Harry Potter and the Eyes Collector
Capitolo 17
Tutti gli
studenti che erano rimasti in attesa sul pianerottolo, udirono il profondo boato
proveniente dalla strada. Ron e Neville, seguiti da Dean e Seamus, senza nemmeno
attendere la fine dello stupore generale dei loro compagni, scavalcarono tutti e
si fiondarono giù per le scale, seguiti a ruota anche dai due Auror del
Ministero, che in verità sembravano essere più che altro due incapaci
impreparati. Una volta in strada, Ron e gli altri assistettero ad uno spettacolo
spaventoso, centinaia di persone correvano lungo la strada in preda al panico,
urlando e agitandosi in maniera inaudita, alcune persone erano accanto ad altre
ferite, cercando di dar loro assistenza, mentre altre ancora venivano attaccate
dal nulla, e si riversavano al suolo. Gli occhi di molte di queste persone,
sanguinavano.
- Ma che cos…
- stava per chiedere Neville, ma si bloccò all’istante. – Ron! Dobbiamo fare
qualcosa! – disse strattonandogli un braccio.
- JAHAT! –
esclamò Ron, che non riusciva a staccare gli occhi da quello spettacolo atroce.
– Che accidenti di incantesimo si usa contro un nemico invisibile? –
Alzò la
bacchetta in aria, in un punto imprecisato e gridò – Revelo! –
Con grande
stupore di Ron, non accadde assolutamente nulla. I cittadini londinesi
continuavano ad essere colpiti improvvisamente da un qualcosa che né Ron, né
Neville, né nessun’altro, riuscivano a vedere.
- Dannazione!
– imprecò Ron con tutta la sua rabbia, mentre Neville spostava freneticamente lo
sguardo dal suo compagno all’atroce scenario che gli si parava dinanzi.
- Ron, che
facciamo? – chiese con timore e ansia.
- Non lo so,
accidenti, non lo so! – gridò Ron continuando ad agitarsi, mentre decine e
decine di persone intorno a lui stramazzavano al suolo in preda al dolore.
In quel
momento si rese conto che doveva stare calmo, anche se le circostanze non la
rendevano una cosa facile; il pensiero dell’urlo di Hermione non aveva
abbandonato la sua mente nemmeno per un attimo, e il timore che stesse subendo
anche lei la sorte di quelle povere vittime innocenti, lo tartassava. Strinse
forte la bacchetta, e ripeté a sé stesso di essere un ottimo mago, e di aver
saputo affrontare situazioni di pari difficoltà senza perdere il controllo. Alzò
nuovamente la bacchetta, e gridò l’unica cosa che gli sembrò possibile, dal
momento che non aveva la possibilità di sferrare alcun tipo di attacco, non
potendo vedere i suoi nemici.
- Protego! –
Uno scudo
dalle enormi dimensioni andò a proteggere tutte le persone, ancora incolumi, che
stavano tentando di scappare, in modo che non potessero essere attaccate; e allo
stesso modo andò a proteggere anche le persone già colpite. Ron si voltò, con
aria a dir poco sconvolta, verso Neville.
- Ottimo
lavoro. – gli disse l’amico.
Ron non
aggiunse altro, e si voltò a guardare il resto dei suoi compagni di Hogwarts,
divisi tra Grifondoro e Serpeverde.
- Non so
quanto tempo potrà durare questa barriera. Voi occupatevi dei feriti, io devo
sistemare una cosa. –
Senza
lasciare il tempo a nessuno di dire alcunché, attraversò il folto gruppo di
studenti, e si gettò nuovamente all’interno del palazzo.
…
Hermione era
ancora inginocchiata sul pavimento, con Ginny al suo fianco, mentre Beker era
completamente disteso, allo stremo delle forze; era stato colpito proprio in
piena schiena da un colpo sferrato da una mano invisibile; la sua ferita era
talmente profonda, e il suo dolore così grande, che non riusciva nemmeno a
parlare e stava per perdere conoscenza, mentre Harry lo scuoteva disperatamente,
per capire cosa dovesse fare, e per non essere lasciato solo in quella
situazione.
- Professor
Beker! Professor Beker! – urlò Harry, continuando a scuotere violentemente il
suo professore. – Cosa significa che è tornato? E’ qui? La prego, professore, ho
bisogno di saperlo! Come lo affronto? –
Ma Beker non
riuscì a rispondere alla sua domanda, e chiuse gli occhi privo di conoscenza.
