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Autore: SereILU    16/10/2009    3 recensioni
Ciao a tutti! Questa è una piccola One Shot scritta in un periodo di depressione... Cosa sarebbe successo se Edward non fosse arrivato in tempo per salvare Bella da James? Ecco come l'ho immaginato!
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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TROPPO TARDI…

Salve a tutti! Speravate di esservi liberati di me vero? XD

Beh non è così XD. Visto che la mia fantasia al momento è un po’ bloccata e soprattutto visto che ho vissuto un periodaccio ho deciso di postare questa piccola One Shot.

Ho scritto questa storia qualche tempo fa, in un periodo in cui ogni cosa sembrava andare male.

Parla di Edward e di Bella. Ho tentato, sadicamente, di immaginare che cosa sarebbe successo se Edward non fosse arrivato in tempo per salvare Bella da James. Bella sarebbe morta, e Edward cosa avrebbe fatto? Ecco, questa è la mia idea!

 

TROPPO TARDI…

 

Bella POV

 

So che è finita, l’ho letto nei suoi occhi. L’odore del mio sangue lo farà impazzire in pochi secondi, ne sono certa. E questo renderà tutto più veloce. Per fortuna.

Una piccola parte del mio cervello, quella non concentrata sul sangue e sul dolore è certa che Edward sarà al sicuro, non cercherà James, non cercherà di vendicarsi rischiando la vita…

Vedo il predatore avvicinarsi, gli occhi neri per il desiderio del mio sangue, un ruggito di trionfo gli esce dal petto. Non riesco più a sopportare il suo sguardo, chiudo gli occhi e con un braccio cerco di proteggermi, non so neanche io da cosa.

Non l’ho sentito spiccare il balzo e avventarsi su di me. Ma sento i suoi denti. Mi ha afferrato il braccio e i suoi canini non hanno atteso di raggiungere il mio collo. Urlo e scalcio mentre un fuoco più doloroso della gamba rotta comincia a bruciarmi la mano.

“Spero proprio che il tuo caro Edward ti vendichi…” James non ha ancora perso il controllo, sento la sua voce calma vicino al mio orecchio nonostante le mie stesse urla di dolore.

“Hai davvero sbagliato a non trasformarla!”. Non capisco perché sta urlando, non mi importa. “L’avresti salvata! E ora lei non sarebbe qui a soffrire per la tua codardia!”.

Un altro ruggito trionfante e un’altra ondata di dolore e fuoco mi colpisce. Urlo ancora più forte mentre sento i suoi denti affondare nel mio braccio. Il dolore è insopportabile, il calore insostenibile.

Smetto di dibattermi nonostante le mie stesse urla continuano a risuonarmi nella testa. Non riuscirò a rimanere cosciente per molto altro tempo; il mio cacciatore si stacca di nuovo da me.

“E… comunque Cullen, il suo sapore è anche migliore del suo odore!”.

Ora è davvero finita. La sua mano sulla mia testa mi fa voltare, sento il suo fiato caldo sul collo, a pochi centimetri dalla sua bocca. Un altro ruggito, più forte gli risuona nel petto. Sento James sorridere mentre poggia le labbra sulla mia pelle.

Altro dolore.

Un altro morso.

L’ultimo.

Urlo anche io, ma so che è inutile. Lui è salvo.

La morte non è mai stata così dolorosa, neanche nei miei incubi peggiori.

Ma è bello morire per chi si ama.

“Edward, ti Amo”.

 

 

 

Edward POV

 

Sarei dovuto restare con lei. Non avrei dovuto lasciarla sola neanche per un momento. L’aereo stava per atterrare, mi tranquillizzai quel tanto che bastava per non distruggere il poggiabraccia del sedile.

L’avrei rivista, l’avrei abbracciata e tranquillizzata, saremo scappati lontano da James e un giorno sarei riuscito a vendicarmi, a mettere fine alla sua sporca esistenza. Chiusi gli occhi durante l’atterraggio; il suo viso mi apparve come un sogno, piccola e indifesa, così fragile.

