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SETTEMBRE mercoledì
Girando
per le strade di Roma, Chiara
sentiva sempre di più la nostalgia farsi strada nel suo
animo. Ricordava i bei
giorni passati là, gli unici momenti felici della sua vita
da adulta… ad
eccezione però di quella manciata di giorni
vissuti insieme a Massimo. Infatti solo in
quest’ultimo, breve periodo le
era sembrato di vivere di nuovo la vita con spensieratezza e fiducia
come le
era accaduto allora, quando lei e Roberta, per la prima volta da sole,
si erano
sentite libere e felici.
Era
diretta al negozio di antiquariato nei
pressi di piazza di Spagna dove aveva lavorato in quel periodo. I
proprietari
le avevano voluto davvero bene e la signora Ida, morta l’anno
precedente, le
aveva insegnato tante cose. Anche l’amore andava bene allora.
L’amore poi!
Sorridendo si ricordò di Pippo, il suo simpaticissimo ragazzo
dell’epoca con il quale si era messa
più che altro per la curiosità di sperimentare le
gioie del sesso, visto che
era l’ultima tra le amiche ad essere ancora verginella.
Comunque, quando era
finita, non c’era stato nessun dramma, anzi, tra di loro per
qualche tempo era
restata una bella amicizia, non come la lunga storia con Marco,
costellata di
tormenti e sensi di colpa, che l’aveva lasciata
così male.
Ricordò
all’improvviso che anche Paolo
e Roberta si erano conosciuti in quel periodo felice. La loro crisi
attuale la
riempiva di tristezza perché li aveva sempre considerati una
coppia perfetta,
molto più di qualsiasi altra di sua conoscenza. Li rivedeva
ancora il giorno
del loro matrimonio a Ravello, mentre uscivano dalla chiesa: belli,
giovani,
innamorati. In quel momento erano così felici che quasi li
aveva bonariamente
invidiati. Ogni qual volta aveva avuto un dubbio sull’amore,
aveva pensato alla
loro unione che andava avanti nel tempo sempre in perfetta armonia e
per questo
adesso si sentiva tanto delusa.
-
“Forse sono l’unica persona sulla
terra a credere, anzi, ad illudermi, dell’esistenza
dell’amore eterno!” – pensò
amareggiata.
Per
tale illusione aveva rinunciato a
Massimo, un uomo per il quale qualsiasi
altra donna avrebbe dato chissà cosa solo per stargli un
attimo accanto.
Avrebbe potuto anche lei vivere quei momenti senza pensare al domani,
ma la sua
natura l’aveva tradita.
-
“Indietro non si torna purtroppo ed
ora devo affrontare le conseguenze delle mie scelte, anche se le
rimpiangerò
per tutta la vita!” – si disse, lottando con le
lacrime.
In
ogni modo riuscì a trascorrere una
piacevole mattinata in compagnia dell’amico antiquario che le
fece acquistare
anche una bellissimo dono per Dario facendole anche un prezzo di
eccezione.
Alla fine dovette affrettarsi perché era quasi
l’ora dell’uscita dall’asilo di
Andrea.
-
“Ecco come sono fatta: ansiosa e
preoccupata. È stato meglio non aver avuto figli, li avrei
solo rovinati.”
– pensò, sempre molto critica nei
suoi stessi riguardi, mentre correva tutta affannata a prendere il
bambino.
Per
fortuna arrivò in tempo ed il piccolo
fu molto felice di vederla. Così come gli aveva promesso la
notte prima, lo
portò da McDonald’s ed in barba ai divieti della
mamma, gli prese un panino
pieno di ketchup, una porzione enorme di patatine, coca cola e gelatone.
Mentre
Andrea mangiava ed insieme
ridevano perché con le sue manine non riusciva quasi a
reggere il panino
enorme, squillò il cellulare. Era il numero dell’
ufficio ed al
telefono era Federica
la quale esordì rimproverandola:
-
Si può sapere dove cavolo eri? Ti sto
cercando da ieri!
-
Scusami, avevo il cellulare spento.
-
E non hai visto la chiamata quando
l’hai riacceso?
-
Sì, ma ho visto il numero dell’ufficio.
Pensavo fosse il pazzo che mi cercava per qualcosa. Ma che fai telefoni
da lì?
Se ti becca il carognone senti!
-
Volevo sapere come stai.
