--when the rain falls down
001. Cold and Loveless
Era
un giorno di Novembre. Quell'anno, stranamente, il freddo era giunto
prima del tempo, quasi a presagire il suo arrivo. Si strinse nel
giubbotto in pelle, mentre il metallo gelido della pistola che teneva
nascosta premeva sulla pelle del suo fianco. In realtà aveva
portato poco con sé; a parte le pistole, il borsone che gli
gravava sulla schiena conteneva solamente qualche abito e lo stretto
necessario. Perché, non ne aveva dubbi, non avrebbe dovuto
cercare un albergo in cui stare, né tantomeno un appartamento
in affitto. Il treno che aveva preso si fermò al centro di
Montepulciano, svuotandosi immediatamente, mentre le persone che
l'avevano affollato scendevano numerose, cariche di buste e
pacchetti. Erano completamente imbacuccate, con delle cuffie a
coprire la testa e delle sciarpe avvolte attorno al collo. Sebbene
fosse solo Novembre, sembrava già di essere a Natale, le
strade completamente illuminate nonostante fossero già le
dieci di sera, i colori rossi e dorati, e quel profumo speciale,
quella tensione e quella vivacità che contraddistinguono il
periodo natalizio. Scese dal treno, tirandosi su la zip della giacca
e mettendosi meglio la borsa sulla spalla. Era partito dall'America
solamente tre giorni prima, ed era quasi giunto alla sua meta, che si
trovava poco fuori da Montepulciano: l'Ecate. Avrebbe dovuto fare la
strada a piedi, ma poco male, lui adorava camminare. E poi, avrebbe
dovuto seminare chiunque l'avesse seguito. Ad occhi estranei avrebbe
potuto sembrare paranoico, ma non lo era affatto, era solamente
prudente. L'Ecate era troppo importante per lui, e avrebbe voluto
arrivarci vivo. Si incamminò attraverso la strada principale,
adocchiando continuamente le indicazioni disseminate qua e là.
Non che si aspettasse di vedere un cartello che indicava "Ecate:
Casata di Cacciatori di Vampiri, a 100 metri", ma quantomeno
avrebbe potuto riconoscere la zona. Ai lati della strada già
si stava formando il ghiaccio, dai comignoli della case usciva una
densa nuvola di fumo. Quella era l'Italia, e non gli piaceva poi
chissà quanto. Ma era importante per lui andarci, doveva
smettere di fuggire a quelle creature, ed iniziare a combatterle
seriamente. E poi, lì in Italia, ci stava anche Desmond. Non
che gli importasse di lui, ovviamente, era giusto un motivo in più
per recarsi in quel posto, avere come obiettivo quello di uccidere
suo fratello. La grossa sede centrale dell'Ecate si trovava nascosta
dietro una fitta radura di alberi sempreverdi, a malapena si riusciva
a scorgere il tetto, che era comunque parecchio alto. La struttura
era antica, ricordava in qualche modo quella di una vecchia
università, con le pareti in pietra e l'aria quasi solenne.
Ovviamente era completamente recintata, con delle guardie all'unico
grosso cancello presente. Era aperto, certo, ma era certo che se
avesse provato ad entrarci non si sarebbero fatti scrupoli ad
ucciderlo. Perciò si avvicinò con cautela, scrutando le
guardie, il gelo dentro i suoi occhi chiari. Disse di aver bisogno di
parlare con Demian e questi, senza aggiungere nulla, lo afferrarono
per le spalle, iniziando poi a controllarlo. Normali misure anti
vampiro, anti umano, anti licantropo, anti qualsiasi cosa che non
potesse entrare all'Ecate. Ma se c'era una cosa che sapeva, era che
lui era, senza dubbio, un Cacciatore, nessuno avrebbe potuto avere
dubbi su quello. E poi, il fatto che sapesse il nome di Demian era
certamente una carta in più. Una delle due guardie lo trascinò
dentro, facendolo passare attraverso una grossa porta in legno,
probabilmente molto antica. Appena si aprì la porta, lo colpì
un calore fortissimo, proveniente dall'interno. Beh, perlomeno
sapevano riscaldarsi. Istintivamente si abbassò la cerniera
della giacca, che poco prima aveva alzato, guardandosi attorno.
L'ambiente era bellissimo, spazioso e luminoso, e altrettanto
trafficato. C'era parecchia gente, là dentro. Lui, Dorian,
aveva appena vent'anni, ma già si sentiva a suo agio in mezzo
a persone molto più adulte di lui. Si sentiva quasi al sicuro.
La guardia lo condusse davanti a una porta che stava quasi in
disparte, dicendogli di entrare là dentro e di aspettare
Demian. Aprì la porta, in modo controllato, entrando a grandi
passi dentro la stanza. Beh, di certo non ci trovò Demian. Vi
era un grosso tavolo, di un legno sicuramente molto pregiato, che
troneggiava al centro della stanza. Avrebbero potuto starci
comodamente sedute minimo venti persone, ma in quel momento ce n'era
solamente una, china su dei fogli sparsi lungo il tavolo. Una donna,
forse poco più grande di lui, con la schiena dritta, i capelli
nerissimi e lisci che le coprivano gran parte del volto.
