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Autore: mamma Kellina    16/10/2009    6 recensioni
Spesso si ritiene di essere giunti ad un punto in cui le proprie scelte di vita non cambieranno più. Magari però proprio allora accade qualcosa che porta a modificare anche le convinzioni più radicate. E’ proprio ciò che avviene a Chiara ed a Massimo nel corso di una tarda estate che sembrava trascorrere come al solito e che invece li porterà a conoscersi, spingendoli a rivedere molte delle loro passate certezze. Ancora una storia ambientata a Napoli, ma questa volta ai nostri giorni. Ritengo che la forma letteraria che ho scelto – quella cioè del diario – vi consentirà di seguire da vicino i miei protagonisti ed i molti personaggi di contorno. Accompagnarli nella loro consueta attività quotidianità, tra il lavoro e il tempo libero, quasi come se fossero due normalissimi vostri amici, forse riuscirà a renderveli più veri. Naturalmente non lo sono, anzi, ogni riferimento a persone e cose esistenti è puramente casuale…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13 SETTEMBRE giovedì

 

Purtroppo Chiara aveva avuto la malaugurata idea di dire al parrucchiere che quella sera doveva andare ad una cena in un ristorante piuttosto elegante a Marechiaro. Lui si mise ad insistere per convincerla a farsi una pettinatura ed un make-up speciali.

- La mia Rita fa il trucco alle spose – le disse per persuaderla.

- D’accordo, Antonio, ma io non mi devo sposare, devo solo andare ad una cena con dei colleghi.

- Dai, Chiaretta, ti faccio un prezzo speciale. Per una volta fai un po’ la sofisticata, sei troppo semplice tu!

Alla fine si lasciò convincere. Lui le stirò i capelli fino a farglieli diventare lisci e morbidi, con riflessi simili al velluto. Rita poi era davvero brava e le fece un trucco tale da farla sembrare quasi bella, con gli occhi profondi e grandi ed il viso perfettamente levigato.

- Complimenti – commentò  alla fine la ragazza guardandosi allo specchio – ed io che credevo di essere la sola restauratrice in giro! Voi siete molto più bravi visto quello che avete saputo fare con un mezzo cessetto come me.

Una volta a casa completò l’opera con il vestito regalatole dalla sorella. Era  molto semplice, ma elegante, con l’ampia gonna un po’ a campana, il corpetto finemente ricamato e scollato, un bolerino corto a coprirle le spalle. Adesso le stava molto meglio della settimana prima, forse  perché era un po’ scesa di peso.  Il risultato finale fu una ragazza molto carina, ma lei non si riconobbe nell’immagine riflessa nello specchio, si sentiva come in maschera. Però quella sera era proprio ciò che le ci voleva. Se avesse dovuto seguire il suo istinto, si sarebbe rintanata in casa perché non aveva voglia di affrontare gli altri e tanto meno Massimo.

Rossana doveva venirla a prendere alle otto, ma tardò parecchio. Quando finalmente arrivò, le chiese scusa dicendole di avere il figlio più grande con la febbre.

- Che hai fatto? – le chiese scrutandola – Chi devi conquistare stasera? Sei bellissima!

In effetti fu il complimento che le fecero tutti quando arrivarono al ristorante dove i colleghi stavano aspettando proprio loro per iniziare la cena. Chiara li salutò  con calore, solo con Massimo non ebbe il coraggio di essere più espansiva e gli fece appena un mezzo sorrisetto. Lui invece quando la vide entrare avvertì un tuffo al cuore come gli era capitato solo alle prime cotte da ragazzino.

- “Come è bella!” – pensò guardandole quei capelli neri, lunghi e lisci come non gliel’aveva mai visti – “Stasera devo trovare il modo di parlarle”.

Invece non capitarono vicini anche se si ritrovarono seduti l’uno di fronte all’altra. Chiara non alzava mai gli occhi su di lui, si limitava a conversare con Federica e Dario al suo fianco. Accanto a Massimo c’era Giacomo e dall’altro lato Valeria, una piacente donna sulla quarantina che lavorava al settore vendite la quale, a quanto pareva, aveva deciso di farsi avanti con l'ispettore e non smetteva un minuto di parlargli. L’uomo le rispondeva per pura cortesia mentre era intento a guardare di soppiatto la ragazza sedutagli di fronte.