Le sue guance che arrossivano al contatto con la mia mano, i suoi occhi che cercavano sempre i miei, come fossero un’ancora di salvataggio nel mare in tempesta.

Mi riscossi dai miei pensieri appena in tempo, i passeggeri si stavano già dirigendo verso l’uscita dell’aereo, mi misi in coda anche io. Futili pensieri affollavano le menti di tutti quegli esseri umani; nella mia testa decine di voci si sovrapponevano.

“Accidenti a questa schiena! Dovrò farmi vedere da un medico.”.

“Speriamo che l’acconciatura non si sia guastata!”.

“Edward stai calmo” la voce di Carlisle, sopra le altre, tentò di tranquillizzarmi. Mi voltai verso di lui. Non ero solo. Anche Emmett era con noi, i suoi pensieri mi aiutarono a calmarmi e quasi sorrisi quando nella sua testa apparvero decine di idee su come torturare James.

Scendemmo dall’aereo in fila con tutti gli altri passeggeri, attraversammo il lungo tunnel e superammo i metal detector. Mi sembrava fossero passate ore dallo sbarco quando il viso di Alice apparve tra la folla, seguita dalla sua voce che mi salutava e mi raccontava degli ultimi giorni che avevo trascorso lontano da lei. In hotel sola e spaventata, all’aeroporto con Alice e Jasper, una lettera, il bagno…

Poi una nuova voce, quella di Jasper. “Edward! È scappata!”.

Seppi che il mio corpo si era immobilizzato. Istintivamente guardai verso Alice e la vidi sbarrare gli occhi, vittima di una visione. James. Bella. Sangue. Dolore. Morte.

Uscimmo di corsa dall’aeroporto mentre Alice metteva anche Carlisle e Emmett al corrente di ciò che aveva visto. Jasper ci aveva già procurato un’auto, mi misi alla guida spingendo sull’acceleratore.

 

Iniziò la nostra folle corsa contro il tempo; superammo troppo spesso il limite di velocità. Non sapevamo dove fosse quella scuola di danza. Cercai nelle menti di ogni essere umano in un raggio di un chilometro dalla macchina, alla ricerca di una qualche informazione stradale.

La trovai.

Ora sapevo dove guardare; accelerai verso quella direzione proprio mentre Alice aveva un’altra visione. Bella. Morta. Intorno solo vetri rotti e tanto, troppo sangue. James. Gli occhi accesi come rubini. Le labbra ancora sporche di sangue. Il suo sangue.

Alice sbarrò gli occhi tornando in se. “È troppo tardi Edward…”.

Un ruggito mi perforò il petto. “No!”. No. No. No. No. Non poteva essere morta. L’avrei salvata e avrei ucciso James, anzi, l’avrei disintegrato. Non sarebbe morta per causa mia.

Arrivammo 5 minuti dopo. Ci fondammo fuori dall’auto e in pochi istanti eravamo nella sala.

L’odore di sangue mi colpì forte, come una cannonata. Poi la vidi.

Bella.

In un attimo ero accanto a lei. I suoi occhi erano chiusi, sembrava serena. Probabilmente senza tutto quel sangue chiunque avrebbe pensato che fosse stata solo addormentata. Sotto tutto quel rosso la sua pelle sembrava ancora più bianca, e fragile.

Non ero stato in grado di proteggerla da me stesso, da quello che ero.

Allora mi accorsi che era finita.

Non l’avrei più vista inciampare per corrermi in contro. Non sarebbe più arrossita sotto le mie mani. Non l’avrei più sentita sussurrare il mio nome nel sonno. Non avrei più potuto ascoltare il battito del suo cuore. Un suono che avrei riconosciuto anche a chilometri di distanza, che mi tranquillizzava, che amavo. Il suo cuore non avrebbe più battuto per me, non avrebbe accelerato ad ogni mio bacio, ad ogni mia carezza. Non più.

