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Autore: MystOfTheStars    13/10/2009    3 recensioni
Fiction ispirata alla storia di "Prophet of the Last Eclipse" di Luca Turilli.
Kurogane è il giovane principe del regno di Suwa, dove la vita scorre pacifica, adombrata solo da una funesta profezia: un giorno, da oltre le stelle, arriverà qualcuno che porterà morte e distruzione.
Tuttavia, la leggenda nulla dice su chi esso sia, e sul legame che potrebbe instaurarsi tra lui e il principe, destinato a fronteggiare la minaccia.
Genere: Romantico, Science-fiction, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ashura Oh , Altro Personaggio, Fay D. Flourite, Kurogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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@ Gloglo_96:  spero che in questo capitolo dove continuano i flashback ti si chiariscano i punti oscuri del passato di Fay! Grazie comunque, perdonami per l'attesa!

@ Tomoyo93:  mi fa piacere vedere che è stato un colpo di scena! grazie mille. Beh del resto Fay e la sfayga vanno sempre insieme, non ci si può fare nulla... ù_ù

@ Roy4ever:  eheh, sono contenta che non te lo aspettassi XD comunque la storia avrà un capitolo in più.

@ LawlietPhoenix: sì, Kurorin è un eroe, non ce n'è! Così come Ashura è un po' un uccello del malaugurio.. povero, dove ce lui c'è sempre qualcosa che va storto, un po' come Fay... non a caso è il padre adottivo...

@ Pentacosiomedimni: mi dispiace per il commento andato perduto! ò_ò  e per la pasta!!! Comunque sì, le cose non possono andare bene a Fay, sarebbe un controsenso - perlomeno finchè non incontra Kuro... ^3^  


Ri-eccomi, scusate molto il ritardo, ma sono stata presa dalla creazione del cosplay per Lucca comics!
Inoltre, udite udite, la storia avrà un capitolo in più perchè ho visto che a mettere tutto insieme diventava troppo lungo e intricato. Quindi... siamo di nuovo al terzultimo capitolo!
(vabbe' che se continua così finirà che ne aggiungerò uno anche alla fine... non finirà maaai XDDD)
Oltretutto, nel precedente capitolo mi ero sbagliata a scrivere il numero... è questo l'ottavo, Demonheart era il settimo... -_-''' Comunque, ho cambiato.
Ok, scusate lo sclero.
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare entro tempi ragionevoli, se tarda è perchè ho problemi di cosplay.
Buona lettura~






VIII.



ROUNDEAU in C min




Ascoltatela qui!

(strumentale)





Kurogane e Fay avevano cavalcato per un tempo indefinibile.
La luna non si era più spostata da sopra il sole; quando furono costretti a fermarsi per far riposare il cavallo, sembrava quasi dovessero accamparsi per la notte, anche se sicuramente non era ancora il crepuscolo.
“Mangia.” disse ad un tratto il principe, avvicinandosi al biondo per spartire con lui le poche provviste che aveva nella sacca – la maggior parte erano caricate su due cavalli robusti, rimasti naturalmente insieme ai suoi soldati.
Ma il giovane scosse la testa, stringendosi nel mantello.
Kurogane lo osservò senza dire nulla, limitandosi a fare marcia indietro e a scrutare nervosamente le tenebre che li circondavano, mentre tra i due tornava a regnare un silenzio teso – durante la cavalcata, l’unico rumore era stato quello dei tonfi degli zoccoli del destriero in mezzo alla neve.
Fay stava seduto su una roccia, il volto quasi del tutto coperto dalla pelliccia che rivestiva il cappuccio.
Il principe rimase a contemplarlo, gli occhi scarlatti che non si staccavano dai contorni della sua forma, confusi nella semioscurità.
Rimasero immobili per un tempo indefinibile.
La realtà era che Kurogane stava realizzando appieno solo in quel momento quanto era accaduto; aveva abbandonato i suoi soldati – alcuni dei quali sapeva per certo essere rimasti feriti nello scontro con i demoni – per salvare… beh, per salvare chi?
E non era colpa sua, in fondo. Fay non aveva implorato il suo aiuto, era stato Kurogane a prenderlo in sella e a scappare.
Scappare… dai suoi stessi uomini, maledizione.
“Spero che tutto questo mutismo sia dovuto al fatto che stai pensando ad una spiegazione coerente da fornirmi in fretta.” sbottò all’improvviso, frustrato dai pensieri che formavano un circolo vizioso nella sua mente.
L’altro sollevò su di lui i suoi occhi celesti, smarriti. Fece per dire qualcosa, ma aprì e richiuse la bocca senza riuscire a dire nulla.
Il principe aggrottò le sopracciglia. Mannaggia a quegli occhi, pensò.
Nel frattempo, Fay sembrava aver riguadagnato l’uso della parola.
“A me… dispia-“
“Taci. – l’ordine era perentorio e brusco – Non voglio sentir uscire dalla tua bocca niente che non c’entri con un qualche tipo di spiegazione.”
Fay deglutì a vuoto, guardandolo avvicinarsi e incombere su di lui. Non riusciva a decifrarne l’espressione, era troppo buio per vederlo in viso, e per un istante, quando lo vide muoversi per chinarsi su di lui, ebbe quasi paura. Ma Kurogane si limitò a sollevarlo di peso, issandolo in sella al cavallo.
Senza una parola, salì in groppa dietro di lui e tornò a spronare l’animale.
Non aveva dubbi sul fatto che gli altri li avrebbero seguiti: se avevano guadagnato un vantaggio anche minimo con la loro fuga precipitosa, dovevano lottare per conservarlo.