- “Come devo fare?  Le devo dire assolutamente cosa ho provato senza di lei. Ma perché sta facendo così? Perché non mi guarda nemmeno? Forse è soltanto in collera con me e devo insistere un po’ per farmi perdonare” - pensava.

Chiara, all’apparenza calma e serena, infatti non lo degnava di uno sguardo, ma il giovane non avrebbe mai potuto immaginare quanto sforzo le stesse costando tutto quell’autocontrollo. Aveva avuto paura di rivederlo e ne aveva avuto ben ragione, ora si sentiva sopraffatta dall’attrazione provata per lui: le piaceva ogni minima espressione di quel volto, ogni sguardo dei suoi occhi verde-azzurro, ogni inflessione della sua voce calda che le metteva i brividi dentro. Temeva si potesse capire  e per questo cercava di non guardarlo nemmeno anche se aveva notato come Valeria lo stesse marcando stretto.

Massimo tentò un paio di volte di rivolgerle la parola, ma lei gli rispose solo a monosillabi, tanto che alla fine lui si convinse che quel comportamento freddo era per fargli capire che la breve parentesi sentimentale tra di loro si era definitivamente conclusa. Ne fu molto deluso ed anche abbastanza irritato. Cercò di darsi comunque un contegno, con la sua vistosa vicina che si faceva sempre più invadente e gli altri colleghi che gli davano spesso da parlare senza sapere quanto gli costasse in quel momento partecipare alla conversazione generale.

Per Chiara intanto tutte quelle persone intorno al lungo tavolo avrebbero potuto anche sparire, esisteva solo l’uomo seduto di fronte a lei. Eppure sapeva che finché si trovava in mezzo agli altri poteva difendersi. Il problema sarebbe stato quando, nei prossimi giorni, si sarebbero incontrati da soli. Allora forse non sarebbe riuscita più a mascherare l’amore che provava per lui.

Terminato il pranzo, mentre aspettavano il caffè, Federica le chiese sottovoce di accompagnarla alla toilette. Ne approfittò per controllarsi allo specchio perché temeva che i suoi sentimenti le si leggessero in faccia. Invece era ancora molto carina. Ad un tratto entrarono Antonella e Silvia, le colleghe del Commerciale, le quali stavano commentando ad alta voce:

- Hai visto quella là? E che cavolo, tra poco gli salta addosso all’ispettore! Che  … hmmmm … beh,  insomma, hai capito.

- Dai, solo perché Valeria ha il coraggio di fare le cose davanti a tutti! Voglio vedere chi di noi non ci ha fatto un pensierino proibito su quello. Cosa ti devo dire, beata lei se riesce a portarselo a letto!

Ridacchiando divertite, si chiusero nei bagni.

- Guarda che se ti metti a piangere ti prendo a sberle! – le disse sottovoce  Federica vedendo l’espressione desolata che le si era dipinta sul volto – Che pretendi adesso? Siccome tu hai rinunciato a lui debbano farlo anche tutte le altre? Se non eri convinta, ci dovevi pensare prima.

Chiara riuscì a controllarsi, consapevole che l’amica aveva ragione, ma non per questo si sentì meno triste quando, avvicinandosi di nuovo al tavolo, vide Valeria parlare sottovoce in un orecchio a Massimo che aveva un sorrisino sulle labbra.

Ma dov’era l’uomo che aveva conosciuto, quello con cui aveva trascorso giorni meravigliosi su spiagge assolate, che l’aveva tenuta tra le braccia con tanta dolcezza mentre languidamente riposavano nella piscina calda, quello con cui aveva guardato il tramonto e dormito abbracciata? Forse non c’era mai stato se non nel suo desiderio e Massimo gli aveva dato solo la sua fisicità.