E ora il mio era muto come mai lo era stato. Il suo posto era occupato solo dal dolore, un dolore che andava oltre la ragione umana.

Ma volevo salutarla almeno, mi chinai sul suo viso e poggiai le mie labbra sulle sue, fredde come le mie. L’odore del suo sangue mi bruciò la gola e il naso con forza inaudita, ma non ero mai stato così padrone di quel lato di me come in quel momento.

“Edward…” mi voltai per affrontare Alice. Sapevo cosa voleva dirmi, che non era stata colpa mia, ma solo sua e di Jasper e altre scuse del genere.

Parole vuote e senza senso che risuonavano nella mia mente offuscate dal dolore. Però mi ritrovai a fissare i suoi occhi, che esprimevano più di quanto Alice avesse mai potuto dirmi a parole.

Aveva perso un’amica, una sorella. E anche i suoi occhi, come i miei, se avessero potuto si sarebbero riempiti di lacrime. Si inginocchiò accanto a me e posò una mano sulla guancia di Bella, bianco contro bianco. Poi si appoggiò a me, la sua testa sulla mia spalla, chiudendo gli occhi.

Mi mostrò tutti i suoi ricordi di Bella.

Il giorno in cui l’avevo presentata alla mia famiglia, con le lamentele di Rose sul suo odore; quando prima ancora aveva capito che sarebbero state amiche, se non sorelle forse. Fino all’hotel a Phoenix, le sue preoccupazioni, le sue ultime parole ad Alice. Chiusi gli occhi anch’io.

Dietro di noi Carlisle, Emmett e Jasper partecipavano in silenzio al mio, nostro, dolore. Sentivo le loro scuse riempirmi la mente, le scuse per essere ciò che eravamo.

Poi qualcosa attirò il mio sguardo. Un nastro rosso, legato con cura a qualcosa di piccolo e grigio, una videocamera. Vicino un biglietto. Lentamente lo aprii. Solo poche parole.

“Questo è per te Edward, divertiti!”.

James. Avrei riconosciuto il suo odore, di legno ed erba, tra milioni. Quando riuscii ad alzare gli occhi dal foglio Alice aveva già collegato la camera al televisore.

La prima immagine ci mostrò la sala vuota, tranne che per lui, sorridente ed educato.

“Ciao Edward, goditi lo spettacolo!”.

Poi le immagini si susseguirono, veloci e terribili. Mi costrinsi a guardarle tutte.

Mio padre e i miei fratelli non si erano mossi, gli occhi sbarrati dall’orrore e dal dolore. Alice era in ginocchio, le mani sugli occhi, scossa da singhiozzi senza lacrime. Io ero rimasto immobile, nelle orecchie ancora le sue urla, la mia Bella maltrattata e schernita da quell’abominio.

Con un pugno distrussi una parete di specchi. Non servì a nulla. Avevo ancora voglia di distruggere. Qualcosa, o qualcuno. Voglia di vendetta.

Allora dolore e consapevolezza mi sconvolsero di nuovo.

Mi lasciai scivolare contro il muro, le mani tra i capelli. Il respiro irregolare e veloce.

Alice mi si avvicinò e si sedette accanto a me, un altro pezzo di carta in mano, una lettera. Scossi la testa, non volevo leggere nient’altro, ma lei la lasciò davanti a me, così la afferrai esasperato.

Era una lettera di Bella. Si scusava, mi chiedeva scusa per quello che aveva fatto. Mi chiedeva di perdonarla.

No Bella. Non posso perdonarti per essere sparita dalla mia vita per sempre. Per aver portato con te il mio cuore lasciando nel mio petto nient’altro che agonia. Non posso perdonarti per avermi ridato il desiderio di vivere e poi avermelo portato via per sempre.

Non posso vivere senza di te, lo sapevi! Lo sapevi che con te sarei morto anche io!

Ma sei andata lo stesso da James, conscia che ti avrebbe presa, che non ti avrebbe fatta tornare da me. Perché non mi hai aspettato? Per altruismo.