Yuui chiuse gli occhi; il buio era uguale, attorno a loro e dentro la sua mente.
I sobbalzi del cavallo cominciavano a dargli un vago fastidio allo stomaco… forse avrebbe dovuto dar retta a Kurogane e mangiare, dopotutto.
O forse…



Quando lo Cometa Nera era partita, l’accelerazione gli aveva dato la nausea.
Era stato addestrato al volo spaziale, il suo fisico era abituato a quelle velocità, ma era lui, a non essere psicologicamente pronto per quel viaggio.
Anche quando la nave si fu stabilizzata sulla rotta, l’ambiente interno perfettamente equilibrato in termini di temperatura, aria respirabile e gravità, il nodo che gli serrava lo stomaco non accennò a diminuire.
“Signore, va tutto bene?” la voce alle sue spalle era gentile e musicale.
Yuui si voltò, ruotando leggermente la poltrona da cui aveva appena chiuso una breve comunicazione dal centro di controllo di Celes. Dietro di lui comparve la sagoma di una ragazza dai lunghissimi capelli biondo cenere, perfino più chiari di quelli di Yuui; le dita dei suoi piedi minuti e scalzi fluttuavano a qualche centimetro sopra il pavimento.
“Sì, grazie, Chii. E’ tutto a posto.”
Nonostante sapesse benissimo di stare parlando a quello che era soltanto un ologramma – una graziosa rappresentazione tridimensionale del computer di bordo – questo non frenava Yuui dal rivolgersi a lei in tono cortese.
Era solo in quella nave, e presto anche i contatti con il pianeta si sarebbero diradati fino a sparire, per via della distanza… anche se si trattava di un computer, quella di Chii era l’unica altra voce che avrebbe sentito risuonare tra le pareti di quell’astronave. Tanto valeva conversarci educatamente.
Scrutò fuori, dove non si vedevano altro che le stelle e il nero sconfinato dello spazio. Sul radar lampeggiavano le tracce delle altre astronavi partite insieme alla sua; sembravano uno sciame di asteroidi, meteoriti che avevano il compito di attraversare lo spazio alla ricerca di nuovi mondi.



Mentre Kurogane guidava le briglie del suo destriero attraverso la neve, Fay gli aveva appoggiato la testa sul petto, troppo esausto e confuso perfino per riuscire a rimanere dritto in sella.
I suoi pensieri erano un vortice di immagini e ricordi confusi, un turbinio di vento che trascinava con sé foglie marce e polvere, gettandoglieli negli occhi e accecandolo.



I mostri venivano lasciati vivere all’aperto.
Yuui sapeva che erano esseri creati appositamente per essere in grado di resistere alle basse temperature – avrebbero dovuto essere in grado di fronteggiare qualsiasi cosa, una volta su un pianeta alieno – ma…
“Siamo sicuri che riusciranno a sopravvivere… che funzioneranno, anche a temperature più elevate?” aveva chiesto.
Ashura lo aveva guardato con un sorriso di malcelata sufficienza (e Yuui non aveva creduto ai suoi occhi: una tale espressione, su quel volto, non l’aveva mai vista), come se la domanda fosse assurda, e la risposta troppo ovvia.
“Non ti si porrà il problema di scoprirlo, mio caro Yuui, non temere.”
E la conversazione era terminata lì.

I loro dialoghi, da quando Ashura era tornato, avevano preso la brutta abitudine di chiudersi bruscamente non appena Yuui formulava una domanda a cui l’altro non intendeva rispondere. Dove un tempo c’erano state chiacchierate e lunghe disquisizioni, ora c’erano interrogativi timorosi, e repliche evasive.