- “Eppure – pensava – il suo corpo mi è appartenuto, è lui che ho accarezzato, baciato, è con lui che mi sono congiunta fino ad essere una sola cosa. Accidenti – rifletté ancora – che paroloni: “appartenersi”, “congiungersi”! Si vede che Roberta ha ragione quando mi accusa di essere retorica, un’altra al posto mio, ad esempio quelle due che prima parlavano nel bagno, avrebbero detto: “meno male che almeno me lo sono scopato!” e via per la loro strada.”

Fece un impercettibile risolino tra sé e sé ed inavvertitamente alzò lo sguardo incontrando i magnifici occhi di Massimo che la stavano fissando seri. Quasi temendo di farsi leggere dentro, si girò subito da un’altra parte, non senza concludere però il pensiero di prima, questa volta come se stesse parlando a lui:

- “Però a me non basta, amore mio, io ti amo e avrei voluto  essere amata da te!”

 

**

 

Venne il momento di consegnare al festeggiato il regalo e siccome nessuno lo aveva ancora visto, ci fu molta curiosità mentre Dario scartocciava il pacchetto. Qualcuno, per paura che potesse non piacergli, decise di mettere le mani avanti e disse fingendo di scherzare:

- Guarda che l’ha scelto Chiara, se non ti piace è colpa sua.

Invece era un oggetto delizioso: un portasigari in ebano con il coperchio d’argento finemente lavorato, una cosa di gran gusto che suscitò l’ammirazione di tutti.

- È fine Ottocento. Ho pensato che poiché stai per diventare uno importante, sulla tua scrivania ci volesse qualcosa di prestigioso – spiegò Chiara, sperando che gli piacesse.

- Grazie, è bellissimo! Grazie amici e grazie a te, cara. Come al solito hai saputo dimostrare che persona di classe sei.

Così dicendo le prese una mano e le baciò il palmo in un gesto molto affettuoso facendola arrossire come una scolaretta.

Ma anche un’altra persona arrossì, di gelosia però,  mentre si chiedeva inquieto se tra quei due non ci fosse davvero del tenero. Cercando di darsi un contegno, Massimo si disse che oramai stava rasentando il ridicolo con quella sua smania ed  era venuto davvero il momento di  smetterla, tanto oramai … ma le parole di Dario vennero subito a  tranquillizzarlo.

- Sapete, - stava dicendo questi - la signorina qui presente è stata il consigliere artistico mio e di mia moglie quando abbiamo messo su casa. A proposito, te lo ricordi quando andammo tutti e tre a Roma da quell’antiquario amico tuo a comprare il cassettone e la consolle?

- Anche questo portasigari è stato comprato lì,  anzi, quando ho detto a Walter che cercavo un regalo per te, ha scovato la cosa più bella di tutto il negozio – gli rispose lei sorridendo.

- È una bottega deliziosa. Lì dentro sembra di entrare in un’altra epoca. Assomiglia un po’ a questa bella ragazza che ci ha lavorato per un po’ a restaurare quadri antichi.

- Infatti, ce la vedo proprio, tutta trine, merletti e rossori come una fanciullina di un’altra epoca – commentò ironica Valeria prendendola in giro.

- Ma è un lavoro difficile, no? Davvero ne sei capace? – le chiese incuriosita Silvia.

- Ho preso il diploma di primo livello, poi però ho lasciato tutto anche se ogni tanto penso di aver fatto male perché era un lavoro che mi piaceva molto.

- Purtroppo non sempre nella vita si fa quello che si avrebbe voluto! Io avrei voluto insegnare per esempio. Non c’è nulla di più stimolante dei ragazzi – intervenne Antonella.

- A me invece sarebbe piaciuto fare la casalinga. Vuoi mettere a startene a casa tua a crescere i figli piuttosto che combattere dalla mattina alla sera con uno come il nostro capo? – commentò a sua volta Rossana.

Valeria si mostrò infastidita.

- Oddio, sentitele! – rimproverò le colleghe - Alla faccia dell’emancipazione femminile: la maestra, la restauratrice, la mamma… Un po’ di carattere ragazze mie, poi dite che questi signori ci mettono sotto i piedi. Per forza lo fanno se noi per prime non riusciamo ad entrare in competizione con loro perché non ci sentiamo all’altezza. Io, se lo volete proprio sapere, sono contentissima di fare il mio lavoro anche se devo lottare ogni giorno con un mucchio di maschietti agguerriti. Non mi sento meno capace di loro.