Intanto, l’Auror che li aveva guidati all’interno dell’appartamento era
frastornato e confuso, e non riusciva a fare alcunché di utile, mentre Draco
Malfoy, continuava a guardare in ogni dove per scovare qualcosa, ma senza
ottenere alcun risultato.
- E’ inutile.
– disse Ginny, inginocchiata al fianco di Hermione, mentre osservava i movimenti
di Malfoy, intento ad ispezionare l’intero appartamento. – Non troverai niente.
Loro… sono invisibili, e per di più, non vogliono farsi trovare. –
Draco, al
sentire quelle parole, ebbe uno scatto di nervosismo ed aggredì verbalmente
Ginny.
- Loro? Lui?
Ma insomma… si può sapere con chi abbiamo a che fare? –
Ginny si
voltò lentamente in direzione di Harry, che era ancora inginocchiato accanto a
Beker.
- Harry? –
chiese lentamente, declinando a lui la facoltà di rispondere.
Harry si alzò
lentamente, e si voltò verso Malfoy, passando poi a guardare l’Auror che era con
loro, totalmente confuso, poi Hermione, che continuava a sanguinare senza sosta,
e infine Ginny, che ricambiò il suo sguardo infondendogli tutta la fiducia di
cui avesse bisogno.
- Jahat. E’
un antico stregone medioevale, un mago oscuro ovviamente, i cui seguaci hanno
deciso di riportare in vita, e per riuscirci hanno messo su una bella collezione
di occhi, e poteri magici, per poi concludere con gli occhi del professor Piton
e il cuore di Albus Silente. In verità, il cuore ideale sarebbe stato il mio,
ma… a quanto pare si è dovuto accontentare, e adesso che è rinato è giustamente
venuto a prenderselo con le sue mani. – ed allargò le braccia – E questo è
quanto. –
Draco lo
guardò scuotendo leggermente il capo, con aria stranita, non ben sicuro di aver
capito bene; stava ancora riorganizzando i pezzi di quel racconto nella sua
mente.
- Ch… Cosa?
Diamine, Potter, e ne parli così tranquillamente? –
Harry scrollò
le spalle noncurante.
- Ho
ascoltato e ripetuto talmente tante volta questa storia, che ormai non mi
sconvolge neanche più. –
Il mago il
cui cuore faceva tanta gola al male invisibile, si voltò a fissare l’Auror che
non sembrava dare l’idea di essere in grado di gestire la situazione, e se ne
stava in un angolo ancora troppo sconvolto per dire o fare alcunché.
- Piuttosto,
lei… ha qualche mezzo per farci uscire di qui? – chiese Harry, con tono
autoritario ma tranquillo.
L’Auror lo
guardò sbigottito, come se il giovane gli avesse chiesto di fare chissà che
cosa, e rimase fermo, impalato ad osservarlo. Harry si spazientì, non poteva
sopportare di vedere un mago più anziano ed esperto di lui, starsene immobile
senza essere in grado di formulare nemmeno il più semplice incantesimo, quando
lui, alla giovane età di 18 anni, aveva già fatto praticamente di tutto, perfino
sconfiggere il più grande mago oscuro di tutti i tempi.
- Beh, il
Ministero ci fa una gran bella figura. – e così dicendo staccò gli occhi
dall’impiegato alla sicurezza del Ministero e si portò accanto a Ginny –
Dobbiamo fare qualcosa per uscire da qui, non siamo al sicuro, e ho un brutto
presentimento. Voglio capire cos’ha provocato quel boato, e cosa sta accadendo
lì fuori. Come stai Hermione? – chiese, infine, inginocchiandosi di fronte a lei
ed ispezionandole la brutta ferita che aveva riportato al braccio.
- AHI! –
esclamò la ragazza, nel momento in cui le dita di Harry si erano avvicinate così
tanto alla ferita da arrivare a sfiorargliela, e poi aggiunse. – Sto… sto bene
Harry. Presto, dobbiamo uscire da qui. –
Hermione,
rifiutando l’aiuto dei due compagni, piegò le ginocchia, raccolse la bacchetta
con la mano del braccio sano, e si portò in piedi, avviandosi a tentoni verso la
porta.
- Che
accidenti credi di fare in quello stato, Granger? – le chiese Malfoy con la sua
sopraffina gentilezza.
Harry si
voltò con impeto verso di lui, e lo freddò con lo sguardo.
- Almeno lei,
benché ferita, sta facendo qualcosa. Beh, avevi detto che c’avresti dato il tuo
aiuto; non ho ancora visto niente. –
Malfoy
contrattaccò con lo stesso tono acceso.