Stavano mangiando insieme, uno di quei pasti inconsistenti che venivano serviti alla mensa dei laboratori.
Non che altrove il cibo avesse sapore migliore, naturalmente; le piante crescevano nutrite da luce artificiale e fertilizzanti chimici, in serre sotterranee dove tutto, dall’umidità alla temperatura, era regolato e regolare fino a divenire insipido come le pietanze che ne venivano ricavate.
“Ho guardato i progetti delle Comete, signore…”
Ashura annuì. “Ho già letto i tuoi appunti.”
Yuui si schiarì la voce, incerto. “Beh, sì. Ho dato un’occhiata… anche alle parti che non mi erano state espressamente destinate.”
Non era come ammettere di aver messo il naso in affari che non lo riguardavano o in documenti che gli erano proibiti – dopotutto, collaborava anche lui alla costruzione di quelle astronavi, oltre ad essere destinato a pilotarle come astronauta, ma… quello che aveva scoperto gli aveva fatto capire che probabilmente aveva messo il naso dove non avrebbe dovuto.
“…sono incompleti.”
L’altro non lo guardò, continuando a mangiare impassibile.
Yuui ingoiò a fatica un altro boccone, sulle spine, ma non si diede per vinto.
“Manca una parte. Io pensavo che…”
“Un particolare che deve essere ancora precisato, forse.”
forse? Ashura era il supervisore della costruzione delle Comete… costruzione che era già iniziata, e ciò presupponeva che i progetti fossero completi.
Lui sapeva. Non c’erano forse.
Il pasto continuò in silenzio.
Un particolare mancante. Che con ogni probabilità, però, non mancava nei progetti fatti avere a qualcun altro. Qualcun altro che doveva sapere, mentre lui non ne aveva ancora il diritto.
Sulle Comete, sarebbe stato montato qualcosa che Ashura voleva tenere nascosto. E chissà per quale scopo.
Eppure, Ashura non aveva certo tentato di tenergli nascosti i progetti, pur sapendo che lui si sarebbe accorto delle lacune.


Yuui sentiva un familiare pizzicore al naso, osservando il sole spento di Celes tramontare tra le montagne di ghiaccio che ondulavano il panorama visibile dalla piccola finestra.
Si trovava in uno di quei rari momenti in cui, finito il lavoro che gli teneva la testa occupata e lo distraeva, si rendeva conto di vivere in una gabbia.
In tutte le strutture situate al di sopra del terreno, era estremamente raro trovare degli spiragli sul mondo esterno che interrompessero il colore biancastro ed asettico dei muri.
Questo perché le finestre causavano dispersione di calore, qualcosa che non ci si poteva certo permettere… e poi non era affatto rassicurante avere la possibilità di osservare l’esterno, con il suo desolato panorama gelido e scuro, morto.
Yuui amava leggere; non era mai stato un tipo particolarmente estroverso – né, in generale, le persone di quel luogo, viste le condizioni in cui si trovavano a vivere, erano propense a dare particolare spazio ai divertimenti ed agli intrattenimenti di società.
In effetti, Yuui stesso aveva passato la maggior parte dell’infanzia e la sua intera giovinezza dedicandosi allo studio ed all’addestramento al volo spaziale.
Era sempre stato un ragazzino sveglio e dotato, e la sua gente non poteva permettersi di sprecare un’intelligenza come la sua.
Comunque, per motivi di studio si era recato spesso nella grande biblioteca che conservava i libri, e qui non si trovavano soltanto testi scientifici. C’erano anche poesie, romanzi, raccolte di racconti; molti di essi risalivano ad un passato lontano, lontanissimo, e non parlavano di ghiacci e cieli plumbei, ma descrivevano spesso una natura accogliente, calda, variopinta.
Descrivevano un cielo azzurro.
Ogni tanto, quando capitava, Yuui guardava fuori da una delle piccole finestre ancora rimaste ed osservava quella distesa livida e marcia che si stendeva sopra Celes.
Sapeva che cos’era l’azzurro – era un colore come tanti, era usato nelle scritte, nei vestiti.
Una volta, aveva visto una pianta con un piccolo, tenero fiore dai petali azzurri.
I suoi occhi erano azzurri.
L’azzurro era concentrato nelle cose minuscole, non era fatto per le grandi distese.
Guardava il loro cielo violaceo, e faticava ad immaginarselo del colore dei suoi occhi.
E nonostante questo, nonostante non riuscisse ad immaginarsi un mondo diverso, soffriva e, inconsciamente, forse, ne desiderava uno.


“Che cosa ha trovato esattamente nel suo viaggio?”
Ashura lo aveva guardato per qualche lungo istante, e poi aveva fatto un passo incerto verso di lui.
Yuui aveva ricambiato lo sguardo, vagamente intimorito, ma non si era mosso quando l’altro gli aveva posato una mano sulla spalla.
Non riusciva a staccare lo sguardo dagli occhi di Ashura. Dietro quelle iridi scure si stava svolgendo una battaglia – una corrente tiepida che tentava di incrinare la superficie del ghiaccio.
Gli si avvicinò fin quasi ad abbracciarlo, i suoi capelli serici che gli solleticavano la guancia.
“Non chiedermelo, Yuui… non chiedertelo. – gli mormorò nell’orecchio – Riuscirò a non fartelo scoprire mai.”
Yuui aveva deglutito a vuoto, tentando a fatica di reprimere il violento brivido che improvvisamente gli attraversava la schiena.
Quando era tornato a guardare Ashura negli occhi, la superficie del ghiaccio era nuovamente ferma.
Ma la sua voce aveva tremato, prima, Yuui ne era certo.