Si aprì una  discussione sulla parità dei ruoli nel lavoro, discussione che ad un certo punto divenne anche abbastanza accesa, ma fu simpaticamente conclusa da Federica.

- Io so di essere molto più in gamba di tanti uomini, ma ciò non toglie che avrei voluto fare la ballerina classica – disse infatti. Poi, sentendo scendere un silenzio imbarazzato e cogliendo numerosi sguardi perplessi,  fece ridere tutti aggiungendo: – E che volete, me lo sono ficcato in testa da bambina quando ho visto gli ippopotami ballare ”La danza delle ore” in “Fantasia”!

 

**

 

Chiara era rimasta d’accordo con Rossana di andare via con lei, ma purtroppo questa ricevette una telefonata dal marito perché al bambino stava salendo la febbre.

- Scusatemi – si giustificò – devo andare. Ma adesso tu come fai? – chiese impensierita all’amica.

- E che problema c’è?– affermò Dario -  La riaccompagno io.

- No – intervenne subito Massimo – io non ho nessuno ad aspettarmi. Devo accompagnare già Valeria,  vuol dire che porto a casa anche lei.

La ragazza, spaventata da questa prospettiva, protestò:

- Non vi preoccupate, non c’è bisogno, posso prendere un taxi.

- Davvero credo che per Massimo non sia un problema, non è così? – chiese il festeggiato il quale in verità aveva un po’ di premura di ritornare a casa perché l’indomani doveva partire presto per Milano.

- No, certo, basta che non facciate pettegolezzi perché mi vedrete andar via con due belle signore – rispose questi con un’espressione ironica.

Federica si fece avanti:

- E allora fa’ un cosa: accompagna pure me, così nessuno dubiterà delle tue intenzioni puramente umanitarie.

- Che aspettavi a dirmelo che volevi essere riaccompagnata anche tu, stupidona! – la rimproverò lui che stava cominciando ad affezionarsi a quella ragazza così simpatica e sfortunata.

 

**

Quando Federica fu scesa dalla macchina, Massimo si rivolse a Valeria:

- Ti dispiace se passiamo prima per casa tua? Non conosco bene le vie ed ho paura di perdermi. Invece conosco bene la strada dove abita Chiara.

Quest’ultima  dal sedile posteriore commentò, un poco acida:

- È la stessa cosa, basta farla all’inverso.

- No, mi confondo! – insistette l’altro cercando di guardarla nello specchietto retrovisore, poi rivolto alla collega, con un sorriso seducente – Mi mostri come faccio ad arrivare da te?

Lei, tutta gentile, glielo spiegò e quando furono arrivati lo salutò con calore.

- Ehi, ricordatelo, dobbiamo andare in quel locale di cui ti ho parlato.

- Senz’altro, ci andremo al più presto. Buonanotte!

- Buonanotte! Che fai tu, passi davanti? – chiese la donna a Chiara senza nemmeno salutarla.

- Come ti sembra, gli vogliamo far fare l’autista? – le rispose questa e senza salutarla nemmeno lei, si sedette accanto al guidatore  allacciandosi la cintura di sicurezza.

- Che c’è – le chiese Massimo dopo un po’ che furono ripartiti – avevi paura di rimanere sola con me?

- A dire la verità credevo fossi tu a voler rimanere solo con Valeria. In fondo stai lavorando per assicurarti lo spasso per i prossimi mesi, non è così?

- Non è vero, quella non m’interessa affatto – le disse serio ed aggiunse buttandola sullo scherzo – e poi non è nemmeno il mio tipo!

- No? Strano, non si sarebbe detto da come avete flirtato tutta la sera.

Questa volta le rispose un po’ piccato.

 - Se tu ti fossi degnata di rivolgermi almeno lo sguardo, ti saresti accorta che era lei a fare la scema, non io.