- Ma se non
so nemmeno con cosa diavolo stiamo combattendo. Come faccio ad aiutarti?! –
Ginny, in
quel momento, si era appena riportata in piedi; guardò fisso Malfoy per qualche
secondo, ritrovandocisi di fronte.
- Inventa. –
Malfoy stava
per controbattere, quando un nuovo boato interruppe la piccola discussione,
pietrificando tutti all’istante. Fu un boato diverso rispetto al precedente, di
dimensioni molto ridotte, e sicuramente molto più vicino; fu molto più simile a
un crollo, e fu dopo alcuni secondi di meditazione che immediatamente, tutti
compresero cosa fosse accaduto.
- Le scale. –
bisbigliò Hermione, sempre arrancando verso la porta. – Sono crollate le scale!!
– ribadì con un tono di voce disperato – Ron! –
…
Ron aveva
cercato di salvarsi dal crollo delle scale con un salto, ma queste erano
sprofondate in un attimo proprio sotto i suoi piedi, senza dargli alcun appoggio
per raggiungere il pavimento del pianerottolo, che ospitava l’appartamento in
cui erano bloccati la sua ragazza, sua sorella, e il suo migliore amico, nonché
il suo professore di Difesa Contro le Arti Oscure, un Auror del Ministero, e
perfino la persona che detestava più di ogni altra al mondo, Draco Malfoy. Si
ritrovò sepolto sotto un cumulo di macerie di legno, che gli bloccavano le gambe
e l’addome; aveva fatto un volo di sei piani. Tossendo e respirando polvere,
ebbe la fortuna di ritrovarsi un braccio libero, e con esso cominciò a liberarsi
dalla trave che gli stava letteralmente schiacciando il torace; si liberò di
altre travi più piccole, fino a quando non gli rimase soltanto l’ultima, un
enorme pilastro di legno che gli bloccava la gamba all’altezza della caviglia;
provò a scaraventarla via e a liberare il suo piede, ma non vi riuscì. Quel
tronco di legno risultò essere troppo grosso e pesante, e la sua gamba restò
saldamente incastrata.
-
Dannazione!!! – imprecò cercando freneticamente di liberarsi da quel peso, ma
riuscì a farsi soltanto più male.
Lanciò un
urlo di dolore, e prese a scavare intorno a sé, fra le macerie.
- Dov’è la
mia bacchetta? Dov’è finita? –
…
Aberforth
Silente camminava a passo spedito lungo i corridoi della sua scuola, mentre le
porte delle aule si aprivano una dopo l’altra, liberando una confusionaria e
vociferante moltitudine di studenti. Minerva McGranitt, senza curarsi di
lasciare scoperti gli studenti della sua classe, accorse al fianco del preside,
con un’aria sconvolta e una mano sul petto.
- Che cosa
sta accadendo, Aberforth? – chiese preoccupata.
- Sono stato
un’irresponsabile! Un’irresponsabile! – gridò Aberforth che era evidentemente
fuori di sé.
Sopraggiunsero dalle loro aule anche Hagrid e il professor Lumacorno, mentre il
numero di studenti alla deriva nei corridoi cresceva sempre di più.
- Ho spedito
quei ragazzi dritti nelle sue mani! –
Gli
insegnanti continuavano a seguire Aberforth lungo i corridoi, anche se non
avevano ancora appreso che cosa realmente stesse accadendo. Erano accorsi subito
dopo aver udito l’allarme che era stato fatto risuonare in tutta la scuola, ma
il preside non aveva ancora spiegato loro la situazione; camminava a passo
spedito attribuendosi tutte le colpe e prendendosela con sé stesso. Giunsero
anche Vitious e Rüf, mentre gli studenti di Hogwarts continuavano a disperdersi
nella più totale confusione.
- Non sono in
grado di fare il preside! – esclamò con violenza Aberforth, con i suoi
insegnanti al seguito – Non dovevo e non volevo accettare quest’incarico! –
- Professore
ma… - fece solo in tempo ad accennare la professoressa McGranitt, sconvolta, ma
Aberforth la interruppe.
- IO NON SONO
MIO FRATELLO! – urlò con tutta la forza che aveva. – Non sono mai stato come
Albus, e probabilmente non lo sarò mai. La responsabilità di questa scuola non
spettava a me! Non so nemmeno perché mi abbiate scelto! E adesso… eccoci qua…
guardate che cos’è successo! –
- Cosa? Cos’è
successo esattamente signore? – chiese Hagrid, curioso e ansioso allo stesso
tempo.
Nessuno dei
presenti aveva mai visto Aberforth talmente infuriato.
- Babbani.