Non avevi capito che della tua famiglia non gli importava nulla, non avrebbe mai preso tua madre. Lui voleva te, come aveva voluto Alice 50 anni prima.

Tornai in me quando Alice mi offrì la mano per aiutarmi a rialzarmi. La guardai, sul viso una maschera di tristezza, specchio della mia. Mi lasciai aiutare, poi guardai Carlisle.

Sapeva cosa gli avrei chiesto, e non mi avrebbe fermato. Alice mi prese una mano.

“Lo troverai Edward. Ti sta aspettando”.

Sarei andato a cercare James, lo avrei ucciso con le mie mani. Per averla fatta soffrire, per avermela portata via per sempre. Victoria non sarebbe stata un problema, se si fosse intromessa anche lei sarebbe sparita con lui. Non mi importava.

Fu un tormento dover aspettare la polizia locale. La mia famiglia era al sicuro, nessuno sapeva che eravamo stati a Phoenix. Fu un tormento vedere Charlie e Renè. Nessuno dei due ce l’aveva con me, non mi ritenevano responsabile di ciò che era accaduto alla loro unica figlia e i funerali si svolsero davanti all’intera Forks, commossa per la perdita subita dal loro ispettore.

Fu un tormento doverla bruciare. Avevamo dovuto, non potevamo permettere che qualcuno riconoscesse i segni dei morsi. Fu straziante. Avevamo bruciato l’intera scuola, cancellando ogni traccia.

 

Tornati a Forks sapevamo che la vita non sarebbe stata più la stessa. Volevo andarmene, volevo cercare James. Ma fu lui a trovare me.

Era il crepuscolo. Io e Alice eravamo sul divano, apatici. Poi una visione, James ai piedi delle montagne, il nostro campo da gioco. Ironico.

Alice mi fissò e io mi specchiai nei suoi occhi neri.

“Devi dirlo a Carlisle, se proprio non hai il coraggio di affrontare Esme”. Annuii dopo un attimo. “Si, partirò stasera”.

Presi la Volvo. Non la usavo da giorni. Il suo odore era ancora là. Accelerai verso l’ospedale, per dire addio a mio padre. Lo trovai nel suo studio intento a leggere dei documenti, quando entrai alzò lo sguardo, gli occhi spenti e stanchi.

“Ciao Edward” mi salutò. “Ciao Carlisle”.

Impilò i fogli e li ripose in un cassetto, cercava di prendere tempo. Quando non poté più far finta di ignorarmi alzò di nuovo gli occhi, fissandoli nei miei, così simili e così diversi.

“Si Carlisle” risposi ai suoi pensieri inespressi, “voglio distruggerlo”. Mio padre si coprì il viso con le mani, lo lasciai fare, non gli misi fretta.

“Sai che non ti fermerò Edward…” mi disse quasi in un sussurro, “ perché sei qui allora? Per cosa vuoi il mio permesso?”. Alzai gli occhi verso di lui, ma non riuscivo a guardarlo.

Voglio…” ma non sapevo che dire. “Voglio… Carlisle non ci riesco!”. Mi sedetti sulla sedia davanti alla sua scrivania, le mani nei capelli. Se avessi potuto avrei pianto fino a prosciugarmi. “Non posso restare qua!” le mie mani scesero sul mio viso, tentando di asciugare lacrime mai scese. “Io non riesco a vivere senza di lei… tutto mi ricorda Bella!”.

Carlisle si alzò lentamente, girò attorno al tavolo di legno e si inginocchiò davanti a me, mettendomi le mani sulle spalle. “Edward…”.

A quella parola alzai lo sguardo su di lui. Mi odiai. Soffriva a causa mia. I suoi occhi erano pieni del dolore che solo la perdita di un figlio porta con se. Non riuscivo a guardare tanta sincerità nei suoi occhi.

Se non vuoi restare, non ti tratterrò”.

Tornai a fissarlo, stupito. Lasciò cadere le mani lungo i fianchi, tornando a sedersi dietro la scrivania.