- Anche se fosse,  non vedo perché avrei dovuto rovinarmi la serata a guardare i tuoi duetti amorosi.

- Pensavo potessimo essere perlomeno amici – tagliò corto l’uomo un po’ esasperato da tutta quella freddezza.

- Amici? L’hai detto tu che non avremmo mai potuto esserlo.

- Almeno però potremmo parlarci.

- Anche questo hai detto: non abbiamo più niente da dirci.

- Insomma! – sbottò alla fine, arrabbiandosi – Ho sbagliato a dirti quelle cose al telefono, è vero e te ne chiedo scusa, ma a parte questo, non mi sembra di aver fatto nulla di tanto grave per meritarmi  che tu non mi rivolga più neanche la parola!

Non ebbe risposta ed allora proseguì:

- Io avrò pure un caratteraccio ma ho cercato in ogni modo di convincerti a continuare a vederci, a frequentarci, almeno per chiarirci, per capire… ma tu niente! Mi sono comportato male con te perché mi hai fatto incazzare ma in concreto sei stata tu a trattarmi uno schifo, non io.

Si era girato a guardarla,  ma il fatto che lei tenesse il viso rivolto dall’altro lato, lo fece finire di incavolare.

- Avanti, me lo dici che ti ho fatto? - insistette.

Il silenzio ostinato della ragazza continuò ed allora si rispose da solo:

- Io non ti ho fatto niente, accidenti, hai fatto tutto tu. Se adesso siamo nella merda è perché l’hai voluto tu, non io. E parla, smettila con questo silenzio da sfinge, mi fai impazzire dalla rabbia!

Però Chiara rimase muta ed allora, indispettito e senza dire più nulla, la portò sotto casa.

Pioveva a dirotto.

- Aspetta – le disse con premura nonostante fosse ancora arrabbiato – non lo vedi come sta piovendo? Aspetta un attimo.

Si era voltato verso di lei che si stava slacciando la cintura di sicurezza e solo in quel momento si avvide che aveva il viso inondato di lacrime.

Le lacrime delle donne lo facevano sempre andare fuori di testa, ma adesso quelle silenziose di Chiara erano come un vero e proprio schiaffo.

Molto adirato, la prese per le spalle e scotendola, le urlò, con il viso contratto dal dispiacere:

-  Perché piangi adesso, per la malora, me lo dici perché piangi?

Due grandi occhi neri traboccanti di lacrime lo fissarono e con la voce rotta, lei gli sussurrò:

- Perché hai ragione tu quando dici che ho fatto tutto io! E vuoi sapere che cosa ho fatto? Mi sono innamorata di te, ecco cosa ho fatto!

Prendendo un fazzoletto dalla borsetta, la ragazza continuò:

- Non devi innamorartene, mi dicevo, se una mezza calzetta  come Marco ti ha distrutto in quel modo, che cosa potrà fare di te un uomo meraviglioso come Massimo? Ma è tardi, accidenti, è tardi, non ce la faccio più a tornare indietro!

Un singhiozzo la scosse e fu come un fiume che rompe l’argine.

- Io ti amo, ti amo tanto! – gli gridò quasi,  buttandogli le braccia al collo – Non me ne importa più niente. Anche se deve essere solo per un giorno, anche se dopo dovrò morirne, non te ne darò nessuna colpa. Io ti amo da impazzire e ti voglio.

Persa nella sua emozione, gli baciava il viso con le labbra bagnate di pianto, lo accarezzava, gli si stringeva contro.

Massimo era rimasto assai scosso da quell’improvvisa esplosione: da lei, sempre così controllata,  non se l’aspettava. Per un attimo ebbe la sensazione di stare stringendo tra le mani una porcellana preziosa che si sarebbe potuta rompere da un momento all’altro. Sapeva che se adesso avesse deciso di amarla, avrebbe dovuto essere per sempre altrimenti avrebbe rischiato di farle del male e questo non lo voleva. Ad un tratto ebbe paura dell’intensità di quei sentimenti perciò rimase fermo, quasi senza toccarla.

