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Autore: ailinon    17/10/2009    3 recensioni
Nel lontano rinascimento, un ragazzo con una grande e sola passione: la poesia e la lettura.
La sua vita a Firenze, lo condurrà a conoscere molti personaggi importanti.
Dalla sagace intelligenza di Pico, alla filosofia di Marsilio.
Dalla gioia di vivere di Giuliano de Medici, alla grandezza di Lorenzo il magnifico, suo fratello.
Fino alla superbia della famiglia de Pazzi.
Ma uno su tutti saprà cogliere l'essenza del suo animo...
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Capitolo 70 – TEMPI BUI

Capitolo 70  – TEMPI BUI

 

Malgrado la morte dei Pazzi il peggio non era passato a Firenze. Il papa Sisto IV, che aveva organizzato da dietro le quinte l’intera congiura, non aveva nessuna intenzione di arrendersi, e lasciare Fiorenza ai Medici.

Lorenzo era appena riuscito a catturare tutta la famiglia dei Pazzi e a liberarsi dei sospetti congiurati quando ricevette la notizia che il papa aveva lanciato un interdizione su Firenze e su tutti i suoi territori.

Questa notizia voleva dire che qualsiasi cristiano doveva stare il più lontano possibile da tutti i fiorentini, ma peggio ancora, dovevano stare lontano dai loro negozi e affari. Era una perdita gravissima, che non aveva possibilità di soluzione, a meno che Lorenzo non lasciasse andare il cardinale Riario, nipote del papa, che ancora tratteneva nelle sue prigioni.

Esortato dai priori del comune, il de Medici era anche disposto a liberare quel presunto sospetto ma, non certo a chiedere perdono per le morti dell’arcivescovo Salviati e degli altri preti. Gli assassini del fratello.

Fu così che pur eseguendo il rilascio del Riario, chiamò a raccolta tutti i suoi legali e tutti gli alti prelati suoi alleati, per controbattere parola per parola alle pretese del papa.

La cosa andò per le lunghe, con proteste e lettere su lettere. Come il de Medici si aspettava, Sisto IV della Rovere non mantenne la parola data. Malgrado il rilascio del nipote, voleva Firenze e si alleò con il re Ferdinando di Napoli, pur di conquistarla.

La scusa dei preti uccisi reggeva ancora e ora sua santità, forte di quel accordo, voleva Lorenzo a Roma, per delle scuse pubbliche. Naturalmente oltre alle migliori città toscane come risarcimento per quei crimini.

Fu un periodo terribile quello, con i fiorentini costretti a guerreggiare contro le truppe napoletane, ormai alle porte della città.

Non possedendo un esercito per difendersi, Lorenzo dovette richiedere aiuti economici e pretese il pagamento di molti prestiti (che i suoi banchi avevano fatto in giro per l’Europa), pur di comprare delle truppe mercenarie in difesa della città.

Tuttavia, queste non potevano essere paragonate alle truppe papaline e napoletane, che si stringevano attorno a Firenze.

Fu la diplomazia a sorreggere lo stato fiorentino durante il primo anno di lotta. Piccoli aiuti erano giunti da Milano, Venezia e Ferrara, alleate dei Medici; erano tuttavia poca cosa rispetto al potere economico illimitato del papato.

Era perduto. Tutto era perduto se anche gli alleati si ritiravano e le sue casse si riempivano di debiti.

Questo pensava Lorenzo, passeggiando nervosamente nel suo studio di via larga.

La famiglia e gli amici si erano stretti attorno a lui ma, anche la natura sembrava remargli contro.

Ora gli giungevano notizie di una pestilenza che stava flagellando le campagne toscane più degli incendi dei soldati papali.

Si sedette al tavolo, passandosi le mani nei capelli neri.

Cosa poteva fare?

«Lorenzo… Posso?»

L’uomo alzò il viso e accennò un lieve sorriso al conte della Mirandola.

«Pico, vieni pure. Una faccia amica è sempre ben accetta. Specie quando è amica nei tempi bui» gli indicò una sedia, davanti a sé, e il nobile l’accettò.

 «Lorenzo…» prese a dire, notando il volto teso dell’amico: «Se torno a casa, posso  racimolare un po’ di uomini e quanto prima posso per venirti in aiuto. Non me la sento di continuare a esserti di peso in questo brutto momento quando invece posso aiutarti»

 L’uomo lo guardò con benevolenza: «Gli amici veri non sono mai di peso. Puoi restare quanto vuoi. Ricorderò per sempre le tue lacrime per Giuliano…» si fermò a citare il ricordo del fratello.

Pico si sentì stringere il cuore: «Proprio perché sei mio amico, voglio aiutarti! Andrò a Mirandola e tornerò quanto prima!» esclamò, alzandosi in piedi.

Lorenzo gli sorrise: «Ti sono grato, ma ti prego di stare attento! Porta degli uomini con te»

Pico si mordicchiò un pollice, pensieroso: «Se lo vorrà… Io vorrei che Girolamo venisse con me…»

Lorenzo annuì. L’aveva immaginato.

«Qualsiasi aiuto mi saprai portare, Pico, lo accetterò volentieri» disse, quindi si alzò in piedi ed andò ad abbracciare quel giovane ventenne illuminato, che gli aveva dimostrato così tanto affetto.

Mentre lo cingeva in quel abbraccio fraterno, gli mormorò: «Pico… Se Firenze cade mentre sei via, non tornare. I Medici saranno spacciati…»

«Lorenzo! Non…» si ribellò Pico ma, il de Medici lo azzittì.

«Il papa vuole la mia morte, come aveva progettato. Non tentennerà quando potrà distruggere tutta la mia famiglia» lo allontanò da sé, tenendogli le mani sulle spalle: «Ma tu sei ancora vivo. Stai lontano da questa caduta»

 Il giovane conte voleva protestare ma, finì per annuire cupamente.

S’inchinò con gran deferenza e baciò la mano a Lorenzo, mormorando: «Grazie, mio signore, per avermi insegnato tanto e avermi concesso di stare con voi fino ad adesso»

Lorenzo non parlò. Gli sorrise soltanto poi, i due si accomiatarono con un solo gesto del capo.

***

 

   
 
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