Di
agenti chimici e esperimenti, Karin non ne capiva assolutamente
nulla. Si limitava a leggere i rapporti evitando qualsiasi formula le
ricordasse qualcosa di minimamente scientifico, e andava avanti così
da un'ora o poco più. Demian le aveva chiesto di esaminare
delle carte su certi nuovi prototipi anti-vampiro, e per quanto la
snervasse aveva accettato. Di certo non si diventa consiglieri
dicendo no a qualsiasi cosa. Più volte si distraeva e si
perdeva con lo sguardo fuori, nel buio denso che oscurava le
finestre; la morte di suo padre era una ferita ancora aperta, e per
quanto sembrasse forte, il più delle volte si distraeva al
ricordo del suo corpo esangue. Sbuffò, scrollando la testa, e
tornando a riconcentrarsi sulle carte. Atomi, Molecole,
Reazioni...
La
sua concentrazione venne nuovamente interrotta dalla porta della
sala, che si aprì alle sue spalle. Si voltò a guardare
chi fosse il nuovo arrivato, mentre sulla luce smorzata del corridoio
si stagliò la figura di un uomo, che tuttavia non poteva
distinguere nitidamente, con la poca luce della stanza. Di certo non
era qualcuno di cui avesse bisogno, il che lo rendeva un ospite
indesiderato.
«
Non si usa più bussare? », commentò sarcastica,
dandogli le spalle e tornando a leggere freneticamente i fogli che
aveva sotto mano, ignorando la risposta seccata dell'uomo dietro di
sé. A dire il vero non era nemmeno sicura di cosa avesse
detto; molto probabilmente l'aveva mandata a quel paese. Imparava
alla svelta, il novellino.
Era
la terza volta che tornava a rivolgere i propri occhi ai documenti, e
per la terza volta desiderava solo andare a dormire. O a caccia
magari, qualcosa che la distraesse. La testa sembrava che le stesse
per scoppiare, senza contare che in quella stanza faceva decisamente
troppo caldo. Si lasciò cadere sullo schienale della sedia, ad
occhi chiusi con espressione esasperata. Con un movimento rapido si
intrecciò i capelli in una matita e rimase a fissare il
soffitto scuro della stanza. Tenne gli occhi aperti finchè
macchie di colore si sovrapposero alle ombre sulla pietra, e li
riaprì lentamente, lasciando che la luce filtrasse piano sotto
le palpebre.
Cominciava
seriamente ad odiare quel lavoro. Sì ok, era gratificante
sapere che ogni vampiro eliminato era un passo verso la vittoria; la
divertiva prendere in giro le nuove reclute, ma a volte le mancava un
motivo. Una ragione. Stava lì dentro solo per una promessa.
Avrebbe preferito di gran lunga lavorare da sola, ma ormai aveva
fatto un giuramento. E ne valeva del suo onore.
Sbuffò,
e con un gesto rapido il foglio su cui stava scrivendo diventò
una palla tonda di carta, che volò veloce tra le fiamme del
caminetto che ardeva al margine della stanza. Si era quasi del tutto
dimenticata della presenza alle sue spalle; se ne ricordò solo
quando, voltandosi, intravide l'ombra scura appoggiata alla parete.
Alzò gli occhi al cielo, raccogliendo i documenti con aria
noncurante.
«
Matricola? », chiese, senza voltarsi a guardarlo.
«
Di certo non quanto te. »
Si
bloccò, mordendosi le labbra. Era un po' di tempo che aveva
intrapreso quella terapia auto-prescritta, cioè “conta
fino a dieci prima di rispondere”. Per cui aspettò fino
ad arrivare a dieci, ma comunque la risposta a tono premeva per
uscire fuori. Scosse la testa e si voltò, libri alla mano come
la perfetta studentessa. Peccato che lei fosse la professoressa
stronza.
Si
avviò verso la porta che dava sul corridoio col chiaro intento
di ignorare il viaggiatore misterioso, ma quando aprì la porta
la luce illuminò il volto dell'uomo, e rimase senza fiato. Era
bello, molto, senza dubbio. La luce del fuoco lontano si rifletteva
in una scintilla nei suoi occhi, e per un istante le ricordò i
bei tempi in cui riusciva ancora ad apprezzare gli uomini. Scrollò
la testa, per darsi un contegno. Sorrise, tra sé e sé.
Di solito era lei, quella che faceva girare la testa.
Si
schiarì la voce, mettendo un piede fuori dalla porta. Avrebbe
solo voluto andarsene, ma doveva aspettare il boss per consegnargli
dei documenti. Solo che non era sicura di quanto avrebbe potuto
mantenere il proprio autocontrollo se fosse rimasta nello studio, per
cui rimase nel corridoio, appoggiata al muro come una scolaretta in
attesa.
Nota
delle autrici:
I personaggi della storia sono stati
creati da noi, e utilizzati su un forum GDR. Pertanto tutti i
personaggi che si muoveranno in questa storia sono sotto nostro
copyright.
Dorian
é stato creato da Eleonora (e con lui tutta al famiglia),
Karin è stata creata da Alice, Demian appartiene a Silvia e
l'ambientazione (l'Ecate e la storia di questa) appartengono a Sandy.
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ispirato alla saga della Meyer - per maggiori informazioni: ,volturi
. famiglia reale di vampiri ~