Lei intanto gli stava dicendo:

- Sali da me, ti prego, fammi fare ancora all’amore con te. Tu non lo sai quanto mi è costato respingerti ogni volta, non lo puoi neanche immaginare quanto ti desidero! Puoi fare di me quello che vuoi …

Gli aveva infilato le mani sotto la giacca e gli accarezzava il petto attraverso la stoffa sottile della camicia, baciandolo ancora sul viso e sul collo, cercando di farsi stringere.

L’uomo invece le accarezzò solo i capelli.

- No, piccolina, non fare così, ti prego. E poi stasera sei troppo sconvolta per ragionare. Adesso te ne vai a fare una bella dormita e ne riparliamo domani con calma, va bene?

Le aveva parlato con grande dolcezza ed un sorriso molto tenero sulle labbra, ma la ragazza era troppo presa dal vortice delle sue emozioni ed interpretò quelle parole come un garbato rifiuto. Si irrigidì e senza alzare più il viso a guardarlo, senza dirgli più una parola, scappò fuori dall’auto. Repentinamente, prima che potesse raggiungerla,  s’infilò nel portone richiudendolo in fretta alle sue spalle.

Massimo non sapeva davvero cosa fare. Si sentiva assai dispiaciuto,  ma non poteva precipitare le cose, doveva essere prima sicuro. Sapeva di amarla ed aveva sperato che anche lei lo amasse, ma tutta quella passione lo sconvolgeva, lo intimoriva addirittura. Era meglio calmarsi entrambi e attendere l’indomani per chiarire i reciproci sentimenti e parlare con serenità del loro futuro.

Così mise in moto e ripartì lungo la strada deserta e flagellata dalla pioggia battente.

 

**

 

Chiara non aveva neanche preso l’ascensore, si era precipitata per le scale ed in fretta aveva aperto l’uscio di casa per correre in bagno, appena in tempo per vomitare tutto quel poco che aveva mangiato. Dopo, accoccolata vicino al water, si sentiva uno straccio, aveva bisogno di aria fresca. Andò sul terrazzo, a respirare a pieni polmoni nell’atmosfera satura di elettricità.

Il mare era nero come l’inchiostro e il cielo, attraversato da saette di fuoco,  lasciava cadere una pioggia scrosciante che le inzuppava il bel vestito e le bagnava i capelli.

- “Brava, brava – si diceva tra i singhiozzi – alla fine ci sei riuscita a perdere la dignità. Ma cosa ti aspettavi da te stessa? Sei soltanto una brutta fallita, nella vita, nel lavoro, nell’amore. Fai schifo, fai soltanto schifo e pretendevi pure che lui ti amasse! Probabilmente gli fai solo pietà!”

Si abbandonò al pianto e ne ebbe conforto come se in quelle lacrime potesse annullarsi. Alla fine i singhiozzi si calmarono non così il tremito che la scuoteva. Ebbe freddo, rientrò in casa, si strappò di dosso il vestito ormai zuppo, si avvolse un asciugamano sui capelli bagnati e con una salvietta si pulì il viso dove il bel trucco della sera precedente, tra la pioggia e le lacrime, si era trasformato in una maschera grottesca.

Nel vedersi allo specchio, ebbe ancora più disgusto di se stessa e gettò con rabbia l’asciugamano nel cesto dei panni sporchi. Quella sera non ce la faceva a sopportarsi. Aprì l’armadietto dei medicinali e ne prese il Lexotan. Non voleva farsi del male, ma voleva fuggire. Cinque, dieci, venti, trenta, quaranta gocce. Le buttò giù tutte di un fiato poi se ne andò a letto. Con le lenzuola tirate fin sulla testa, si rannicchiò in posizione fetale ed ancora scossa dai singhiozzi, aspettò di entrare finalmente nel buco nero dell’incoscienza,  là dove Chiara non esisteva più.





Lo so, lo so, ci siete rimaste male,  ma accompagnate ancora un po’  con la vostra simpatia sia Chiara che Massimo perché si prepara il GRAN FINALE! Non vi perdete il prossimo, conclusivo capitolo, mi raccomando!


   
 
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