-
Benissimo, sono a colazione con un
bel giovanotto – le disse tutta allegra.
-
Davvero? – s’informò l’amica
con un
tono tra l’incredulo e lo speranzoso.
-
Sì, ma aspetta un attimo che devo
pulirgli il ketchup che gli sta colando sul mento.
-
Si, vabbè, volevo ben dire! Chi è,
Andrea?
-
Chi ti aspettavi fosse?
La
voce della ragazza era così serena
che per un momento Federica fu tentata di non dirle niente, magari si
stava
dimenticando di Massimo, ma poi decise che era meglio raccontarle del
colloquio
avuto con lui davanti alla macchinetta del caffè.
-
Ieri è venuto Massimo. Ma dimmi, gli
hai detto tu che so di voi due?
-
No, perché? – le rispose perplessa.
-
Mi ha chiesto dove eri e come stavi.
-
Federì e io chissà che mi credevo! –
sbottò Chiara, esprimendosi quasi in dialetto - In fondo
è una persona educata
e poiché mi conosce …
-
No, ti assicuro, mi sembrava
veramente interessato a come stavi.
Chiara
rimase un po’ in silenzio.
– Tu cosa gli hai
detto? – le chiese quindi
senza nascondere l’ansia.
-
E cosa dovevo dirgli? Quanto stai
soffrendo per non soffrire?
-
Ehi, che fai, sfotti?
-
Senti, io più ci penso e più mi
convinco che hai fatto una gran cazzata a rinunciare. Non me ne
intenderò di
cose del cuore, ma uno così non si butta via solo
perché non sai se sarà amore
eterno.
Erano
proprio le cose che si era detta
da sola quella mattina, ma sentirsele dire dall’amica la fece
irritare.
-
Non ti preoccupare, sono convinta
delle mie scelte e poi tra un mese se ne andrà -
replicò.
-
Tre mesi. Staranno qui fino a Natale.
Me l’ha detto Giacomo.
-
Va bene, un mese, tre mesi, cosa
cambia? Presto se ne andrà e sarà tutto finito.
Il fatto di non rivederlo più
me lo farà dimenticare.
-
D’accordo, come vuoi tu, comunque
preparati ad incontrarlo domani sera perché verrà
alla cena di Dario. A
proposito hai comprato il regalo?
Restarono
un po’ a parlare di questo
poi si lasciarono. Chiara si sentiva ancora più confusa e fu
una fortuna dover
trascorrere il pomeriggio con il bambino perché fu costretta
a distrarsi per
forza.
**
Erano
già le sei e mezza quando tornarono
a casa. La ragazza si
aspettava che le
venisse ad aprire la cameriera e rimase alquanto stupita quando vide
Paolo, tutto
sorridente. Dietro di lui apparve Roberta, anch’essa di buon
umore così che
Chiara tirò un sospiro di sollievo.
Il
bambino si buttò tra le braccia
della mamma e incominciò a raccontare a lei ed al
papà della bella giornata
appena trascorsa.
-
A che ora hai il treno stasera? – le domandò
l’uomo.
-
Alle otto meno un quarto.
-
Allora, poiché Angelina non c’è,
adesso Roberta ci prepara un bel piatto di spaghetti alla carbonara
come li sa
fare lei mentre io faccio fare il bagno ad Andrea, così
ceniamo e dopo ti
accompagniamo tutti alla stazione.
Assai
allegro, prese il bambino in
braccio e si allontanò giocando con lui.
-
Roberta, ma cosa è successo? – chiese
Chiara all’amica mentre la seguiva in cucina, stupita da
quell’atmosfera serena
dopo la tempesta della notte prima.
-
Niente, abbiamo parlato! – le rispose
questa con un mezzo sorriso sulle labbra.
Chiara
la osservò: indossava soltanto
una vestaglietta leggera aperta sulla sottoveste di raso.
-
A giudicare dal tuo abbigliamento non
avete mica soltanto parlato! – la prese in giro.
-
È vero, non abbiamo parlato soltanto
– ridacchiò l’altra soddisfatta – …
ed è
stato più bello di ogni altra volta!
-
Meno male, mi sono tolta un peso -
sospirò Chiara.
Per
un po’ Roberta stette zitta mentre
tagliava la pancetta a dadini ma poi si fermò, ancora con il
coltello in mano.
-
Grazie – le disse guardandola con gratitudine.