Centinaia di Babbani colpiti a sangue da un qualcosa di invisibile, in pieno
giorno e al cospetto di una quarantina di ragazzi dotati di poteri magici! E’
una tragedia! –
- Invisibile?
– boccheggiò la professoressa McGranitt – Non vorrà dire che… -
- Sì,
Minerva! Jahat è tornato! –
Un’espressione di terrore si dipinse sulla donna e su Hagrid, mentre il resto
del corpo docente avvertì che non stava accadendo nulla di buono. La notizia di
un attacco ai Babbani li aveva leggermente storditi, non si aspettavano
minimamente che potesse accadere una cosa del genere, specialmente non da un
momento all’altro.
- Cos’ha
intenzione di fare adesso? – chiese la professoressa McGranitt quando l’iniziale
shock si fu leggermente placato.
Aberforth si
stava avvicinando sempre di più al grande portone dell’ingresso, aveva
chiaramente l’intenzione di uscire dal castello.
- Devo
raggiungere Londra, immediatamente! Devo capire cosa accidenti sta accadendo, e
fermarlo! Ho lasciato degli studenti senza protezione, ho permesso che
abbandonassero la scuola, non potrò mai perdonarmelo. –
Giunsero alla
soglia dell’ingresso, e Aberforth prese la via del cancello, senza aggiungere
altro, e lasciando l’intero corpo docente in prede al panico, senza la benché
minima idea di come gestire la situazione.
- Quel
bastardo è tornato. Se lo prendo, lo sminuzzo con le mie mani! – disse Hagrid
facendo scroccare le dita, ma la professoressa McGranitt, che aveva intuito le
sue intenzioni, lo frenò bloccandolo per un braccio.
- No, Hagrid.
Non puoi andare. Dobbiamo restare qui, dobbiamo pensare a tutti gli altri
studenti. – e così dicendo si voltò verso gli altri insegnanti – C’è bisogno
della collaborazione di tutti voi, coraggio, avanti. –
…
Al Ministero
della Magia le cose non sembravano andare diversamente; il caos si era liberato
all’interno del palazzo, e gli ascensori schizzavano a gran velocità lungo tutti
i piani della struttura ministeriale; aeroplanini di carta volanti correvano in
ogni direzione, rischiando anche di colpire qualcuno in un occhio, e i camini
nella sala principale erano contraddistinti da un continuo via vai di maghi.
Shacklebolt camminava a passo spedito lungo l’immensa sala, dove si imponeva una
magnifica ed enorme statua d’oro, che ritraeva le principali razze magiche. Al
suo seguito, un fedele Percy Weasley stentava a mantenere la stessa velocità del
suo superiore, ed era costretto a fare piccoli saltelli per stargli dietro.
- Questo è a
dir poco inaudito! Non si è mai verificata una cosa del genere, dai tempi di
Tu-Sai-Chi. Un attacco Babbano! Devo assolutamente mettermi in contatto con
l’altro Ministro. Questa cosa ci causerà un mucchio di problemi. –
- Signore ma…
- accennò Percy ma Shacklebolt non gli diede il tempo di proseguire.
- Per di più
dobbiamo fermare questa cosa, assolutamente! Non mi interessa di ciò che diranno
Silente o quel suo amico di Hubert Beker… hanno rifiutato il nostro aiuto, e
guarda che cos’è successo! Tre dei miei uomini sono bloccati in una situazione
di pericolo, insieme ad una quarantina di studenti. Che pazzi! E pensare che ho
perfino appoggiato la loro folle idea di fare pratica di Difesa sul campo! –
- Certo
signore ma… -
Ma Kingsley
lo interruppe nuovamente.
- Ascoltami
bene Percy! Ho dato la mia parola a Harry Potter che l’avrei aiutato! Tengo
molto a quel ragazzo, e mai e poi mai vorrei gli accadesse qualcosa! Non abbiamo
fatto altro che sbagliare, tutti quanti, dall’inizio di questa storia. –
Percy tentò
continuamente di parlare, ma il Ministro della Magia non sembrava avere la
benché minima intenzione di ascoltarlo.
- Mi recherò
sul posto. Tu manda un’infinità di gufo a chiunque sia un minimo competente.
Informa tutti di quanto sta accadendo e augurami che questa operazione vada a
buon fine. –
- Signore? –
Kingsley, che
parve aver finito le sue raccomandazioni, si decise a degnare di attenzione il
giovane Weasley, da sempre suo sottoposto.