“Non fraintendermi” continuò, “sai che farei di tutto per farti restare”. I suoi occhi si accesero di un antico fervore e sulle sue labbra nacque un sorriso intriso di tristezza e dolore. “Ma nei 90 anni che sei stato al mio fianco nulla ha cambiato la tua vita come lei, e nulla la cancellerà mai dai tuoi ricordi”. Annuii più a me stesso che a lui.

Poi un sorriso triste e amaro si dipinse sulle mie labbra. “E pensare che la prima volta che l’ho vista avrei voluto ucciderla sul momento”.

Carlisle mi guardò. Ricordava anche lui quando pochi mesi prima ero corso da lui per annunciargli la mia partenza. Un Deja Vu a cui non avevo pensato.

“Hai semplicemente scoperto la grandezza della nostra natura e di quella umana Edward, non l’hai uccisa, l’hai fatta diventare la tua ragione di vita, e lei ti ha accettato”. Annuii ancora, il sorriso sostituito da una smorfia di dolore.

Non so quanto tempo passammo con gli occhi bassi senza parlare ma non avrei più potuto resistere oltre. Mi alzai e mi incamminai verso la porta senza guardarmi indietro. “Addio Edward…”. Mi fermai, la mano sulla maniglia della porta, incapace di girarmi e affrontare ancora il suo sguardo. “Addio papà… dì a Esme che l’ho amata come una madre…”. Poi uscii.

Tornai lentamente alla Volvo. Nella mia testa la voce di Carlisle mi augurava buona fortuna con James. Un ringhiò mi uscì dalle labbra. James. Ormai era buio, accelerai verso casa ma lasciai la Volvo all’inizio del vialetto, non volevo incontrare nessuno. Poi partii di corsa verso le montagne.

Sarei arrivato in pochi minuti se un odore familiare e una voce non mi avessero fermato. “Edward…”. Alice sbucò dagli alberi accanto a me”.

“Alice vattene ti prego, devo andare da solo”. Lei per tutta risposta mi si avvicinò e mi abbracciò, poggiando la testa sulla mia spalla. Rimasi interdetto, ma la abbracciai anch’io. Dopotutto era sempre Alice, mia sorella, la mia migliore amica. Come se mi avesse letto nel pensiero nella sua mente cominciarono a scorrere tanti ricordi. I nostri ricordi.

La prima volta che si era presentata a casa nostra con il povero Jasper tutto sulla difensiva. La prima caccia insieme, sulle montagne, alla ricerca di puma e linci. Il suo primo giorno di scuola come mia sorella, il nervosismo, l’euforia nel sapere che ce l’avrebbe fatta. Le partite a scacchi, minuti spesi a guardarci negli occhi concentrandoci sulle mosse, un pedone spostato, il re sconfitto. Poi le risate quando Carlisle e Esme avevano cacciato Emmett e Rose per il loro ennesimo viaggio di nozze. E ancora gli ultimi mesi, la mia felicità riflessa nei suoi occhi e nei suoi pensieri.

Lentamente mi lasciò andare e con un sorriso triste mi guardò negli occhi. “Ecco… ora sai tutto”. Mi posò un bacio leggero sulla guancia e poi corse via.

Rimasi immobile per qualche secondo. Per la prima volta qualcosa mi aveva fatto dubitare della mia scelta, abbandonare  tutto ora non mi sembrava più così facile. Per un millesimo di secondo la mia decisione vacillò, ma qualcos’altro, forse la mia coscienza, sempre che ne avessi ancora una, la fece apparire davanti ai miei occhi. Bella. La mia Bella.

Il dolore mi mozzò il respiro, più vivo e più forte che mai. No, non avrei abbandonato la mia risoluzione. Così ripresi a correre verso quella radura che era stata l’inizio e la fine di tutto. Arrivai in pochissimo tempo.