-
Ma grazie di che? Io non ho fatto
proprio nulla, avete fatto tutto voi, anzi, avete appena cominciato a
farlo.
Giurami che andrete avanti così – aggiunse
preoccupata che quella
riconciliazione fosse
una cosa solo
momentanea e presto potessero ricominciare
le incomprensioni.
L’amica
annuì sorridendo e l’abbracciò.
-
Però! Potrei fare la consulente
matrimoniale – scherzò
lei ricambiando
l’abbraccio – sono così brava a
risolvere i problemi di cuore … degli altri!
**
La
sera Giacomo non era voluto uscire
perché aspettava con ansia la telefonata della moglie che
era andata dal
ginecologo. Massimo cercò di farlo distrarre, ma senza
riuscirci perché, come
tutti i futuri papà, si era instupidito del tutto nonostante
per lui fosse già
il secondo figlio.
Così
uscì da solo e mentre camminava, rifletteva.
Diventare padre doveva
essere davvero una cosa strana perché anche i suoi fratelli
avevano reagito
allo stesso modo. D’altronde era emozionante pensare al fatto
che l’amore
fisico non avesse come conseguenza soltanto il piacere immediato, ma
che il
proprio seme, nel grembo accogliente della donna amata, si sarebbe
trasformato in
una nuova vita.
Un
figlio! Averlo doveva essere davvero
una sensazione unica. Lui l’aveva intuita, una volta. Era
accaduto quell’estate
ad Ischia quando aveva visto Chiara
tenere tra le braccia il piccolo Luca. Per un istante
l’aveva vista
madre e, per qualche strano istinto, aveva
immaginato che quel
figlio fosse suo. Certo allora non sapeva ancora di amarla ma forse
dentro di
sé aveva già la consapevolezza che loro due non
avevano solo fatto all’amore ma
si erano uniti completamente.
Rassegnato
all’idea di non potere fare
a meno di pensare a lei, andò a fare un giretto per le vie
della Napoli-bene,
ammirando i negozi di lusso. Si concesse anche una buona cena in una
“Hosteria”
molto caratteristica, dopodiché, prendendo una stradina, si
trovò sul
lungomare. Andò a comprare una birra perché gli
era venuta sete e
decise di andarla a bere sulla
spiaggia della Rotonda Diaz. C’era ancora una volta la luna
quasi piena ed il
caldo era molto piacevole perché mitigato da una dolce
brezza profumata di mare.
-
“Certo è bella una città
che ti consente di sedere sugli scogli a
guardare il mare!” – pensò.
Incominciava
a nutrire per Napoli uno
strano sentimento fatto di amore e di odio. In quel posto
c’erano cose che
detestava ed altre che invece lo attiravano molto. Non era sicuro che
gli
sarebbe stato possibile viverci, ma in qualche modo intuiva che la sua
permanenza lì lo aveva cambiato.
La
strada si andava a mano a mano
svuotando. Era l’ora in cui tutte le persone normali se ne
tornavano nelle loro
case. Al pensiero, alzò istintivamente gli occhi verso la
collina dove si
affacciava il terrazzo della casa di Chiara. Come già altre
volte, si disse che
quella non era una semplice casa, ma un nido accogliente e caldo,
teatro di una
felicità di
cui sentiva sempre di più la
mancanza.
Era
inutile girarci intorno, oramai
poteva pure prendere atto di essere innamorato cotto di lei. Cosa
doveva fare?
Sarebbe bastato seguire il consiglio della madre e dirglielo soltanto?
Forse Chiara
lo avrebbe respinto ancora e dopo tanto
rifletterci su, non poteva nemmeno darle tutti i torti.
Come poteva
fidarsi di un tipo come lui, uno che tutti quanti gli altri, persino la
sua
stessa famiglia, percepivano come una persona incapace di sentimenti
veri e
duraturi, un superficiale buono solo a correre dietro alle donne? E poi
anche con
lei non aveva avuto un comportamento corretto. È vero, era
stato in buona fede,
ma perché aggredirla in quel modo? La poverina non gli aveva
chiesto nulla, si
era solo ritirata in buon ordine quando aveva pensato di non
interessargli. Semplicemente.
Con la signorilità che la contraddistingueva.
Non
sapeva come farlo, ma la cosa più
importante era dirle che aveva capito di amarla e che non voleva
perderla più.
-
“Intanto – pensava - domani
finalmente la rivedrò”.