- Qualcosa
non ti è chiaro? –
- No,
signore. Mi chiedevo se… se potessi venire anche io con lei. –
Shacklebolt
si fermò per un istante, sinceramente stupito dalla richiesta del suo
collaboratore, e poggiò una mano sulla spalla di Percy.
- Ragazzo… -
esordì il Ministro con un tono che prevedeva già un rifiuto.
- Ci sono mio
fratello e mia sorella laggiù, signor Ministro. – disse Percy con decisione.
Shacklebolt
lo osservò ancora a lungo, finché non gli diede una forte pacca sulla spalla, e
scosse debolmente il capo.
- Fa come ti
ho detto. Non ho tempo da perdere. –
E così
dicendo, Kingsley lasciò Percy al centro dell’immenso atrio del Ministero della
Magia, e si lanciò nel camino più vicino, nel quale sparì un attimo dopo.
…
Hermione era
riuscita a raggiungere la porta dell’appartamento, sorreggendosi appena, e
mantenendosi con la mano sana, il braccio ferito e ciondolante, che non riusciva
nemmeno più a muovere. Appena fu davanti all’ingresso, si abbandonò
completamente contro la superficie di legno, e vi rimase aggrappata a peso
morto, tentando di aprire la porta con l’unica mano che le rimaneva, ma al pari
di Beker, non vi riuscì.
- E’ chiusa.
– disse chiudendo gli occhi per il forte dolore, e con un’aria disperata,
prossima quasi alle lacrime.
Alzò la mano
con la quale sorreggeva la bacchetta, e con filo di voce esclamò – Alohomora! –
Non accadde
nulla.
- E’ tutto
inutile. – affermò Ginny – Siamo bloccati qui dentro. – aggiunse dirigendosi
verso l’amica ferita, che gettò le spalle al muro e si lasciò cadere sul
pavimento.
-
Impossibile, deve esserci un modo per uscire da qui! – gridò Malfoy con tono
isterico.
Harry rimase
ad osservarlo imprecare ed agitarsi.
- Calmati
Malfoy. Non ci sei affatto d’aiuto in questo modo. – gli disse. – Piuttosto, sei
tu quello esperto di Magia Oscura, potresti anche inventarti qualcosa. –
Malfoy si
fermò all’istante, e lo osservò dritto negli occhi.
- E cosa
dovrei fare? Sentiamo. –
Harry in quel
momento cominciò a guardarsi intorno, lungo tutto l’appartamento. – Lumos! –
ordinò alla sua bacchetta per farsi luce.
- E adesso
che cosa stai facendo? – chiese curioso Malfoy, che non capiva quell’improvvisa
iniziativa di Harry.
Harry frugò
attentamente in ogni dove, ma dopo aver investigato a fondo in ogni minimo
angolo, assunse un tono scoraggiato.
- Accidenti!
Niente… Niente di niente. Mi chiedo perché mai ci abbiano attirato in
quest’appartamento. E’ completamente una casa Babbana, non c’è nulla che possa
tornarci utile. –
…
La caviglia
di Ron era ancora bloccata sotto la grossa trave di legno, e il giovane mago
stava ancora combattendo contro sé stesso, e contro il dolore, per cercare di
liberarla, ma senza alcun esito. Alternava momenti in cui si dava alla lotta
disperata per la libertà della sua gamba, e momenti in cui si dedicava alla
ricerca disperata della sua bacchetta, e dopo alcuni minuti, che gli parvero
essere un’infinità, il secondo proposito ebbe finalmente successo. Riuscì ad
intravedere la punta della sua bacchetta sepolta sotto una montagna di tavole di
legno, e si ritrovò ad intraprendere un’ennesima battaglia, quella di allungare
il proprio corpo, e il suo braccio, di una decina di centimetri per riuscire ad
afferrarla, o quanto meno a sfiorarla. Constatò che non riusciva a coprire tale
distanza, e si ritrasse, fece un respiro profondo, e riprovò, dandosi una
piccola spinta; riuscì con il dito medio a colpire una tavola di legno che cadde
all’indietro, e quello spostamento provocò il crollo di altre macerie, la
bacchetta si mosse di alcuni centimetri, fortunatamente nella direzione di Ron,
che sorrise debolmente, ed allungandosi nuovamente più che poteva, afferrò la
sua fedele bacchetta. Fu felice di constatare che non si fosse spezzata;
conoscendo la sua fortuna, era proprio quello che si aspettava. Emise un sospiro
di sollievo, e dopo raccolse alcune delle poche energie che gli rimanevano, e
puntò la bacchetta contro la trave che gli bloccava la gamba, esclamando –
Wingardium Leviosa! –
La trave
fluttuò nell’aria, ad una trentina di centimetri dal suolo, e Ron provvide
subito a spostare la sua gamba; quello spostamento gli costò un dolore
lacerante. Emise un grido e si sorresse la gamba con le mani, lasciando cadere
la bacchetta; le travi ancora fluttuanti ricaddero con un suono violento al
termine del contatto visivo dell’incantesimo. Ron non se ne curò e vide che la
sua caviglia era completamente fuori uso, ma non si perse d’animo: aiutandosi
con le braccia, si alzò e guardò in alto per vedere il punto da cui era
crollato. Era praticamente impossibile raggiungere il sesto piano.
