ma pur sempre da proteggere. Doveva ripagare il suo debito, quell’averla sempre protetta dal mondo.

“Adesso basta, Kin”, ripeté il giovane, questa volta scandendo ogni singola sillaba.

“Restane fuori, Yosuke.”

“Cosa speri di ottenere?”

“Mamma e papà saranno fieri di me, Yosuke! Ho catturato le Lisa! Guardale!” disse indicandole con ampi gesti, alternando un sorriso alla rabbia più forte, perché lui non comprendeva, “Ma cosa puoi capire tu…”

“Mamma e papà non potranno mai essere fieri di te per… per quello che hai fatto! Non ho assolutamente parole per esprimerlo. Hai privato della propria vita le Lisa, e hai fatto del male a Meiko…” Rabbia, tanta rabbia in quelle ultime parole. Si girò dall’altra parte, solo per camminare per la distanza di qualche passo e tornare indietro, apparentemente più calmo. Sospirò e il tono della sua voce si fece improvvisamente triste e lieve, “Ti mancano molto, non è così?”

Kin non rispose, distolse semplicemente lo sguardo dagli occhi scuri di lui. Sapeva, tuttavia, che il giovane avrebbe presto ricominciato a parlare e cosa avrebbe detto; ciò le dava tremendamente fastidio. “Non provare a dire, ancora, che torneranno presto, che andrà tutto bene… perché non sono la tua bambina piccola, Yosuke, non ho bisogno delle tue dolci paroline! Non provarci più, Yosuke, perché non voglio più crederci!” Non riusciva a smettere di gridare, ma non sembrava essere un problema. “Quanto tempo dovrà passare prima che si ricordino di avere una famiglia a cui dovrebbero dedicare più del tempo di scrivere una lettera ogni tanto?!”

“Non lo so, piccola.” Soffriva, nel darle quella risposta.

“Aoi!” Il giovane in giacca e cravatta fece un passo in avanti e chiuse gli occhi, in concentrazione. “Non sono così sprovveduta come credi, Meroko”, le parlava di spalle, con la sua solita sicurezza e presunzione, “Ho installato in Aoi un programma che mi permette di superare i vostri codici di sicurezza, senza che siate collegate con la vostra protetta.” Sorrise, amaramente. “Sei contento, Yosuke? Lascio stare la tua piccola e tenera Meiko…”, caricò le ultime parole, senza volerlo. La protagonista di quel discorso continuava a guardarsi intorno, con sguardo sperduto, per poi guardare davanti a sé con decisione: se Kin non aveva messo in conto di dover superare anche il suo codice di protezione, poteva almeno guadagnare un po’ di tempo. “Meroko, Pinky…. Collegamento!” Questa volta, inoltre, il codice era diverso, più complicato. Meroko se ne accorse per prima, e sul suo volto fece capolino la preoccupazione. Mormorò qualcosa, e Meiko le rispose con un sorriso triste e poche, semplici parole: “Immaginavo che prima o poi sarebbe stato utile.” Attese un poco, poi sospirò. “Sai bene anche tu che è la cosa migliore, Meroko. Proteggerò il vostro potere, e lo renderò una cosa sola. Non dovrete più essere sole. Papà sarà felice di questo.” Papà. Chissà perché ora lo considerava anche il suo, il Creatore di Meroko e Pinky.

Restò di spalle; il volto in parte verso sinistra quel tanto che bastava per rivolgersi alla persona che stava a qualche passo dietro lei, esitante a capire cosa stava accadendo… o cosa stava per accadere.

“Yosuke, perdonami.” Volse lo sguardo ora davanti a sé, verso l’alto di un cielo che non poteva vedere. Ma nella sua voce era come se stesse osservando qualcosa di meraviglioso. “Io devo andare.” Come se stesse pensando alla giornata seguente come la più bella.

Rivide la Meiko dei fiori di pesco in quella presente.

“Non posso.” Lei sentì un brivido percorrerle la schiena, rendendole impossibile muoversi anche solo di un centimetro. Come poteva aspettarsi una risposta diversa, dopotutto? Yosuke si era preso cura di lei, premurosamente, e lei… lei lo stava ripagando così.

“Non posso accettare che tu te ne vada.”

Le stava dando il permesso di farlo, perché sapeva che per lei era davvero importante. “Lo devo fare”, avrebbe voluto dirgli Meiko, “mi mancherai”, sillabare per non sentirsi tradire dall’emozione; sapeva che non vi era alcun bisogno. Lui sapeva già tutto.

“Grazie, Yosuke.” Era tutto quello che era necessario dire. “Sarà come se non vi avessi mai lasciati. Per sempre con voi.” Per sempre senza di me.

