Il corpo di
Gianis ancora si muoveva, ma si trattava di spasmi scoordinati e
bruschi, che
preannunciavano il trapasso. Durante il brevissimo scontro non aveva
emesso
alcun suono, nemmeno quando gli era stata posta la mano rovente sopra
la
faccia. Alessia osservò la mano dell’uomo che
aveva sconfitto con tanta
facilità un Rinnegato: il guanto di ferro era davvero
arroventato,
incandescente al punto da farlo apparire fiammeggiante. Pareva
addirittura che
il guanto stesse per fondersi e colare dalla mano che lo indossava.
Eppure, non
vi erano dubbi sul fatto che pochi istanti prima quel metallo fosse
stato
freddo.
«Aveva
ragione» disse l’uomo incappucciato, fissando
Gianis. «C’è voluto solo un
minuto».
Prima che
un’altra parola venisse pronunciata, fece un passo in avanti
e si incamminò
lentamente verso il resto del gruppo. Contemporaneamente, il mercenario
dai
capelli rossi si scagliò furente contro di lui, estraendo la
spada e impugnandola
con entrambe le mani. L’individuo misterioso
scostò il mantello e si preparò a
fermare l’attacco. Il mercenario si arrestò
bruscamente a pochi centimetri dal
nemico e, sollevando l’arma più in alto che
poteva, si apprestò a farla
precipitare sul cranio dell’avversario. Questi tuttavia lo
bloccò prima che la
micidiale lama fosse a metà strada, cingendo con la mano
rovente le dita che impugnavano
saldamente l’elsa della spada. Un urlo straziante esplose
riecheggiando nei
dintorni.
Il
Rinnegato dai capelli rossi lasciò cadere la spada
sull’umido terreno erboso,
mentre le sue dita erano ancora intrappolate nella morsa
dell’uomo vestito di
nero. Alessia e gli altri due guerrieri rimasti videro con raccapriccio
le mani
del compagno subire la stessa sorte del viso di Gianis, bruciandosi e
ustionandosi
come carne sulla brace.
Lo strazio
della vittima durò tuttavia poco. Con rapidità il
forestiero estrasse dal
mantello un pugnale lucente dal manico elaborato, e con freddezza pose
fine
alle sofferenze del Rinnegato, che ricadde sulla schiena, mostrando
così il profondo
taglio in cui era penetrata la lama. Il terrore degli ultimi due
criminali rimasti
era decisamente palpabile, scatenato dalla vista del pugnale che si era
fatto
strada attraverso una spessa corazza di ferro come se fosse stata di
burro.
«Lasciate
la ragazza, per favore» disse all’improvviso,
rinfoderando la propria arma.
Solo allora
i due Rinnegati si ricordarono di avere un ostaggio. Per il terrore,
erano indietreggiati
sino a toccare i bizzarri tronchi della recinzione. L’uomo in
nero si avvicinò
ancora.
«Non
ti
avvicinare!» urlò il mercenario giovane.
«Lasciaci andare, o la uccido!» Detto
questo, estrasse un coltello dentellato e lo puntò alla gola
di Alessia.
La ragazza
cominciò a sentirsi davvero disperata. Non era facile
intravedere una via
d’uscita. Si chiese come avrebbe potuto quel cupo
soccorritore venirle in
aiuto, questa volta. E anche se ci fosse riuscito, chi le assicurava
che finire
nelle sue mani non fosse peggio che rimanere in quelle dei Rinnegati?
Alessia non
indugiò a lungo su tali pensieri, perché il
forestiero diede segno di essere
pronto a fare la sua mossa. I due Rinnegati rimanenti scrutavano con
occhio
vigile ogni minimo movimento di quell’uomo, attendendo la sua
risposta. Che in
costui fossero presenti molti lati assai sospetti, era stato lampante
sin dal
primo istante in cui lo avevano incrociato. Ora, egli si apprestava a
mostrare
loro qualcosa che non avrebbero più avuto modo di vedere,
poiché sarebbe stata
l’ultima cosa che avrebbero visto in vita.