- HERMIONE!!!
– urlò con quanta più forza avesse in corpo.
…
- Hai
sentito? – chiese Hermione, la cui attenzione fu catturata di colpo.
Ginny la
osservò in modo interrogativo.
- Non hai
sentito? – chiese nuovamente Hermione, che tentò nuovamente di alzarsi,
aggrappandosi alla porta. – E’ Ron, è lui, mi sta chiamando. – e si voltò verso
Harry – Harry, c’è Ron! C’è Ron qua fuori, lui saprà farci uscire. –
- Tu dici? –
chiese Harry scettico, un po’ perché non riusciva a capire se Ron si trovasse
davvero oltre quella porta, un po’ perché non era sicuro che l’amico sarebbe
riuscito realmente a fare qualcosa, anche dall’esterno.
…
Aberforth e
Shacklebolt giunsero sul posto nello stesso momento, e trovarono l’intera zona
protetta da un incantesimo scudo e gli studenti di Grifondoro e Serpeverde, in
compagnia di due Auror del Ministero, ad occuparsi dei feriti.
- Per tutti i
diavoli. – esclamò Aberforth alla visione del disastroso scenario.
- Carissimo
preside. – salutò in tono leggermente acido, Shacklebolt – Ha idea di che cosa
ha fatto? – aggiunse e questa volta si trattò di un vero e proprio rimprovero.
Aberforth
prese a camminare tra i feriti e i suoi studenti, senza degnare minimamente di
uno sguardo il Ministro della Magia, e perlustrando la situazione.
- Come
spiegheremo questa cosa? Centinaia di vittime innocenti, per lo più Babbane, e
giovani studenti della sua scuola lasciati allo sbaraglio, senza il supporto di
nessuno… ah no mi scusi, c’era il suo formidabile Beker. Dov’è Beker, eh? Dov’è?
–
Aberforth
continuava a non rivolgergli l’attenzione, ma disse ugualmente – C’erano anche i
suoi formidabili Auror, Kingsley, e non mi pare siano stati molto capaci. –
Neville, che
era accovacciato accanto ad un Babbano ferito, alla vista del proprio preside,
si alzò istantaneamente e gli corse incontro.
- Professore!
–
- Paciock!
Che cos’è successo? – chiese Aberforth, allarmato. – Dov’è Harry? Dov’è Beker? –
- Professore,
Harry e il professor Beker sono al sesto piano di questo palazzo. – ed indicò
l’edificio – Credo siano rimasti bloccati dentro perché Ron Weasley non è
riuscito ad aprire la porta. Con loro ci sono anche Ginny Weasley, Draco Malfoy
e un altro Auror del Ministero, signore. Ma non siamo ancora riusciti a capire
che cosa sia successo. –
Aberforth
ignorò l’ultima affermazione del Grifondoro, e spostò gli occhi sul palazzo alla
sua destra.
- Sono lì
dentro hai detto? – disse senza staccare gli occhi dalla costruzione.
- Sì, sì
signore. –
Il preside di
Hogwarts lasciò il suo studente e s’incamminò verso l’ingresso del palazzo,
seguito a ruota dal Ministro.
- Cosa pensa
di fare? – gli chiese Shacklebolt che non lo mollava un attimo.
- Salvare i
miei studenti, Kingsley! – rispose Aberforth in tutto tono.
…
Una volta
all’interno del palazzo, trovarono le macerie delle scale crollate, e un Ronald
Weasley zoppo che arrancava reggendosi alla parete, con una caviglia
completamente inutilizzabile. Aberforth gli corse immediatamente accanto, e lo
sorresse.
- Weasley!
Che accidenti è successo alla tua gamba? –
Ron alzò lo
sguardo sul suo preside, e lo osservò come se fosse un miraggio.