Un luce accecante colpì tutti i presenti, per poi svanire lentamente, come un sogno che finisce.

 

 

Si chiedeva se fosse il caso di dedicarle una canzone, anche solo dal profondo del cuore.

Sorrise al pubblico, mentre arrivava alla conclusione che non era necessario. Meiko non era scomparsa, era sempre con loro.

Come colta da timidezza, spostò lo sguardo ai suoi piedi, per poi sistemarsi il candido vestito; infine avvicinò le labbra nuovamente al microfono, ringraziando come sempre il suo vivace pubblico. E annunciò con un sussurro l’ultima canzone di quel concerto: “Song for You”.

 

“Vieni con me, avrò bisogno di te”. Come dimenticare le prime parole che aveva rivolto alla giovane. Aveva sorriso, quel giorno, un sorriso rivolto più a se stessa che agli occhi sperduti che la guardavano con meraviglia e curiosità.

Aveva compiuto il suo destino, Meroko, ma a quale prezzo!

Non era quello che aveva pensato, non sarebbe dovuta finire così. Non aveva mai pensato che si sarebbe affezionata alla moretta. Non aveva mai pensato di vederla sparire e di soffrire così.

Ma sapeva che era stata una sua scelta, e aveva visto Meiko prendere quella decisione con un sorriso.

“Ho mantenuto la mia promessa”, disse in un sussurro, ripetendo le parole che Meiko aveva pronunciato prima di… sì, di salvarle. Con la mente ripercorse quella scena, e le sue parole.

“Ho protetto la mia Meroko, e l’ho riportata alla sua persona importante. Non ho rimpianti. Non… ho…” la sua voce tremava, tradiva il suo desiderio di apparire sicura, “paura.” Poi, voltandosi per l’ultima volta verso Yosuke, riuscì a sorridere di nuovo. “Perché lo sto facendo per me stessa!”

Meroko si sorprese, stava sorridendo a quel ricordo. Era perché sapeva che Meiko l’aveva fatto con quel sorriso.

E ora lei e Pinky avevano davvero conquistato il mondo, il loro mondo in cui essere felici.

 

Le lacrime che non era riuscito a versare fino ad allora, erano libere di rigare il suo giovane viso; la spiaggia deserta gli faceva da complice, il luogo perfetto per lasciare andare ciò che teneva rinchiuso. Yosuke si piegò su se stesso, fino a stringere le ginocchia al petto con tutta la forza che aveva.

Cercò di riportare lo sguardo all’alba appena cominciata, pronta a lasciar andare la notte.

         La notte che amavi tanto, Meiko, la tua notte piena di stelle.

Prese a guardare sopra di sé, per osservare quello per cui Meiko avrebbe ringraziato con uno dei suoi sorrisi, e quell’entusiasmo puro.

         L’alba invece era lui, lui l’amava così tanto.

Sciolse i capelli, permettendo così al vento di giocarci un po’. E quel cielo, quel cielo che, a vederlo così, sembrava infinito e immutabile, lo guardava fisso con occhi di bambino sperduto.

L’alba non aveva tempo di aspettare, pronta a lasciare andare la notte.

Di nuovo, lo colse una voglia infinita di piangere. Non c’era nessuno che potesse vederlo così debole e distrutto, e la cosa lo consolava un poco. Avrebbe voluto dare retta a quella vocina che gli diceva di essere forte per lei, invece che alla dura realtà che gli comunicava che lei non c’era più, accanto a lui.

Strinse forte un sasso, trovato a tentoni sulla sabbia – le lacrime impedivano ai suoi occhi di vedere chiaramente.

L’alba gli ricordava, secondo dopo secondo, che non c’era più tempo.

L’alba, pronta a lasciare andare la notte.

Ma lui no.

Lanciò il sasso di fronte a sé, senza troppa attenzione, e lasciando andare un forte urlo. Poi respirò a fondo, e asciugò le lacrime più volte con i polsi.

Guardare l’alba gli ricordava il nuovo sé che doveva nascere. Il nuovo se che stava per nascere.

Lasciando che la notte sparisse.

 

 

 

Ame no note *__*

 

Avrei voluto lasciare questo capitolo prima di partire per il Giappone, e invece eccomi qui solo adesso… XD Che dire… eccola qui, la fine di Song for You. Non ho davvero parole… mi resta solo da ringraziare tutti voi, dal profondo del mio cuore.

Grazie a tutti quelli che hanno seguito la storia delle mie adoratissime Meiko, Meroko e Pinky!

 

Meiko ~

  
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