Prima di abbandonare Celes, prima di salire sulla Cometa, prima di percorrere quel lungo corridoio che lo avrebbe portato all’interno dell’astronave, non si era voltato indietro.
Che cosa stava lasciando? Celes per lui non era che un insieme di corridoio fatti di luce artificiale, di dati geologici ed astronomici, di macchinari e schermi di computer che ronzavano sommessamente.
Celes erano gli scienziati in mezzo a cui era cresciuto; era Ashura, che non era più se stesso.
In un certo senso, aveva avvertito che il suo pianeta era già morto; nonostante stesse partendo per una spedizione teoricamente destinata alla ricerca di nuovi mondi per la sua gente, aveva la certezza che ci fosse qualcosa di sbagliato, e che poteva dire addio alla sua casa in quello stesso istante.
Aveva sentito un forte pizzicore al naso, e aveva chiuso gli occhi per scacciare l’improvviso momento di commozione. Era troppo tardi per piangere per Celes, e probabilmente era troppo tardi anche per piangere per se stesso.


Quando si era finalmente deciso a guardare cosa c’era all’interno della Cometa, quale “particolare” aveva colmato la lacuna nei progetti, vi aveva trovato qualcosa che non aveva mai visto prima.
Aveva tentato di esaminarla, ma era una tecnologia sconosciuta.
Era qualcosa che aveva inventato Ashura, così di punto in bianco? O qualcosa che si era portato appresso dal suo viaggio, come le idee per la creazione dei demoni?
In ogni caso, non prometteva nulla di buono. Aveva sempre più la sensazione di essere stato brutalmente usato, che nulla di quella missione sarebbe andato a favore di Celes e della sua gente, anzi.
Avrebbe voluto mettersi a piangere, cominciare ad urlare, dirottare la sua Cometa per farla collidere con qualche asteroide o farla schiantare su un pianeta… ma la sua traiettoria era stata già determinata, e non sarebbe riuscito a cambiarla manualmente.
“Va tutto bene, signore?”
Si morse il labbro, e sorrise a Chii. Anche se era priva di vita, la sua presenza scrutatrice gli imponeva di essere forte, in qualche modo. Come se avesse dovuto continuare a mostrarsi, davanti a lei, come si era dovuto mostrare davanti agli altri astronauti e scienziati e militari… una marionetta che eseguiva gli ordini, una maschera a cui si attaccava per non cadere nella più devastante disperazione.


Mi dispiace davvero, Kurorin.


Dormiva, uno di quei lunghi sonni che gli astronauti si concedevano per sopportare i tempi altrimenti insostenibili dei viaggi spaziali.
L’allarme del computer l’aveva fatto destare di soprassalto, ma era troppo tardi. Quel campo di asteroidi non era segnato su nessuna mappa, da dove spuntavano?! Forse erano stati generati da una collisione recente…
Yuui aveva combattuto per riguadagnare il controllo dell’astronave, ma l’impatto con diverse delle meteore sembrava aver danneggiato il sistema dei comandi.
La Cometa aveva continuato a volare, fuori controllo, attirata dalla potente forza di gravità di un pianeta vicino.
Yuui aveva sperato si trattasse di un mondo disabitato, di uno di quei pianeti gassosi dove la Cometa sarebbe potuta affondare senza nuocere a nessuno…
Man mano che si avvicinavano, tuttavia, aveva compreso che si trattava di un mondo vivo.
Aveva guardato inorridito la superficie del continente avvicinarglisi, mentre l’astronave, cadendo a precipizio su di esso, attraversava l’atmosfera.
Poco prima dell’impatto, lo spirito di sopravvivenza lo aveva spinto a infilarsi in una delle navette di salvataggio dell’astronave, ma la collisione con il suolo era stata comunque molto forte.
Ricordava solo il buio, un dolore ottundente che gli straziava i sensi in tutto il corpo… e poi gli odori, l’aria di quel paese sconosciuto, che gli aveva riempito le narici anche se offuscata dal tanfo di bruciato.
Prima di perdere i sensi, aveva pensato che, da ovunque provenissero quei profumi, erano la cosa più buona che avesse mai annusato.

Poi, al suo risveglio, tutto era cambiato: dal black-out completo della sua mente, si era ritrovato a fissare due penetranti occhi rossi. E tutto era come cominciato da zero.



  
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