- E’ crollato
tutto. – ed indicò in alto – Hermione… Harry… Ginny… il professor Beker… sono
tutti lassù. – e tossì per la polvere che si era alzata dallo spostamento delle
macerie ad opera di Shacklebolt che cercava di ispezionare il luogo – La prego,
faccia qualcosa. –
Aberforth
osservò attentamente le scale crollate, e poi si voltò verso Shacklebolt, che si
ostinava a scavare tra le macerie.
- Ha
intenzione di rendersi utile? – gli chiese.
Kingsley
abbandonò la sua attività, e si portò accanto al preside, portando come lui lo
sguardo in alto, al sesto piano.
- Che cosa
diavolo sta succedendo lassù, secondo lei? –
- Non lo so.
– ammise Silente – Ma voglio sperare nulla di troppo agghiacciante. –
…
- Sicura che
fosse proprio la voce di Ron, Hermione? – chiese Harry alla sua più grande
amica.
Hermione,
ancora aggrappata alla porta, e sorretta da Ginny, annuì.
- Dopo tutto
non sappiamo che cosa stia accadendo lì fuori. – aggiunse Harry.
In quel
momento, avvenne qualcosa di strano, si avvertì come un cigolio.
- Che cosa è
stato? – chiese repentinamente Draco, la cui attenzione fu catturata in un
attimo.
In un colpo,
le persiane, da cui filtrava solo un leggero raggio di lui, si chiusero
completamente. Piombò il buio.
- Lumos! –
esclamò all’istante Harry e fu fatta nuovamente luce, ma dopo alcuni istanti, la
sua bacchetta si spense.
- Che cos’è
successo? – chiese Ginny, la cui vibrazione nel tono di voce lasciava trasparire
completamente il suo spavento.
- Lumos! –
tentò nuovamente Harry, ma non accadde nulla.
Si trovavano
completamente al buio, il buio più totale.
- Non
funziona. – esclamò Harry, alzando la voce.
In quel
momento, avvertì una ventata gelida sfiorargli il viso. Si bloccò di colpo.
- Harry, cosa
c’è? – chiese spaventata Ginny, che avvertì il suo improvviso silenzio.
Un attimo
dopo, un grido di dolore e un colpo tonfo, gli fecero intuire che un corpo si
era riversato sul pavimento, probabilmente dopo essere stato attaccato.
- HARRY! –
gridò Ginny in preda al panico, temendo il peggio.
- Malfoy? –
chiese Harry, per accertarsi che non si trattasse di lui.
- Sono qui.
Hanno colpito quel vecchio idiota di un Auror incapace! Porca puttana! – rispose
Draco, facendosi distinguere con i suoi soliti modi sopraffini.
Harry
sospirò, voleva poter fare qualcosa, ma in quella situazione era completamente
impotente; intanto, l’aria gelida continuava a tagliargli il viso, era come se
si trovasse venti gradi sotto zero, l’aria stava diventando fredda e pesante, al
punto da ostacolargli anche il respiro.
- Non la
sento più. – fu la voce di Hermione che irruppe in quel momentaneo silenzio.
Al contrario
delle loro voci, agitate e rotte dalla paura, la voce di Hermione apparve calma
e pacata, ma era anche molto debole. Harry pensò che l’amica stesse per perdere
i sensi, dopo tutto il sangue versato dalla sua profonda ferita.
- Non la seno
più. – ripeté Hermione con un tono sempre più debole – La voce di Ron… non… la…
sento… più. –
Quell’ultima
parola si spense in un soffio, ed Harry capì.
- HERMIONE! –
gridò, e al suo urlo seguì quello di Ginny, che sebbene al buio, scosse
completamente l’amica per accertarsi che le rispondesse ancora, ma Hermione non
aggiunse altro.
Nel buio più
totale, Harry avvertì ì singhiozzi di Ginny. Erano rimasti in tre, anche se,
Harry aveva la netta sensazione che non fossero da soli.
- Ginny sta
tranquilla. – trovò la forza di dire, anche se nemmeno lui riusciva a stare
tranquillo. – Sta tranquilla, tutto si risolverà. –
- E come hai
intenzione di risolvere tutto, Potter? – chiese Malfoy scettico.
In quel
momento, a Harry gli si gelò il sangue nelle vene: dal fondo dell’appartamento,
vide una sagoma argentea, molto simile ad un’aurea, che gli veniva in contro.