James mi stava aspettando, in mezzo a quel campo. Mi vide e assunse una posizione di difesa, sul suo viso un ghigno divertito e gli occhi ridotti a due fessure. Stava ricordando la scuola di danza, si soffermava sui particolari, sulla sua sofferenza. Un ringhio mi squarciò il petto. Non sarebbe vissuto ancora a lungo, non glielo avrei permesso, non dopo tutto il male che aveva fatto, che aveva fatto a lei.

La nostra battaglia cominciò. Era scaltro e intelligente, non si scopriva mai troppo e seguiva l’istinto tutte le volte che poteva. Cominciò a piovere; l’acqua faceva da testimone al nostri incontro silenziosa e inesorabile. Poi riuscì a colpirmi, non ricordo bene come fece ma in un istante mi ritrovai sbalzato in mezzo agli alberi e riuscii a frenarmi solo poggiando mani e ginocchia sul terreno.

In un secondo fui di nuovo nella radura. James sorrideva affabile, senza un capello fuori posto, la testa affollata di pensieri e ricordi su di lei. Ringhiai e il combattimento ricominciò più veloce e violento di prima. I tuoni del temporale si alternavano ai nostri scontri, nessuno si sarebbe accorto di noi.

Riuscivo a parare i suoi colpi ma nessuno dei miei attacchi andava a segno. Stavo perdendo la pazienza mentre il suo ghigno si allargava insieme all’aumentare del mio nervosismo. Quel sorriso portò altri ricordi, altre immagini di Bella. Ruggii e stavolta la mia mano raggiunse la sua gola. Ci ritrovammo contro la parete di roccia della montagna, le mie dite ancora strette al suo collo e un rantolo gli uscì dalle labbra.

“Non ridi più? Vigliacco!”. Lo spinsi più forte contro la roccia. Il suo sorriso però non si spense.

Edward, Edward, Edward… ce ne hai messo di tempo!” e rise. Una risata cattiva, senza allegria.

Non riuscii più a trattenermi. Chiusi gli occhi. Un rumore metallico tanto forte da riecheggiare nella radura e la sua risata si spense, per sempre.

Poco dopo un fuoco scuro bruciava tra le montagne sovrastate da un fumo malsano. Alice apparve all’improvviso al mio fianco e con lei quel profumo di casa che non avrei più sentito. La guardai e nella sua mente vidi delinearsi il mio futuro, certo e sicuro ora. Poi lo vidi sparire nel buoi.

Alice mi guardò con gli occhi sbarrati e le braccia rigide lungo i fianchi.

“Alice… devo farlo…” abbassai lo sguardo, non riuscivo a guardarla. Sentii un fruscio e quando rialzai gli occhi lei non c’era più. Non ebbi il coraggio di seguirla, né di fermarla.

 

Riapro gli occhi e allontano la mano da quella di Aro.

Marcus e Caius sono ancora circondati dal loro seguito, hanno paura di me. Aro sospira.

Edward sarebbe un tale spreco…” ritorna a sedere sul suo trono, pensieroso.

“Non cambio idea Aro, voglio che lo facciate”.

Sono sicuro della mia decisione, non la cambierò.

Marcus si avvicina e si sistema vicino ad Aro, poco dopo anche Caius fa lo stesso, con un sospiro.

Io non mi muovo, sanno che non me ne andrò finché non avrò ottenuto ciò che cerco.

“Sei davvero sicuro?” Aro cerca di farmi cambiare idea.

“Si” annuisco, “voglio morire”.

Un altro sospiro. Sorrido. La decisione è stata presa.

“Va bene Edward preparati a morire”.

Chiudo gli occhi. Le ultime cose che vedo sono Dimitri, Felix, Jane e Alec prendere posizione.

Poi il suo viso, tutto per me.

 

FINE

 

 

Writer’s Corner:

Allora… piaciuta? Avete pianto, avete riso? Fatemelo sapere con un commento! ^^

Spero di continuare a scrivere altre “Passion Nights” ma ancora nessuna idea, le avete? XD

   
 
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