Harry prese ad indietreggiare, completamente pietrificato e incapace di parlare,
senza staccare mai lo sguardo da quella figura possente che gli si avvicinava,
con un macabro ghigno sulle labbra. Quell’uomo, che Harry non aveva mai visto
prima, ma di cui aveva l’impressione di conoscere l’identità, era alto, robusto,
con larghe spalle, un viso severo, coperto da una folta barba, e lunghi capelli
che gli cadevano lungo la schiena avvolti in un’interminabile treccia; il capo
coperto da un basso cappello cilindrico; e indosso un’antica armatura di
metallo, che gli ricopriva interamente l’addome e le spalle e sovrastava una
lunga tunica di panno grezzo; nella mano destra teneva una spada affilata, e
nell’altra un’antica bacchetta. Harry comprese in quel momento che Jahat non fu
soltanto uno stregone, ma prima di tutto, un guerriero. Il suo nemico continuava
ad avanzare verso di lui, allo stesso modo in cui lui indietreggiava, fino a
quando non si ritrovò spalle al muro.
- Ehi!
Potter, mi rispondi? – chiese Malfoy irritato.
- Harry? – lo
chiamò Ginny, preoccupata.
Harry al
sentirsi chiamare, si stupì. I suoi compagni lo stavano chiamando, e si
chiedevano che fine avesse fatto, e ciò voleva dire una sola cosa, ovvero che
loro non potevano vedere ciò che, invece, lui vedeva.
- Bene bene
bene… finalmente potrò prendere ciò che è mio di dovere. – esordì Jahat saltando
direttamente la parte dei convenevoli.
- Tuo di
dovere? No, credo proprio ci sia uno sbaglio. – disse Harry, che raccolse un po’
di coraggio, ed assunse un’aria arrogante.
Draco e Ginny,
che come aveva supposto Harry non riuscivano a vedere la sagoma di Jahat che
avanzava nel bel mezzo dell’appartamento, non compresero quelle parole
pronunciate da Harry.
- Harry?
Harry tutto bene? – chiese Ginny, sempre più preoccupata.
- Questo lo
vedremo. – aggiunse Jahat, il cui ghigno si allargò sempre di più, e dopo
cominciò ad esibirsi in una patetica imitazione di Ginny –
Harry… Harry… tutto bene? Povera piccola ragazza… non la trovi anche
tu fastidiosa? –
- NON
AZZARDARTI A TORCERLE NEANCHE UN CAPELLO! – gridò Harry scattando all’istante.
- Ma con chi
accidenti stai parlando? – chiese Malfoy, sempre più confuso.
- Dici di no?
– chiese Jahat beffardo – Io dico che siamo troppi in questa stanza. Voldemort
l’avrai anche mandato all’inferno, ma io sto vedendo appena da lì, e non credo
di farvi ritorno molto presto. – il suo sorriso si spense in un’espressione
dura, e carica d’odio – Per cui preparati a combattere, Harry Potter! –
Continua…
Ed eccomi di
ritorno con il diciassettesimo capitolo! Wow... incredibile... sembra ieri che
ho cominciato questa storia, e non ero neppure sicura di proseguirla, e invece
eccomi qua :) Beh, ovviamente il merito è solo di qualcuno... sapete a chi mi
riferisco :D sì, esattamente! Proprio voi! Che mi seguite continuamente e mi
supportate! Ho visto che il capitolo precedente vi ha presi particolarmente.
Bene, ne sono felice. Eh beh... ora mi aspetto le impressioni su questo qui di
capitolo! Ad ogni modo, colgo l'occasione per dire ad Erika91
che effettivamente ha ragione, ho usato il verbo sbagliato mi sa; sì Hermione si
è soltanto ferita, non le è stato amputato il braccio.
Rispondo anche alla domanda di
midnightsummerdream, sì Jahat è una mia
malriuscita creazione :) Il nome deriva da una parola indonesiana, che significa
"male" appunto, un nome che ne racchiude tutta l'essenza non trovi? Sono
contenta che la storia ti piaccia, e soprattutto che sia riuscita ad attribuirle
la giusta suspance, per me è un piacere e una sorpresa scoprire continuamente
queste vostre opinioni positive, perché sono molto critica quando scrivo! Ti
posso dire che la maggior parte delle volte non sono sicura di quello che
pubblico.
Ad ogni modo ringrazio tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono questa
storia! Aumentate sempre di più... ed un grazie particolare va ad una persona
che mi ha supportato moralmente durante la stesura della stessa... che ha atteso
impaziente di terminare la lettura dei "doni della morte" per poterla leggere, e
mi ha sempre incoraggiato e stimolato ad andare avanti. Adesso che ha preso a
leggerla poi, mi fa sempre dono dei suoi preziosi commenti... e la cosa mi rende
più che felice! Ti adoro, Roby, grazie di tutto, davvero.
Adesso scappo, appuntamento al prossimo capitolo.